Note
dell'Autore(facoltative): Come richiesto dal contest ho preso in esame
eventi legati al capitolo della Dodici Case, ma ci tengo ad avvisare
che di un particolare tassello qui trattato, nell'anime e nel manga, si
viene a conoscenza solo nel capitolo di Poseidon, ovvero la prigionia
di Kanon, gemello di Saga, a Cape Sounion. Tuttavia, essendo un evento
fondamentale che contribuisce ad accrescere i rimorsi di Saga, non mi è
stato possibile non parlarne, dato che l'episodio va situato nel
periodo da me descritto. Altra cosa importante: per le descrizioni
fisiche ho utilizzato, come faccio sempre, la versione manga, per
questo Saga ha i capelli color biondo scuro e non blu e la sua parte
malvagia li ha neri e non bianchi. Anche per gli eventi mi sono
attenuta di più al manga integrandolo con l'anime, quindi il gran
sacerdote è proprio Sion, cosa che nella versione anime, mancando di
chiarezza, non si capiva nei primi episodi^^
-DI
TENEBRA E SANGUE-
"Dentro
di noi abbiamo un'Ombra:
un
tipo molto cattivo, molto povero, che dobbiamo accettare."
-
Carl Gustav Jung -
"Non
scappare, Saga!"
Due
bambini, l'uno davanti all'altro, correvano lungo la spiaggia lambita
dalle onde, il mare come tanti cristalli scarlatti, accesi dal tramonto
infuocato.
La
mano ferrea dell'inseguitore si serrò sul polso del fuggitivo, lo
strattonò con foga, costringendolo a voltarsi.
Due
paia di occhi verdi si specchiarono gli uni negli altri, lucidi,
vibranti di una disperazione intensa quelli del fuggitivo, determinati
e fermi quelli dell'inseguitore. Fu quest'ultimo a parlare ancora,
dando un ulteriore strattone, attirando l'altro ancor più verso di sé:
"Non
devi scappare da me, Saga... mai... qualunque cosa accada!"
"Aiolos...
io..."
Come
poteva spiegargli ciò che... l'altro... gli aveva detto? Ciò che gli
aveva mostrato?
L'altro
Saga... l'altro se stesso... il suo demone. Come poteva spiegargli
che...
"Ho
paura... di farti del male..."
Ecco...
l'aveva detto, perché era così difficile mentire ad Aiolos o anche solo
nascondergli qualcosa. Aiolos era quel tipo di compagno... di amico...
al quale affidare tutto senza pensarci due volte, al quale affidare
completamente se stessi.
Ma
Saga aveva un segreto... troppo terrorizzante... e troppo difficile da
accettare... da credere. E forse neanche una persona eccezionale come
Aiolos avrebbe saputo capire, forse l'avrebbe abbandonato, considerato
una minaccia come santo di Athena... un nemico in preda alla follia.
Eppure, Saga sapeva che non era follia e al tempo stesso sapeva che la
minaccia era reale, il bambino dagli occhi color del sangue e dai
capelli di tenebra esisteva, lui lo vedeva, proprio come in quel
momento vedeva Aiolos davanti a sé, ci parlava, come parlava con Aiolos
e...
Scosse
il capo... no... non lo amava come amava Aiolos, come avrebbe potuto? O
forse... dopotutto...
Perché?
Perché era così difficile resistergli, così difficile non ascoltare chi
palesemente voleva costringerlo a tradire tutto ciò in cui credeva?
Due
mani sulle sue spalle, mani di bambino ma già forti come quelle di un
uomo.
"Saga...
solo a te stesso stai facendo del male..."
"Ma
io... io ho visto..."
Si
bloccò... stava per aprire un nuovo spiraglio, stava per confessare un
ulteriore frammento; il terrore di perderlo lo trattenne ancora. Ma non
l'avrebbe perso comunque, prima o poi?
Tremando
sotto il tocco del compagno sollevò le proprie mani, i palmi rivolti
verso l'alto e con i suoi occhi grandi affogati nel panico lo vide
ancora... tutto quel sangue mostratogli dal bambino di tenebra... il
sangue di Aiolos sulle proprie mani.
Il
respiro affannoso frammisto a gemiti, sottili quanto dolorosi, incapace
di distogliere lo sguardo dai torrenti scarlatti che scorrevano tra le
sue dita, provò a indietreggiare, ma la presa sulle sue spalle si fece
più salda.
"No
Saga... no..." Il tono era una carezza, la voce un abbraccio. "Guarda
me... solleva i tuoi occhi... guardami... Saga..."
Una
mano si spostò dalla spalla fin sotto al suo mento e all'impositivo
gesto Saga non poté opporsi; incontrò ancora quegli occhi, un po' umidi
anch'essi ora, pur nella loro fierezza... umidi di commozione... e
adorazione nei suoi confronti.
Perché?
Perché Aiolos lo adorava così? Perché adorava chi nell'anima celava un
bambino mostruoso dagli occhi di sangue che recava con sé
inconfessabili tentazioni di distruzione e morte? Possibile che Aiolos
non vedesse tutto quel sangue oltre il verde delle sue iridi
sicuramente corrotte dal demone?
"Sono
io la realtà, Saga.... io..."
Il
piccolo saint di Gemini sussultò. Allora Aiolos sapeva? Aiolos aveva
compreso la sua confusione, la sua incertezza su cosa fosse reale e
cosa no? Aiolos dopotutto era in grado di leggergli dentro, giungendo
agli anfratti più oscuri e terrorizzanti del suo animo? E gli voleva
bene comunque?
Oh,
se fosse stato vero, se non ci fosse stato bisogno di parlare, di
spiegare!
Saga
deglutì, disilluso. No, la totale verità Aiolos non poteva scorgerla,
poteva forse intuire qualche ombra, ma tutta quella tenebra... no...
non poteva neanche essere in grado di sospettarla, la sua purezza non
poteva essere in grado di concepirla.
Saga
scosse ancora il capo, una mossa lenta, le labbra che tremavano, come
tutto il suo corpo.
"Tu
non hai visto quel..."
Voce
febbrile di bimbo terrorizzato, pulcino smarrito nei meandri di se
stesso, intrappolato in se stesso.
"Cosa
Saga? Cosa?!"
Vi
era più nervosismo, una certa severità, questa volta, nel tono di
Aiolos, generata dal desiderio di spingerlo ad aprirsi, a esternare
finalmente ogni cosa e il piccolo Gemini non resse oltre; fece un balzo
in avanti e si gettò tra le braccia del coetaneo, che lo accolse come
fosse la cosa più naturale del mondo, lo strinse così forte da dare
l'impressione di temere che sarebbe stato strappato al suo abbraccio da
qualche forza misteriosa.
E
sarebbe accaduto, lo sapeva Saga, sarebbe accaduto e nessuno dei due
avrebbe potuto opporsi.
"Ci
strapperanno dalle braccia l'uno dell'altro, lui lo farà e sarà colpa
mia, perché sarà più forte di me!"
Pensieri
che si aggrovigliavano nella mente di Saga, non sapeva dare ad essi un
freno mentre singhiozzava tra le braccia di Aiolos; non erano santi di
Athena in quel momento, non Gemini e Sagittarius, temprati fin quasi
dalla loro nascita affinché potessero affrontare qualunque cosa. Erano
solo due bambini, l'uno stretto all'altro, anche se forse solo Saga si
rendeva conto della vulnerabilità di entrambi, di quanto potessero
essere fragili due piccole vite come le loro di fronte all'ignoto di un
cuore ottenebrato dal male.
"Il
mio cuore... il mio cuore verrà strappato ad Aiolos... la mia anima mi
verrà strappata! E io sono troppo debole per affrontare... me stesso!"
Con
gli occhi serrati sul petto di Aiolos, le palpebre che, seppur tanto
strette, non riuscivano ad arginare le lacrime brucianti, Saga
improvvisamente rivide ciò che gli era stato mostrato.
Il
se stesso adolescente... o il bambino con gli occhi di sangue?
Vide...
lo vide... le proprie mani o le sue... anch'esse intrise di sangue... e
ai suoi piedi Aiolos, nella posa scomposta di una morte violenta, il
bel corpo dalla grazia virile, nel fiore della giovinezza, straziato da
numerose ferite...
Vide
l'ombra calare come un sudario... su di loro... su tutto il
Santuario... forse sul mondo.
"Tu
lo condurrai alla morte... sarai la sua rovina e quella dei santi di
Athena... assetato di potere, lascerai che io ti prenda per mano."
Saga
si divincolò con furia, portò le mani alle orecchie, strillò mentre
indietreggiava, inconsapevole di avere spinto Aiolos a terra:
"Stammi
lontano, stammi lontano, stammi lontano!"
A
chi lo diceva? Ad Aiolos o alla creatura di tenebra e sangue?
A
se stesso forse... ma come si poteva stare lontani da se stessi?
Neanche correndo, come si era messo a fare, il proprio io più profondo
era sempre lì e mentre il suo volto di bimbo piangeva, mescolando le
lacrime con la spuma del mare, lui rideva con quel ghigno di demone,
tramutando ogni lacrima in sangue.
***
"Ho
fatto l'unica cosa che potevo fare... lui era... pericoloso... era..."
La
figura alta, aggraziata nella sua maestosità, sembrava incapace di
mantenere ferma ogni singola parte del corpo mentre percorreva,
nervosa, in lungo e in largo, la stanza all'interno del tempio di
Sagittarius che si affacciava sul panorama arcaico del Santuario.
Il
compagno, raccolto su una sedia, le braccia incrociate sul tavolo, si
era limitato ad osservarlo, attento e protettivo, cercando di capire
cosa realmente fosse accaduto, ma quando Saga arrestò i propri passi e,
fremendo in tutte le membra, sferrò un pugno violento al muro davanti a
sé, crepandolo, Aiolos fu lesto ad alzarsi, a portarsi davanti a lui
posandogli con fermezza le mani sulle spalle e spingendolo un po'
lontano dal muro:
"Adesso
calmati, sei irrazionale!"
Le
mani del santo di Gemini si sollevarono, si posarono sul suo petto e
spinsero, mentre lui si divincolava, in preda ad una furia selvaggia:
"Stammi
lontano Aiolos, non è il momento!"
Sagittarius
si ritrovò con la schiena al muro, i suoi occhi che seguivano il
compagno finché non scomparve a passi decisi oltre la soglia, eretto e
fiero, di sicuro non più il bambino di un tempo, ma lo spirito era
chiaramente lo stesso, i suoi tormenti, se possibile, ancor più
angosciosi. Quel che accadeva tanto spesso tra loro quando erano solo
due bambini si era ripetuto: i tentativi con i quali Aiolos tentava di
avvicinarsi a lui, al suo animo oppresso, per carpirne ogni ansia e
paura, le fughe di un Saga terrorizzato, all'apparenza da se stesso.
Tutto quel terrore, adesso, lo celava sotto una rabbia travolgente e
spesso distruttiva.
Il
pensiero di Aiolos andò a Kanon, il gemello di Saga, che lo stesso
Gemini aveva rinchiuso nelle prigioni marine di Cape Sounion, per poi
rifugiarsi da lui, a sfogare la propria disperazione e riuscendo a
mostrare solo l'ira selvaggia; ma Aiolos sapeva leggere in quegli
occhi, anche se non poteva immaginare cosa, a Cape Sounion, fosse
realmente accaduto, quali motivi avessero spinto il compagno ad un
gesto talmente estremo con il quale rinnegava persino il suo sangue.
Era
consapevole, Sagittarius, che di Kanon non vi era da fidarsi, eppure...
chinò il capo... vi era qualcosa di sbagliato nella reazione di Saga...
di tremendamente sbagliato... come sbagliata era l'inquietante
atmosfera di attesa che da qualche tempo era calata sul Santuario...
attesa di qualcosa... di eventi decisivi e, guardando il cielo, aveva
la sensazione che le stelle dei gold saints non brillassero come
avrebbero dovuto.
Ma
c'era Athena... la sua venuta portava tante cose, apriva la strada a
tante possibilità, la sua venuta significava l'avvento di vicende
epocali, significava forse un grave, pesante futuro, ma lei era lì, era
con loro ed Aiolos si sentiva completo. Forse, con lei al suo fianco,
con il suo aiuto, avrebbe potuto strappare via la tenebra dal cuore di
Saga... forse... dopotutto avrebbe potuto salvarlo.
***
Proteggere
Athena era il suo compito, proteggere la sicurezza e la tranquillità
del Santuario da ogni ingerenza minacciosa. E Kanon una minaccia lo
era, Kanon che voleva tramare, voleva il potere, voleva...
I
passi di Saga si fermarono davanti allo specchio appeso al muro della
sua stanza, i suoi occhi si sgranarono.
"Voleva
mettere a nudo la tua anima... non è vero Saga? E voleva farlo perché
ti desiderava al suo fianco..."
"Taci..."
"Era
amore il suo... tutto l'affetto che tu non hai mai ricambiato..."
"Ora
basta..."
"Perché
metterti al corrente altrimenti? Perché volerti coinvolgere, sapendo
quanto rischiava a svelare quali fossero realmente i suoi piani? Perché
lui si affidava a te, tu sei sempre stato l'unica persona sulla quale
poteva contare, tu sei sempre stato la sua unica speranza... e l'hai
tradito!"
"LUI
HA TRADITO TUTTI I PRINCIPI DI ATHENA!!!"
I
pugni di Saga si sollevarono, stretti e tremanti e dall'altra parte
dello specchio due occhi infuocati si accesero, così simili ai suoi
eppur tanto diversi... e tuttavia suoi...
Kanon
aveva visto quegli occhi? Aveva visto quel ghigno sul volto di Saga che
si allontanava da lui, dopo averlo consegnato al suo amaro destino?
"Lui
ha tradito tutti i principi? E tu? Tu che hai provocato dolore
nell'animo del tuo stesso sangue, del tuo gemello... questo è seguire i
principi di Athena?"
"Non...
avevo... scelta..."
E
non aveva forse la scelta di smettere di parlare con quel demone che
ghignava dall'altra parte del vetro? Non aveva la scelta di metterlo a
tacere e di ritrovare la propria lucidità? Si portò le mani alle
tempie, incassò la testa tra le spalle, un rantolo soffocato che gli
usciva dal petto.
"Anche
adesso non hai scelta... lo sai..."
Sussultò,
occhi sgranati di nuovo fissi sullo specchio, le mani sempre affondate
nei capelli, quasi artigli con i quali sembrava volerseli strappare.
"Leggo
i tuoi pensieri, sì... dovresti saperlo ormai... leggo i tuoi dubbi
perché... Saga... perché continui a negarlo e a far finta che non sia
così?"
"Cosa?
Cosa stai dicendo... cosa..."
"Eppure,
dentro di te, lo sai da sempre... che nessuno può capirti meglio di
me... perché... non c'è nessuno come se stessi che possa conoscere e
capire..."
Il
respiro di Saga si fece affannoso, gli occhi ora grandissimi erano
quelli di un folle in preda ad un'allucinazione; e non era forse così?
Oppure, più che allucinazione era...
"Non
mascherare tutto dietro al sogno, dietro alle fantasie irrazionali...
dietro alla tua pazzia Saga... non mascherare quello che veramente sei
tentando giustificazioni che non hanno ragion d'essere. Io esisto
perché tu esisti, io esisto perché tu sei quello che io sono, perché
tu... noi... non siamo l'angelo... noi siamo il demone che brama potere
e dominio sul mondo!"
"TU
SEI IL DEMONE, NON IO, TU!"
"E
chi pensi che sia io, Saga? Ancora mi neghi... perché non vuoi
accettare te stesso."
Un
urlo si levò dalla bocca del santo di Gemini mentre si scagliava contro
lo specchio e, nel momento in cui lo colpiva, il pugno teso e ferreo,
la risata dell'altro gli esplose nelle orecchie, la risata di chi
sapeva di avere la vittoria tra le mani, il dominio su un'anima che
ormai naufragava in se stessa.
Il
tintinnio dei vetri infranti esplose nelle orecchie di Gemini come il
dolore non ascoltato esplose nelle nocche; non certo per quello si
ritrovò a cadere in ginocchio, elevando all'alto soffitto della stanza
un urlo lancinante, le mani, una intrisa di sangue, ad afferrarsi
ancora i capelli.
"Vuoi
uccidermi Saga? Uccidere me equivale a uccidere te stesso."
E
anche se così fosse stato? A quel punto la morte cosa poteva contare?
Urlava,
urlava ancora e ancora una voce si infiltrò, tra le sue grida, la
tenebra e il sangue:
"Saga,
per tutti gli dei, Saga, cosa hai fatto?!"
Lo
stava toccando, lo stava abbracciando, voleva farlo suo completamente,
voleva... essere dentro di lui, ma non era già dentro di lui?
"STAI
LONTANO DA ME, STAMMI LONTANO!"
"SAGA!"
Due
mani, troppo forti nella loro determinazione, afferrarono le sue, le
strapparono dai suoi capelli intrisi del suo stesso sangue e a Saga
sfuggì un singhiozzo; era impotente, troppo impotente contro di lui...
era impotente... contro quell'amore?
"Aiolos...
sei tu..."
Un
sospiro penoso mentre si abbandonava sul petto che lo accolse e lui
tornava bambino, piangeva come un bambino, ma in quel momento non gli
importava... in quel momento con Aiolos, che era lì per lui, nonostante
tutto.
"Lo
specchio... la tua mano... Saga... cosa..."
Era
terribile sentire lui stesso così spaventato, così smarrito.
"Non
mi abbandonare... Aiolos..."
Credeva
di averlo pensato ma dalle sue labbra si era levato un sussurro, mentre
lo sguardo si perdeva lontano, assente, stanco, troppo stanco perché
gli occhi potessero mantenersi aperti ancora a lungo.
"Io...
non potrei mai..."
"Eppure
dovresti farlo..."
Questa
volta rimase unicamente pensiero, mentre invece proprio quello avrebbe
dovuto urlare, con tutto il fiato che aveva in gola, proprio quello era
importante... che Aiolos lo abbandonasse, che fuggisse da lui... Aiolos
scelto come successore del gran sacerdote... Aiolos che era stato
giudicato più degno di lui...
Gli
occhi di Saga si sgranarono di colpo; cosa stava pensando? Cosa diavolo
stava pensando?
Si
divincolò con foga, arretrò strisciando per terra, simile ad un misero
essere senza più forza nelle membra.
Era
già cominciato, dunque? Il percorso verso la dannazione già giunto così
oltre?
"Saga...
ancora così ingenuo... ancora così legato alla visione idealizzata che
hai di te stesso... è mai possibile che tu non te ne faccia una
ragione? Che tutto questo è iniziato con la tua nascita? Mai possibile
che non riesci a renderti rassegnato e consapevole della tua vera
natura? Tu che hai rinchiuso e praticamente condannato ad una morte
lenta e in agonia un gemello che ha avuto il solo torto di metterti
davanti a te stesso e ai tuoi autentici desideri?"
"No...
non è vero... no..."
Le
mani di nuovo alle tempie, gli occhi spalancati su un'allucinazione che
andava rendendosi gradualmente perenne.
"Saga!"
Non
gli permise, Aiolos, di allontanarsi da lui, strisciò a propria volta,
ancora tese le braccia, lo prese e lo attirò contro di sé, con maggior
vigore questa volta, pronto a prevenire ogni ulteriore tentativo di
fuga.
"Quella
mano, Saga..." intanto gli strinse delicatamente il polso per guardare
più da vicino la mano insanguinata, "mi sa che ci sono dei vetri nelle
ferite... dobbiamo toglierli... ma... Saga... si può sapere cosa..."
Era
confuso il saint di Sagittarius, da quando erano piccoli aveva
assistito alle crisi del compagno, ai suoi improvvisi cambi d'umore, a
quelli che sembravano autentici attacchi paranoici. Ed era difficile
abituarsi, vederlo soffrire così e sentirsi impotente, non sapere
assolutamente cosa fare per sottrarlo al dolore che si dipanava dentro
di lui giorno dopo giorno. Ma l'autolesionismo... a maggior ragione,
abituarsi a quello era davvero impossibile, un santo di Athena, un
guerriero, che feriva se stesso così, come per punirsi, cosa avrebbe
fatto in battaglia? Si sarebbe lasciato uccidere gettandosi disperato
in una mischia senza possibilità di scampo?
I
denti di Aiolos si serrarono a soffocare un'imprecazione spontanea
perché, conoscendo Saga, una simile eventualità non gli sembrava
assolutamente così remota.
Lo
strinse forte a sé, affondò il viso nei suoi capelli d'oro scuro, così
morbidi, tanto folti da perdercisi in mezzo e i tremiti del santo di
Gemini si accentuarono, ma non si dibatteva più, rimaneva completamente
inerme contro di lui. La voce resa soffusa da quella massa che aveva la
consistenza di una nuvola, Aiolos parlò:
"Non
ascoltarla mai, quella voce che ti spinge a farti del male... Saga..."
"Non...
è a me... che fa del male..."
Non
era presente a se stesso mentre parlava, la voce di Gemini pareva
venire da un mondo lontano e cupo, così nero, così privo di luce che
impregnava di oscurità persino il tono delle sue parole; Aiolos lo
strinse con tutto il vigore che le sue braccia di fanciullo guerriero
precocemente cresciuto gli consentivano:
"Oh
sì invece... a te... più che a chiunque altro."
Un
sospiro arrendevole fu l'ultima risposta di Saga prima di annullarsi
nell'oblio; era inutile insistere e non ne aveva neanche la forza.
Aiolos non poteva capire, insisteva a non voler capire, il futuro gran
sacerdote non vedeva il pericolo che minacciava Athena e il Santuario.
"E'
ancora l'invidia che parla... mio povero Saga... e ad essa sei sempre
più rassegnato, non mi contrasti neanche più."
Chiuse
gli occhi il santo di Gemini: se solo tramite quel gesto fosse riuscito
a spegnersi, a cancellarsi, a non svegliarsi mai più o magari
addirittura a scomparire... se solo avesse potuto...
"No
Saga... non ti permetterò di ucciderti, tu lo sai; abbiamo grandi cose
da fare, tu ed io... noi... tu hai grandi cose da fare insieme al tuo
vero te stesso."
E
mentre la risata maligna faceva svanire persino l'abbraccio e i dolci
sussurri di Aiolos, Saga si immerse nella tenebra senza sentire più
nulla; dopotutto era così accogliente e portava un tale sollievo
lasciarsi andare, senza più combattere... il riposo della mente, dei
sensi e del cuore, senza più pensare.
"E
per ottenere ciò che realmente desideriamo..."
***
"Non
guardarlo Saga... non guardargli il volto, prendigli solo la
maschera..."
Il
respiro affannoso dell'assassino di Sion rispose al suggerimento del
demone, allungò la mano, tremante, ancora lorda del sangue sacerdotale,
ancora pulsante su di sé e nella ferita mortale da lui stesso
provocata. Ancora davanti alla sua mente lo sguardo di Sion mentre
moriva, sguardo... d'amore... per lui... di affetto sincero... sguardo
protettivo e pieno di pietà, così come le sue parole che ancora
risuonavano nel suo orecchio:
"Mi
dispiace tanto, Saga, il peggio per te comincia adesso... e io non ho
potuto fare niente, per te, per Athena, per tutti i saint che da me
dipendevano... ora posso solo morire, sperando... che qualcuno ti
salvi... e ci salvi..."
"Non
ascoltare Saga, non ascoltare, prendi la maschera, è tua di diritto
ora, come tuo di diritto è il trono che non ti voleva concedere!"
E
la prese, credendo di scottarsi, sembrava bollente al contatto,
corrosivo al pari dell'acido era quel sangue che continuava a scorrere
come monito.
"Sono
solo sensazioni, è suggestione, ma da questo momento in poi non avrai
più nulla da temere, più nulla. Tutto sarà nostro... tuo... tutto sotto
il tuo controllo..."
"Il
tuo controllo... non il mio... non il..."
"E'
la stessa cosa, ancora non ti rassegni... è la stessa cosa..."
La
mano si sollevò al volto, non lui la muoveva ma l'altro se stesso...
era la stessa cosa... era vero; la maschera sacerdotale soffocò
l'ultimo singhiozzo e dietro essa si sentì, per qualche istante,
soffocare lui stesso. Barcollò, ricadde all'indietro, la testa che
pulsava e vorticava, la vista dietro la maschera si tingeva di tenebra
e sangue.
Una
risata dentro di lui:
"Saga
non esiste più, siamo Arles adesso..."
Il
nuovo sommo sacerdote si ripiegò su se stesso, nello specchio che aveva
riflesso, istante dopo istante, l'omicidio, focalizzò l'inconfondibile
figura dai capelli di tenebra e gli occhi color sangue... pozze di
sangue che si allargavano oltre la maschera. Istintivamente afferrò una
ciocca dei propri capelli, la portò davanti al viso: erano color della
tenebra, ogni scintilla dorata scomparsa, affogata in tutto quel nero,
soffocata dall'incubo... era diventato... lui...
"Sei
diventato te stesso..."
Portò
le mani al volto, con la spasmodica speranza di non vedere più nulla,
ma non era possibile nascondersi a se stesso:
"No...
no... NO!"
"Ci
resta una sola cosa da fare, adesso, per ottenere il dominio
completo..."
"No...
non Athena... Athena... salvami!"
***
Era
tutto finito, ogni speranza, ogni possibilità di salvezza... di
redenzione... finita nel momento stesso in cui aveva sollevato il
pugnale sulla dea bambina, in cui Aiolos di Sagittarius aveva, con la
prontezza che lo caratterizzava, evitato che quel pugnale andasse a
trafiggere le tenere carni... finita nel momento in cui lui l'aveva
riconosciuto... nel momento in cui gli occhi di Aiolos si erano tinti
di sgomento... non rabbia, non odio... solo orrore... e un'infinita
tristezza.
Saga...
o Arles? O la parte di sé che ancora restava Saga... si soffermava
sull'ultima immagine, la schiena nuda di colui che era stato...
l'amico... l'amante... l'amore... che si allontanava nella notte, lui
che aveva avuto la forza di non crollare neanche in quel momento,
perché la salvezza di Athena era la priorità, ma quanta tristezza in
quella fuga solitaria, tra le braccia il solo sacro fardello e sulle
spalle un gold cloth da mettere al sicuro?
Quanta
tristezza poteva aver provato il cuore di Aiolos nell'udire l'ordine
che il suo Saga lanciò nella tenebra, sotto quel cielo in cui persino
le stelle sembravano lontane?
Ordine
di prenderlo, giustiziarlo... di punirlo in nome di Athena... parole
che lo accusavano di tradimento, pronunciate da un traditore suo
malgrado perché negli occhi dell'usurpatore un'altra cosa, forse, aveva
letto Aiolos: Saga era la prima vittima... vittima di se stesso, Saga
era il primo condannato.
E
da quel momento cominciò l'attesa, in un dibattersi talmente grottesco
di euforia e disperazione da causare un dolore fisico reale nel petto,
nell'anima, il dolore della lacerazione, dello strappo insanabile;
Shura si era lanciato all'inseguimento di Aiolos, Shura che in Aiolos
aveva sempre creduto, che a Sagittarius si era aggrappato come al più
perfetto dei modelli, Shura che era ancora un bambino, che non avrebbe
meritato il crollo definitivo del suo sogno, non avrebbe meritato di
venire a sua volta così brutalmente ingannato... Shura che adorava
Aiolos... e che nell'obbedienza al sacerdote portavoce di Athena
infondeva il suo più alto ideale. Shura che vedeva crollare le sue
illusioni in una notte spettrale, dove niente aveva più senso,
illusioni che erano ben riposte, in Aiolos, ma che comunque erano state
infrante nella maniera più impietosa.
Il
sacerdote sedeva sul trono e Arles senza sosta dialogava con Saga,
perché il santo dei gemelli non voleva saperne di scomparire del tutto,
il santo dei gemelli si struggeva per la sorte di Athena e di Aiolos,
per il cuore spezzato di Shura, per il Santuario che andava incontro ad
un periodo oscuro a causa della sua debolezza.
Attese,
in apparenza immobile ma tremando nell'anima e nel cuore, vacillando
mentalmente istante dopo istante e quasi esplodendo in un urlo quando,
ad un'ora imprecisata, gli venne annunciato da qualcuno di cui non
ricordava neanche il volto, poteva essere una voce dagli inferi:
"Il
corpo è stato ritrovato, ma non vi è traccia della bambina e neanche
del gold cloth di Sagittarius."
La
voce di Arles si levò, dominante, in preda ad un'incontenibile furia:
"Il
gold cloth di Sagittarius deve tornare al Santuario, è necessario
scoprire da chi è stato sottratto, dove quel traditore l'ha nascosto
prima di..."
E
lì si fermò, perché dentro di lui Saga urlava, non urla di comando, ma
strazianti grida di dolore che disturbavano il furore di Arles. I suoi
passi lo condussero fino alla sagoma avvolta nel manto scuro,
abbandonato da qualcuno nel mezzo della sala del trono, il suo corpo
non resse e in pochi istanti si ritrovò in ginocchio, una mano che
tremava impazzita si tese a sfiorare il nero involto di stoffa, ma a
mezz'aria si bloccò, come spaventata, irrigidita dalla folle angoscia
che dal centro del petto in subbuglio si diffondeva al cuore e allo
spirito.
Il
volto abbassato e gli occhi fissi sull'unica cosa che in quel momento
importava per lui, un grido si levò dalle sue labbra, ultimo grido di
Arles prima di lasciar spazio, per l'ultima volta, a Saga che stava
morendo dentro:
"USCITE
TUTTI DI QUI, NON VOGLIO NESSUNO INTORNO PER UN PO', ANDATE VIA!"
Una
voce servile e paurosa osò tentare una poco convinta obiezione:
"Ma
signore, dovremmo occuparci delle spoglie del traditore e..."
"HO
DETTO ANDATEVENE E TORNATE SOLO QUANDO VI RICHIAMERO' AL MIO COSPETTO!"
Quasi
non udì i passi che si allontanavano, lasciando dietro di sé un
silenzio spettrale ad echeggiare come urla strazianti nella sala del
trono, l'alto soffitto sembrava pieno di quelle grida senza voce che si
mutarono in pianto quando la mano finalmente scoprì quel che il manto
nero celava.
"Era
il nostro ultimo ostacolo, lo sai."
"Ora
no, vai via, almeno ora, ti supplico, è tutto finito, lo so, so che
ogni speranza che mi rimaneva con quest'ultimo delitto scompare, non mi
resta che essere tuo, quale altra scelta se al mio fianco non c'è
neanche più lui?"
E
Arles tacque, forse per la prima volta da quando era nato Saga aveva
dominato il suo doppio, forse il dolore che in quel momento provava era
ancora più forte di tutta l'impotenza subita nel corso dei suoi
precedenti anni di vita.
Con
una mossa violenta gettò lontano il mantello, rivelando il corpo
immobile e freddo di colui che era stato il suo grande amore, di colui
che aveva condannato a morte con una sola parola di governante ormai
prigioniero della sua solitudine.
Mentre
le sue braccia afferravano le spoglie di Aiolos stringendolo con forza
disperata al petto, mentre il grido d'agonia di Saga si levava a
stendere un gelido manto funereo su tutto il Santuario, il santo di
Gemini moriva nell'anima insieme a Sagittarius ed Arles si preparava,
ormai libero da ogni legame col mondo, alla sua ultima, dolorosa
battaglia.
***
L'ultimo
rintocco era giunto; le ambizioni di dominio e controllo sul mondo
svanite grazie all'abnegazione e alla purezza di cinque bambini, cinque
piccoli saint di bronzo che avevano riportato la giustizia al Santuario
di Atene. E con loro era tornata la Dea che ora, nel suo manto di luce,
era china su di lui e lo avvolgeva come una madre, perché lei era
madre, di tutti loro, e come madre li amava e con loro soffriva.
Occhi
di dea, sconvolti, aperti su di lui che stava morendo.
"Perché
Athena piange per me? Perché tanta tenerezza, mia dea che io ho
tradito?"
Non
vi era risposta, solo la consapevolezza di dea, l'abbraccio gentile
della giustizia che comprendeva e leniva il suo cuore e che nel suo
cuore leggeva non crudeltà, ma solo tanta sofferenza.
E
mentre i suoi occhi si chiudevano, mentre il corpo si abbandonava tra
le braccia di Athena, riudì dalla sua voce parole simili ad altre già
udite da bocche diverse e che lo accompagnarono verso il nulla della
morte:
"Io
non ho potuto fare niente per te... non sono riuscita a proteggere i
miei saint dal dolore come avrei dovuto... non sono riuscita a
proteggere te..."
Con
quella voce non solo Athena parlava, ma tutti coloro che l'avevano
amato e ai quali lui aveva rovinato l'esistenza, fino a condurli alla
morte, in quella voce udiva Athena, ma udiva anche Sion ed Aiolos e
seppe di essere stato perdonato. Ma di una persona gli mancava il
perdono e sapeva che non l'avrebbe mai ottenuto, neanche nel vuoto
della morte: quella persona era Saga che mai, neanche varcando le
soglie della vita, avrebbe potuto perdonare Arles, mai avrebbe potuto
perdonare se stesso.
"Saga
aveva una doppia personalità... ogni uomo nel profondo del suo cuore
possiede sia il bene che il male... fino a quando riesce a controllare
il suo lato maligno razionalmente, risulta essere buono, invece quando
la sua brama è troppo forte, tanto da non poterla trattenere, diventa
una persona malvagia... nel caso di Saga questi due lati opposti erano
particolarmente estremi... per cui quando il male lo dominava diventava
davvero malvagio, quando invece aveva il sopravvento il suo lato buono
si comportava in modo gentile, come se fosse un dio... Alla fine chi ha
sofferto più di chiunque altro in questa battaglia è stato proprio
Saga... perché combatteva dentro se stesso con il bene e il male..."
-Mu
di Aries-
(Saint
Seiya, volume 13 - Edizione Star Comics)