CUORI
DI
SAMURAI
-2-
Stava
calando il primo tramonto dal loro risveglio successivo alla
battaglia... il risveglio di quattro di loro, perché Ryo di Rekka
ancora giaceva in un sonno che cominciava ad apparire innaturale a chi
attendeva con ansia il suo ritorno alla vita.
La
porta della stanza di Ryo si aprì e Byakuen, appollaiato sul tappeto,
deciso a non lasciare il suo protetto neanche per un istante, sollevò
un poco il capo, accogliendo il nuovo arrivato con quello che sembrava
una via di mezzo tra un ruggito e un tentativo di fusa.
La
tigre bianca si alzò, per accogliere nel migliore dei modi Shin,
andando a strofinare il muso contro le sue gambe; il ragazzo rispose a
quella calda accoglienza con un grattino affettuoso tra le orecchie.
“Bravo
Byakuen, con te che non ti allontani mai, nessuno può dirsi più
protetto di Ryo.”
Il
maestoso animale rispose con un sottile ringhio di approvazione e, come
in risposta, si allontanò da Shin per portarsi risoluto accanto al
letto, posando il muso sulle coperte, sfiorando con il naso la spalla
di Ryo.
Suiko
avanzò di qualche passo e, presa una sedia poco distante, si sedette al
capezzale dell'amico, una mano sulla schiena possente della tigre,
mentre l'altra andò a sfiorare il ciuffo di capelli corvini che si
adagiava sulla fronte di Ryo.
A
quel lieve tocco, sui lineamenti fini del ragazzo si dipinse una
smorfia e Shin fu lesto a ritrarsi:
“Scusa...
so bene che sarai immerso negli incubi... e qualunque cosa può
destabilizzarti. Mi dispiace...”
Sospirò;
una parte di lui avrebbe voluto forzarlo a svegliarsi ma, al tempo
stesso, sapeva che interrompere il suo riposo atto a recuperare energie
avrebbe potuto rivelarsi più deleterio degli stessi incubi.
“Però
non è giusto” borbottò, “in questo modo i suoi brutti sogni dureranno
molto di più rispetto ai nostri.”
Byakuen
mosse un poco il muso e gli toccò lievemente una gamba.
“Mi
stai dicendo che lo proteggerai anche dai suoi incubi? Sarebbe bello se
potessi farlo, ma credo che neanche tu possa arrivare a tanto.”
Un
grugnito di disappunto rispose a quell'osservazione che la tigre trovò,
evidentemente, offensiva, tanto che diede le spalle al giovane e andò
ad acciambellarsi sul tappeto, a testa alta, piccata.
“Eddai
Byakuen, non ti facevo così permaloso” tentò di scusarsi Shin,
ottenendo in cambio un rumoroso sbadiglio. Il messaggio era chiaro: non
si sarebbe più abbassato a degnarlo della sua considerazione.
Shin
sospirò, scuotendo il capo, con un sorriso condiscendente:
“E
va bene... ho torto io... mi perdoni se ti chiedo scusa?”
Quindi
lo guardò; Byakuen aprì un occhio, sembrò volerlo sondare fin nel
profondo del cuore... e quegli occhi felini ed ammalianti ne erano
assolutamente in grado, Shin era convinto di questo. Poi la tigre si
alzò, si stirò con mosse sinuose e tornò da lui, insinuando il muso tra
il braccio e la gamba di Shin, per invitarlo all'abbraccio.
“Grazie
per avermi ritenuto degno, mio signore” ridacchiò il ragazzo,
accogliendo di buon grado il contatto ritrovato.
La
vicinanza di un animale come Byakuen era rassicurante, dava conforto e
calore, ma faceva anche sì che ci si sentisse protetti dal mondo intero
e persino dai turbamenti dell'animo, turbamenti che Shin sentiva di
avere e di non riuscire più a nascondere a se stesso.
Quelli
legati alla battaglia, certo, alla paura unita ad un'adrenalina che
sapeva trascinare nel vortice della cieca follia bellica anche l'animo
più gentile e meno propenso alla violenza.
“Io lo
sono?” si
chiese, chinando lo sguardo sulla propria mano, che strinse in un pugno
fremente, “accetto
tutto questo perché so che devo e non ho altra scelta o davvero quello
che sosteneva Arago riguardo alle armature...”
Chinò
il capo e si portò il pugno alla fronte, soffocando un singhiozzo nella
gola e lacrime brucianti tra le palpebre serrate.
“Combatto,
forse, perché l'oscurità dell'armatura mi inebria?”
“Fiducia
Shin, fiducia... non te lo dimenticare mai.”
“Kaosu!”
esclamò il ragazzo, sollevando di scatto il viso. L'aveva udita
chiaramente la voce del mentore dei samurai, nitida, come se fosse
lì... ma Kaosu non avrebbe potuto in alcun modo essere lì, perché aveva
sacrificato la propria vita allo scopo di aiutarli a fronteggiare il
loro destino... a fronteggiare Arago faccia a faccia.
“La
mia virtù...” mormorò, abbandonando le mani in grembo e tornando a
guardare Ryo, poi chiuse ancora gli occhi con un sospiro, chinò il
capo, immergendosi nei propri pensieri che non cessavano di rendersi
contrastanti, turbati.
Turbamenti...
quanti avrebbe potuto contenerne, il suo spirito, prima di esplodere?
Il
ricordo delle battaglie, il pericolo che ancora il Male rappresentava
per il mondo, certo, erano le priorità, ma dentro di lui c'era
qualcos'altro, che di sicuro non contribuiva alla serenità del suo
animo, alla pace mentale di cui aveva un disperato bisogno.
Tra
tutti gli incomprensibili fatti che si accavallavano, innanzitutto, gli
dava da pensare l'atteggiamento di Shu dal momento in cui lui si era
risvegliato; si era fatto stranamente sfuggente, mettendo in mostra una
parte di sé che Suiko non aveva ancora imparato a conoscere e che,
nonostante tutto, credeva non gli appartenesse affatto.
Gli
erano bastati pochi attimi per convincersi di averlo capito fino in
fondo, d'altronde, fin dai primi approcci, Shu sapeva essere così
lineare, semplice... impossibile non capirlo: la sua scorza massiccia,
forte, involucro di uno spirito limpido disponibile a lasciarsi
ammirare sin nel profondo... Kongo, il samurai della terra, forte e
prezioso.
Erano
scattate delle dinamiche bizzarre tra tutti loro, un fluido intercorso
tra cinque anime mai incontratesi prima nel corso dell'epoca attuale ma
che, inconsapevolmente, si erano da sempre ricercate, per potersi
fondere in un'unica, inscindibile essenza.
“La
cosa più bella che le armature mi hanno donato... forse l'unica cosa
bella, chissà... non l'ho ancora capito questo, ma ho capito di sicuro
che è un miracolo averli incontrati, è un miracolo quel che è accaduto
tra me e loro... esserci trovati... e amati...”
Amati...
Fissò
il volto di Ryo più intensamente, colto dal desiderio di accarezzarlo,
di posargli la mano sulla fronte, tra le ciocche corvine che vi si
adagiavano morbide; avrebbe voluto sdraiarsi al suo fianco ed
abbracciarlo, rendere davvero totalizzante quella simbiosi che li
caratterizzava tutti ma che, in quel momento, con Ryo, avrebbe voluto
rendere davvero completa... e intima...
Il
solo richiamare alla mente una simile parola lo fece vergognare, come
lo fece sentire male quel richiamo del suo cuore ad un'esclusività tra
loro due. Ma non riuscì a smettere di pensarci.
“Sdraiarmi
qui... vicino a lui... per entrare nei suoi sogni e aiutarlo ad
affrontarli... per proteggerlo...”
Era
solo questo... proteggerlo come avrebbe voluto proteggere tutti,
avvolgendoli nel proprio abbraccio, per preservarli da ogni dolore, dal
Male che ancora incombeva su di loro e sul Mondo. Solo questo...
Se
chiunque altro tra i suoi compagni si fosse trovato al posto di Ryo, il
suo cuore avrebbe manifestato le medesime reazioni.
Tuttavia,
nel momento stesso in cui tentò di imporsi tale convinzione, quel
medesimo cuore cui si era rivolto gli balzò in gola, spingendolo a
gemere di disappunto contro se stesso. Si premette una mano sugli occhi.
“Che
mi succede, maledizione!”
Nell'impeto
di disperata impotenza in quella lotta che aveva ingaggiato contro se
stesso, percepì appena lo strofinarsi del sensibile Byakuen contro di
lui e il mugolio felino che voleva assumere il medesimo ruolo di una
parola di conforto.
Gli
rispose con un tocco gentile sul capo, ma non abbassò l'altra mano dai
propri occhi e non osò guardarlo, temendo forse che lo stesso Ryo, con
il quale la tigre era in un contatto talmente empatico da risultare
magico a volte, potesse cogliere, attraverso il sogno, quali segreti
sentimenti contorti si annidassero nell'animo di un suo compagno.
Era
talmente teso che, quando la porta alle sue spalle si aprì con un lieve
rumore, fece un balzo sulla sedia, come se temesse l'aggressione di un
guerriero di Arago; Touma si fermò alle sue spalle e lo scrutò,
perplesso.
“Ti
ho spaventato?”
“No...
no...” borbottò Suiko, senza trovare la forza di mostrare maggior
convinzione, abbassando nel contempo lo sguardo, sperando che il
compagno, pur tra le ombre della stanza, non potesse cogliere il
rossore che, Shin ne era convinto, gli era salito alle guance.
“Ma perché?”
Si disse, “Perché
devo arrossire come una ragazzina? Cosa mi prende? Accidenti!”
“A
me sembra di sì, invece” infierì Tenku, inflessibile, non duro, ma
serio, evidentemente deciso a capire, “non sai fingere bene Shin,
fattene una ragione.”
“Di
cosa diavolo parli?” scattò il samurai dell'acqua, un ringhio dipinto
sul volto e la testa sempre più incassata tra le spalle.
“Dico
che in questo momento mi sembri tanto la fotocopia di Shu quando mi
sono rivolto a lui, dopo il tuo risveglio; non credevo poteste
diventare due gocce d'acqua ad un tale livello.”
“Touma!”
esclamò Shin, puntandogli addosso uno sguardo furioso.
L'altro
non si fece intimidire, replicò, anzi, con le labbra piegate in un
sorriso sardonico: “In un certo senso sembrate fatti l'uno per l'altro.”
“Piantala!”
La
sedia sulla quale Shin era seduto fino a un istante prima cadde
rumorosamente e Byakuen gli lanciò un ruggito di rimprovero.
Senza
perdere la calma né scomporsi, Touma incrociò le braccia e rincarò la
dose:
“Non
fare l'isterico, se svegliassi Ryo, sia io che Byakuen ci arrabbieremmo
moltissimo.”
Suiko,
accorgendosi di aver urlato, si era comunque già portato una mano alle
labbra, pur non smettendo di fulminare l'amico con i propri occhi
azzurri ardenti di rabbia... tuttavia non era certo che tale furia
fosse indirizzata davvero a Touma.
“E' solo con
me stesso che me la devo prendere, lo so, perché sono confuso e troppo
nervoso!”
Fece
un respiro profondo e si impose di calmarsi; il fuoco dell'ira si
estinse e fece in modo di richiamare, nei propri occhi così come nello
spirito, la gentilezza che, dopotutto, sapeva far prevalere. Touma non
aveva voluto ferirlo, quando Touma si comportava così, i suoi intenti
non erano negativi, a suo modo anche lui desiderava, come Shin,
prendersi cura dei compagni, seppur con modalità differenti e a tratti
agli antipodi.
“Touma,
ti prego, smettila di fare giochetti, non ne ho bisogno!”
Chinò
il capo, la rabbia dissolta in un sospiro e in un'espressione talmente
triste che Tenku sbatté le palpebre, colto dallo stupore. Poi gli posò
una mano sulla spalla:
“Scusami,
sono stato un insensibile, non credevo stessi così male...”
“Non
sto male... è Ryo che sta male, non preoccuparti per me.”
E,
mantenendo il capo abbassato in quell'atteggiamento dimesso, Shin fece
un passo indietro, sottraendosi al tocco affettuoso.
“Non
credo a quel che dici, perché non è così che ti ho conosciuto, ero
consapevole che la battaglia ti ha provato, forse più di quanto sia
accaduto a me e agli altri due ma...”
“Ma
siete tutti così abituati a considerarmi il degno compare di Shu il
pagliaccio, che non posso avere qualcosa che non va... hai ragione...”
E,
dopo aver emesso quella cupa sentenza, Suiko diede le spalle all'amico
per dirigersi verso l'uscita mentre Byakuen, con un leggero ruggito di
richiamo, fece un passo verso di lui, imitato da Touma, il quale tese
al contempo una mano:
“Sono
convinto che neanche Shu sia semplicemente un pagliaccio, non
sottovalutarlo.”
Shin
si bloccò e si girò di scatto, i pugni stretti:
“Io
non sottovaluto nessuno, tanto meno Shu, so di conoscerlo molto meglio
di tutti voi, non accusarmi di superficialità!”
La
voce di Suiko si era fatta così acuta da ferire le orecchie di Touma
che, subito dopo avere parlato, si era reso conto di aver pronunciato
una frase infelice.
“Non
era mia intenzione, Shin-kun... non lo penserei mai...”
Non
fece in tempo a terminare, perché Shin era scappato via, in lacrime e
il cuore di Tenku si strinse in una morsa.
“Non
di te...” sussurrò a fil di labbra, mantenendo la mano sospesa nel
vuoto, nel vano tentativo di trattare chi non c'era già più.
Un
gorgoglio lo spinse a rivolgere il proprio sguardo a Byakuen, che lo
fissava con un'occhiata di palese rimprovero; lui sospirò.
“Lo
so... il superficiale sono io... o, quanto meno, sono talmente poco
avvezzo a trattare con le persone che, a volte, dico le parole
sbagliate. Povero Shin... sono un cretino.”
L'intelligente
animale gli posò l'ampia fronte su un fianco, gesto che era solito
utilizzare per mostrare la propria solidarietà laddove ce n'era bisogno.
Tenku
sorrise, grattandole il capo:
“Mi
viene da chiedermi se sono realmente io il saggio della squadra.”
Era
angosciante veder piangere Shin e, al pensiero che era stata colpa sua,
Tenku avrebbe desiderato potersi prendere a pugni da solo.
Il
samurai dell'acqua era una persona solo apparentemente limpida e
solare; nella sua gentilezza, nel suo senso di responsabilità, nel suo
voler coccolare gli altri e fare in modo che non mancasse loro nulla,
si nascondeva probabilmente un bisogno d'amore e di comprensione,
insieme al desiderio quasi morboso di sentirsi utile. Ed in questo
amalgama complesso si nascondevano, forse, molti più tormenti di quanti
Suiko ne lasciasse sgorgare in superficie.
Shin
era un ragazzo che faceva tenerezza, il più grande di tutti loro,
maturo e materno in alcuni momenti, monello come un bambino in altri,
probabilmente a causa di alcuni conflitti interiori che si portava
dentro.
Nessuno
di loro aveva alle spalle una vita familiare del tutto tranquilla e i
piccoli e grandi drammi dell'infanzia, Touma lo sapeva bene, erano in
grado di dare vita a problematiche interiori di difficile risoluzione.
Byakuen
richiamò ancora la sua attenzione con un brontolio appena accennato.
“Vuoi
che gli vada dietro? Dovrei farlo, vero?”
Bastò
l'intensità di quegli occhi felini perché potesse comprendere la
risposta. Si voltò, compiendo qualche passo fino al letto dove giaceva
Ryo e lo fissò dolcemente per qualche istante:
“Abbiamo
fatto baccano, scusaci Ryo-kun, Shin è nervoso e io ho peggiorato la
situazione. Spero che sarà tornato tutto normale quando tu ti
sveglierai, non me lo perdonerei mai se, dopo tutto quello che stai
soffrendo, dovessi anche ritrovare un gruppo di amici così tesi. E il
nostro gruppo ha bisogno della tranquillità di Shin, quindi cercherò di
fargliela riconquistare.”
Dopo
un'ultima carezza a Byakuen si allontanò, per mettersi sulle tracce
dell'amico che, in quel momento, aveva bisogno di non rimanere da solo.
Attraversò
la casa deserta: Seiji e Shu si stavano probabilmente allenando da
qualche parte e sapeva che Nasty era andata, poco prima, a riposare in
camera sua. Anche per lei era difficile riprendersi in maniera
definitiva dall'esperienza trascorsa, la ragazza non era una guerriera,
ma aveva affrontato l'impresa con un coraggio da autentica eroina: era
normale che la tensione accumulata la rendesse, da giorni,
tremendamente stanca.
Uscì
nelle prime ombre della sera e si trovò sovrastato da un cielo ancora
arrossato da un tramonto meraviglioso, che il samurai dell'aria si
fermò, qualche istante, a contemplare.
“Sotto un
cielo come questo le cose non possono non andare bene... non possiamo
essere così disperati se un tale spettacolo veglia su di noi.”
Sperava
che anche Shin avesse notato quella bellezza e che ne avesse ricavato
emozioni positive; ma era più probabile che, come lui, Tenku, si
aggrappava al cielo, Suiko fosse andato a cercare in un altro elemento
la propria consolazione. Così riprese i propri passi, con una meta ben
precisa, lungo un percorso che, immaginava, lo avrebbe portato
dall'amico.
E
proprio dove aveva previsto lo trovò, minuscolo nel maestoso tripudio
della natura in quegli istanti di sacro passaggio dal giorno alla
notte; Touma fu assalito dalla sensazione un po' opprimente che tutti
loro fossero su un limite, una soglia che si ammantava di attesa. Non
sapevano cosa sarebbe accaduto e si trovavano nella necessità,
piuttosto urgente, di fare i conti con se stessi.
Per
questo motivo aveva prevalso un po' di nervosismo?
Touma
sapeva che non si trattava solo del timore di una nuova battaglia, ma
delle loro singole vite, del senso che esse andavano acquistando, anche
in virtù di un'unione che, per una sorta di miracolo, di meccanismo
mistico entrato in azione nel giro di pochi istanti, li aveva
profondamente cambiati, resi dipendenti e di colpo consapevoli di non
poter più fare a meno gli uni degli altri.
Rallentò
il proprio cammino, per raggiungere il ragazzo appollaiato sul pontile
di legno, affacciato su quello splendido lago la cui superficie
risplendeva come tanti frammenti di cristallo arrossati da un sole che
indugiava più del previsto, forse perché non si decideva a lasciare
sola quella figurina che pareva smarrita nell'immensità di un universo
straordinario ma troppo grande, a tal punto da generare sgomento quando
ci si sentiva tanto piccoli e smarriti.
“Sono io che
proietto su Shin il modo in cui mi sento? O davvero, in questo momento,
ci sentiamo tutti così?”
La
risposta più probabile era la seconda: a tal punto era giunta la loro
simbiosi, così come la spaventosa portata della loro situazione, che
solo la perfetta coesione dei loro spiriti avrebbe potuto aiutarli a
sconfiggere un tale smarrimento. Altrimenti tutto sarebbe apparso
troppo più grande di loro, troppo smisurato rispetto a cinque singoli
ragazzini appena adolescenti, per quanto preparato, forte e maturo
potesse risultare ciascuno di loro.
“Solo
insieme possiamo farcela a sopportare tutto quel che ci accade” mormorò
tra sé Touma, continuando ad avanzare.
E
intanto non poteva distogliere lo sguardo dall'amico immerso in
quell'atteggiamento così dimesso, una parte di sé che il discendente
della stirpe dei Mouri non aveva ancora mostrato, quanto meno non a
lui. Ma Touma aveva intuito che, nell'anima di Suiko, dovesse esserci
altro, al di là dell'apparente spensieratezza, della sua indole
socievole.
“Eccolo
venir fuori il piccolo Shin, soffocato dal ragazzo responsabile che si
sente in dovere di fare l'adulto, sempre e comunque, di non far pesare
nulla sulle spalle degli altri... forse sono troppo romantico ma...”
Forse
era quel paesaggio immenso, fatto d'acqua, alberi, prati e cielo a far
apparire una figura umana immersa in esso tanto piccola e fragile,
forse anche Touma, se avesse potuto guardarsi dall'esterno, sarebbe
apparso in tal modo a se stesso.
Ma
la posizione raccolta di Shin, con le gambe ripiegate sul petto e
avvolte dalle braccia, la schiena chinata e il volto affondato nel
proprio stesso abbraccio, accentuava la parvenza di fragilità e
abbandono e il cuore di Touma traboccò improvvisamente d'affetto,
avrebbe desiderato, in quel momento, che tutti i suoi compagni fossero
lì, per afferrarli e stringerli forte al petto, tutti insieme, che le
sue braccia fossero abbastanza ampie da accoglierli tutti, in una volta
sola.
“Perché
nessuno di noi sia più solo...”
Intanto
c'era Shin: avrebbe cercato di dare a lui quel che avrebbe voluto dare
anche agli altri.
Un
passo dopo l'altro, si avvicinò sempre di più, ma lentamente, quasi
timoroso al pensiero di generare nell'amico un maggior turbamento, di
infrangere un momento che Suiko aveva deciso di tenere tutto per sé...
e per l'acqua pura di quel luogo che, sicuramente, stava raccogliendo
le sue confidenze.
Nonostante
ogni reticenza ed esitazione, infine gli fu a fianco e poteva solo
decidere di tornare sui propri passi o far notare al compagno la
propria presenza, siccome Shin sembrava completamente ignaro di ciò che
gli accadeva intorno; il viso era completamente nascosto tra le braccia
e Touma poteva scorgere unicamente la sua chioma di capelli
castano-rossicci che si agitava un po' al leggero vento primaverile.
Infine
Tenku sospirò e si sedette nella stessa posizione di Shin, con lo
sguardo a lui rivolto:
“Lo
so che mi hai sentito, non fare finta di nulla...”
Ottenne
in risposta un leggero movimento del capo, in seguito al quale il viso
di Shin fece capolino, gli occhi color del mare lucidi, ma le labbra
piegate in un sorriso che tentò di rendere vivace, monello quasi.
“E'
un posto bellissimo, vero, Touma?”
Tenku
sollevò un sopracciglio: stava facendo finta di niente?
“Ci
tenevo a chiederti scusa, Shin... anziché smettere di mostrarmi
insensibile, ho infierito ulteriormente, non era mia intenzione farti
del male.”
Il
samurai dell'acqua raddrizzò le spalle e puntò lontano il suo sguardo
dolce:
“Sei
tu che devi scusarmi, ho reagito come un bambino e... non lo
sopporto...”
Il
sorriso si spense in un'espressione imbronciata, mentre la testa si
rintanava tra le spalle, come alla ricerca di un guscio protettivo.
“Non sai
quanto lo sembri in alcuni momenti, anche se tenti di nasconderlo.”
Ovviamente,
Touma tenne per sé quel pensiero con il quale avrebbe rischiato di
peggiorare la situazione e pronunciò invece altre parole:
“Siamo
solo un po' tesi, la preoccupazione per Ryo innanzitutto, il pensiero
di ciò che potrebbe ancora accadere, la consapevolezza che...”
“...Che
niente è finito...” concluse Shin in un sospiro dimesso e rassegnato.
“Dobbiamo
portare pazienza, ed essere forti” soggiunse Touma, tentando di rendere
carezzevole il tono della propria voce e di rivolgere all'amico lo
sguardo più affettuoso cui seppe dar vita.
Ma
Shin non lo guardava affatto, sembrava perso in un proprio mondo
personale, anche se si sforzava di mostrarsi sereno, consapevole e,
tanto per cambiare, maturo.
“Se
insisterà nel tenersi tutto dentro, non finirà per esplodere ancora, e
sempre di più?”
D'altronde
non aveva il diritto di rimproverargli nulla, Shin non era l'unico, tra
loro, a tentare di dare un freno alla propria parte emotiva.
“Lui è
limpido, dopotutto, anche se ci prova a non lasciarsi andare... Seiji
ed io siamo ben più chiusi di lui, me ne rendo conto.”
Poi
c'erano Ryo e Shu, all'estremo opposto di quella sorta di piramide
emotiva, con la loro spontaneità che toccava limiti estremi ed
esasperati a tratti.
“Shin è la
nostra perfetta via di mezzo, il nostro equilibrio... per questo è
prezioso e spero si mantenga saldo.”
In
quel momento Suiko si alzò in piedi, con una velocità tale che Touma
faticò a percepire il suo movimento; si eresse sull'orlo del pontile, i
piedi che sporgevano un poco e le braccia allargate come a voler
abbracciare l'orizzonte. Tenku ebbe l'impressione che volesse tuffarsi
e la cosa non lo avrebbe stupito, anche se l'avesse fatto con tutti i
vestiti addosso.
Invece
Shin rimase immobile in quella posizione scolpita, il naso lievemente
sollevato al cielo, gli occhi chiusi e Touma non poté fare a meno di
sorridere e di rimanere incantato di fronte a quella visione: era
convinto che il compagno stesse parlando con l'essenza stessa
dell'acqua e con tutte le creature che in essa avevano dimora,
assaporando con i sensi ogni odore e rumore che si innalzava fin dal
fondo del lago. Suiko poteva udire quei rumori, percepire quegli odori
ed ogni sensazione, Touma ne era certo, perché lui stesso, se si
concentrava, veniva invaso dalla miriade di voci che si sprigionavano
dall'aria e dal cosmo intero.
“Hai
ragione” sorrise, scrutandolo dal basso verso l'alto, “questo posto è
davvero bello... ed ispirante.”
Allora
Shin riportò le braccia lungo i fianchi e chinò il capo, guardandolo
con un sorriso tenero:
“Andrà
tutto bene, Touma.”
L'espressione
di Tenku si fece perplessa.
“Adesso è
lui che tenta di confortarmi?”
Lo
sbalordimento passò quasi subito: era nell'indole di Shin, in fondo,
preoccuparsi di chi gli stava intorno. Non aveva quindi, forse, diritto
ai propri crolli emotivi, ogni tanto?
Si
alzò a propria volta e gli circondò le spalle in un abbraccio:
“Vieni,
torniamo dagli altri adesso, prima che Shu si preoccupi per te.”
“E
perché dovrebbe?” domandò Shin dubbioso, senza tuttavia opporre
resistenza, mentre Tenku se lo trascinava dietro con quella stretta
protettiva.
“Ho
già tentato di dirtelo; Shu ha bisogno di te.”
Camminarono
fianco a fianco, così allacciati, con calma, complici e uniti come in
battaglia.
“Non
capisco esattamente cosa intendi dire, Touma, ma... anche io ho bisogno
di lui.”
“Lo
so” insisté Tenku, rinfrancato dal fatto che Shin sembrava davvero
essersi calmato e aver ritrovato la predisposizione al dialogo, “per
questo ti ho chiesto di stargli vicino, non solo per lui, ma anche per
te.”
“Non
capisco perché fai così il misterioso” borbottò Shin abbassando il capo
e allora Touma si staccò da lui e spiccò una lieve corsa, camminando
all'indietro per continuare a guardarlo in faccia.
“Capirai,
sono certo che capirai, nessuno è in grado di capire certe cose meglio
di te.”
Quindi
si voltò con un ultimo invito:
“Dai,
vediamo chi arriva prima, così ci teniamo in allenamento!”
E
si lasciò indietro uno Shin dall'espressione seria, confusa e
nuovamente infelice, le labbra appena aperte a voler dire qualcosa che
non prendeva forma; Suiko impiegò qualche istante prima di riuscire a
muoversi, consapevole che non l'avrebbe più raggiunto, Touma era molto
più veloce di lui. Tuttavia aveva bisogno di correre e lasciare che i
pensieri, almeno per qualche minuto, defluissero, lasciandolo in pace
quel tanto che bastava per ripresentarsi davanti ai compagni in una
condizione normale.