CAPITOLO
2
SCANDALO
PARTE
IX
Da
dietro quegli occhiali scuri che teneva perennemente addosso non si
poteva capire. Sembrava mantenesse un’espressione impassibile
alla vista di quel ragazzo silenzioso, ma in realtà
ciò che lo colse in quel momento fu sorpresa.
Non
era come al solito in giardino circondato da ragazzine petulanti che lo
corteggiavano, quella volta Ryan Del Gobbo stava seduto nella sala
professori che di prima mattina era vuota. Ciò che lasciava
più senza parole non era tanto la sigaretta accesa che
teneva fra le labbra (pur trovandosi in un luogo dove proprio non si
poteva fumare) e nemmeno il fatto che, sempre in quel luogo, tenesse i
piedi sopra il tavolo e con la sedia dondolasse su e giù,
mezzo disteso, con la testa all'indietro in modo alquanto pericoloso
(guardando chissà dove e pensando a chissà cosa).
Non era niente di tutto ciò... quello che lasciava senza
parole era l'ora mattutina in cui era arrivato a scuola, prima di
insegnanti e studenti, e il silenzio in cui stava calmo e tranquillo.
Lo
studente che si era affacciato allo stipite della porta mezza aperta
non fece rumore, si era solo messo là, appoggiato con la
spalla sinistra e lo sguardo assente a fissarlo in quell'atteggiamento
sconveniente per un professore di italiano che aveva passato e stava
passando tuttora dei guai. Eppure, nonostante fosse impossibile
notarlo, Ryan sentì la sua presenza....fu per questo che si
voltò verso di lui. Gli sguardi divisi dalle lenti scure si
incrociarono per un lungo momento. Il silenzio continuava a regnare.
Ryan non fece nulla inizialmente, rimase in quella posa, con la
sigaretta fra le labbra e il fumo che aleggiava nella stanza. Non
avrebbe potuto dire cosa stesse provando di preciso.....sia l'uno che
l'altro...ma provavano l'impulso di stare fermi e zitti.
Si
ricordò subito il suo nome....il cognome l'aveva
già dimenticato, ma il nome lo ricordava molto bene. Quel
ragazzo aveva attirato la sua attenzione dal primo giorno di scuola.
-
Gabriele...-
mormorò
il giovane uomo con quei capelli che gli ricadevano disordinati
all'indietro.
-
prof...- rispose semplice l'altro, atono come al solito. Era
già tanto che gli avesse risposto.
Non
potevano capire le rispettive emozioni... Ryan con quegli occhiali
scuri non gli permetteva di far notare le iridi verdi contornate da
quel rosso impressionante, e non gli permetteva nemmeno di notare la
sua sorpresa...come mai proprio uno solitario come lui era venuto a
cercarlo?
Fu
la cenere della cicca a destarlo, quando gli cadde sul collo scoperto:
gli fece prendere un colpo e involontariamente (come solo lui sapeva
fare) rovinò il bel momento cadendo a terra con un tonfo
sordo. Anche se il ragazzo mantenne un’espressione priva di
qualsiasi inclinazione, dentro di se avrebbe voluto toccarsi la fronte
con la mano e sospirare scuotendo la testa...ma era mai possibile che
ovunque ci fosse quel tipo ci fosse casino?
Non
avendo altra scelta, mosso anche dalla pietà che provava per
quell'uomo, Gabriele si decise a lasciare la sua postazione e ad
avanzare verso il professore ingarbugliato su se stesso sul pavimento.
Gli tolse la sedia di dosso e stringendo appena le labbra come a dire
che era peggio dei bambini gli tese la mano aiutandolo ad alzarsi.
Questa
volta Ryan si tolse gli occhiali scuri decidendosi a mostrare i suoi
bei occhi arrossati e le occhiaie. Non puzzava di alcool ma solo di
fumo quella volta...strano...ma almeno questo permise al moro di
rimanere lì di fronte a lui.
-
grazie...- disse con voce roca ma ben udibile il professore.
Se
fosse stato uno che rideva, Gabriele si sarebbe di sicuro sganasciato
dalle risate per il contrasto con quegli occhi tormentati e i capelli
stravolti da pagliaccio. Sprofondando le mani in tasca il ragazzo prima
di andarsene si decise a dire quello che l'aveva spinto a cercarlo a
quell'ora. Senza scomporsi o fare cose particolari disse:
-
non la odi...non è poi così detestabile...-
solo
questo e finalmente la sorpresa di Ryan si vide. Capì subito
di chi parlava. Di Alex...odio? Lui non sapeva odiare anche se lo
voleva con tutto se stesso....tantomeno se uno con quegli occhi
così belli, di quel colore così insolito glielo
veniva a chiedere.
Cosa
rispondere? Cosa dire?
Assolutamente
nulla. E anche se avesse voluto continuare quella...conversazione...
non avrebbe potuto dal momento che l'altro se ne andò
subito, girandosi senza nemmeno salutare. Era fatto così....
pian piano stava iniziando a conoscere un po' tutti i suoi studenti, ma
raramente lo colpivano così tanto in poco tempo.
Lui
era uno di questi.
"Il
mio ciccino bello pucci, come ha osato quell'oca senza cervello fargli
questo? È ovvio che non è stato lui a
violentarla... e chi la vorrebbe quella? E poi se non ha voluto me,
come vuoi che voglia farsi una come quella che sembra un uomo? La odio
dal profondo del mio cuore...e per questo la pagherà cara!
non sa di che sono capace....gliela farò vedere anche per
tutte le volte che mi ha umiliato e per tutti gli scherzi che mi ha
fatto... la maledetta.....travestita....del cazzo... IO, CHRISTINE DEL
TORSO, VENDICHERO' IL MIO AMORE!!!!!!"
La
ragazza che normalmente era la classica bella biondona, per l'occasione
si era tinta i capelli di rosso squillante per fare pandan con il
colorito della pelle: era talmente fuori di se per la rabbia che non
controllava più le sue espressioni, non c'era santo che la
potesse più tenere, ora avrebbe scatenato tutta la sua furia
e non si sarebbe sporcata le mani lei... bensì i suoi
numerosi corteggiatori.
Dirigendosi
a passo spedito verso un gruppetto di ragazzi ben piantati, molto belli
e muscolosi, cominciò con la sua bella scenetta.
Ecco
la ragazza prendere da parte il leader e strusciandosi addosso con gli
occhioni dolci prese a sedurlo per avere il suo si.
-
ragazzi....dovete fare per me un lavoretto....nulla di pericoloso o di
importante....ma dovete mantenere l'anonimato....lo farete per me? Con
la solita ricompensa? -
bastò
l'anticipo per farli cadere come al solito nella sua rete. Quei baci
dei ragazzi che adoravano la bella Christine se li sognavano. La scena
fece arricciare il naso alle ragazze vicine che fissavano schifate. Ma
gli interessati non poterono che invidiare il loro capo. Se avrebbero
accettato sarebbe toccato anche a loro....bene...molto bene....l'ok non
ci fu nemmeno bisogno di dirlo.
La
campanella suonò finalmente segnando la fine delle lezioni
pomeridiane. Gli studenti si accalcarono ai cancelli come a voler
scappare da quella terribile prigione che era la scuola. Solo pochi
erano rimasti a girare per quei luoghi colorati dal cielo al tramonto.
Era un posto molto lugubre la scuola a quell'ora. Presto sarebbe stato
anche buio, eppure quelle erano le ore preferite da Alex per stare
lì dentro. Con tutta calma e rilassata per non avere nessun
lavoretto da svolgere nelle ore immediate, uscì
dall'edificio soffermandosi nel campetto sul retro. Preferiva tagliare
per là, era più vicino a casa sua. A fermala non
fu la vista del professore Del Gobbo al di là del muretto
che si avviava verso la sua macchina, una panda verde malconcia,
bensì qualcosa....qualcosa che era abituata a sentire.... il
suo sesto senso la stava avvertendo di qualcosa. Si calò il
cappello sugli occhi e con quella sua espressione che allontanava
chiunque (tranne gli stupidi) si preparò a qualcosa.
Ancora
una volta aveva avuto ragione. Dal buio degli angoli di quel posto
all'aperto spuntarono lentamente dei ragazzi piuttosto alti e dal corpo
notevole. Ma nè il numero elevato di persone, nè
il loro fisico la impensierirono. Solo un sorrisetto sadico e
strafottenza nelle parole:
-
che volete bambini? -
quello
che doveva essere il capo della banda si avvicinò a lei e le
disse con il suo stesso tono e insolenza: - te, cara...-
il
fatto che avesse parlato di lei al femminile la infastidì
molto...e pericolosamente. Non li riconobbe in nessuna banda, quindi
non erano poi così forti come davano da credere, ma magari
poteva sbagliarsi...
-
ho capito chi siete...dei pagliacci... -
Non
attese di essere attaccata, le piaceva fare il primo passo, sempre.
Irruppe con un pugno diretto allo stomaco, come presentazione, che
venne incassato da dei muscoli che non avevano nulla da invidiare a dei
pugili, in risposta si vide ritornare lo stesso pugno.
Le
danze erano iniziate.