PARTE II
- Quella stronza!! -
sibilò - Fa tanto la vittima per avere tutta la sua
attenzione!! –
Verde di gelosia Chris sputò nel bicchiere di tè
che teneva nella mano sinistra. Del Gobbo l'aveva mandata ai
distributori di bevande. Il prof. aveva interrotto per un attimo la
conversazione privata con Maya chiedendo alla Del Torso se aveva voglia
di prendergli un caffè. Naturale! La biondina non poteva
mancare di compiacere il suo amore. Anzi, se possibile, desiderava
folgorarlo quel giorno: da buona samaritana s'incaricò
eroicamente di offrire qualcosa di caldo alla piccola Maya.
- Un pensiero per dirti il mio bentornata! Sono felice che tu stia
meglio! - il sorriso di circostanza con cui concluse la frase velenoso
quanto l'ipocrisia.
Paolo e Ivan la incrociarono mentre scendeva la rampa di scale per
tornare all'aula della quinta. Di lì a poco sarebbe iniziata
un'assemblea fra rappresentati d'istituto e rappresentanti di classe,
quindi, essendo entrambi nella categoria, i due avevano lasciato la
lezione.
- Ah ecco! il nano malefico e l'anticristo! sempre a cazzeggiare! -
sbottò per il semplice gusto di insultarli.
I ragazzi si fissarono e poi la squadrarono con un'espressione di
sufficienza.
Ivan, beffardo di natura e allergico alle offese gratuite, non
riuscì a tenere la bocca chiusa:
- Lode ai sacri berci della meretrice di Babilonia - non che un'offesa
di Christine per lui valesse molto, ma a lungo andare diventava
fastidiosa.
- Che dolce, ti sei trattenuto oggi - osservò Paolino
ironico
- Bravi cretini!! Continuate pure!! vi faccio sistemare se non
cominciate ad avere un po’ di rispetto!! -
I due si fissarono di nuovo con aria di compatimento, evidentemente la
minaccia della sexy bionda non doveva essere stata molto convincente.
Se ne stavano andando per i fatti loro, quando Christine, per
accentuare la sua camminata a beneficio di chissà chi,
poggiò male un piede sui tacchi vertiginosi dei suoi
stivalettiruzzolando dagli scalini rovinosamente.
Tè e caffè le si rovesciarono addosso in una
miscela bollente.
Ivan non si scompose, anche se, a ben guardare un ghignetto gli
deformò la bocca; invece, vedendola mezza distesa, in
quell'attimo di sicura umiliazione per lei, il più basso dei
due ragazzi scoppiò a riderle in faccia senza troppe
carinerie da signore. Le si avvicinò, finse di volerla
aiutare, dopo l'inganno, senza tanti complimenti, si voltò e
la lasciò ancora a terra, inebetita. Iniziò a
scendere verso il piano terra, verso l'aula magna dove si sarebbe
tenuta l'assemblea. Paolo era già piuttosto irritato quella
mattina: la figuraccia di Christine più che la sua
pietà, aveva risvegliato il suo sadismo e il suo spirito
vendicativo latente.
Chris urlò - Vaffanculo! -
- Sono offesissimo - replicò Paolo incolore, con l'intento
di prenderla ancora per i fondelli
Paonazza di vergogna, Chris sbraitò furiosa - Deficienti!!
volete aiutarmi si o no??! -
Paolo colpito da volontaria sordità si allontanò.
Ivan lo osservò fra l'interrogativo e il divertito - Ma devo
fare tutto io? -
Paolino era quasi scomparso.
Ivan guardò Christine negli occhi, due pacche sulla testa
neanche fosse un cane e poi aggiunse con un tono da maestrina:
- Ehhh, brava Christine! Vedi, oggi hai imparato sulla tua pelle una
lezione importante: ognuno raccoglie quel che semina... -
Imitando una risata satanica, anche lui si defilò.
D'impulso le si era fatto vicino. Non appena lei ebbe finito di
parlare, Ryan l'abbracciò con un calore spontaneo, lo stesso
di un bambino, ma nella mano che le accarezzava il capo c'era un che di
rassicurante e paterno.
Riconobbe e ricambiò quel bisogno naturale di vicinanza e
familiarità che tanto a lungo aveva ricacciato. L'ennesima
volta in pochi giorni. Si lasciò cullare da quelle braccia.
Si lasciò andare a quel contatto umano. Lasciò
che i particolari accolti dalla sua sensibilità penetrassero
dentro di lei, esplodendo, celebrando nei suoi spazi interiori il
significato dell'esistenza. Ne era valsa la pena... nascere. Echi di
ricordi e impressioni confusi nella vulnerabilità
dell'infanzia. Sbattuta nel disorientamento. Sospesa nella non-vita.
Desolazione. Punto di non ritorno. Rinascere... ne era valsa pena. Il
limbo di palude a cui le circostanze l'avevano costretta e a cui lei
stessa, incapace di reagire, si era condannata; la consapevolezza
derivata dal riemergere: tutto adesso aveva acquistato un senso ed una
collocazione. Essere viva! La giustezza della sua scelta, in quegli
istanti, le sembrava essere testimoniata dalla dolcezza e dal sincero
interesse di Ryan.
Del Gobbo la trattenne a chiacchierare con lui, parlarono fitto fitto
quasi per l'intera ora di lezione. Ma prima del suono della campanella:
- Tu! - esclamò il prof. puntando il dito verso un Lelio
accomodato al suo banco - sei l'unico che ancora non conosco della
classe! Se non sei un travestito e se non vuoi portar rogna nella mia
vita sei il benvenuto, sennò stammi lontano! -
Ryan ora riusciva a scherzare sulla sua disavventura dai risvolti
scabrosi. Tutti ridacchiarono.
L’elegante Lelio Van Dyck fu piuttosto laconico nella sua
presentazione. Elusivo? Sembrò non amare quel tipo di
‘esibizione’...
L'aveva soppesata da quando aveva rimesso piede in classe.
Paolo non riusciva a capacitarsi del cambiamento di Maya. In
realtà non si era mai preso la briga di conoscerla, come gli
altri del resto. Pena, forse, l'unica cosa che gli aveva ispirato...
beh certo, questo solo se capitava che si ricordasse della presenza
invisibile di lei. "Tipica ragazza timida, insicura e sfigata in piena
crisi adolescenziale. Sarebbe meglio se si desse una mossa!":
catalogare, catalogare, catalogare... gli riusciva benissimo essere
così tagliente, unilaterale e perentorio dal suo angolo
gelido di cinismo. In effetti attraverso la lucidità del
distacco ogni cosa appare lampante; peccato che più spesso
le distanze siano solo una difesa deformante, nient'altro che la misura
della nostra piccolezza.
L'aveva osservata da quando aveva rimesso piede in classe.
Maya sembrava una ragazza a suo agio nella propria pelle. In classe
tutti sembravano avere impressioni positive, di partecipazione genuina
alla situazione. Paolo era scettico, freddo nel suo giudizio: doveva
essere una facciata, come diavolo aveva potuto diventare un'altra
persona nel giro di due settimane? La cosa gli puzzava. Onestamente non
riusciva nemmeno a essere felice per lei. Ma che gli importava? Per
quale ragione doveva fingere che gli importasse di lei? Il buonismo del
resto della classe gli dava il vomito, falsi! fino a due minuti prima
erano stati i re e le regine del menefreghismo!
Era invidioso e non se ne rendeva conto. Era invidioso e non sapeva
perchè. Era meschino... chi avrebbe il coraggio di
ammetterlo riguardo se stesso?
Un tarlo nella testa l'aveva torturato da quando lei aveva rimesso
piede in classe.
Per schiarirsi le idee sentiva di dover parlare con Maya: l'argomento
ed il motivo gli erano oscuri, tuttavia aveva la certezza che quella
fosse la cosa giusta... come odiava l'illogicità delle
intuizioni!
Ad assemblea terminata girovagava per la scuola, rimuginando. Come
evocata dai suoi pensieri la scorse: era Maya! Non si oppose alla forza
delle coincidenze: seguì la ragazza, da lontano.
Perchè cavolo si stesse comportando da spione non riusciva a
spiegarselo o forse sì... era dannatamente curioso.
Passava del tutto inosservata la porta dietro cui scomparve la compagna
di classe. Paolino imitò Maya, sempre attento a non farsi
scorgere. Uno scalone conduceva verso il basso. In apparenza nulla era
diverso rispetto al resto dell'edificio: era quel nulla apparente ad
inquietarlo... sapeva di fittizio.
Paolo sentiva qualcosa...
Lasciò procedere Maya lungo un corridoio anonimo... cosa ci
faceva Maya in questo sotterraneo che la maggior parte degli studenti e
del persoanle ignorava?? Non aveva mai visto nessuno, prima di allora,
entrare o uscire da quell'apertura. Intanto la ragazza scomparve di
nuovo, dietro un'altra porta: la superficie scurissima era ornata
magnificamente da decorazioni, intarsi e simboli.
- Ma dove cazzo sono finito? -
La parte conscia del suo Io lo allertava, gli diceva di arretrare e
dimenticare tutto, mentre una volontà poderosa radicata
dentro di lui lo inchiodava lì. Repulsione e attrazione:
lacerato fra i due poli, incerto sul da farsi, Paolino esitò
davanti a quella porta per un minuto senza fine.
- Smettetela!! -
Un grido ruppe la sua indecisione.