Note: Comprai il primo volume di Get Bakers quasi per caso e devo ammettere che alla prima lettura non mi entusiasmò molto. Accantonai il volumetto decisa a non comprare gli altri numeri. Poi, sempre per caso, mi capitò tra le mani il secondo volumetto e, non so come, mi conquistò! Mi piacque molto il modo in cui Ginji e Ban si facevano giustizia di coloro che calpestavano gli altri. Ma soprattutto mi colpì l’ironia dei protagonisti, il loro modo di affrontare la vita, nonostante il loro passato. Sembravano non abbattersi mai nonostante vivessero in un auto e spesso non avessero da mangiare. Non erano dei santi, ma comunque rimanevano dei personaggi positivi e simpatici, soprattutto Ginji ^^ Ora aspetto con ansia che qualcuno acquisti i diritti dell’anime e lo trasmetta senza censure… Comunque, ritornando a noi, era molto tempo che cercavo un’idea per una fic su Ban e Ginji. Purtroppo le fic su Get Bakers sono troppo poche T.T Qualche tempo fa mi è capitata tra le mani una doujinshi yoi su questo pairing davvero stupenda! I disegni erano perfetti ed i personaggi credibilissimi. Subito la mia mente si è messa al lavoro… il risultato è questo. È una fic semplice, senza pretese, ma spero comunque di aver fatto un lavoro decente ^^’’’
Ringraziamenti: Ringrazio chiunque leggerà e commenterà.
Ora smetto di rompervi le scatole con queste scemenze e vi lascio alla fic. Alla prossima gente!


Grazie d’esistere


Il respiro gelido del vento attraversò violentemente il parco, riempiendo l’aria del rumore secco dei rami sbattuti e del morbido frusciare dell’erba, le ombre sul sentiero asfaltato tremolarono e sussultarono, prima di tornare immobili. Ban sollevò lo sguardo incrociando il cielo notturno: le luci artificiali della città impedivano la vista delle stelle, ma era comunque così terso da sembrare una lastra di vetro nero ben lucidata.
Era il giorno del suo compleanno…
… una data che non aveva mai desiderato festeggiare, ed anche quell’anno, se non fosse stato per le insistenze di Ginji, avrebbe ignorato quel giorno.
- Fa freddo…- mormorò distrattamente, cercando si soffocare i pensieri con la voce.
Sperò che almeno per quel giorno i brutti ricordi lo lasciassero in pace…
- Ban-chan!- lo chiamò la voce argentina di Ginji.
Soffocando un sorriso che minacciava di incurvargli le labbra lo osservò corrergli incontro: sembrava un moccioso quando si comportava così! Eppure Ban semplicemente adorava quel sorriso felice, privo di ombre che esplodeva in ogni occasione sul suo bel volto.
Lui non sarebbe mai riuscito a sorridere in quel modo così aperto e caldo!
Ginji sembrava fatto di luce allo stato puro, una luce forte e dolce che era riuscita a penetrare anche dentro la gelida corazza delle tenebre che gli avvolgevano il cuore, riuscendo con gentile ostinazione ad illuminare e riscaldare anche la sua anima ormai spenta. Per lui Ginji era la vita, quell’aria fresca che gli riempiva i polmoni consentendogli di sopravvivere… semplicemente Ban non riusciva più a vedersi senza di lui.
Ginji si fermò davanti a lui e gli tese il pacchetto di sigarette che gli aveva chiesto di comprare. Ban lo prese e lo infilò nella tasca del lungo spolverino nero. Solo quando risollevò lo sguardo si rese conto che l’altro non si era perso nemmeno uno dei suoi movimenti. Lo stava osservando con la sua solita espressione spensierata e felice. Ban ponderò che pochi avrebbero creduto che dietro quel bel sorriso ci fosse un simile passato di abbandoni e miseria.
- Che c’è?- chiese un po’ burbero, imbarazzato dal modo in cui lo stava guardando.
- Niente! È che sono contento: finalmente sono riuscito a convincerti a fare una festa per il tuo compleanno!- rispose il biondino ridendo come un bambino.
Ban si perse ad osservare quel viso puro ed innocente come la neve, un candore che nemmeno la vita con le sue brutture era riuscita ad insudiciare. Imbarazzato, riuscì solo ad accarezzargli la testa, scompigliandogli affettuosamente i capelli, come faceva ogni volta che non riusciva a trovare le parole per rispondergli. Era un gesto che riservava solo a lui, un gesto con cui voleva dirgli che aveva capito e che gli voleva bene.
Prese una nuova sigaretta dal pacchetto e la portò alle labbra. Onestamente trovava ridicolo celebrare un compleanno, tutto quel mostrarsi entusiasti della vita; gli sembravano così falsi tutti quei sorrisi e quelle esternazioni di gioia…
Quanti di loro erano veramente contenti di essere nati?
… La verità era che nessuno sceglieva di nascere e nessuno sceglieva di vivere, semplicemente capitava di venire al mondo, per l’egoismo di un uomo e di una donna e per lo sbaglio di una volta, e poi semplicemente ci si limitava ad accettare l’accaduto, a vivere perché era una necessità, un qualcosa che tutti si aspettavano si facesse.
Spesso non c’era proprio nulla da festeggiare nella vita di una persona.
Spesso le persone desideravano persino dimenticare il giorno in cui avevano avuto la disgrazia di nascere!
Lui rientrava nel gruppo di persone che decisamente preferiva dimenticare persino di essere nate!
- Ban-chan.- .
La voce di Ginji lo distolse dai suoi cupi pensieri. Il biondino gli si avvicinò fino a portarsi davanti a lui, aveva la testa bassa in modo che la folta frangetta nascondesse il suo volto.
- Grazie per oggi Ban-chan!- disse deciso artigliando la stoffa del suo spolverino tra le dita.
- Di cosa dovresti ringraziarmi?- chiese Ban sorpreso, la sigaretta caduta a terra.
Delle volte faticava a stargli dietro, a seguire i suoi ragionamenti contorti. Ginji aveva una visione tutta sua del mondo che ricordava l’ingenuità di un bambino che aveva appena iniziato a scoprire ciò che lo circondava, così in contrasto con il feroce cinismo che gli aveva sbattuto in faccia quando si erano conosciuti. Quel giorno, mentre cercavano di ammazzarsi a vicenda, non avrebbe mai sospettato quanta dolcezza e fragilità si nascondesse sotto quei freddi occhi simili ad affilate lame…
… Forse nemmeno Ginji stesso era consapevole di possederle!
O più semplicemente fingeva di non possederle: il Mungenjo era un luogo che non perdonava i deboli ed i buoni di cuore, un territorio in cui solo i più forti e spietati potevano sopravvivere. Osservandolo si chiese quanti e quali ferite celasse la sua anima, persino a lui.
- Grazie di essere qui con me oggi! – continuò come se non avesse sentito la sua domanda – Grazie di essere venuto da me e di avermi salvato. Grazie di esistere.- .
Il cuore di Ban ebbe una contrazione dolorosa davanti quelle parole. Ginji lo stava fissando con uno di quegli sguardi dolci ed innamorati, gentili e sereni, che riuscivano sempre a sciogliergli qualcosa dentro. Come ci riusciva? Come riusciva a fargli battere il cuore a quella velocità folle solo con uno sguardo ed un sorriso? Come riusciva a farlo sentire importante e necessario, il padrone del mondo, con delle semplici parole? Come riusciva a lenire le sue ferite fino a renderle sopportabili? Come riusciva a farlo sentire vivo come non lo era mai stato prima d’allora? Perché con lui non riusciva a sentirsi mai solo e miserabile?
Quando gli parlava in quel modo, Ban arrivava a credere che Ginji possedesse un altro potere molto più forte e letale oltre quello dell’elettricità, un potere che gli consentiva di penetrare negli altri fino toccargli l’anima, riscaldandola e smussandola, addolcendola. Ginji era un miracolo vivente. Il suo miracolo. Ed il bello era che nemmeno se ne rendeva conto.
Per una volta decise di dare ascolto alla sua solitaria anima che gli urlava disperatamente di avvicinarsi a Ginji, toccare la sua calda luce e farsi avviluppare da essa, sciogliere e rigenerare, fino a ritrovare il bisogno di vivere.
Sollevò le braccia e, dopo avergliele passate attorno alle spalle, se lo strinse contro. E subito Ban venne avvolto dal suo elevato calore e dal suo odore dolce, quasi di miele. Se ne nutrì come un affamato, riempiendosene finché non si sentì bene.
- Sono gelato. Abbracciami. – diede come unica giustificazione a quel gesto così inusuale per lui – Tu invece sei così caldo…- mormorò dolcemente poggiando la guancia contro la sua testa.
Il mio unico sostegno per non continuare a precipitare. La persona più importane nella mia vita”, pensò stringendolo maggiormente a sé.
Ginji sorrise piacevolmente sorpreso: era raro che Ban si lasciasse andare a simili gesti, preferiva nascondersi sotto la sua maschera burbera e cinica. Quindi l’abbracciò a sua volta, aggrappandosi alla stoffa sulla sua schiena, desideroso di godersi quel momento fino in fondo.
Ad interromperli fu però lo stomaco di Ginji che protestò sonoramente per il prolungato digiuno. Ban lo allontanò da sé contrariato di essere stato interrotto in quel modo: certo che quella torpedine aveva un tempismo eccezionale per certe cose!
- Forza! Andiamo a questa festa!- sospirò rassegnato già avviandosi verso l’uscita del parco.
Ginji sorrise quando capì che non era arrabbiato con lui.
- Evviva! Voglio mangiare una fetta di torta enorme!- esclamò raggiante all’idea.
Ban nascose un sorriso divertito sotto la massa scombinata dei suoi capelli: non sarebbe mai cambiato, per fortuna!

Ban si liberò dello spolverino sollevato di essere finalmente riuscito a sfuggire a quel branco di invasati che reggevano davvero male l’alcool: aveva sopportato tutte quelle urla festanti solo perché Pore era l’unico che continuasse a fargli credito. Vagamente avvertì la porta di casa chiudersi alle sue spalle. Fortunatamente il quel periodo erano riusciti ad ottenere più di un buon ingaggio, ed erano riusciti a mettere da parte la somma che gli consentisse di affittare un appartamento. Certo era piccolo ed in periferia, ma per loro due andava più che bene, almeno per il momento avevano un tetto sulla testa e non erano più costretti a dormire in macchina.
Entrò direttamente in cucina ed aprì il frigo: una birra fresca era l’ideale per chiudere la serata. Trovò invece un paio di fette di torta al cioccolato, accuratamente avvolte in eleganti stampi di carta. Un sorriso malizioso gli si schiuse sul volto: la serata non era ancora finita, quindi…
Prese le due fette e si diresse verso la piccola sala che fungeva da salottino, dove trovò Ginji seduto a terra, con la schiena contro il divano e gli occhi chiusi; tutta la sua figura morbidamente abbandonata sotto il suo sguardo. A quella vista un lampo violaceo sfrecciò nei suoi occhi: sperò che il regalo di Ginji non si limitasse a quello…
- E queste?- chiese attirando la sua attenzione.
Il biondino riaprì gli occhi raddrizzando la testa, un tenue colore rosato gli tinse le guance alla vista di quello che Ban aveva in mano.
- Ho pensato che avremmo potuto festeggiare per conto nostro una volta tornati a casa…- spiegò timidamente guardandolo da sotto in su.
Il sorriso sul volto di Ban si allargò maggiormente a quella proposta: avrebbero festeggiato, certo, ma non nel modo che pensava il suo innocente compagno.
Poggiò la torta sul basso tavolino di legno e lo invitò a raggiungerlo. Ginji lo seguì immediatamente, felice di poter mangiare ancora dolci. Ban invece puntò il gomito sul ripiano appoggiando il mento nell’incavo della mano, quindi, con un piccolo sorriso sulle labbra, si mise ad osservare l’espressione di pura gioia che stava animando in quel momento il volto del compagno. Quello era uno dei piaceri della sua vita: gli piaceva anche solo guardarlo, poterlo osservare, riempirsi il cuore e l’anima di lui; una necessità alla quale non sapeva più rinunciare. Quando Ginji si volse per chiedergli come fosse il dolce, scoprì che Ban non lo aveva ancora assaggiato, ma che invece lo aveva fissato insistentemente per tutto il tempo con uno sguardo scintillante. Sentì subito le guance riscaldarsi, per legittima reazione.
- Non ti piace?- gli chiese un po’ dispiaciuto, un po’ per spostare l'attenzione di Ban su altro.
Ban non amava le cose dolci, ma per quella sera fece un’eccezione, sicuro di ricevere un’adeguata ricompensa.
Sotto lo sguardo caldo di Ginji, prese il trancio di torta e lo addentò.
- Com’è?- chiese speranzoso il biondino sporgendosi verso di lui.
Era tutto quello di cui Ban aveva bisogno. Si liberò degli occhiali, poggiandoli accuratamente sul ripiano del tavolino, e si spostò velocemente accanto a Ginji, che ancora non aveva compreso le sue intenzioni. Gli prese il viso tra le mani e lo portò verso il suo.
- Dimmelo tu…- mormorò sensuale sulle sue labbra prima di baciarlo.
Stretto in quell’abbraccio forte e caldo Ginji si chiese come l’altro riuscisse a farlo sciogliere in quel modo, ad annullare la sua coscienza fino a fargli dimenticare qualsiasi cosa che non fosse Ban. Senza quasi accorgersene sollevò le braccia fino ad allacciargliele al collo, lasciandosi completamente nelle mani del compagno. Ban adorava il modo in cui Ginji lo baciava: impacciato all’inizio, morbido e denso poi. Per Ban era sempre stata una faccenda di sesso, uomini o donne non aveva fatto mai molta differenza, l’importante era solo divertirsi e dimenticare chi fosse per qualche minuto. Lui, che si era sentito solo anche in quei momenti, trovava sorprendente il coinvolgimento fisico ed emotivo che riusciva a scatenare in lui Ginji con un semplice bacio. Ne era diventato dipendente. La cosa all’inizio lo aveva spaventato: era sempre stato un solitario, non aveva mai concesso nulla di sé agli altri; come aveva potuto proprio lui arrivare al punto di regalargli la propria anima?
Si era allontanato cercando di mettere ordine nella sua testa, ferendo Ginji e se stesso per primo. Ma quando aveva scoperto che quella lontananza lo stava soffocando, che quel bisogno di lui non era un male, ma che era la naturale conseguenza di quello che provava per lui…
… a quel punto ogni cosa era andata al suo posto, e lui era tornato da Ginji pronto a lasciarsi bruciare e guarire dalla sua dolcezza.
Sentendo i polmoni in fiamme si allontanò dall’altro in cerca d’aria e scoprì che era riuscito a stenderlo sul parquet. Si rimise a sedere puntellandosi sulla mano destra poggiata sul pavimento accanto alla testa dell’altro, riempiendosi il cuore e la mente del volto rosso d’imbarazzo di Ginji. Era ancora così ingenuo da imbarazzarsi per un semplice bacio, pensò con un sorriso dolcemente divertito.
- Allora, com’era la torta?- gli chiese con un ghigno, accarezzandogli la guancia.
Il biondino gli lanciò un’occhiata a metà tra l’imbarazzato e l’arrabbiato, prima di riuscire a balbettare un assenso.
- Spero che la torta non sia l’unico regalo che riceverò da parte tua…- mormorò con un tono così sensuale e malizioso da far rabbrividire l’altro per riflesso.
- Credevo di si, visto che tu non mi hai chiesto niente.- rispose sincero e convinto il biondino.
Ban rise di cuore, sentendosi leggero come mai in quel momento.
- Non l’hai ancora capito?- mormorò sulle sue labbra, soffocando ogni sua possibile risposta in un bacio.
L’ultima cosa che Ginji avvertì lucidamente prima di annegare nel piacere, fu la mano di Ban che si intrecciava alla sua in un gesto gentile e possessivo.

Il sole già alto illuminava la loro stanza con un’abbagliante doccia di luce dorata. Ginji ormai sveglio si districò dall’abbraccio con cui Ban ancora lo stava stringendo a sé, e si mise a sedere sul letto. Il suo compagno stava dormendo supino, con il volto piagato di lato sul cuscino, i bei lineamenti rilassati dal sonno. Adorava vederlo con quell’espressione, che non era quella sostenuta ed impenetrabile che indossava ogni giorno. Con un’irrazionale moto di possesso pensò che solo lui aveva avuto il privilegio di vedere su quel volto espressioni come la tenerezza, l’amore, la passione… Una sensazione di calda tenerezza gli si sciolse nel petto: Ban ricercava i suoi baci e le sue carezze con la stessa fame disperata di un bambino solo e sofferente, un bambino come lui stesso d’altronde, e se ne rendeva conto ogni volta che faceva l’amore o semplicemente stavano insieme.
Attento a non svegliarlo si chinò a baciargli una guancia: prima o poi sarebbe riuscito a fargli capire che non era più solo, che lui non lo avrebbe mai abbandonato, anche se gli ci sarebbero voluti anni per farlo. Lo giurò a se stesso.
- Buon compleanno Ban-chan!- sussurrò sulla sua pelle prima di tornare a stendersi al suo fianco ed abbracciarlo.