CUORI DI
SAMURAI
-Imparare
a capirsi-
-1-
L'urlo
lancinante del ragazzo fino a un attimo prima addormentato esplose
nella
stanza e, l'istante successivo, già Shu di Kongo lo stringeva tra le
proprie
braccia con l'intento di calmarlo. Aveva previsto quel drammatico
risveglio,
perché non si era quasi mai allontanato da lui e aveva assistito
ad
ogni manifestazione di dolore, udito ogni gemito; eppure aveva atteso
pazientemente,
per non correre il rischio di spaventarlo di più, era ben
consapevole
di quale tipo di incubi stesse affrontando e di quanto potesse
essere
instabile la mente nell'attraversarli... ne era consapevole perché
lui
stesso e gli altri suoi compagni non ne erano stati risparmiati.
Il
lungo sonno avrebbe dovuto permettere loro unicamente di riprendersi e
riposare
dopo l'inaudita battaglia contro Arago e, invece, erano stati
costretti
a rivivere la paura, la sofferenza, l'essenza stessa dell'angoscia
Tra
loro, Shin, se si escludeva forse Ryo, era il più emotivo; pur
conoscendolo
da poco Shu sentiva di aver compreso molto di lui e quel che
credeva
di avere compreso gli piaceva tanto.
Gli
venne così istintivo, nel momento in cui l'amico spalancò gli occhi e
sobbalzò
mettendosi seduto, il corpo scosso dai tremiti e da quell'urlo
terribile,
portarsi più vicino ed abbracciarlo, stringendolo con le sue
braccia
forti, che mai avrebbe immaginato di poter rendere così protettive
nei
confronti di qualcuno che non fossero i suoi fratellini.
“Va
tutto bene” udì se stesso sussurrare all'orecchio di Shin, “è finita e
siamo
tutti salvi, non devi temere più nulla...”
Man
mano che parlava in quel modo all'amico, si rendeva conto che tali
rassicurazioni
tentava di rivolgerle anche a se stesso, senza crederci fino
in
fondo, nessuno tra loro era realmente convinto che le battaglie fossero
davvero
concluse. Tuttavia, in quel momento, l'importante era che ci
credesse
Shin.
Lo
sentì abbandonarsi contro di lui, i muscoli che si rilassavano sempre di
più,
nonostante i tremiti non sembrassero voler cessare.
“Che
pace qui intorno” sussurrò la voce dolce di Shin, in quel frangente
così
sottile da risultare vellutata, “sento gli uccelli che cantano fuori...
e
qualcuno, da qualche parte, sta usando dell'acqua... la sento
scorrere...
è
così bello sentirla...”
“E
io starei ad ascoltare per ore te” si scoprì a pensare Shu, considerando
al
contempo inquietanti le osservazioni che la sua mente formulava quando
si
concentrava
su Shin.
“Che
diavolo mi sta succedendo?” rifletté ancora, mentre l'amico si mosse un
poco,
con l'intento di ricercare il suo sguardo e, di fronte a quei due
occhi
dalle sfumature verdi-azzurre, Shu di Kongo deglutì, in preda ad una
sconosciuta
emozione che lo terrorizzò.
“Ho
rivissuto tutto, sai Shu? Ho risentito le mie ossa andare in frantumi
mentre
la mano gigantesca di Arago ricadeva su di me, il corpo di Touma
usato
come arma contro il mio, il mio dolore e il suo, che si fondevano e si
amplificavano
l'uno con l'altro... la tenebra, l'oppressione, il
soffocamento
quando Arago ci ha risucchiati... tutto...”
“Non
sforzarti di descrivermi nulla o lo rivivrai per la terza volta... so
bene
di cosa parli... anche io mi sono svegliato urlando... anche Seiji... e
Touma...”
Il
ragazzo castano annuì, abbassando il capo ad osservare le proprie mani
che
si tormentavano in grembo e che non riusciva ancora a mantenere ferme:
“Quindi
non era un incubo... è accaduto tutto realmente proprio come l'ho
sognato.
D'altronde, le mie membra che protestano ad ogni movimento non
lasciano
molti dubbi a riguardo.”
Shu
lo osservò cupamente, rendendosi conto di trovarsi in imbarazzo; non era
molto
bravo a confortare se non comportandosi come il pagliaccio della
situazione,
ma da quando si era svegliato circondato dalla normalità, non
aveva
ancora avuto molta voglia di fare lo scemo.
“Eh...
temo di sì....” borbottò poi aggiunse, con una risatina un po'
forzata:
“Però devi ammettere che è stata un'esperienza entusiasmante, a me
non
è dispiaciuto affatto poter menare le mani in un'impresa di questo
genere!”
Shin
di Suiko mosse un poco il capo e lo scrutò in tralice, dal basso verso
l'alto,
il viso finalmente un po' più disteso in un mesto sorriso: “Non sei
molto
credibile, sai?”
Il
cinese rispose con una comica smorfia di disappunto, in seguito alla
quale
Shin accentuò il sorriso con un risolino divertito.
“Almeno
ti ho rasserenato, sembra” asserì Shu, accompagnando l'osservazione
con
una linguaccia.
Shin
si strinse nelle spalle:
“Il
solo pensiero di avervi tutti al mio fianco mi rasserena... anche se ci
conosciamo
da pochissimo; mi sembra impossibile che, prima dell'inferno che
abbiamo
attraversato, non ci fossimo mai incontrati... è come se vi
conoscessi
da sempre.”
Kongo
provò una fitta al cuore che non capiva: cosa aveva detto, Shin, di
così
strano da provocare in lui un pizzico di dolore? Il primo termine che
gli
venne in mente per descrivere una tale sensazione fu: gelosia... gelosia
perché
l'amico, anziché concentrarsi sulla sua presenza, sul conforto che
gli
stava dando, si era riferito a tutti, senza distinzioni, senza mostrare
un
segno di una seppur minima predilezione.
“Ma
che vado a pensare” si rimproverò, “sono per caso impazzito?”
“Shu...”
lo richiamò la voce del compagno e lui lo osservò di nuovo.
“Dimmi...”
“Grazie...”
Avrebbe
voluto rispondere qualcosa di sensato, invece finì col borbottare
alcune
parole che neanche lui stesso seppe interpretare e, una volta di più,
si
chiese perché si sentiva così confuso, a volte, quando si trovava
accanto
a
Shin. Lui era sempre stato uno spirito semplice e non capire se stesso
lo
irritava
profondamente.
La
mente di Shu lavorò ancora su questioni che non facevano altro che
turbarlo
ogni istante di più: pensava che era bello vederlo sorridere, che
quando
Shin sorrideva era come se un raggio di sole accarezzasse il suo
volto,
quando sorrideva i suoi occhi acquistavano la lucentezza dell'acqua
pura
cui attingeva la propria forza e Shu avrebbe voluto vederlo sorridere
sempre
così, perché sentiva di dovere gran parte della propria forza proprio
a
quel sorriso.
Per
questo quando Suiko tornò triste, pensieroso, anche Shu si incupì.
“Stai
ancora male, Shin? Ti lascio riposare un po'?”
L'altro
fece un lieve cenno negativo del capo, mentre si guardava di nuovo
le
mani.
“Pensavo...
prima hai parlato di te, Seiji e Touma. E Ryo?”
Quindi
sollevò di scatto il viso e lo fissò intensamente, parlando con
maggior
foga:
“Dovremmo
essere tornati tutti, vero? Neanche questo era solo un sogno...
Shu,
come sta Ryo? Dov'è?!”
Nessun
sussurro di gelosia, questa volta, nell'animo di Shu; non avrebbe mai
potuto
essere geloso di Ryo, soprattutto data la situazione... o forse...
quel
sussurro... c'era ed era lui stesso ad imporgli di scomparire. Sorrise
e,
nel momento stesso in cui si avvide che le proprie braccia non avevano
ancora
smesso di avvolgere Shin, accentuò maggiormente la stretta:
“Non
devi preoccuparti, è tornato anche lui, sì, ma ha bisogno di più tempo
di
noi. Sta ancora dormendo.”
Shin
chiuse un attimo gli occhi e sospirò di sollievo, poi scosse il capo,
sul
volto nuovamente quel sorriso che a Shu piaceva tanto.
“Scusami
se mi sono fatto prendere dall'ansia.”
“E'
stato così per tutti appena abbiamo aperto gli occhi.”
“Perché
non mi decido a smettere di abbracciarlo?” soggiunse poi Shu tra sé,
convincendosi
sempre più che non insisteva in quel contatto per recare
conforto
a Shin... ma per se stesso... perché non riusciva a staccarsi da
lui.
Quando Arago si era accanito su colui che aveva eletto a suo favorito
tra
i compagni, ora Shu ricordava, l'angoscia che già lo attanagliava aveva
rischiato
di diventare soverchiante ed insopportabile. Veder colpire gli
amici,
vederli star male, era terribile per lui, in ogni senso, ma la
sofferenza
di Shin, in qualche modo, gli entrava nell'anima fino a
sopraffarlo,
in una disperazione senza via d'uscita.
Il
compagno si mosse, divincolandosi con gentilezza, ma fermo:
“Dai,
coraggio. Siete già tutti svegli, devo darmi una mossa anche io.”
“Non
c'è nessuna fretta.”
Tentava
di trattenerlo perché davvero si preoccupava o, molto più
sinceramente,
desiderava continuare ad abbracciarlo?
Era
comunque troppo tardi, Shin si era separato da lui e si apprestava ad
alzarsi:
“Sto
bene e non possiamo permetterci di prendere le cose troppo blandamente
”
“Perché
dici così?” gli domandò Shu, stupendosi del senso di privazione che
provava
dopo quel distacco imposto dall'amico, “avremo pur diritto di
riposarci,
no?”
Intanto,
si sforzava di staccare gli occhi dalle forme nude di Shin, che
attiravano
le sue attenzioni in una maniera a dir poco singolare; cosa
avrebbe
dovuto trovare di interessante nel contemplare in quel modo un corpo
maschile
senza veli?
“Ma
che ragionamenti faccio? Sto delirando?”
“Lo
sai anche tu perché dico così” gli rispose la voce di Suiko velata di
rassegnazione
e amarezza.
Shu
sospirò: aveva provato ad illudere lui e se stesso, ma avrebbe dovuto
immaginare
che con Shin non sarebbe servito. D'altronde erano tutti
perfettamente
consapevoli di quanto fossero labili le speranze che fosse
davvero
finita, il Male non poteva essere stato sconfitto così facilmente.
Forse
Arago era scomparso ma... era solo? La sensazione che qualcosa di
terribile
ancora li attendeva era viva e presente in tutti loro e l'intuito
dei
Samurai non poteva sbagliare.
Shin
si era accostato alla finestra e Shu fissava la sua schiena, la pelle
bianca,
appena lievemente ambrata e liscia, accarezzata dal sole; indossava
solo
i leggeri pantaloni di un pigiama azzurro e le sue forme, ad un tempo
aggraziate
ed energiche, rinvigorite dalle numerose immersioni nel suo
elemento
naturale che era l'acqua, si delineavano davanti allo sguardo
incantato
di Shu.
Poi,
vedendo quale piega avevano preso le proprie riflessioni, scosse il
capo,
come a cacciare un insetto molesto.
“Sto
pensando che è bello? Sto davvero pensando che mi piace il suo corpo?”
Anche
dopo quel gesto di diniego la tentazione, subito dopo, di riportare lo
sguardo
sull'oggetto che catalizzava i suoi sensi, fu enorme e il bisogno di
osservarlo
ancora talmente intenso che, improvvisamente, fu preso da un
capogiro;
e il piacere che tale vista gli trasmetteva era terrorizzante
nella
misura in cui gli risultava del tutto incomprensibile.
Ci
furono lunghi attimi di silenzio tra loro; Shin continuava a dargli le
spalle
ed a guardare fuori, Shu, seduto sul letto e voltato verso di lui ad
agognare,
spaventato dai propri sentimenti, di abbracciarlo di nuovo... o
magari
anche di essere abbracciato, ma non da una persona qualunque... da
Shin,
da colui che ormai considerava il suo... migliore amico. Le sue labbra
si
schiusero ad esalare una parola udibile solo per via del perfetto
silenzio
spezzato unicamente dal delicato trillare degli uccelli tra i rami:
“Amico...”
Shin
si voltò e da quegli occhi straordinari nei quali sembravano
rincorrersi
flutti cangianti si sentì avviluppato, fin quasi a credere di
affogare.
“Sì,
Shu? Mi hai chiamato?”
Schiuse
le labbra, senza poter assolutamente prevedere cosa avrebbe detto,
ma
venne anticipato da una serie di colpi delicati alla porta.
Fu
Shin a rispondere, con la sua delicata gentilezza:
“Entrate
pure!”
Sulla
soglia comparvero Touma di Tenku e Seiji di Korin, i volti sorridenti
fissi
su Suiko; Shu non sapeva se sentirsi seccato dall'intrusione o
sollevato
perché, in qualche modo, l'avevano sottratto ad una situazione che
cominciava
ad imbarazzarlo profondamente.
“Finalmente
ti sei svegliato anche tu” esordì Touma, avanzando nella stanza,
“non
ho bussato più forte perché temevo fossi ancora addormentato, non
volevamo
disturbarti.”
Shin
fece un tenero cenno negativo col capo e sorrise cordiale:
“Non
disturbate affatto, sono felice di vedervi e, soprattutto, di vedere
che
state bene.”
“Dire
che stiamo bene è una parola grossa, come immagino sia anche per te”
intervenne
il biondo Seiji, “ma almeno siamo salvi e vivi.”
“Già”
annuì Shin.
“Comunque
non ci preoccupavamo più di tanto per te” ridacchiò poi Touma
mettendogli
una mano sulla spalla, “c'era un angelo custode che non si
scollava
dal tuo capezzale.”
E
fece cenno col pollice verso Shu, ancora appollaiato sul letto; Kongo,
anziché
reagire come suo solito con una battuta pronta, aveva abbassato il
capo,
corrucciato.
“Perché
sei rosso?” infierì ancora Touma.
Shin
invece, dopo aver ascoltato le parole dell'amico appena arrivato, aveva
portato
il proprio sguardo su Shu e lo fissava, con un'espressione colma di
stupore
e domande inespresse.
“Shu...”
si limitò a mormorare; nell'udirlo, il compagno si alzò in preda ad
un
palese nervosismo e diede le spalle a tutti.
“Scusatemi,
ho bisogno di sgranchirmi.”
Rimasero
a guardarlo, perplessi, mentre usciva dalla stanza, poi Touma
riportò
le proprie attenzioni su Shin:
“E'
successo qualcosa? Siamo arrivati in un momento sbagliato?”
Suiko
si strinse nelle spalle:
“Ma
no... non capisco...”
La
mano sulla sua spalla si fece più salda:
“Restagli
vicino, Shin; nel corso delle battaglie, Rajura gli ha giocato un
brutto
scherzo rischiando di far vacillare le sue convinzioni. Sotto quella
scorza
di eterno bambino, Shu è molto fragile, ha bisogno di essere
circondato
da affetto per poter anche credere in se stesso.”
“Perché
mi stai dicendo queste cose, Touma?”
“Perché
credo che, soprattutto, abbia bisogno di te.”
Shin
sgranò gli occhi, cercando quelli del compagno, mosse un poco le labbra
senza
sapere effettivamente cosa rispondere quindi, lievemente a disagio,
spostò
la propria attenzione su Seiji, che osservava la scena con i suoi
occhi
di ghiaccio apparentemente imperscrutabili. Ma, appena essi
incontrarono
quelli di Shin, si lasciò sfuggire un sorrisino enigmatico e si
strinse
nelle spalle.
Suiko
scosse il capo e sbuffò, portandosi una mano a scostare un ciuffo di
capelli
dalla fronte.
Sentiva
il disperato bisogno, senza sapere esattamente il motivo, di deviare
l'attenzione
focalizzata su lui e Shu, così introdusse la questione che più
gli
premeva:
“Avete
visto Ryo? Come sta?”
“Ero
da lui poco fa” rispose Touma, “dorme, continua a dormire. Meglio così,
più
riuscirà a riposare e meglio si ristabilirà.”
“Vi
sembra tranquillo?”
“Né
più né meno di noi, probabilmente” asserì Seiji scrollando le spalle.
Il
capo di Shin si abbassò e strinse i pugni lungo i fianchi.
“Non
ti preoccupare Shin” intervenne di nuovo Touma accorgendosi dell
improvviso
malessere del compagno, “andrà tutto bene.”
“Sì”
mormorò il compagno più anziano, senza poter scacciare l'ansia che si
era
impadronita di lui, “ora va tutto bene, perché siamo vivi, tutti... ma..
”
La
voce profonda di Seiji accarezzò le sue orecchie:
“Fiducia,
Shin... non dimenticare la tua virtù... fiducia in noi... e in
tutte
le nostre possibilità.”