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“Ma perché non si sveglia?!” sbottò Shu, e intanto sferrò un pugno contro il muro che scosse le pareti e fece tintinnare diversi soprammobili nella stanza.
“Che modi sono? Ti vuoi calmare?” lo apostrofò Shin, gesticolando nervosamente e fissandolo, un acceso rimprovero dipinto sul volto.
“Su, non siate nervosi” si intromise Seiji, “Ryo tornerà presto tra noi, dobbiamo solo avere pazienza, le sue energie si erano del tutto esaurite e gli occorre tempo per rigenerarsi, ma non è in pericolo.”
Il samurai della luce era seduto su una poltrona in una posa signorile, una gamba accavallata sull'altra e sfogliava una rivista, senza porre realmente attenzione alle pagine. La sua apparente impassibilità era una costruzione mentale che si imponeva da sempre, ma non stava bene davvero; tentava di mantenere calmi i compagni, benché il suo stesso cuore rischiasse di andare in pezzi, non desiderava altro se non vedere gli occhi di Ryo riaprirsi e il suo sorriso risplendere, fondamentale punto di riferimento per tutti loro.
Gli mancava profondamente, questa era la verità e non poteva negare a se stesso di percepire tensione nel gruppo, latente ma innegabile, come una bomba pronta ad esplodere.
Guardò i due compagni, ora silenziosi, a pochi passi da lui.
Shu, la schiena appoggiata al muro e le mani in tasca, fissava cupamente il pavimento ed agitava il piede, in un atteggiamento che ricordava in tutto quello di un bambino imbronciato in seguito ad un rimprovero mal digerito.
Era un ragazzo impulsivo, andava tenuto a bada perché non commettesse colpi di testa, rimproverarlo anche aspramente veniva, a volte, istintivo, soprattutto quando, senza rendersene conto, nella sua tendenza ad agire senza riflettere, metteva a repentaglio insensatamente la propria sicurezza, rischiando tra l'altro di creare problemi anche al gruppo.
Tuttavia, stranamente, a Seiji piaceva. Non sapeva spiegarsi se quell'affetto istintivo nei confronti di Kongo fosse dovuto all'amalgama perfetto che si era instaurato tra tutti loro o ad altro; di sicuro, la limpidezza emotiva del samurai della terra, che evidenziava una spontaneità quasi selvaggia, suscitava in Korin una certa curiosità, mista persino ad ammirazione.
Shu aveva fatto dell'impeto passionale, espresso al massimo della sua intensità, la propria regola e Seiji, in qualche modo l'antitesi di una tale maniera di rapportarsi al mondo, ne era paradossalmente attratto, quasi da un simile modo di atteggiarsi sentisse di dover carpire un insegnamento.
E così, doveva ammetterlo a se stesso, l'aveva accolto sotto la propria ala, in un certo senso come se dovesse svezzare un monello troppo irrequieto ma con ottime potenzialità da incanalare nella direzione giusta. Al tempo stesso, era consapevole di quanto fosse in parte ridicolo vedere la questione sotto quell'ottica.
Spostò il proprio sguardo su Shin e il sorriso si accentuò, perché il detentore dei poteri dell'acqua era un ragazzo irresistibilmente tenero; neanche quando si innervosiva riusciva a rendersi sgradevole, tanto che Seiji riteneva di non sbagliarsi a ravvisare in lui il loro centro perfetto, il perno catalizzatore del loro equilibrio di gruppo. Anche Touma condivideva quell'idea.
Con Shin non era possibile restare arrabbiati per più di pochi istanti e infatti lo stesso Shu, vittima prediletta delle frecciate argute cui Suiko sapeva dare forma mantenendo inalterate la sua voce incantevole e la sua faccia d'angelo, subito dopo la sfuriata finiva per corrergli dietro come un cagnolino scodinzolante, incapace di stargli lontano per più di mezz'ora.
Shin, tuttavia, aveva qualcosa che non andava da quando si era risvegliato; era bastato poco all'osservatore Seiji per conoscerli tutti, senza contare che Shin si lasciava conoscere facilmente, al di là di un angolo in ombra, riservato, del proprio spirito, che non consentiva a nessuno di sondare.
Nel corso della loro impresa, Seiji era convinto, insomma, di averlo quasi del tutto compreso: un ragazzino di quindici anni che voleva prendersi cura degli altri, donando loro la propria gioia di vivere, con le premure che riservava a tutti, assumendo molto seriamente, su di sé, il proprio ruolo di anziano del gruppo, ignaro di quanto spesso lasciasse trasparire, inconsapevolmente, quel suo lato bambino che ispirava protezione.
O forse era Seiji a notarlo, per la sua capacità innata di andare sempre oltre la superficie delle cose, non pensava questo di sé come un vanto; spesso si rivelava, anzi, un peso, perché lui non sapeva farsi comprendere come invece comprendeva gli altri.
Era bastato davvero poco, a Seiji, per entrare nel cuore di Shin, come gli bastava poco per avvertire che qualcosa non funzionava; troppo spesso la gentilezza del discendente dei Mori veniva meno nei confronti di Shu, sostituita dall'asprezza di parole che sapeva rendere taglienti se lo desiderava.
Che il semplice Shu si rendesse involontariamente vittima predestinata di tutti loro e bersaglio fin troppo facile di scherzi e prese in giro era scontato ma, al tempo stesso, a tratti Shin esagerava e quella non era la normalità, soprattutto tenendo conto che, tra i due, si era instaurato, fin da subito, un affetto che sembrava bruciare intorno a tutto il gruppo, mutandosi dai primissimi istanti in un punto fermo irrinunciabile. Ed era un affetto passionale, di quelli che penetrano nel profondo fino a diventare nutrimento dell'esistenza.
Era così per tutti loro, in pochi giorni, con una velocità data dal bisogno reciproco in parte, ma soprattutto da una sintonia voluta dal fato, era giunta la consapevolezza che mai più avrebbero potuto rinunciare gli uni agli altri.
Eppure, se erano tutti frammenti di un unico cuore, di quel cuore Shin e Shu erano la parte salda, pulsante, perché costituivano una certezza che mai si sarebbe sfaldata.
Accentuò il sorriso, posando insistentemente lo sguardo sulla figura graziosa di Shin, seduto sul divano, il busto chinato in avanti, i gomiti sulle ginocchia e le mani sotto il mento, gli occhi sempre pieni di luce ora velati d'ansia ma non meno luminosi, proprio perché resi lucidi da uno specchio di lacrime non piante, fissi su un punto lontano del pavimento.
Percependo l'occhiata che indugiava su di lui, Suiko sollevò il capo e scoprì così il sorriso che Korin gli stava rivolgendo.
Seiji chiuse la rivista, senza mutare espressione:
“Credetemi, non dovete preoccuparvi per Ryo e pensate a rilassarvi di più. Shin, il nostro amico, al suo risveglio, desidererà sicuramente trovare la spalla sicura che sei solito offrirgli.”
Il samurai dell'acqua sussultò, ma Seiji fu più sorpreso dal contemporaneo sollevarsi del volto di Shu: l'ombra che gli parve di scorgere nel profondo blu dei suoi occhi lo inquietò e corrugò le sopracciglia, cessando di sorridere.
Dopotutto non si era sbagliato, ma il fulcro dei problemi tra i due... poteva davvero essere Ryo?
Avrebbe voluto mordersi la lingua e poter tornare indietro, per porre maggiore attenzione a ciò che diceva, ma il senno di poi non aveva mai aiutato nessuno... e adesso si sentiva in imbarazzo, perché una tensione spessa come una cappa di fuliggine si era diffusa tra loro.
Fu Touma a spezzare quella situazione di stallo, infilandosi attraverso la porta come un alito di vento impetuoso; Seiji avrebbe voluto ringraziarlo.
“Non possiamo più stare in ozio.”
Il samurai dell'aria aveva parlato senza preliminari, con un tono di urgenza e aveva così richiamato l'attenzione di tutti.
“Che ti prende?” borbottò Shu, che ancora non riusciva a deporre il broncio dal suo viso.
“La notte scorsa ho guardato le stelle e... ciò che mi hanno trasmesso non mi è piaciuto per niente.”
Kongo sollevò un sopracciglio:
“Ah, bene, che interlocutrici degne di fiducia.”
“Non mi aspetto che tu capisca.”
“Già, tanto per cambiare, figuriamoci se qualcuno non sottovaluta la mia intelligenza.”
Non lo disse con il solito tono da monello offeso, ma con una serietà tale da lasciar trapelare del tutto il proprio umore cupo.
Shin si alzò, sbuffando, si mise le mani in tasca, gli diede le spalle e si allontanò di qualche passo, senza rinunciare ad un commento pungente:
“Di quale intelligenza stai parlando?”
Il movimento di Kongo fu rapidissimo, a dimostrazione di quanto sapesse essere agile oltre che forte; le sue dita robuste si serrarono con ferocia sul polso di Shin e lo strattonarono malamente. Suiko, colto di sorpresa, strillò, compiendo un mezzo giro su se stesso a causa del brusco e forzato passo indietro.
“Senti tu! Sarebbe il caso che la piantassi! Non ho intenzione di sopportarti oltre!”
Shu inveì contro di lui senza lasciarlo, anzi, trascinato dalla foga della sua furia cieca, gli torse con violenza il braccio.
“Sei diventato matto?” si lamentò Shin, tentando vanamente di divincolarsi, ottenendo solo di provare più dolore del necessario, anche perché Shu era preda di un'irrazionalità tale da rendergli impossibile comprendere cosa stesse facendo.
Touma e Seiji erano rimasti rigidi ed immobili, gli sguardi fissi sui due amici; persino gli occhi sempre imperturbabili di Korin scintillavano di sgomento.
Fu Touma a riprendere il controllo della situazione e a gettarsi contro i due, posò con fermezza una mano sull'avambraccio e l'altra sul petto di Kongo, per spingerlo lontano da Suiko.
“Vedi di calmarti, Shu.”
Soggiogato, il samurai della terra allentò spontaneamente la presa, liberando Shin, il quale fece un passo indietro, massaggiandosi la pelle contusa; laddove la morsa delle dita di Shu aveva infierito, era possibile scorgere delle chiazze rossastre che, lentamente, assumevano sfumature viola, segno che si stavano mutando in un brutto ematoma.
Gli occhi di Shin non si staccavano da Shu ed erano accesi, furenti ad una prima parvenza, ma Seiji si rese conto di qualcos'altro: quell'astio tanto prossimo all'odio, Shin non lo riservava a Kongo, quanto a se stesso. Le sfumature emotive di quello sguardo riservate al compagno non emanavano rabbia, bensì tanta confusione, senso di colpa e tristezza.
“Con tutti i problemi che abbiamo, vi accapigliate come due bambini” li rimproverò Touma, “siete consapevoli dello spettacolo pietoso che avete dato di voi stessi?”
I due ragazzi abbassarono il capo nel medesimo istante. Shu era ombroso come un puledro selvaggio appena domato, Shin somigliava più a un cagnolino colto in fallo e timoroso all'idea di perdere l'amore e l'approvazione di chi gli stava intorno.
“Mi dispiace” mormorò, la voce sottile come quella di un pulcino, intanto continuava a tenere le dita premute sull'avambraccio destro, era evidente che doveva fargli piuttosto male.
Seiji si schiarì la voce e si sforzò di spezzare la pesantezza del momento invitando tutti alle comuni priorità:
“Touma è venuto per richiamarci ai nostri doveri e credo abbia assolutamente ragione. Non ha molto senso crogiolarci qui, in casa, ad attendere che un eventuale nemico faccia la sua mossa cogliendoci del tutto impreparati; sforziamoci almeno di prevenire, per quel che possiamo.”
“E come?” mugugnò Shu, ancora palesemente scosso.
“Touma ed io andremo a Tokyo a fare un sopralluogo, intanto controlleremo che gli effetti dell'attacco di Arago non abbiano avuto conseguenze sulla popolazione e sul normale svolgimento della quotidianità.”
“Perché solo voi due? Non sarebbe meglio essere insieme nel caso di pericolo?”
“Qualcuno deve restare qui, Shu, accanto a Ryo” spiegò Touma, che approvava pienamente l'idea di Seiji.
“Ma c'è Nasty... e Byakuen... credo che...”
“Ryo avrà bisogno di noi, Shu” si intromise Shin, sollevando mestamente il capo per la prima volta dopo l'incidente.
“Figuriamoci se il signorino non esprime opinione contraria su qualcosa che esce dalla mia bocca!”
La nuova sfuriata di Shu spinse l'amico a guardarlo, senza ombra di ostilità questa volta, Shin sembrava preda di un'indicibile infelicità mentre sussurrava, a voce così bassa che parve parlare tra sé:
“Shu... che dici?”
“Shin non aveva cattive intenzioni questa volta, Shu, cerca di calmarti e di porre fine a questa faccenda, per favore.”
Ancora una volta, le parole di Touma sortirono un effetto lenitivo e Kongo si riappoggiò al muro, sbuffando, le braccia incrociate sul petto.
Seiji si avvicinò a Shin e gli posò una mano sulla spalla:
“Se Ryo dovesse svegliarsi... stagli vicino, nessuno saprebbe prendersi cura di lui meglio di te, controlla che non faccia sciocchezze e...”
“E accudiscilo come una brava mammina, potresti aggiungere, già che ci sei” lo interruppe Shu con quello che sembrava un ruggito a stento trattenuto tra i denti.
Due paia di occhi si posarono su di lui, mentre Shin guardava altrove, lasciandosi sfuggire un sospiro di impotenza.
“D'accordo” proseguì Shu facendo un passo avanti, “se a prendersi cura di Ryo ci sarà il nostro premuroso Suiko, io sarò più utile a voi immagino, sono più bravo a combattere che a fare la donnina di casa!”
“Innanzitutto comincia con il deporre questa tua rabbia esplosiva o non sarai utile a nessuno” cercò nuovamente di richiamarlo Touma.
“A quanto pare è questo che cercate di farmi capire, non mi volete tra i piedi, ma non servirò a nulla neanche qui, che ci sto a fare?”
Infilò le mani in tasca e si diresse deciso verso le scale che portavano alle stanze al piano di sopra, ma la voce di Shin si fece udire, prima che posasse il piede sul primo scalino:
“Shu... se qualche nemico dovesse attaccarci mentre Touma e Seiji sono fuori... io ti vorrei al mio fianco.”
Il samurai della terra si immobilizzò, rimase qualche istante rigido, quindi si voltò e camminò fino alla poltrona, lasciandovisi cadere con totale abbandono, incrociando di nuovo le braccia e sbuffando verso il soffitto con aria condiscendente:
“Vorrà dire che ti farò questa concessione.”
Seiji e Touma sorrisero, perché finalmente videro tornare sui suoi lineamenti una delle solite, buffe espressioni, segno che la rabbia andava scemando e che stava tornando il loro solito, scherzoso Shu.
“Ma bravo il nostro Kongo” ridacchiò Touma, arruffandogli vivacemente i capelli, ottenendo in cambio un lamento giocoso accompagnato dal tentativo di Shu di scrollarsi la sua mano di dosso.
La stretta di Korin sulla spalla di Shin, si fece ancor più amichevole e colma di affetto, mentre gli sussurrava, a bassa voce, in un orecchio:
“Curati quel braccio, ti rimarrà il segno per parecchio tempo, temo.”
Suiko sorrise timidamente, le guance appena imporporate, mentre abbassava il capo:
“Non è nulla, è stata colpa mia...”
Touma passò loro accanto, prendendo Seiji sottobraccio per dirigersi con lui verso la porta d'uscita, Shin rivolse loro un'ultima occhiata, senza riuscire del tutto a nascondere la propria preoccupazione:
“Promettetemi che starete attenti, vi prego...”
Touma gli strizzò l'occhio con un ultimo cenno di saluto:
“D'accordo... mammina.”
Poi la porta si chiuse, lasciando Kongo e Suiko immersi in un silenzio spezzato unicamente dal ticchettio di un orologio e dal cinguettio degli uccelli che, a tratti, venivano a posarsi sopra al davanzale della finestra, in cerca delle briciole che gli abitanti di casa volentieri lasciavano a loro disposizione.
 
 
 
 
“Non mi spiego se Nasty sia generosa o piuttosto incosciente a lasciare la sua macchina in mano a un minorenne.”
Touma si sedette accanto a Seiji che, accomodatosi come se niente fosse alla postazione di guida, aveva già infilato la chiave nel cruscotto, osservando con aria vagamente divertita l'espressione preoccupata di Touma.
“Forse, semplicemente, a differenza tua lei ha capito di potersi fidare di me.”
“Non è questione di fiducia, che facciamo se ci fermano? Cosa racconti alla polizia? Che sei un guidatore degno di fiducia anche se non hai i documenti?”
Seiji si strinse nelle spalle, guardò davanti a sé ed infuse nel proprio sorriso una sfumatura enigmatica:
“Faremo in modo di non farci fermare.”
“Invidio il tuo ottimismo” sbuffò Tenku abbandonando la testa all'indietro contro lo schienale, ma l'attimo successivo, l'improvvisa e brusca messa in moto del compagno, lo fece sobbalzare sul sedile, mentre la vettura partiva sgommando.
“Se intendi non dare nell'occhio cominci proprio bene!”
“Mi stavo solo sfogando un poco prima di arrivare in città!”
Touma sospirò nuovamente e si impose di rilassarsi, mentre il compagno prendeva confidenza con l'utilitaria rossa di Nasty.
Rimase in silenzio per un po' con gli occhi chiusi, finché si rese conto che la guida di Seiji non era affatto spiacevole: decisa, sicura e morbida... come la sua anima abbagliante.
Si morse le labbra, quasi temesse che quel pensiero assurdo potesse sfuggire al suo controllo e si decise a schiudere una palpebra, lanciando un'occhiata in tralice al coetaneo; il profilo di Seiji era quanto di più incantevole si potesse concepire, i lineamenti che sapevano essere, a un tempo, delicati e fieri come quelli di un angelo sceso dal cielo con la propria spada di luce a punire il male nel mondo, i capelli d'oro, tanti fili preziosi mossi dal vento che li accarezzava attraverso i finestrini abbassati e quell'espressione... Touma ne fu colpito... Seiji di Korin, sempre così pacato, cortese, con quell'invidiabile dominio di sé... alla guida era come trasformato, l'unico occhio viola visibile dalla posizione in cui Touma si trovava, acceso di un fuoco singolare, rabbioso quasi... uno sguardo assetato di libertà.
E allora capì, ricordò del momento in cui Seiji gli aveva accennato alla sua passione per le auto da corsa, significava questo, quindi, per lui: libertà dalle catene forgiate in troppo rigidi schemi che l'educazione tradizionale di famiglia gli aveva imposto.
Korin voltò il capo e lo scoprì a contemplarlo, ma quella mossa riportò rudemente Touma alla realtà:
“Non guardare me, guarda la strada!”
Seiji sbuffò, sollevò gli occhi al cielo:
“Non ti faccio schiantare contro un albero, stai tranquillo, sei in ottime mani.”
Tuttavia ascoltò la raccomandazione e riportò lo sguardo davanti a sé:
“In ogni modo preferirei non avere due occhi terrorizzati continuamente puntati addosso.”
Il samurai dell'aria si sentì avvampare. Come spiegargli che non erano affatto occhi terrorizzati i suoi? Quanto meno non nel senso che Seiji aveva inteso.
Rintanò la testa tra le spalle e si fissò le mani abbandonate in grembo.
“Sono tranquillissimo” borbottò.
Percepì nuovamente su di sé una furtiva occhiata di Korin, seguita da una risatina:
“Certo, come no.”
“E guarda la strada!” strillò Touma senza sollevare il viso, l'espressione atteggiata ad un ringhio di disappunto; cominciava a pentirsi di non aver portato Shu con loro. Si sentiva imbarazzato e a disagio e non sapeva spiegarsi perché.
Le sue orecchie furono raggiunte dal lamento spazientito del compagno:
“Quasi quasi torno indietro e ti sostituisco con Shu, comincio a pensare che sarebbe meno noioso.”
L'osservazione poco gentile del samurai della luce punse Touma sul vivo:
“Certo, sarebbe troppo impegnato a farti dispetti che finirebbero per portarti fuori strada, un compagno così poco noioso che metterebbe entrambi nei guai.”
Nessuno dei due parlò più per parecchi istanti, poi fu Seiji a rompere il silenzio:
“Ti sei offeso, Touma?”
Lo guardò di sottecchi, non vi era più ombra di canzonatura in quel suo meraviglioso occhio dalle sfumature d'ametista, che gli provocò un ulteriore, involontaria considerazione:
Come possono, delle iridi umane, essere tanto strane... e belle?”
Fece violenza a se stesso, imponendosi di rivolgere altrove la propria attenzione e si girò dall'altra parte, il gomito sul bordo inferiore del finestrino, il palmo della mano a sorreggersi il mento:
Perché mi sarei dovuto offendere?”
Non lo so, dimmelo tu; mi sembri un po' strano.”
Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Che era strano perché stare vicino a lui, loro due soli, lo portava ad avere reazioni fisiche ed emotive fino a quel momento del tutto sconosciute?
Sono solo un po' preoccupato; Ryo che non si sveglia, la probabilità molto alta di dover combattere ancora e quei due... che vanno in escandescenze per un nonnulla... avremo fatto bene a lasciarli soli?”
Non essere così apprensivo, è vero che sono un po' tesi, ma non sono degli sprovveduti. Shu è impulsivo, ma stravede per Shin e, in quanto al nostro pesciolino, era sinceramente dispiaciuto, farà in modo che le cose vadano per il meglio, ha molto a cuore il gruppo, hai visto come sembrava stare male al solo pensiero di averci causato dei problemi.”
E' vero” sospirò Touma assumendo una posizione più rilassata, appoggiando completamente la schiena al sedile, “mi fido di Shin, è un ragazzo responsabile e attento, spero che faccia chiarezza in se stesso, mi dispiace vederlo così inquieto, la sua riservatezza lo porta a tenersi tutto dentro.”
Quindi, non ottenendo risposta, lanciò un'occhiata al compagno:
Come qualcuno di mia conoscenza, d'altronde...”
Il sopracciglio di Seiji si sollevò:
Di chi parli?”
Nulla” cantilenò Tenku facendo roteare gli occhi verso l'alto, con un sorriso rassegnato, “lascia perdere, fai come se non avessi detto niente.”
 
 
 
 
Il rombo del motore esplose nell'aria, per scomparire poi in lontananza, dopo uno stridore di gomme sul terreno; Shin si precipitò alla finestra e guardò fuori.
“Ma che fa Seiji? E' impazzito?”
Rimase in attesa per un po', quasi aspettandosi che alle sue orecchie giungesse l'inconfondibile frastuono generato da uno schianto, ma non accadde nulla e sospirò di sollievo:
“Speriamo vada tutto bene... sono un po' in ansia...”
“Se non si preoccupa Nasty, non vedo perché dovresti entrare in crisi tu” commentò Shu, affondato scompostamente nella poltrona.
“Non so come faccia, in effetti, ad essere così tranquilla, ha lasciato la sua auto a un minorenne senza patente che, tra l'altro, non mi dà l'idea di avere una guida così tranquilla.”
Sul volto di Shu comparve un ghigno sardonico:
“Non solo ti comporti da mammina... ma da mammina paranoica ed iperprotettiva, tutto il peggio che si possa mettere assieme.”
Il viso di Shin si abbassò, l'espressione infelice, il braccio ingiuriato sembrò pulsare in maniera più dolorosa.
“Ehy, pesciolino... stavo scherzando...”
La voce di Shu, finalmente, risuonò morbida, carezzevole, tanto che Suiko trovò il coraggio di sollevare i propri occhi ad incontrare i suoi; e li trovò gentili, profondi... e belli.
“Già, stavi scherzando” mormorò il samurai dell'acqua con un sorriso triste e pieno di umiltà, “e in maniera molto meno crudele di quanto sappia fare io, d'altronde... non dovrei prendermela, scusami...”
Kongo inarcò le sopracciglia e sporse in avanti le labbra in un'espressione di autentica perplessità; a Shin sembrò talmente buffo ed adorabile che il suo sorriso si fece più intenso e complice.
“Vogliamo deporre le armi?” borbottò Shu, “non... non ho ancora ben capito cosa ti frulli in quella testolina ma... io non sopporto di essere arrabbiato con te...”
Poi si interruppe qualche istante, per riprendere subito dopo, come in seguito ad una riflessione interiore:
“Cioé... proprio non ci riesco ad essere arrabbiato con te, non ne vedo il motivo, io ti...”
“E' colpa mia Shu” lo interruppe Suiko con foga, “e se intendevi dirmi che mi vuoi bene... be'... anche io te ne voglio...”
Kongo sbuffò:
“E allora siamo due cretini, non vedo altra spiegazione.”
Shin si lasciò sfuggire una risatina e i lineamenti del suo viso assunsero un'espressione così tenera che Shu rispose con uno sguardo adorante, mentre il cuore gli balzava con prepotenza in gola. Quindi i suoi occhi caddero sul braccio che ancora Shin, a tratti, massaggiava distrattamente.
Il samurai della terra si alzò e si portò davanti a lui; allungò con delicatezza una mano e la chiuse intorno al polso del compagno. Shin rimase rigido per un solo istante, ma poi lo lasciò fare, rivolgendogli uno sguardo colmo di stupore, mentre Kongo passava dolcemente le dita sulla parte che ancora recava il segno della sua precedente ferocia.
“Io lo sono di sicuro un cretino” sussurrò il samurai della terra, quasi più tra sé che al compagno.
“Non è vero, Shu, la tua pazienza nei miei confronti è persino troppa a volte.”
“Non passare dall'acidità esasperata a denigrare completamente te stesso, ce l'hai la cognizione della via di mezzo?”
“Detto da te, poi” ridacchiò Shin con una linguaccia.
“Scemo” sbuffò Shu e colse completamente il coetaneo di sorpresa portandogli una mano dietro al collo, attirò il suo capo contro la propria spalla e gli arruffò i capelli con carezze a un tempo energiche e piene di calore.
Suiko rimase immobile, a godersi quella dose di coccole inattese ed accogliendole con il cuore gonfio di gratitudine; si rese conto, all'improvviso, di quanto ne avesse bisogno... e di come fosse spesso incapace di chiederle spontaneamente, almeno quanto era solitamente pronto a concederle.
Nel momento in cui Shu pose fine al contatto, provò un senso di privazione indicibile, che durò tuttavia pochi istanti, perché subito Kongo si riappropriò del braccio dolorante di Shin e lo tirò un po', con gentilezza, per invitarlo a muoversi.
“Dai, vieni, dobbiamo fare qualcosa per quell'ematoma o sarò preda di insopportabili sensi di colpa ogni volta che ci poserò sopra gli occhi.”
Il samurai dell'acqua non osò commentare nulla, tanto era in balia dell'atteggiamento premuroso di Kongo, era in un certo senso impreparato ad affrontarlo e poi gli piaceva; doveva ammettere che abbandonarsi all'affetto altrui, senza pensare, senza riflettere su cosa fosse giusto fare, si rivelava gratificante e lo commuoveva a tal punto che sentì un'ondata di lacrime salire a pungergli gli occhi. Non disse nulla, perché non voleva rovinare quegli istanti, perché, a quel punto, aveva paura della propria lingua tagliente, aveva paura, come mai gli era capitato prima, di poter dire qualcosa di sbagliato, di offensivo e di rovinare tutto, di allontanare da sé l'accogliente dolcezza che Shu gli stava concedendo.
Giunsero in bagno e Shu fece sedere il compagno sul bordo della vasca, mentre Shin ancora non opponeva alcun tipo di resistenza e si lasciò guidare, in ogni singolo movimento, tanto che Kongo lo scrutò in modo scherzosamente sospettoso:
“Potrei prenderci gusto ad averti così remissivo e muto, diventi quasi adorabile.”
Shin abbassò il capo con una smorfia, continuando però a guardarlo dal basso verso l'alto e quel bizzarro atteggiamento da cane bastonato strappò a Shu una risata:
“Devo dire che non solo Arago, ma anche tu mi hai movimentato la vita, sirenetto...”
Si interruppe e gli diede le spalle, accostandosi all'armadietto dei medicinali, tornando serio mentre frugava all'interno:
“Di sicuro me l'hai resa più ricca.”
Suiko sollevò di scatto il capo, aprì un poco le labbra ma non disse nulla: ancora lo colse il timore di non saper scegliere le parole e che qualcosa di profondamente stonato potesse prendere forma dalla sua voce.
Avrebbe desiderato dirgli che ricambiava del tutto quel sentimento, che mai, in nessun modo, sarebbe più stato in grado di immaginare il resto della propria vita senza Shu al suo fianco, eppure... dentro di lui un senso di confusione continuava a prevalere, un vortice emotivo al quale non sapeva dare forma e nome e che, in parte, lo spaventava, anche se era assurdo: ben altre cose avrebbero dovuto spaventarlo, eventi fin troppo concreti che si prospettavano nel loro futuro, gli incubi che durante la notte ancora tormentavano tutti loro, il dolore di nuovi combattimenti probabilmente in arrivo.
Ed in effetti, benché come i suoi compagni non lo esternasse, era terrorizzato dall'idea di combattere ancora, per tutti loro era così.
Al tempo stesso, tuttavia, non poteva negare quell'altro pizzico di inquietudine che caratterizzava timori di altro tipo, insicurezze che tentava di tenere ben celate dentro di sé: aveva già creato fin troppi problemi e faticava a perdonare se stesso.
Il compagno si avvicinò a lui tenendo tra le mani la confezione di un unguento curativo, si inginocchiò ed aprì il tubetto.
“Dai, dammi il braccio.”
Shin obbedì senza riflettere, non riusciva a sottrarsi all'incantesimo nel quale il compagno l'aveva intrappolato; o, molto più probabilmente, non desiderava affatto sottrarsi.
Sarebbe bello se questi istanti potessero non finire mai” si trovò a pensare, lasciandosi andare ad un sospiro che era un amalgama di godimento e disperazione.
Shu sparse un po' di unguento sulla parte dolorante, poi massaggiò gentilmente, facendo attenzione a non trascurare nessun frammento di pelle arrossata. Il cuore di Shin prese a battere forte, senza che lui sapesse spiegarsi perché; un groppo insopportabile si formò nella sua gola e, nel momento in cui tentò di inghiottire, non poté impedire ad un'ondata di lacrime di sgorgare e scorrere lungo le guance.
Ti fa male?” domandò Shu, con una sfumatura ansiosa nella voce, rendendosi conto dei suoi tremiti e sollevando il capo, scorgendo così quel pianto silenzioso che illuminava gli occhi e le gote dell'amico.
Shin...” mormorò.
Il samurai dell'acqua portò la mano libera al volto e se lo asciugò freneticamente con il palmo, sfregandosi gli occhi con una sorta di violenza rabbiosa, poi abbassò il braccio e sorrise all'amico:
Scusami Shu... e grazie... va molto meglio adesso...”
Ah be'... strano modo di dimostrarlo, credevo che il male ti fosse diventato insopportabile.”
Suiko si piegò su se stesso, esplodendo in una risata che si accompagnava alle lacrime residue: davvero Kongo pensava che un dolore fisico come quello potesse farlo piangere come un bambino?
Ridi e piangi insieme? Ma... Shin...”
Oh, Shu” esclamò il compagno, la voce spezzata dalle risate miste ai singhiozzi, “non hai capito niente!”
Kongo non ebbe il tempo di sentirsi offeso, perché Suiko si chinò, gettandogli le braccia al collo e nascondendo il capo contro la sua spalla, lo strinse fortissimo, senza smettere di ridere... ma era una risata che a tratti si mutava ancora in pianto. Shu non poté fare altro se non assumere un'espressione stupita e ricambiare quell'abbraccio, massaggiandogli la schiena e la nuca, rendendosi conto una volta di più che un torrente limpido, dolce, ma impetuoso, lo stava trascinando verso qualcosa di spaventosamente bello; affogare in quel vortice d'acqua pura e travolgente era un prezzo che avrebbe volentieri pagato, anche se avesse significato smarrirsi in qualcosa che per lui era ancora l'ignoto.