CAPITOLO
2
SCANDALO
PARTE
VIII
-
fanculo, fanculo. FANCULO! - continuava ad imprecare con il viso
distorto dalla rabbia, asciugandosi una linea di sangue che le usciva
dal labbro rotto. Si guardò un attimo intorno con occhi da
fiera, scrutando attentamente le risse che la circondavano, prima di
poggiare un anfibio sulla testa tremante e singhiozzante di uno degli
Scorpion. Odiava vedere la gente piangere. Non era che l'ennesima prova
di quanto l'umanità fosse debole e se la facesse addosso
quando quel briciolo di sicurezza conquistata si sbriciolava sotto due
pugni. La pietà per loro non era certo in lei, era talmente
abituata alle lacrime che neanche le facevano più effetto.
Certo, a meno che non fossero di Samantah.
-
ora stammi bene a sentire, sacco di merda! - sbraitò,
sputando un misto di saliva e sangue di lato. Rimase un secondo a
guardarlo prima di irritarsi maggiormente e forzare ancora il tacco -
tu provaci ancora una volta a minacciarmi, e dico che me ne basta una
sola ed io ti rovino la vita. Mando a puttane tutto quello che sei,
capito? - lui ricominciò a singhiozzare - MI HAI CAPITO? -
urlò ancora, più forte.
Il
suo tono non era solo iroso, non incuteva solo timore. Alex. Lei non
era come tutti gli altri capi banda, la sua figura non incuteva solo
paura e rispetto, lei allontanava le persone da se per quanto era
strana. Per quando si poteva provare timore di lei, Alex non minacciava
bene e non concludeva mai, eppure quando lei prometteva qualcosa,
neanche immaginare il peggio poteva bastare. La sua non era solo
cattiveria, era proprio mancanza di sentimenti. Non ci si poteva fidare
di lei, non si faceva mai affidamento su Alex, non si amava Alex. La si
poteva odiare, la si poteva tenere a distanza e rispettarla ed anche
ammirarla come una dea della guerra, ma niente di più,
nessuno le era vicino.
Al
ragazzo non restò che annuire sotto la presa di ferro di lei
e pregare in un perdono. Non voleva, non voleva finire come quel
poveretto dei Buldog. Anche lui era venuto a sapere di Samantah, aveva
provato ad usarla contro Alex. Non solo lei non gli aveva minimamente
badato e l'aveva picchiato fino a rompergli le braccia, ma gli aveva
anche bruciato la casa e fatto finire all'ospedale per le ustioni e,
quando lui si era rimesso, la polizia l'aveva arrestato
poiché tra le macerie della casa avevano trovato chili di
droga. E l'aveva fatto senza lasciare alcuna prova e senza sentire
neanche un po' di senso di colpa. Era bravissima a spazzare via tutte
le possibilità delle persone.
Alex
guardò ancora per un poco, in completo silenzio quel ragazzo
dai capelli platinati, prima di scaricargli un calcio nelle costole e
costringerlo a rannicchiarsi su se stesso vomitando. Voltandosi
sussurrò - mi fai schifo - prima di andare alla ricerca di
qualcuno con cui sfogarsi definitivamente. Invece sul suo viso coperto
dal solito cappellino si dipinse un sorriso innocente e fanciullesco.
C'era un'altra persona nel mondo di Alexandra, un'altra persona
intoccabile almeno quanto Samy. Il suo secondo punto debole.
Già. Solo che lui si sapeva difendere benissimo da solo, non
era piccolo e fragile come sua sorella. Lui era cresciuto in un mondo
disadattato, ma aveva imparato ad uscire da solo dai guai.
Se
ne stava placidamente appoggiato ad un albero, con le lunghe gambe
incrociate, le braccia lungo i fianchi sottili, una chitarra sulle
spalle larghe e quel suo viso abbronzato coperto appena dai lunghi
rasta neri. Alzò i grandi occhi d'oro verso di lei e non
disse nulla. Non parlava molto, pressoché nulla in
verità e la sua espressione non trasmetteva sensazioni.
Eppure Gabriele era davvero bellissimo.
-
ciao. - disse lei, avvicinandosi.
Lui
si tolse con quell'aria tipicamente distratta il walkman dalle
orecchie, aggiustandosi i bottoni della giacca usurata - sei in pieno
allenamento, vedo - rispose, senza salutarla.
-
già. ti va di darmi una mano? -
-
no, richiede troppa fatica per i miei gusti - Alex rise, in un modo un
po' più femminile del solito. Non ne sapeva il motivo, ma
Gabriele riportava in lei tratti di un sesso debole che non voleva le
appartenesse. Avrebbe dovuto odiarlo per questo, invece per lei lui era
essenziale.
-
L' hai fatto ancora - esclamò ad un tratto, parlando come al
solito con calma.
Lei
inarcò un sopracciglio - Di che parli? -
-
Di DelGobbo. -
Subito
si mise sulla difensiva - non so di che parli. -
Lui
sbuffò - non ci provare con me, Alex. -
Provò
ancora per un attimo a tenere quello sguardo di sfida, ma non ci
riuscì. Incrociò le braccia al petto e
parlò - e tu hai qualcosa in contrario? -
-
Forse non sono fatti miei. -
-
già, appunto! -
-
ma Ryan non è male. -
-
come? -
-
hai capito. Lui non mi dispiace. Non è come gli altri. Non
ho ancora capito se è veramente buono o è un
cretino, ma almeno sembra tener veramente conto dei suoi alunni. -
-
potrebbe essere solo una facciata! -
-
non sono tutti come quel tipo, lo sai bene. -
Si
bloccò improvvisamente. Una vena le si gonfiò sul
collo, e cominciò a sudare. Anche il solo tirarlo in ballo
le provocava quella sensazione di disgusto e odio che l'aveva sempre
portata a comportarsi in quel modo con gli insegnati. Ma Ryan gli
assomigliava veramente, e non solo nel bell'aspetto, ma anche in quel
modo gentile di porsi alle persone. Ma poi chissà forse
anche lui aveva quelle perverse intenzioni.
-
Ehi. - Gabriele le posò una mano sulla spalla, in quel modo
gentile che la consolava e pacificava sempre - questa volta ti stai
sbagliando. Ne sono sicuro - lui era così bravo a capire le
persone, ma lei ancora non ci voleva credere, e si morse il labbro a
forza,
-
ti stai sbagliando. ti sbagli Gabriele, io lo odio! Voglio solo
liberarmi di qualcuno che mi irrita! Tu non hai il diritto di
impedirmelo! Faccio quello che voglio! -
-
smettila. Ti stai comportando come una ragazzina. -
Un
lampo di rabbia scatto nei suoi occhi viola. Si scrollò la
sua mano dalla spalla e alzò il tono di voce, facendosi
minaccioso - tu me lo vieni a dire, stupido moccioso? Esci dal tuo
mondo Gabriele. sei proprio idiota come dice tuo padre! - le si strinse
lo stomaco, dopo essersi conto di quel che aveva detto. Il pugnale
nella ferita non l'aveva messo lui, ma ancora una volta era stata lei a
fargli del male. Alzò lo sguardo quasi timidamente, sentiva
la colpa in se.
Gabriele
era fermo immobile e negli occhi di quell'oro prezioso si leggeva
sofferenza.
-
cresci - disse solo, prima di girarsi ed andarsene, con ancora il
walkman nelle orecchie.
Alex
non riuscì a dire nulla. Rimase un attimo a guardare quella
schiena ampia prima di girarsi e ritrovarsi in un mondo che non era
fatto d'oro ma di rubino e lacrime.
-
scusa. - sussurrò, prima di ricominciare a fare quello che
le riusciva meglio, dopo distruggere le persone.