GALEOTTA FU UNA
VASCHETTA DI GELATO
Era
un pomeriggio afoso e tenere le finestre del salone spalancate non era
sufficiente per fare strada anche ad un minimo sbuffo d'aria; erano
anzi i raggi del sole ad approfittare di quel varco, per andare a
colpire, impietosamente, le uniche due figure viventi che si trovavano
all'interno della stanza.
Una
di quelle due figure, soprattutto, subiva l'impatto violento dell'astro
diurno e trascorreva il proprio tempo spostandosi da un punto all'altro
della stanza, alla disperata ricerca di ogni refolo d'aria. Negli
ultimi minuti si era letteralmente buttato a terra, sperando che un po'
di frescura salisse dal pavimento di marmo, ma anche in quel caso
rimase deluso: il sudore del suo corpo, quasi completamente nudo se si
escludevano i boxer indossati per decenza, lo faceva appiccicare alla
superficie levigata, trasmettendogli una sensazione di fastidio e
disgusto.
"Se
continui a muoverti peggiorerai la situazione, Hyokkun!"
Il
giovane biondo accaldato, bronze saint rappresentante della
costellazione di Cygnus, sussultò; era talmente intento a cercar di
proteggere il suo organismo da quel clima così in contrasto con quello
tipico della sua terra di Siberia, che aveva dimenticato di non essere
solo nella sala. Voltò lo sguardo verso il ragazzino appollaiato su una
poltrona poco distante, amico e fratello a un tempo. e anche qualcosa
che, in parte, per Hyoga, era ancora inconfessabile a se stesso. Si
chiedeva come fosse possibile non accettare pienamente di essere
innamorato di una creatura meravigliosa come Shun di Andromeda, la più
perfetta e pura che mai avesse solcato la superficie terrestre; eppure,
il guerriero dei ghiacci era ancora pieno di inibizioni a riguardo,
nonostante i gesti, i baci, gli scambi di tenerezza, non era certo di
avergli mai realmente detto di amarlo e tendeva a deviare dal discorso
ogni qualvolta il santo di Andromeda tentava di palesargli chiaramente
ciò che provava, lui che era così sincero, limpido, privo di paure nel
campo dei sentimenti, coraggioso nell'esprimerli quanto si mostrava,
invece, bloccato ed insicuro nello scontro fisico che il ruolo di
guerriero gli imponeva.
Restando
sdraiato, le braccia allargate perpendicolari al busto, distolse gli
occhi dalla celestiale visione che, per un istante, l'aveva distratto
dal proprio malessere e, con uno sbuffo, cercò di sollevare dalla
fronte una ciocca bionda, colpevole di accentuare il senso di
appiccicoso che gli pervadeva il corpo.
"Se
provi a restare fermo" lo accarezzò ancora la vocina che sembrava il
canto di un angelo del Paradiso "e ti concentri per non pensare al
caldo, vedrai che tutto diventerà più sopportabile."
Senza
abbandonare il proprio stato di immobilità e spostando appena gli occhi
lateralmente, per intravedere la sagoma del cherubino dai capelli color
miele, Hyoga ribatté:
"Vedi?
Non funziona."
"Hyokkun"
ridacchiò il fanciullo che, agli occhi del russo, sembrava non subire
affatto le insidie del caldo ed appariva fresco come una rosa "sei
fermo da neanche un minuto!"
"Parli
bene tu" replicò il santo del Cigno, imbronciato, "che sei stato
temprato sotto il sole dell'isola di Andromeda, uno dei luoghi più
torridi della Terra. Per te, quest'afa sarà una bazzecola e ti prendi
gioco di me, che sono abituato alla Siberia."
"Non
era mia intenzione" rispose Shun, passando dall'ilarità all'espressione
abbattuta di un cucciolo appena rimproverato.
Il
cuore di Hyoga ebbe un battito più forte e avrebbe voluto coccolarlo
ma, quando il compagno posò accanto a sé il libro che stava leggendo e
si alzò per andare verso di lui, temette le sue intenzioni. Il solo
pensiero che il proprio corpo accaldato venisse sfiorato da un altro
corpo, fece aumentare, per riflesso, il gocciolare di viscido sudore
lungo ogni frammento delle membra infuocate.
"Non
ci provare" borbottò, mentre Shun si inginocchiava accanto a lui, con
l'evidente intento di coccolarlo al fine di recargli conforto.
"Scusa"
mormorò il santo di Andromeda, forse un po' offeso a giudicare dalla
piccola smorfia delle labbra sporte in avanti.
"Dai,
non fare quella faccia" ribatté Hyoga e, per non venire sconfitto dalla
tenerezza che gli suscitava quell'espressione e dai propri sensi di
colpa, distolse lo sguardo, concentrandosi sul soffitto, intento a
cogliere ogni minima illusione di frescura che poteva acchiappare anche
solo con il pensiero.
Mantenendo
le distanze, il ragazzino dai capelli color miele si accovacciò con le
gambe incrociate e prese a scrutarlo in silenzio, ma con tale
insistenza ed intensità che il guerriero dei ghiacci percepì ben presto
quello sguardo addosso e mosse il viso per incontrare gli occhi del
piccolo compagno.
"Non
è che così mi aiuti, eh?" lo apostrofò, senza rabbia ma con una lieve
incrinatura scocciata, "cosa ti sei messo in testa?"
Shun
scosse appena il capo:
"Sto
solo riflettendo su come poterti procurare un po' di fresco."
Lo
disse con un tono così assorto e serioso, come se stesse ragionando sui
massimi sistemi, che Hyoga lo studiò per qualche istante, sollevando le
sopracciglia, domandandosi se lo stesse prendendo in giro ma poi,
consapevole che non sarebbe stato nell'indole del santo di Andromeda e
che il ragazzino era davvero sincero nella sua innocente compitezza, si
lasciò andare ad un sorriso, seguito da un'esplosione di aperta
ilarità, ponendo fine ad essa quasi immediatamente, perché ridere in
quel modo faceva salire la temperatura del suo corpo a livelli
insostenibili.
"Non
prendermi in giro" piagnucolò il compagno, stringendo i pugni sulle
cosce nude, avvolte solo per un frammento da un paio di pantaloncini
bianchi, "mi dispiace davvero che tu non ti senta bene!"
Hyoga
lo guardò di nuovo, quegli atteggiamenti da bambino, in un ragazzo che
aveva combattuto con il valore di un uomo, offrendo tante volte la
propria vita sull'altare della giustizia, lo stupivano sempre, era un
amalgama irresistibile di candore e fierezza quella che caratterizzava
l'anima di Shun e il santo del Cigno era convinto che non esistessero
esseri umani altrettanto speciali.
"Non
ti sto prendendo in giro, leprotto" lo rassicurò Hyoga, con tutta la
sincerità che riuscì ad esternare, "sei così carino in certi momenti,
che sembri quasi irreale."
"E
questo sarebbe un complimento?" mormorò Shun ancor più imbronciato,
rintanando la testa tra le spalle.
"Per
me lo è" ridacchiò nuovamente Cygnus ma, subito dopo, non poté
trattenere uno sbuffo di sofferenza. "Sbaglio o da qualche minuto fa
ancora più caldo?"
"E'
solo perché ti sei agitato" negò Shun, "torna a rilassarti e vedrai che
andrà meglio."
"L'hai
detto anche prima, ma non stava funzionando per niente."
Seguì
un attimo di silenzio, durante il quale i due giovani si immersero in
due mondi paralleli, rapiti da differenti esigenze: proteggersi dal
caldo l'uno, aiutare il compagno l'altro.
Poi,
siccome lo sguardo di Shun indugiava senza mutare su di lui, il russo
non resistette all'impulso di sbottare ancora:
"Per
favore, cucciolo, se questo è il tuo modo di alleviare le mie
sofferenze, stai fallendo miseramente; essere fissato in quel modo
accentua il senso di pesantezza che mi opprime."
"Ok,
ok" balbettò il ragazzo dagli occhi di bosco, contrito, mentre si
alzava in piedi e si allontanava. I piedi nudi e l'innata leggiadria
del fanciullo di Andromeda, rendevano il suo passo particolarmente
felpato, così Hyoga si stupì quando, pochi istanti dopo, guardandosi
intorno, si rese conto di essere rimasto solo nella stanza. Non si era
assolutamente accorto che il compagno era uscito.
Si
preoccupò, sentendosi anche un poco in colpa, temendo di averlo offeso;
disse a se stesso che forse avrebbe dovuto alzarsi per andarlo a
cercare, ma l'impresa gli sembrava paragonabile al terribile ed
infuocato scontro che aveva sostenuto contro Hagen di Asgard. Si
rendeva conto di risultare alquanto patetico quale santo di Athena che
avrebbe dovuto sopportare qualunque disagio, ma non poteva farci nulla.
"Forse
per Shun dovrei sforzarmi" ragionava intensamente, ottenendo di venire
ulteriormente aggredito da ondate di calore, "dovrei provare a
muovermi, domandargli perdono per quanto sono stato cafone!"
Evidentemente
passò troppo tempo senza che riuscisse a prendere una risoluzione
definitiva perché, nel frattempo, un movimento furtivo richiamò il suo
sguardo verso l'entrata della stanza: in piedi sulla soglia stava Shun,
delizioso e disarmante con i suoi pantaloncini striminziti, i piedi
scalzi e la canottiera azzurro pastello, un po' troppo larga, che
accarezzava languidamente le sue forme.
"Maledetta
tu sia, estate giapponese" brontolarono i pensieri di Hyoga "che mi
rendi troppo apatico persino per saltare addosso a cotanta meraviglia!"
Shun
si mosse, con la maglietta che gli danzava intorno, leggiadramente
agitata dall'aria sollevata dai suoi passi, così Hyoga si accorse che
teneva qualcosa nelle mani; in realtà la fiacchezza impediva ai suoi
sensi di concentrarsi per comprendere di cosa si trattasse e solo
quando Shun si inginocchiò accanto a lui l'identità di quell'oggetto si
palesò con evidenza: una vaschetta di gelato già aperta dalla quale
spuntavano i manici di due cucchiaini.
Il
santo di Andromeda ne sollevò uno, colmo di crema candida, e lo allungò
verso il volto di Hyoga.
"Apri
la bocca" ordinò con una sorta di buffa autorità, poco credibile nella
sua persona. Eppure, Hyoga non poté sottrarsi a quell'invito, forse
perché le sue condizioni lo rendevano disinteressato e passivo di
fronte a qualunque cosa, o forse perché, semplicemente, il modo in cui
era stato posto l'ordine e il motivo per cui era stato formulato, lo
allettavano.
Il
sapore dolce della vaniglia gli invase le papille gustative, ma ciò che
più apprezzò di quel boccone fu la sensazione di fresco che gli infuse
in corpo: era poca cosa e l'effetto sarebbe svanito, ne era
consapevole, ma intanto era deciso a goderselo fino in fondo.
Ingoiò
e aprì nuovamente la bocca, senza dire nulla, in un'evidente richiesta
che strappò un risolino adorabile alle labbra di Shun; il gentile
fanciullo guerriero non si sottrasse alla muta supplica e al sapore
della vaniglia seguì quello del limone, della fragola, del cioccolato,
dell'amalgama perfetto dei gusti riuniti. Durante tutto il rituale
aveva mantenuto gli occhi chiusi ma, quando l'elargizione del fresco
gelato si interruppe, nonostante lui desse mostra di volerne ancora, li
aprì, intenzionato a sollecitare colui che si era eletto a suo
schiavetto personale.
Tuttavia
ogni parola gli morì sulle labbra nel vedere Shun che si era
impossessato di ciò che Hyoga era assolutamente intenzionato a tenere
tutto per sé.
"Ehy"
lo apostrofò, tendendosi verso di lui con sguardo severo, "e così
credevi di potermene rubare una parte, ladruncolo!"
"Oh,
scusi, mio padrone" ribatté Shun con una divertita linguaccia, "non era
mia intenzione mancarle di rispetto!"
"Vorrà
dire che dovrò riappropriami di ciò che mi hai sottratto" lo redarguì
il russo, portando il viso minacciosamente vicino a quello del compagno.
"E...
come?" finse di non capire il santo di Andromeda, il viso incendiatosi
di una fiammata di timidezza, mentre si ritraeva, senza troppa
convinzione.
"Secondo
te?" mormorò sensualmente Cygnus, le labbra ormai spaventosamente
vicine a quelle di Shun.
"Ti...
ti è passato il caldo?" mormorò la vocina flebile come quella di un
topolino.
"Per
il momento il tuo rimedio ha funzionato" tagliò corto il predatore,
sigillando l'ultima battuta con un bacio curioso e vorace. Shun aveva
l'atteggiamento di chi non sapeva se ridere o restare perplesso, ma
accettò l'assalto di buon grado, dimenticando completamente il
contenitore ancora mezzo pieno tra le sue mani, che scivolò a terra.
Tentò di borbottare qualcosa attraverso le labbra occupate, allora
Hyoga si staccò:
"Ma
non puoi proprio fare a meno di chiacchierare, neanche in questo
momento?"
"Cercavo
di dirti che mi è caduto il gelato" sbottò Shun di fronte a quella
provocazione.
"E
che mi importa del gelato? Il tuo sapore è molto più buono" sbuffò il
russo, deciso a riprendere ciò che era stato interrotto ma, prima che
potesse riuscirci, Shun riafferrò la vaschetta rimasta miracolosamente
illesa al proprio fianco e la frappose tra il suo viso e quello del
russo, spingendolo indietro.
"Piccola
peste" sentenziò Hyoga in quella che era una via di mezzo tra una
risata e un ringhio, allungò le mani con l'intento di riafferrarlo, ma
Shun, accompagnato da un'argentina risata, fu velocissimo a sottrarsi e
ad alzarsi in piedi, il contenitore stretto al petto.
Da
troppo tempo esposto al calore esterno, il gelato si stava sciogliendo
e la vaschetta gocciolava con abbondanza; le creme, che ormai avevano
assunto quasi del tutto la consistenza di un liquido, traboccarono
oltre l'orlo e si riversarono in parte al suolo, rendendo il pavimento
scivoloso. Per questo quando il piede nudo di Andromeda si posò
inavvertitamente sulla pozza zuccherina, il fanciullo non riuscì a
mantenere l'equilibrio e cadde rovinosamente, con Hyoga pronto a
raccoglierlo; ciò che restava del gelato si riversò sui loro corpi che
si ritrovarono a terra, avvinghiati l'uno all'altro e inzuppati di
vaniglia, limone, fragola e cioccolato.
Rimasero
per qualche istante immobili, in silenzio, poi fu Hyoga a spezzare la
sospensione, mormorando con voce seccata:
"Certo
che dobbiamo dare un bello spettacolo, pensa se entrasse qualcuno
adesso..."
Gli
rispose un suono dapprima flebile, poi sempre più riconoscibile come
una risatina, dimessa, timida, discreta come poteva essere solo quella
di Shun.
"C'è
poco da ridere" mugugnò il russo, "è tutta colpa tua."
"Mi
sono solo difeso" piagnucolò il santo di Andromeda, accentuando apposta
l'atteggiamento infantile che, lo sapeva, finiva sempre per sconfiggere
il suo biondo compagno, "volevi saltarmi addosso!"
Un
ghigno malizioso si dipinse sul volto di Hyoga, mentre lo spingeva un
po' di più al suolo, sotto di sé:
"E
comunque ho vinto io, hai finito per cadere ingenuamente tra le mie
grinfie!"
Sdraiato
con la schiena contro il pavimento, Andromeda scrutò il compagno con
finto sospetto, ma Cygnus seppe riconoscere la delicata monelleria che
ormai caratterizzava il fanciullo in momenti simili e premette un po'
di più il proprio corpo contro quello, fine e tanto piccolo al
confronto, di Shun.
"Ehy"
protestò questi agitandosi un po, "guarda che fa caldo anche per me!"
Hyoga
non era disposto ad ammettere concessioni:
"Come
lo sopporto io, sarai in grado di sopportarlo anche tu... e poi non
vorrai sprecare tutto questo gelato."
E,
mentre gli sollevava la canottiera intenzionato a sbarazzarsene al più
presto, prese a leccargli le gocce dolci che ancora colavano lungo il
collo e il mento di Andromeda, il quale accolse quel trattamento con un
gemito di piacere, fingendo di divincolarsi, ma solo per aggiungere un
po' di pepe alla loro lotta giocosa.
"Delizioso"
sospirò Hyoga, senza sapere se si riferisse al gelato o alla pelle di
Shun, che nulla aveva da invidiare alla dolcezza dello zucchero, del
latte, della frutta.
"Io
credo che il caldo ti abbia dato alla testa" ribatté Andromeda
sospirando a sua volta, il tono impregnato di godimento e, nel
frattempo, piegava il capo all'indietro in modo da rendere più agevole
l'esplorazione della lingua e delle labbra del russo. Poi sollevò le
braccia, per lasciarsi sfilare via la maglietta ma, subito dopo, spinse
con ferma gentilezza il corpo di Hyoga lontano da sé, in modo da
potersi mettere in ginocchio. Cygnus brontolò qualcosa di
incomprensibile, colmo di disappunto per essere stato respinto ma,
subito dopo, l'incantevole creatura che aveva davanti, lo sorprese una
volta di più.
"Anche
io ho voglia di gelato."
E
Shun abbassò il capo sul petto nudo del russo, anch'esso invaso dai
rivoli cremosi che andavano pian piano asciugandosi: la carezza della
lingua di Shun, per quanto calda, fu per Hyoga fonte di sensazioni
paradisiache e si lasciò completamente andare con sospiri di
soddisfazione. Pochi istanti dopo, sia il gelato riversato per la
stanza che la soffocante calura estiva vennero dimenticati da entrambi.
***
"Che
hai da imprecare tanto, Seiya?" domandò Shiryu, bronze saint della
costellazione di Draco, al compagno Pegasus indaffaratissimo a cercare
qualcosa nel congelatore delle cucine di Villa Kido, infarcendo la
propria caccia al tesoro con colorite proteste.
"Mi
ero comprato una vaschetta di gelato stamattina ed ora sembra scomparsa
nel nulla!" rispose il ragazzino tirando fuori la testa dalla
ghiacciaia, permettendo al compagno di vedere i suoi grandi occhi da
monello decisamente inviperiti.
"Secondo
me hai fatto male a lasciarlo incustodito" ridacchiò Shiryu "qualcuno
se ne sarà impossessato."
"Se
scopro chi è il responsabile, se ne pentirà amaramente!"
"Credo
di avere risolto il mistero per te" si intromise Jabu, sacro guerriero
dell'Unicorno, entrando nella stanza, "vai a dare un'occhiata in
salotto e avrai tutte le risposte che cerchi."
Nell'indicare
con l'indice alle proprie spalle, intanto, ridacchiava, divertito da
quel che aveva visto ma anche dagli sguardi perplessi con cui lo
accolsero i due compagni. Senza pronunciare parola, Seiya oltrepassò
gli altri due ragazzi e si diresse verso la sala, la cui porta era
rimasta socchiusa dopo l'incursione di Jabu. In silenzio, spinse appena
dentro lo sguardo e trasalì alla scena che si presentò ai suoi occhi.
Tutto quel che restava del suo gelato era il contenitore riverso al
suolo, accanto a due corpi che giacevano nudi e profondamente
addormentati sul pavimento, allacciati l'uno all'altro, apparentemente
indifferenti al sudore che intrideva i loro corpi.
"Hai
trovato il gelato?" si fece udire la voce di Shiryu alle spalle di
Seiya che, in tutta risposta, richiuse la porta e, senza osare guardare
l'amico in faccia, le guance imporporate, si allontanò a grandi passi,
mormorando più rivolto a se stesso che a Dragone:
"L'ho
trovato e non voglio chiedermi quale uso ne abbiano fatto!"
Shiryu
lanciò sguardi alterni al compagno che si allontanava e alla porta
chiusa, mentre un ironico Jabu circondava le spalle di Seiya con un
braccio per recargli conforto:
"Non
prendertela fratellino, adesso usciamo a comprarne dell'altro!"