8. APOCALISSE ZOMBIE
 
Il sole era ormai sceso dietro la collina di Beacon Hills, oltre gli alberi. Il manto fitto si scuriva via via sempre più ed anche la temperatura cominciava a farsi pungente.
Derek e Scott erano in piedi dietro Stiles, seduto a gambe incrociate, in mezzo a tre candele accese.
Un incenso copriva gli odori del bosco, aiutando Stiles a concentrarsi per scendere nel proprio subconscio.
Fra le dita stringeva un ciondolo con la raffigurazione tipica di Inti, il dio del sole degli Inca.
Dopo che ebbe praticato la concentrazione necessaria, Stiles iniziò a parlare con voce bassa e monocorde, come se lo facesse in sogno.
- Chiedo udienza con il sommo Inti, il dio del Sole. Offro il mio corpo come tramite terreno in cambio del suo aiuto a gestire Supay, il dio della Morte, ed il suo esercito. Chiedo inoltre che mi sia restituito il corpo alla fine della missione, nei tempi desiderati, ma nelle modalità in cui gli è stato consegnato. -
Stiles sapeva che doveva essere molto preciso nella richiesta, o rischiava che qualcosa non avvenisse come sperato e desiderato.
E poi il silenzio, un silenzio interminabile dove Derek e Scott, ai suoi lati, non respirarono nemmeno.
Fu come se Stiles ed Inti comunicassero ad un livello intimo, per loro non fu chiaro, pur sentendo coi loro sensi, sembrava che ci fosse una comunicazione a loro inaccessibile.
Il nulla per un po’, fino a che l’incenso finì, le candele si mossero fin quasi a spegnersi, come se una folata di vento arrivasse dall’alto. Ma in ultimo rimasero accese per poi anzi aumentare. Le fiammelle divamparono come tre torce enormi ed a quel punto, proprio all’ora, un lampo di luce accecante esplose da quel triangolo intorno a Stiles.
Scott e Derek si inginocchiarono saltando all’indietro di qualche metro, accucciandosi in avanti, pronti a difendersi. Chiusero gli occhi.
In un istante si fece giorno su tutta la città, come se il cielo avesse esploso la luce di mille stelle contemporaneamente.
La bomba atomica doveva aver fatto quell’effetto, pensarono i due per un istante.
è così che si erano sentiti prima di morire?
O forse non se ne erano nemmeno resi conto?
Il calore che provarono immersi in quella luce accecante, fu assoluto, così potente che per un momento pensarono di morire.
Ne furono quasi convinti.
Il tutto fu velocissimo, il tempo di domandarselo che la luce si placò, così come quel calore che rimase, ma non più a quei livelli insopportabili.
Quando poterono riaprire gli occhi e alzare il capo, si resero conto che ci vedevano perfettamente, come se fosse giorno.
Il cielo continuava ad essere buio, la notte avanzava di nuovo regolare, ma lì dove erano loro la luce era viva.
La luce era splendente e carezzevole ed illuminava la radura dove erano, come se fosse un pezzo di giorno in un mare di notte.
La luce era Stiles.
Scott e Derek rimasero accucciati a terra, le mani sull’erba, le schiene ricurve, gli occhi increduli, lucidi per la magnificenza che provarono istintivamente dentro, coi loro sensi da licantropi.
Un’emozione dovuta a ciò che sentivano, non a ciò che vedevano.
Stiles era in piedi davanti a loro, con le braccia larghe, le mani rivolte verso l’alto che contenevano delle fiammelle, ma la luce non veniva proprio da quelle, quanto dalla sua pelle, attraversata infatti da molti tatuaggi luminosi, erano tatuaggi bianchi, simboli inca, che brillavano della consistenza del sole stesso, indistinguibili all’occhio umano.
I vestiti erano dissolti, al loro posto una cintura d’oro alla vita da cui scendevano due lembi di stoffa rossi, uno avanti ed uno dietro. Poi due polsiere ed una collana d’oro. In testa un ampio copricapo sempre dorato, la tipica raffigurazione delle statuette inca di Inti.
Il volto appariva serio, due fessure bianche, luminose anch’esse come i tatuaggi, specchi del sole che splendeva in lui.
Nel momento in cui Derek e Scott tentarono di guardarli, dovettero usare le iridi da licantropi come forma di difesa, per evitare di bruciarsi i propri.
Il corpo emanava ancora calore, un calore benefico, così come la luce e l’alone che aveva tutt’intorno.
“Stiles aveva ragione, “ Si dissero entrambi sorpresi. “è benefico.”
Perché non v’era dubbio, in quel momento, che lo fosse.
Non v’era dubbio alcuno su quel che provavano. Perché si sente, si capisce.
Vedendo i loro occhi, fu come se Inti si rendesse conto che non potevano guardarlo in viso, così abbassò le palpebre, fece svanire il fuoco dalle mani ed abbassò l’intensità della luce dei tatuaggi che attraversavano tutto il corpo di Stiles, ora nudo, coperto solo dalle due stoffe che scendevano sulle gambe, le cui cosce si vedevano.
Quando li riaprì, erano dorati, meno accecanti e più accettabili alla vista.
Scott e Derek si alzarono e tornarono con la vista umana, si avvicinarono cauti sapendo che quello non era il loro Stiles.
- Devo scusarmi se ti abbiamo scomodato, ma… - Inti alzò la mano per fermare Derek.
- Stiles mi ha già raccontato tutto. - Disse calmo, la sua voce era sempre quella del loro compagno, ma era molto vellutata e calda. Avvicinandosi e ascoltandolo, avevano molto di più la sensazione di spettacolarità. Una voglia insensata di piangere.
“è l’effetto degli dei?”
Pensò Scott sbalordito per il modo in cui si stava sentendo.
- Non tutti. - Rispose lui. Scott lo guardò stupito.
- Leggi nel pensiero? - Inti annuì molto rigido e placido.
- Al contrario di mio fratello, io leggo nelle persone i loro sentimenti, le emozioni ed i pensieri. Non vedo, come lui. Sento e basta. - Scott e Derek capivano bene la differenza.
- Perciò sai quanto io non volessi tutto questo, non l’ho cercato, non l’ho voluto. Ho saputo troppo tardi chi era, altrimenti… - Inti annuì nuovamente calmo.
- Fra me e Supay ci sono molte differenze. Io non ho un corpo concreto come lui, e non ho nemmeno un esercito. I nostri poteri sono uno l’opposto dell’altro. Però è uno dei miei compiti ricordargli le regole. Vi ringrazio di avermi chiamato e concesso questo tramite. Resisterà il necessario per quel che devo fare. - Con questo, fece un passo indietro e si tolse il copricapo che posò a terra. Dopo di che si voltò verso la vallata che da lì si vedeva, guardò la cittadina di Beacon Hills e come se l’avesse individuato, nel silenzio più totale, si innalzò in volo.
Scott e Derek rimasero a bocca aperta, stupiti, a guardarlo.
- Straripa d’energia… - Commentò Scott.
- Spero davvero che se ne vada prima di consumarlo tutto… nessuna persona normale riuscirebbe a resistere! - Rispose Derek mentre si toglieva i jeans per trasformarsi in lupo.
- Credimi, in Stiles c’è tutto tranne la normalità! - Derek fece un ghigno prima di trasformarsi.
- Su questo non ci piove! -
Una volta che Derek fu lupo, lui e Scott si girarono e si misero a correre verso la città.


Le porte della casa dell’Eco si chiusero sigillandosi proprio in quel momento, un campo elettromagnetico inattaccabile si attivò, isolando completamente chiunque fosse dentro l’edificio. Nessuna creatura umana od ultraterrena sarebbe potuta penetrare.
Lydia guardò Isaac e gli altri ansimanti e feriti che tirarono appena un sospiro di sollievo.
- Purtroppo non potevamo aspettare oltre… -
- Cosa succederà a chi è rimasto fuori? - Lydia guardò le persone che erano riusciti a salvare dagli attacchi degli zombie, molti feriti, per lo più terrorizzati che piangevano incapaci di capire cosa stava succedendo.
Molti i morti lasciati alle spalle.
- Purtroppo non so nemmeno cosa succederà a noi… - Annunciò tragica e lugubre come spesso tendeva ad essere, coi suoi occhi sbarrati.
- Temi si trasformino, che sia come un virus? - Lydia si strinse nelle spalle.
- Hai mai vissuto un’apocalisse di zombie? - Isaac scosse il capo paralizzato. - Nemmeno io! - E così battendo le mani con apparente dominanza di sé, richiamò l’attenzione di tutti quanti.
- Sebbene le circostanze siano spiacevoli, sono lieta di accogliervi nella casa dell’Eco che si prenderà cura di voi. Chiedo di seguirmi da questa parte, di fare silenzio, stare calmi e non disturbare i miei pazienti che l’ultima cosa che devono fare è agitarsi! - Tutti sapevano CHI erano i suoi pazienti. Cioè non che li curasse lei personalmente, lei era la proprietaria della casa di cura, però li riteneva comunque ‘suoi’.
Le persone intimidite da quel posto e dalla sua storia, quanto dai famosi ‘pazienti’, annuirono domando a fatica la paura ed il terrore che funse da calmante momentaneo e, silenziosi, si misero a seguirla. Isaac, rimasto solo all’ingresso, si strofinò il viso stralunato guardando le ferite inferte da quegli ammassi di carne morta animata e imprecò.
- Fatico a guarire… - Poi prese il telefono e chiamò Liam il quale con Ethan si stavano occupando dell’ospedale, non potendo trasferire i malati alla casa dell’Eco.
- L’informazione è che gli zombie possono uccidere. La domanda è se queste persone si trasformeranno in zombie, no, perché altrimenti forse dovremmo buttarli fuori invece che sistemare le salme come stanno facendo le infermiere! - Liam non era meglio di Isaac in quanto a reazioni di panico. Non avevano mai imparato a mantenere il sangue freddo, nemmeno crescendo.
Ethan, al loro contrario, il sangue freddo l’aveva. Era la capacità di raziocinio che gli mancava.
- Se gli zombie vogliono mangiare corpi umani, perché non gli diamo in pasto quelli morti così rimangono occupati per un po’? - Isaac sospirò e chiuse gli occhi premendosi le dita sulla fronte.
- Dio, ma come fa Scott? - Chiese acido e seccato.
- Perché? Non è utile? -
- No, come non lo sei tu! Dissacratore! - Con questo chiuse la comunicazione senza dirgli che un’altra bella fetta della città era al sicuro con loro, ma che forse loro non erano al sicuro con la fetta ferita dagli zombie.
Dopo di loro chiamò Malia, Hayden e Kira, occupate con un altro versante della città che aveva trovato rifugio a scuola, precisamente in palestra.
Malia esordì con un furioso:
- Adesso li ammazzo! - Alla cui domanda di Isaac su chi volesse uccidere, lei rispose strillando: - questi piagnucoloni sfigati che vogliono andare a casa! Ma se li abbiamo prelevati da casa per tenerli al sicuro qua, significa che non possono stare a casa! - Malia partì ad imprecare e Kira le prese il telefono dicendo ad Isaac che andava tutto bene e che non c’erano feriti, dalle loro parti.
Dopo di loro, Isaac chiamò Chris e Parrish, che veniva ormai chiamato da tutti Jordan tranne che da Isaac il quale era troppo geloso del rapporto che aveva creato con Chris ed ora doveva tenere le distanze.
Isaac era andato via con Chris dopo la morte di Allison e si era avvicinato molto a lui, tanto da innamorarsene. Non avendo mai avuto il coraggio di andare oltre, alla fine aveva deciso di tornare a Beacon Hills, da Scott, che a sua volta non stava più con Kira, ma aveva un rapporto molto, troppo stretto con Liam, innamorato del suo alpha, dopo che si era lasciato con Hayden proprio perché si era reso conto di quel che provava per Scott.
I due avevano un rapporto platonico, ma Isaac, stufo di essere una ruota di scorta, aveva tanto fatto finché era riuscito a mettersi con Scott, su sospiri intensi di un Liam sempre in procinto della depressione.
Tuttavia, ogni volta che sentiva o vedeva Chris, per Isaac era un grande, enorme problema. Specie se con lui c’era quel maledetto Parrish che pur stando con Lydia doveva stare appiccicato a Chris come se fosse il suo faro nella notte.
- Chris, come va, lì? -
- Al momento? - Chiese con voce tremante.
- Beh, sì… - Chris e Parrish si stavano occupando di un’altra zona della città, ma non avevano trovato un rifugio molto sicuro ed infatti era la parte presa più di mira di tutte.
- Sei stato ferito? - Chiese lui rigirandogli la domanda, sempre con una voce strana.
- Sì, ma non sembra grave… insomma, tardo a guarire, ma mi pare che si stia richiudendo… -
Spiegò Isaac guardandosi il braccio e toccandosi il volto.
- Bene, purtroppo io sono umano e posso solo sperare che questi non siano virulenti! - Isaac rimase zitto, il panico lo investì e fu un momento di gelo. - Mi hanno ferito, Isaac! Spero che non mi contagino! Jordan sta bene, comunque. Sta facendo un ottimo lavoro… - Isaac avrebbe fatto una battuta acida sulla bravura di quel mastino infernale, che non era un insulto ma solo la sua razza. Però al momento era troppo occupato a cercare di tornare in sé dall’attacco di panico che lo stava congelando.
- Sei… sei ferito? Quanto è profondo? Dannazione, arrivo! - Ma si rese conto che Lydia aveva sigillato il posto, isolandoli. - Non posso! Dovevi venire tu qua! Perché sei rimasto fuori? - Isaac si stava agitando molto.
- Sono un cacciatore, Isaac! Faccio queste cose da molto più tempo di te! - Ogni tanto glielo doveva ricordare. Quando diventava asfissiante. Ed allora prendeva e partiva per qualche missione da solo, di solito a Beacon Hills.
- Sì ed ora morirai prima di me! Ti piace? No, io vengo, adesso dico a Lydia che mi faccia uscire, tanto qua sono inutile! Nessuno si sta trasformando in zombie! The walking dead è una gran cazzata, gli zombie non mangiano uomini né li contagiano! Si limitano ad uccidere così, perché non hanno un cervello pensante! -
Isaac era di nuovo partito in fase isterica ed a quel punto Chris, incapace di fermarlo, mise giù il telefono seccato del suo eccessivo istinto protettivo nei suoi confronti. Non voleva sapere perché gli si fosse legato tanto, non se lo chiedeva proprio. A volte era bello. Altre era sfinente.
Isaac dopo di lui chiamò Hayden alla quale chiese di venire da Lydia perché lui doveva andare da Chris. Quando lei gli disse che allora sarebbe lei andata da Chris, lui ruggì un ‘no’ fuori da ogni logica.
- Ci devo andare io! Tu vieni qua! -
- Devi? Come devi? -
Ma Isaac non sentì ragioni e dopo aver fatto saltare i nervi anche a Lydia che fu costretta ad aprire la porta d’emergenza per far entrare Hayden ed uscire Isaac, riuscì ad andare dal suo Chris.

____________________________________________________________________________________

Questa è la tipica statuetta di Inti:

Questa è l'immagina che mi ha ispirato per la descrizione di Stiles/Inti, solo che naturalmente dovete immaginarlo con le sembianze meravigliose del nostro Stiles...