- CAPITOLO 6 -
Un suono si intrufolò tra gli incubi notturni, dapprima distante, indistinto
poi riconoscibile come uno squillo che gli fece male alle orecchie. Le
palpebre di Shin si strinsero un po' di più, per un attimo, un lamento uscì
dalle sue labbra, vagava in una nebbia indefinita e non capiva dove si
trovasse.
Quando riuscì ad aprire gli occhi, ancora quel trillo terribile a dargli il
tormento, la sua vista risultò offuscata, brividi scuotevano il suo corpo,
ma cominciava, lentamente, a prendere una vaga coscienza degli eventi.
"La sveglia... è la sveglia..." cercava di suggerirgli la parte di
consapevolezza che provava a risalire fino ad un livello cosciente.
Un muoversi indistinto tra le lenzuola, dei mormorii sconnessi e una parola
che, leggera e feroce, aleggiava sopra la stanza. Un tonfo poco distante,
seguito da un'esclamazione di dolore, lo riscosse ulteriormente ma non era
convinto di non stare ancora sognando; si impose di muoversi, nonostante la
rigidità delle membra, rendendosi conto che stava davvero male. La lucidità
tornava riportandogli alla mente la notte terribile, non era certo se fosse
stato tormentato da incubi o da visioni deliranti.
"Shin, maledizione, quella sveglia è terribile!".
Si voltò, scoprendo uno Shu seduto per terra che lottava per rimettersi in
piedi.
"Shu ma... sei caduto dal letto?".
"E' quella sveglia che mi fa ammattire! Dormivo così bene ...".
"Mi dispiace" mormorò Shin contrito, senza rivelare che lui, invece, aveva
fatto sogni spaventosi, senza tregua... e ovviamente non rivelò neanche che
si sentiva così male da faticare persino a mettersi seduto.
Tra i due letti, rannicchiati come gatti alla ricerca di calore, stavano
dormendo con una certa pesantezza Seiji, Touma e Ryo: sotto il calore dello
stesso futon si erano stretti gli uni agli altri, Touma in mezzo, tenendo
lontano il freddo che quel letto di fortuna avrebbe potuto donargli.
Seiji pareva l'unico dei tre ad essere disturbato dalla sveglia per quanto,
comunque, avesse solo mosso il viso nella direzione opposta, affondando nel
collo di Touma: povero Korin, la spossatezza aveva minato anche i suoi orari
mattutini.
Shin sorrise debolmente a quella vista e sperò che i giorni seguenti il
sonno di tutti quanti potesse portare tali visi ad espressioni calme e
rilassate, tranquille, come quelle dei bambini. Quel quadretto era, in tutto
e per tutto, qualcosa di teneramente infantile: la sua mano scese e vagò
leggera sui tre capi che continuarono, imperterriti, il profondo sonno.
Shin lottò per sollevarsi, scivolare verso il fondo del letto e posare i
piedi a terra senza disturbarli ulteriormente; raggiunse l'infernale sveglia
con l'intento di farla tacere, ma l'oggetto scivolò via dalle sue mani
malferme. La raccolse e, questa volta, riuscì a zittirla poi, traballante,
raggiunse Kongo che intanto si era arrampicato sulle coperte, il viso
affondato nel cuscino, si chinò e gli accarezzò la nuca, sfiorandolo con un
bacio, ma senza accentuare troppo il contatto: non se lo sarebbe mai
perdonato se gli avesse passato l'influenza.
"Puoi dormire ancora un po', è presto, scendo a preparare la colazione, ti
richiamo tra mezz'ora".
"Mi sa che sono troppo agitato per dormire ancora" borbottò il samurai della
terra, la voce soffocata dal cuscino, cupa, insonnolita.
Shin ridacchiò:
"Non mi sembra proprio".
E infatti non ottenne più alcuna risposta; Shu era già ripiombato tra le
braccia di Morfeo. Suiko gli rivolse un'occhiata intenerita e mormorò:
"La mia scimmietta è davvero priva di forze".
Scosso da brividi sempre più forti, si strinse le braccia al petto, nel vano
tentativo di riscaldarsi e, nonostante si sentisse gelato, rivoli di sudore
correvano lungo il suo corpo; venne assalito da capogiri così forti che a
stento si reggeva in piedi. Muovendosi a fatica, afferrò una vestaglia da
unire al pigiama pesante che indossava, ma non gli diede molto sollievo e,
temendo di disturbare o, peggio, di allarmare i ragazzi, sgusciò fuori dalla
stanza facendo attenzione a non svegliarli.
La casa giaceva nel silenzio, una sola presenza si era rivelata più
mattiniera di lui; Byakuen si alzò a sedere dal posto che aveva occupato
fino a qualche secondo prima, davanti alla porta della loro camera. Il
ragazzo gli sorrise:
"Buongiorno... mi anticipi sempre, eh?".
Il felino gli si accostò, si sollevò sulle zampe posteriori e gli posò
quelle anteriori sulle spalle, spingendolo contro il muro; Shin non era
certo se volesse dargli conforto o rimproverarlo... forse entrambe le cose,
dopotutto. Infatti, Byakuen digrignò i denti e lo apostrofò con un ringhio
sordo che, senza conoscerlo, aveva sicuramente l'intento di terrorizzare.
"Sei... arrabbiato con me?".
La tigre reclinò il capo lateralmente, lo scrutò, quindi gli passò la lingua
sul viso, strappandogli una risatina che il ragazzo accompagnò con un
abbraccio ed un affondare del volto nel pelo morbido:
"Hai ragione, sai Byakuen? Mi sto comportando da incosciente, credo di stare
piuttosto male in effetti... ma non lo credevo... davvero... Credevo di
essere più forte, con tutta l'esperienza che ho alle spalle e invece... il
mio corpo è così vulnerabile?".
Un'altra leccata e un sospiro felino poi, mentre la tigre si riabbassava,
Shin barcollò così violentemente che Byakuen gli si posizionò davanti, per
arginare ogni possibile caduta, unendo il gesto ad un nuovo ruggito di
rimprovero. Il giovane Mori si portò una mano alla fronte, la testa pulsava
con violenza e la sentiva pesante... insopportabilmente pesante.
"Ancora oggi" mormorò, con voce sofferente, senza sapere se stava parlando
più a se stesso o alla tigre. "Il tempo che loro tornino dagli esami... poi
mi prenderò una pausa... lo prometto... ancora qualche ora e poi...".
Lasciò ricadere la mano, il respiro affrettato, la mente decisamente poco
lucida:
"Basta... che non si preoccupino troppo... e che non si arrabbino...".
D'improvviso, alle sue spalle, la porta della camera si riaprì e ne uscì,
flemmatico, Seiji.
"Shin... Byakuen... buongiorno".
Shin sussultò a quella voce e lottò per ricomporsi meglio che poteva, ma era
consapevole che lo sguardo indagatore di Seiji aveva già adocchiato il suo
atteggiamento bizzarro... e probabilmente anche il suo aspetto terribile.
"Sei già sveglio?" gli sorrise, ostentando un'allegria che risultò fin
troppo forzata "E' presto, potevi restare a letto ancora un po'".
"E tu no, invece?" brontolò severamente Korin.
Non seppe cosa rispondere, era l'abitudine, giusto? Lui solitamente si
alzava prima che poteva per preparare la colazione a tutti e perché era l
unico con l'obbligo di uscire per frequentare le lezioni universitarie. I
suoi compagni stavano a casa a studiare sodo per gli esami, quindi per lui
era normale lasciare la colazione a disposizione di tutti prima di andarsene
"Sono... abituato... vado in università tutti i giorni" mormorò infine,
incerto.
"E ne approfitti per farci trovare tutto pronto".
"Be'... non mi costa nulla...".
"Shiiin...".
Richiamo insinuante di Seiji e brontolio di Byakuen... il samurai dell'acqua
sbuffò, non bastava averne uno alle costole?
"Svegliarsi sempre un'ora prima del necessario non è una cosa da nulla mi
sembra...".
"Seiji... io... per me lo è, d'accordo?".
"Anche quando non ti reggi in piedi per la febbre?".
"Mi reggo in piedi benissimo!" sbottò Suiko, oltrepassando Byakuen, i pugni
stretti lungo i fianchi e avviandosi giù per le scale, deciso a sottrarsi
all'esame opprimente di Korin.
Si augurò con tutto se stesso che non lo seguisse ma, quando aguzzò le
orecchie, udì con sollievo chiudersi la porta del bagno. Evidentemente,
Seiji aveva deciso di porre rimedio alla trascuratezza dell'ultimo periodo
rendendosi presentabile per gli esami; ciò significava, conoscendolo, che
non avrebbe messo piede fuori dal bagno prima che uno dei compagni,
esasperato, andasse a stanarlo con l'intento di fargli rispettare i turni.
Non aveva tuttavia rinunciato a tenerlo d'occhio l'immancabile Byakuen, che
non distolse lo sguardo da lui nel corso di tutto il suo lavoro, ruggendo,
ringhiando e accorrendo al suo fianco ogni volta che l'equilibrio sembrava
venir meno o quando uno starnuto, un colpo di tosse, un brivido di febbre
scuoteva il suo corpo.
Quando ebbe finito e la colazione per tutti fu sistemata sul tavolo, Shin si
lasciò cadere su una sedia, prendendosi il volto tra le mani; Byakuen
strofinò il muso contro la sua gamba.
"Un attimo solo... e vado a chiamarli tutti... o faranno tardi per gli esami
..".
Percepiva la sua stessa voce distante, come in un limbo, soffusa, la testa
gli faceva sempre più male; una zampa di Byakuen gli raspò la stoffa dei
pantaloni del pigiama, nel momento stesso in cui il suo viso crollò nelle
braccia incrociate sul tavolo.
"Ora... ora vado...".
Rimase per qualche istante immobile, la testa che fluttuava, poi di colpo si
riscosse, consapevole che si era estraniato; non sapeva dire a se stesso se
avesse momentaneamente perso i sensi o se si fosse semplicemente
addormentato... non del tutto però. La sua mente e il suo organismo avevano
subito una sorta di semi blackout.
Si alzò velocemente per non correre il rischio che accadesse ancora, non
poteva permettere che qualcuno dei ragazzi lo trovasse così; tuttavia, il
movimento troppo veloce causò un capogiro talmente forte da costringerlo a
posare la mano sulla superficie del tavolo per non cadere a terra. Byakuen
gli afferrò la vestaglia con i denti, tanto per non correre il rischio di
vedere uno di quei cuccioli incoscienti perdere i sensi e rompersi la testa
solo per non volersi curare nel modo efficace un'influenza.
Shin lo guardò con gratitudine e un piccolo broncio infelice; non aveva
quasi la forza necessaria a posargli una mano tra le orecchie per il solito
grattino:
"Mi dispiace, sai? Credo che, alla fin fine, sia tu il più maturo e
responsabile in casa".
Ringhietto di consenso che lo fece sospirare ancora ed assumere un
espressione ancor più contrita:
"Io invece non sembro molto maturo, vero? E' questo che stai pensando?".
La tigre lasciò il lembo della vestaglia e gli lambì la mano con la sua
lingua calda.
"Non cercare di indorare la pillola, Byakuen, hai ragione a considerarmi un
bambino sciocco, non è che io abbia una tanto più alta considerazione di me
stesso".
E, lasciando Byakuen ad osservarlo con sguardo colmo di triste tenerezza,
barcollò verso il piano superiore, preparandosi a tirare i compagni fuori
dai loro letti. Immaginava che avrebbe dovuto ricordare a Touma che, almeno
per sostenere l'esame, gli sarebbe stato necessario presentarsi, o il
ragazzo del Kansai era perfettamente in grado di convincersi che i suoi
esami si sarebbero svolti da soli.
Byakuen
Far parte di una famiglia ti può condurre anche all'annullamento di tutti i
tuoi bisogni.
Ko-Shin è l'esempio perfetto di questa frase: non troverete ragazzo più
tenero, più volitivo, più generoso... ma anche terribilmente testardo. Mette
l'amore che prova per i cuccioli davanti ad ogni cosa: al proprio tempo, al
sonno, alla salute stessa.
È come una mamma... quando le mamme allattano i loro cuccioli non si muovono
per giorni dal loro fianco e se lo fanno è solo per un pasto frugale. Poi
curano, coccolano, nutrono e proteggono la loro prole senza badare alla
propria salvezza... anzi, in caso di pericolo, compiono grandi sforzi per
ritrovare una tana sicura.
Shin è come una mamma per tutti noi... anche se io non sono più un cucciolo,
godo delle sue attenzioni come i cuccioli... i cuccioli, perché sono
cuccioli umani, richiedono più tempo ed energie – e anche tanta pazienza –
ma, in questi giorni, loro si sono comportati come i cuccioli che la madre
deve proteggere in ogni modo e ad ogni costo.
Ma i cuccioli, questi cuccioli, così cuccioli non sono.
Ma per il loro bene Ko-Shin li ha trattati come se ancora lo fossero.
Adorabile Ko-Shin.
Testardo e adorabile cucciolo che, ancora cocciutamente, vuol continuare
nella propria opera di mamma. I cuccioli verranno a raccoglierti e allora
capiranno, davvero, cosa una mamma come te ha sacrificato. E cosa meriti,
ora, da ognuno di loro.
***
Non sapeva come ma c'era riuscito, senza neanche troppi intoppi: svegliarli
uno ad uno, nutrirli, cacciarli fuori di casa in tempo, lasciarli davanti al
complesso universitario senza dimenticare un bacio sulla guancia ciascuno,
un incoraggiamento, un sorriso... la promessa di incontrarsi nel parco a
esami conclusi perché lui voleva assolutamente avere notizie il prima
possibile e infine prepararsi ad una giornata infinita di corsi, sperando
che le sue condizioni fisiche non lo tradissero.
Le prime ore passarono abbastanza tranquille, se si concentrava riusciva a
mantenere, sul suo corpo sofferente, un autocontrollo sufficiente a non
crollare, nonostante più di un compagno si fosse avvicinato a lui per
accertarsi della sua salute; aveva un aspetto così malandato? Eppure i suoi
nakama sembravano non essersi accorti di nulla, ad esclusione di Seiji e
Byakuen
La testa gli faceva male e gli girava, ma i medicinali lo aiutarono a tirare
avanti fino all'ultima lezione del mattino, Oceanologia, che di solito
riusciva a seguire senza troppi problemi. Ma la febbre era un ostacolo
ostico anche di fronte agli argomenti più interessanti; la testa riprese a
pulsare selvaggiamente, la voce del professore divenne un suono distorto e
lontano, così come la sua sagoma che ondeggiava, insieme ai contorni dell
aula e dei compagni, di fronte alla sua vista annebbiata. I brividi di
freddo ed il sudore tornarono in tutta la loro prepotenza. Udì una voce
vicina:
"Mori-kun, stai male? Perché tremi così?".
Sentì se stesso rispondere un vago:
"Tutto bene, credo di avere solo un po' di febbre...".
Poi qualcun altro lo chiamò, forse anche il professore:
"Mori-san?".
"Ma si è addormentato?".
"Non è sonno, ha perso i sensi".
"Ragazzi, qualcuno lo accompagni subito in infermeria!".
Sempre più soffuse, sempre più indistinte, tra esse galleggiava come nell
acqua... ma non era bello come in acqua... in acqua stava bene...
Le sue labbra forse si aprirono, forse sussurrarono qualcosa:
"E'... tutto a posto... non ditelo ai ragazzi...".
Poi più nulla... voleva dormire... aveva un tale bisogno di dormire...
***
Non poteva crederci... a tutto... aveva risposto a tutto e, a giudicare dai
confronti fatti successivamente con i compagni di sventura, se aveva
sbagliato qualcosa era proprio poco.
Quando mise piede fuori dall'edificio, i suoi occhi erano sgranati, a palla,
era consapevole di somigliare più ad uno zombie che ad un ragazzo di
diciotto anni solitamente pieno di energia. Sollevò gli occhi al cielo,
accecandosi con il sole, finalmente spuntato.
"Ma come avrà fatto, Shin, ad affrontare gli esami quando ci era richiesta
la piena concentrazione come Samurai Troopers?".
Sorrise... il primo sorriso veramente intenso da troppi giorni e non era
dovuto al fatto che gli esami fossero andati alla grande... ma perché,
finalmente, aveva rivolto il proprio pensiero a Shin, un pensiero che
tornava a campeggiare nella sua mente al di sopra di ogni altra cosa.
"La tua stolta scimmietta si farà perdonare, koi, te lo prometto".
Il sorriso scomparve, non sapeva spiegarsi perché, nel momento in cui gli
tornarono alla memoria le ultime immagini di Shin, immagini vaghe, rese
indistinte dalla sua poca partecipazione a tutto ciò che lo circondava...
Shin che lo salutava dolcemente al mattino, che gli dava un bacio per
augurargli buona fortuna... Shin che aveva una strana luce negli occhi, un
aspetto sofferente sotto al suo onnipresente sorriso.
Forse... forse Shin non stava bene?
"E io... io non me ne sono accorto?" mormorarono le sue labbra.
"SHUUU!".
Sussultò, poi corse allegramente incontro ai due ragazzi che saltellavano
verso di lui agitando freneticamente le braccia.
"Allora, com'è andata?" lo interrogò Ryo, assalendolo con il suo caloroso
abbraccio.
"Benone direi e tu? Mi sembri in forma!".
"Stranamente credo di non aver fatto eccessivi danni!" Rekka indicò il
ragazzo al suo fianco. "Ho chiesto rassicurazioni a Touma riguardo a molte
risposte e... mi ha detto che erano giuste...".
"Secondo me è andato bene" ghignò il samurai dell'aria.
"E tu? Neanche da chiedertelo, vero?" lo apostrofò Kongo dandogli un
pugnetto affettuoso sul braccio.
"Oh, non si può mai sapere" cantilenò Touma, intrecciando le mani dietro la
nuca e sollevando gli occhi al cielo.
"Risparmiaci i tuoi dubbi pseudo-amletici, Touma...".
Alle loro spalle giunse Seiji, con passo rilassato.
"Pseudo-amletici?".
"Perché sono infondati piccolo panda".
"E poi non sei nemmeno bravo a recitare!" aggiunse Ryo con una risatina.
"Grazie tante eh...".
"Shin non dovrebbe essere già qui?".
Tre paia d'occhi si puntarono su Shu, prima di scambiarsi sguardi
significativi.
"Sei tornato a parlare di lui Shu...".
"E anche a pensarlo...".
"Io penso sempre a Shin!".
"Ammettilo scimmietta... negli ultimi giorni c'era qualcun altro nei tuoi
pensieri..." punzecchiò con un sorrisetto Touma.
"Quello è un fantasma, non qualcuno!".
"Sicuro!".
"Però... lui... lui sembrava... strano...".
"Shin?" chiesero in coretto Touma e Ryo.
"Il nostro pesciolino è un po' influenzato..." pronunciò infine Seiji, gli
occhi puntati sul sole ancora pallido: il vento era talmente freddo che il
calore nemmeno riusciva a posarsi sulla terra, c'era ancora odore di neve
nell'aria.
"Influenzato? E tu come lo sai?".
Tutto d'un tratto tre paia di occhi lo stavano guardando con grande ansia:
Shu e Ryo, in particolare, sembravano sul punto di saltare al collo di Seiji
per averli tenuti all'oscuro.
"Lui voleva tenercelo nascosto, sapete..." e le iridi violette si spostarono
su Kongo e Rekka. "Proprio perché, conoscendovi, avreste fatto un tale
casino che avreste trascurato gli studi. In realtà l'avremmo fatto tutti..."
Gli occhi si socchiusero alla vista dell'aria deprimente che si era posata
sui due ragazzi. "Ovviamente sono mie considerazioni".
"Effettivamente non siamo stati di grande aiuto in questi giorni..."
aggiunse Touma con aria meditabonda. "Cucinava, rassettava e ci sopportava,
soprattutto. Il tutto continuando a frequentare i corsi...".
Seiji sospirò, per una volta d'accordo con le osservazioni schiette ma
veritiere di Tenku.
"Dato che non si fa vedere, potremmo andare a prenderlo noi".
"Non me lo faccio ripetere due volte!" esclamò Shu, le guance gonfie di
irritazione e nervosismo: i suoi passi veloci lo portarono a sfrecciare
nuovamente nel cortile dell'Università, Ryo subito dietro, Touma e Seiji con
passi più calmi ma non meno preoccupati.
"Dici che era influenzato...?" chiese Touma con una punta di sospetto.
"Direi febbricitante, almeno stamane" rispose Seiji con un sospiro.
"Lo immaginavo".
"Davvero?".
"Dal tuo sguardo non era una semplice influenza. Ma sei stato cauto per quei
due".
Seiji guardò per un attimo il compagno, sorrise, poi guardò verso le schiene
esagitate dei due ragazzi più avanti: si stavano addentrando nell'ala di
biologia dell'università, ignorando tutto quello che li circondava.
"Credo di aver fatto bene".
"Non credere. Hai fatto bene, davvero".
Entrarono anche loro all'interno dell'ala, un brusio leggero di voci in
sottofondo, un corridoio lungo e luminoso, visi sorridenti.
"RAGAZZIIIIIIIIIII!!!" le voci in coro di Shu e Ryo fecero sobbalzare Seiji
e Touma che, con un sospiro, alzarono degli sguardi condiscendenti verso i
due.
D'un tratto la furia di Rekka li travolse e i due si ritrovarono, in pochi
secondi, a correre per i corridoi verso un punto non ben definito trascinati
dal tigrotto.
Si fermarono solo quando raggiunsero un'ala più tranquilla, quasi priva di
persone: una porta bianca su muro bianco, l'insegna dell'infermeria.
Ryo, finalmente, si voltò verso di loro con quegli occhi e quell'aria e
quell'espressione che...
"Shin è svenuto! È distrutto! È... è... non ha retto la lezione e... e...".
La voce era quasi rotta dal pianto, testardamente trattenuto negli occhi blu
ma si vedeva quanto fosse difficile per lui controllarsi.
Seiji sospirò, si era aspettato quel risvolto negli eventi, poi mise una
mano sulla spalla di Ryo e sussurrò alcune parole:
"Shin-chan era solo molto stanco... e ora ha un po' di febbre. Ma starà bene
Ryo...".
"Ma... è... è colpa...".
La mano di Touma scese sulla bocca del ragazzo, prima che se ne uscisse con
una delle sue affermazioni un po' paranoiche.
"Ryo, entriamo..." e se lo trascinò dentro la stanza, seguito da Seiji, le
mani affondate in tasca.
La camera bianca giaceva in un tepore tenero, accogliente: vi erano quattro
letti, due su ogni lato della stanza, alla cui estrema sinistra accoglieva l
angolo del medico della facoltà che, al momento, stava scribacchiando
qualcosa al proprio tavolo: alla loro entrata si voltò a salutarli ma non ci
fecero molto caso quando, davanti ai loro occhi, comparve il letto occupato
da Shin e la figura di Shu silenziosamente poggiato ad esso con un
espressione perduta e dolente. Shin era pallido e stanco, sul volto era
dipinta un'espressione un poco sofferente e sulla fronte brillavano piccole
gocce di sudore: ora che lo guardavano un poco meglio, un poco più svegli e
attenti, poterono notare anche il leggero dimagrimento del ragazzo, il polso
sfuggito alle lenzuola, che sembrava tanto sottile da potersi spezzare
sotto il semplice tocco di una mano.
Shu, chino su di lui, non parlava, a malapena si sentiva il suo respiro: gli
occhi erano pieni di Shin e, così pieni, sembrava volessero scoppiare di
amarezza e sensi di colpa. Era sull'orlo di una tempesta di lacrime.
"Non dovete preoccuparvi così..." alle loro spalle giunse la voce del medico
a rassicurarli. "Mori-kun è forte, è solo molto stanco. Gli ho dato qualcosa
per calmare la febbre. Dovete farlo dormire e riposare più che potete...".
L'uomo si avvicinò al letto, la figura imponente e anziana fu l'unica cosa
che distrasse i ragazzi dal loro principale interesse: aveva un'aria un poco
arcigna, ma dava l'idea di sapere il fatto suo.
"Dottore, lei crede che..." Ryo, sfuggito alla presa di Touma, si avvicinò
con fare a mezza via tra il preoccupato e l'agguerrito, come se non si
fidasse completamente dell'uomo.
"Ragazzino, Mori-kun è solo bisognoso di un po' di cure e attenzioni. Fra
qualche giorno sarà di nuovo in piedi a zompettare per tutto il
dipartimento!".
"Zompettare?" chiese dubbioso Seiji, come se non concepisse un tale
linguaggio da un adulto. "Questo ragazzo è un continuo spostarsi tra classi
e professori: è disponibile e interessato, brillante e gentile. Qui dentro
lo conoscono tutti".
Quattro paia di occhi si scambiarono sguardi silenziosi di sorpresa e
ammirazione assieme: era Shin, il loro Shin anche lì. E perché mai stupirsi?
Forse, anzi, erano un poco gelosi di quel lato a loro sconosciuto.
"Voi siete i suoi nakama, vero?".
I ragazzi strabuzzarono gli occhi e fu solo Touma, con un impeto di gelosia,
a rispondere per tutti loro.
"Certo che siamo i suoi nakama, noi".
Un sorrisetto condiscendente si disegnò sui contorni dell'uomo, mentre li
abbandonava nell'infermeria scusandosi per un caffè.
"Che tipo" mugugnò Touma.
"Come sta, Shu?".
Il riccio capo nero tornò a fissare la figura addormentata di Shin, una mano
salì sul viso ad accarezzarlo e il volto pallido tremò al tocco della pelle
fresca di Shu.
Lentamente, gli occhi di Shin fluttuarono aperti su di lui e Kongo, teso
verso il compagno, lasciò andare un sospiro simile a un rantolo mentre si
immergeva in quelle due profondità verdi-azzurre.
"Shin...?" il sussurro di Shu fece sbattere gli occhi di Shin un paio di
volte, prima che il ragazzo li spalancasse con una certa ansia su di loro.
"Shin, come stai?".
"Shin-chan, mi dispiace!".
"Ryo...".
Un sospiro e Seiji mise a tacere con uno sguardo Touma e Ryo che si erano
arrogati il lato opposto del letto, uno che cercava di trattenere l'altro
dal saltare al collo di Shin.
"Shin... allora, come stai?".
Il capo del malato si scosse, come a voler fare chiarezza nella propria
testa obnubilata dalla febbre.
"Cosa ci fate qui? E... gli esami?!".
L'agitazione avrebbe avuto la meglio su di lui se Shu non l'avesse respinto
dolcemente sul cuscino, posando un leggero bacio sulla fronte.
"Tutto bene Shin. Li abbiamo fatti... e sembra sia andato tutto bene. A
tutti".
Shu cercò di abbozzare un sorriso da accompagnare a quelle parole, ma ne
uscì una smorfia e si dovette trattenere dal mettersi a piangere.
"Davvero?".
Il sorriso che nacque sulle labbra di Suiko rasserenò per un momento i
quattro ragazzi, prima che di nuovo si scatenassero in uno sproloquio di
frasi frustrate e recriminazioni e, ancora una volta, sensi di colpa.
"Shin, perché l'hai fatto?".
"Dovevi dircelo che eri stanco! Hai esagerato con noi!".
"Sei troppo buono con noi...".
"Siamo stati dei bastardi!".
"Seiji dice che non ce lo volevi dire perché temevi che... noi... ci
preoccupassimo e che..." gli occhi di Shu il quale, con il suo sussurro,
aveva messo fine alla valanga di voci, si annebbiarono di lacrime e non
riuscì a fugarne una che scivolò lentamente fino al collo.
Shin, stordito anche da tutte quelle parole, riuscì solo ad alzare una mano
verso la guancia di Shu e ad accarezzarlo.
"Mi spiace avervi fatto preoccupare..." richiuse gli occhi, respirando a
fondo. "Ma ora... ora va... tutto bene".
"Shin, sei un testone. Più di Touma e Ryo messi assieme. Non minimizzare
sulle tue condizioni...". Giunse infine la voce della ragione, Seiji. Sembrò
voler fulminare con lo sguardo Shin che aveva riaperto gli occhi,
imbarazzato e troppo stanco per ribattere. Però non fulminò e non recriminò
oltre.
"Ma noi siamo i principali colpevoli della tua situazione... gli esami erano
duri, ma abbiamo approfittato della tua gentilezza e della tua totale
disponibilità".
"Seiji... io... non...".
"No, koi! Non azzardarti a negare... io in particolare sono stato un
bastardo insensibile. Quasi non ti parlavo più... e ti ho trattato come...".
"Come un gorilla invece che una tenera scimmietta..." se ne uscì Touma dal
suo angolo. Shu lo guardò ma non poté fare a meno di annuire.
"E poi ci hai viziati... e coccolati... e hai soddisfatto i nostri... i
nostri..." Ryo si ritrovò a corto di parole, mentre gli occhi non riuscivano
ad abbandonare il pallore del viso di Shin.
"...i nostri capricci, già" finì la frase, nuovamente, Touma.
Poi, d'un tratto, alle loro spalle giunse un'altra presenza che, con un
sonoro sbuffo si annunciò.
"Se avete finito con le vostre confessioni, allora potete anche portarlo a
casa".
Il dottore, bicchiere fumante in mano, guardava dal suo angolo l'intera
scena, un sorriso ironico sulle labbra.
"Ma... è gelato fuori e...".
Un gesto imperioso mise fine al discorso di Ryo che guardò l'uomo con aria
agguerrita e testarda.
"Fra dieci minuti posso riportarlo a casa io in auto. Oh, e anche qualcuno
di voi se volete".
I quattro ragazzi si guardarono l'un l'altro stupiti e intimiditi, poi fu
Shu a parlare:
"Sarebbe davvero gentile da parte sua, dottore...".
L'uomo abbassò il capo sorridendo e tornò al proprio lavoro d'ufficio.
"Poche formalità, in fondo è mio dovere di medico".
***
Ryo e Touma furono i primi ad arrivare, usciti in anticipo per sistemare la
camera di Shin e 'prendersi cura della casa' come avevano sentenziato
uscendo dalla facoltà. Seiji li guardò stranito, quasi preoccupato, Shu
sospirò non perdendo di vista il suo malato che, in uno stato di dormiveglia
percepiva ogni cosa come in uno strano sogno.
Poi, quando fu il momento di uscire, Shin insistette per camminare sulle
proprie gambe e dovette intraprendere una lotta intestina con Shu e Seiji
per questo finendo, comunque, per essere portato alla macchina aggrappato
alle spalle di Shu. Il viaggio fino a casa fu relativamente breve, la neve
sulle strade era quasi inesistente ed era ancora presto perché il traffico
potesse dar fastidio ai viaggiatori.
Giunti davanti a casa, Shu si affrettò a portare al caldo Shin, mentre Seiji
ringraziava il dottore.
"Prendetevi cura di lui più di quanto lui non abbia fatto con sé in questi
giorni. Immagino glielo dobbiate" un sorrisetto sornione adornò ancora il
viso dell'uomo.
"Lo faremo... dottor?".
"Shibata".
"Grazie dottor Shibata".
Con una sgommata improvvisa che lasciò stranito Seiji, la macchina partì
portandosi via in pochi secondi il dottore dalla lingua lunga e dallo
sguardo profondo: che il loro rapporto fosse così chiaro agli occhi anche di
uno sconosciuto lo metteva, senz'ombra di dubbio, un poco a disagio.
Con un sospiro, però, il ragazzo si lasciò alle spalle anche quel pensiero
ed entrò in casa.
Quando aprì la porta, la prima cosa che sentì fu la voce di Shu che parlava
tra sé con aria seccata.
"Non ci credo... proprio...".
"Che succede, Shu?".
Il ragazzo interpellato stava scendendo le scale – evidentemente aveva
appena messo a letto Shin – e aveva un'espressione quasi disgustata sul viso
"Succede che faccio davvero schifo".
"Prego?!".
"La mia parte di camera è oscena ... non ho scuse per averla ridotta a quel
modo".
Ai piedi delle scale, Shu aveva l'aria contrita di un cagnolino che ne ha
combinata una delle sue.
"E ora che Shin non sta bene non posso nemmeno fargliela trovare pulita
perché finirei per disturbare il suo sonno e non voglio. Mi sento inutile...
.
Seiji riuscì a malapena a trattenere un sorriso, perché Shu era realmente
affranto, anche se la questione non era poi così importante come gli
appariva ora.
"Allora andiamo a preparargli qualcosa da mangiare...".
Shu scosse la testa, accorgendosi solo allora di un certo profumo che
proveniva dalla cucina.
"Saranno i ragazzi ...?".
"Ma Ryo e Touma sanno cucinare?".
Seiji alzò le spalle, uno sguardo incerto.
"Vivendo da soli ... immagino che qualcosa abbiano imparato".
"Lo spero. Altrimenti Shin si ritrova anche con la cucina disastrata".
Dall'altra parte della cucina, cominciarono a sentire la voce concitata di
Touma che parlava, apparentemente, con nessuno.
"E quanto deve bollire? Mmh ... e ... aspetta ... il sale quanto dicevi?".
Ci fu un eloquente scambio di sguardi tra Seiji e Shu, prima che varcassero
dubbiosi la soglia: Touma, un buffo grembiule di Shin stretto ai fianchi,
stringeva tra la spalla e la guancia il portatile di casa e teneva in mano
un cucchiaio e una busta di preparato di miso.
"Ne sei certa ... certo che dubito ... no, papà non era meglio di te ai
fornelli ... ma no è che-".
Lo sguardo di cobalto ricadde sui due nuovi arrivati e il viso del ragazzo
si scompose in un'espressione a dir poco imbarazzata.
"No, mamma ... ok, chiedo a Shu, è qui. Sì, te lo saluto ... e anche i
ragazzi ... sì ... e ti faccio sapere per Shin. Ok, ciao".
Il click della cornetta mise fine all'aria di trattenuta serietà di Seiji
che dovette nascondere la risata che proruppe da lui dietro a una mano. Shu
recuperò un po' di vivacità e di sorriso a quella visione in grembiule, ma
fu più lesto nel rubare gli attrezzi del mestiere a Touma.
"Cosa volevi preparare?".
"Zuppa di miso?".
"Un cuoco di prim'ordine!".
"Scusa tanto, genio dei fornelli. Ma voi tardavate e volevo far trovare
qualcosa di pronto per Shin".
Seiji arrivò da dietro a scompigliargli i capelli, poi scrutò lo stato della
cucina, tutto ancora intatto.
"Tou, Ryo dov'è?".
"E' andato a fare la spesa".
"Ryo?!" esclamarono i due compagni guardandosi allibiti.
Dietro di loro giunse il lungo suono di uno sbadiglio: Byakuen, svegliato
dalle loro parole, alzò il muso con aria incuriosita e si guardò attorno.
"No, Byakuen..." sospirò Touma. "Ryo non è ancora tornato... spero riesca
nell'impresa...".
Lo sbuffo che Byakuen diede in risposta sembrò quasi una risata mal celata:
Seiji e Shu, però, non sembravano della stessa idea.
"Ryo è andato a fare spesa?".
"Tou, vedo comunque più te a fare spesa di Ryo!".
"Grazie Shu... lo devo intendere come un complimento?".
"Ammettilo Touma, non sei pratico in queste cose... ma te la sai cavare
meglio di Ryo".
"Ma dovete stressare me? E Shin come sta?".
Shu si diede uno scossone, diede poche ma precise direttive a Touma sulla
cucina e filò poi al piano superiore.
I due rimasti si guardarono un momento in silenzio, prima che Seiji
riaprisse bocca.
"Allora mi occupo io di risistemare le camere".
"Io finisco con questa...".
"Non bruciare nulla".
"E tu non rompere nulla".
"Io non sono Shu".
"E io non sono Ryo, quindi...".
Seiji si richiuse la porta dietro le spalle e risalì al primo piano, dove
trascorse il resto della giornata: lasciò che Shu coccolasse Shin e fece la
sua parte di lavori, rimanendo allibito dal disordine di Ryo ma, ancora più,
dal proprio.
A piano terra, Ryo era rientrato dopo un'ora, carico di cose richieste e
molte, troppe cose che Touma si chiedeva come fossero finite dentro i
sacchetti.
"Cosa ce ne facciamo di uno smacchiatore per macchie impossibili?".
"Aiuterà Shin quando deve lavare i vestiti".
"Non siamo dei bambini che si versano addosso di tutto".
"Ma almeno, se servirà, l'avrà a portata di mano".
Touma sbuffò, prima di aprire un altro sacchetto e sobbalzare sorpreso.
"Dove la mettiamo tutta questa?".
"Era in offerta. E a Shin piace tantissimo...".
"Ma è una fornitura per un anno!".
"Ma non andrà a male...".
L'aria innocente di Ryo fece morire ogni replica in Touma: però, una
quantità simile di cioccolata non era normale. Quando ebbero sistemato la
spesa e la zuppa di miso sembrò aver miracolosamente finito per cucinarsi,
Ryo cominciò a muoversi nervosamente per la stanza.
Al che Touma, per la disperazione, gli rifilò un vassoio con una ciotola di
miso coperta, un piattino con alcuni pezzi di cioccolata e un bicchiere d
acqua.
"Ryo, mi raccomando..." lo schernì Tenku osservando la rigidità nei
movimenti del ragazzo.
"Non fare l'ansioso, arrivo fino alla camera senza fare danni".
Il ragazzo del Kansai aspettò che Rekka fosse in cima alle scale per
scoppiare in una risata: beccarsi lui dell'ansioso, proprio…
***
Una mano sulla fronte calda, l'altra sulla guancia arrossata, Shu
contemplava il viso stanco ma rilassato che dormiva senza fare alcun rumore.
Sembrava un neonato al sicuro della propria culla, il viso sgombro di
preoccupazioni – per una volta, almeno quella volta – forse cacciate dai
fumi della febbre, forse dalle preoccupazioni per i loro esami, ormai
crollate. Avrebbe voluto vederlo sempre così, anche se la febbre un po' lo
preoccupava: certo, razionalmente parlando, era una semplice febbre, ma ...
Accidenti a lui, era anche colpa sua ... doveva sempre controllare che Shin
non esagerasse con se stesso. Perchè non aveva mai mezze misure ... se si
dava a qualcosa o qualcuno, allora era uno slancio che sembrava più simile a
una caduta libera in uno strapiombo.
E la sua salute? La sua protezione?
Una mano abbandonò la guancia ed andò a sorreggere il suo viso, l'altra andò
ad accarezzare le ciocche rossastre e scompigliate: quella frangetta da
ragazzino che su di lui era così buffa e perfetta. Una volta l'aveva preso
in giro e Shin aveva gonfiato le guance in esasperazione: era estremamente
carino quando abbandonava quel ruolo autoimposto di adulto responsabile e si
lasciava andare a quelle uscite da semplice ragazzo.
Se l'avesse fatto anche nei giorni precedenti, in quel momento sarebbe stato
bene e molto più in forma di loro.
Eppure ...
Eppure Shu sapeva, anche senza pensarci, che non l'avrebbe comunque mai
fatto. Perchè non era questione di comportarsi da adulti, di fare il
responsabile o qualche altra sciocchezza.
Shin era Shin.
E Shin era questo.
Era aiutare, seguire, amare, sopportare, sorridere e appoggiare.
E non era solo una questione dei giorni precedenti.
Era qualcosa che riguardava il sempre e il dovunque.
Il cuore gli si strinse e si ritrovò a baciarlo, delicatamente, senza quasi
rendersene conto.
"Scusami koi... scusa..." mormorò a fior di labbra, prima di ritrarsi al
rumore della porta che si apriva.
Era Ryo che portava un vassoio con sé.
"Come sta?" sussurrò il ragazzo con aria intimidita e preoccupata assieme.
"Dorme... è caldo, ma meno di prima. La medicina deve avergli fatto effetto.
. stasera prenderà un'altra pastiglia, per essere sicuri".
"Sei sicuro Shu?" gli occhi blu di Ryo saettarono da lui a Shin e Shu
dovette prendergli di mano il vassoio, prima che ne rovesciasse il contenuto
per il tremore.
"Ne sono sicuro Ryo, davvero..." e, così dicendo, gli prese un braccio e lo
trascinò a sedersi con lui sul proprio letto. Poi, una mano andò a
scompigliargli i capelli. "Sono preoccupato anche io... ma, dobbiamo
ammettere che, fortunatamente, è solo febbre. E la medicina del dottore
funziona benone".
Ryo scosse la testa, senza staccare gli occhi da Shin.
"Non dovevo farlo uscire quel giorno...".
"Quando?".
"Quando nevicava così tanto... e lui è andato fuori a far la spesa, senza
pensare al freddo che faceva".
"E' proprio da lui...".
"E lui che diceva che la neve è sempre acqua...".
"Già, proprio da lui...".
"Ed è tornato con un sorriso sulla bocca e..." Ryo richiuse la bocca e alzò
gli occhi verso Shu. "E anche quello è da lui...".
Shu gli rispose con un sorriso un po' malinconico, prima di gettare un
occhiata al cibo che era stato portato. Sorrise alla coppa fumante di miso,
ma quando giunse al piattino strabuzzò gli occhi.
"Touma ha messo la cioccolata?".
"No, sono stato io. Shin avrà bisogno di energia".
Gli occhi scuri di Shu presero un tono di rimprovero mentre affondavano in
quelli brillanti del compagno.
"La cioccolata a un febbricitante?!".
Il tono di voce era alto, ma Shu non si rese conto del proprio errore.
"Ma la cioccolata fa bene... dà energia e anche buon umore!".
"La cioccolata gli farebbe alzare la febbre!".
"E come potrebbe?!".
Shu scosse la testa, già sconfitto dall'ingenuità esasperante del ragazzo:
prese un pezzo di cioccolata, lo ficcò in bocca a Ryo e pensò, invece, a
svegliare Shin.
Il ragazzo aprì gli occhi a fatica, lamentando il sonno in preda alla
stanchezza, mentre Shu si scusava e lo sistemava per dargli da mangiare.
"Shu, sono capace...".
"Lascia fare...".
"Shu... per-perché Ryo ha della cioccolata?".
"Perché..." e un sospiro – dovuto, ispirato, esasperato ma, sotto sotto,
divertito – lo scosse. "Perché ha pensato a te. Ma non alla tua febbre".
Il sorriso che nacque sulle labbra di Shin ripagò Ryo dell'errore commesso;
felice come un bambino, Rekka disse che sarebbe andato a prendere qualcosa
di più adatto e corse fuori dalla stanza.
Shu poggiò la ciotola di miso alla bocca di Shin e questi bevve senza far
storie, con uno sguardo incuriosito.
"Oh, se ti stai chiedendo chi lo abbia preparato è stato Touma. Sotto
istruzione mia e di sua madre. Miracoloso, vero?".
Shin scostò la bocca dalla ciotola e sorrise, quasi divertito.
"Touma?".
"Sì, il genio ai fornelli. Ryo è andato a fare spese e Seiji... immagino
stia sistemando le camere dal rumore".
Lo sguardo di Shin si adombrò per un momento e Shu capì immediatamente quale
strano pensiero gli stesse passando in testa.
"Facciamo la nostra parte. E non recriminare sul fatto che siamo reduci
dagli esami... se non fosse stato per te, non saremmo giunti così in forma.
Siamo stanchi, ma non siamo malati. Perché qualcuno ha pensato alla nostra
salute... invece che alla propria...".
Shin abbassò lo sguardo e stava per ribattere quando rientrò in camera Ryo
seguito da Touma e Seiji.
Stavolta, tra le mani di Ryo, una ciotola di riso bianco e delle verdure
cotte al vapore.
"Ben svegliato Shin, come ti senti?" disse Seiji.
"Sono riuscito a usare anche la macchina per il riso... e senza incendiare
nulla" fece Touma con un sorriso schernitore.
Shin ricambiò quello scambio di sorrisi e se ne uscì con una frase che non
sorprese affatto gli amici:
"Mi dispiace di lasciarvi tutto...".
"Tutto da fare? Shin, mi stupisco di come tu riesca a fare tutto da solo" se
ne uscì Seiji, le braccia incrociate davanti al petto. "Siamo dei tali
disordinati... per non parlare dello sporco che facciamo".
"E parliamo della cucina!" si intromise Touma con aria quasi esasperata.
Come fai a giostrarti là dentro? Ci sono talmente tanti cassetti che mi son
quasi perso e poi... come... accidenti Shin, come fai a cucinare così?".
"Così bene, intendi?" fece Shu con un sorriso intenerito.
"Certo che intendo quello!".
"Non pensate che fare la spesa sia facile. Tutti che ti dicono di comprare i
prodotti giusti... e io non... non capisco la differenza tra la salamoia e
il sottaceto. E credo di aver comprato anche... tante cose inutili...".
I ragazzi parlavano tra loro, confrontando le loro prime esperienze, mentre
Shin, intenerito, colpito al cuore da un'ondata di immenso affetto per quei
quattro esseri straordinari, non riusciva a trattenere una risata tra le
lacrime.
Davvero, cos'era successo?
Giunse una mano sulla guancia a farlo sussultare di sorpresa e trovò gli
occhi scuri e intensi di Shu che lo ammiravano senza una parola.
Cos'era successo... c'era forse da chiederlo?
Guardava in quegli occhi pieni d'amore, percepiva la presenza calorosa dei
ragazzi, sentiva le loro parole di ammirazione e le scuse che fioccavano sul
suo capo, innocenti e sentite e sapeva... lo sapeva cos'era successo.
Shin si abbandonò al cuscino e i suoi occhi fluttuarono chiusi cullati dalle
loro voci che, intrecciate le une alle altre, sembravano suonare una
trascinante nenia piena d'amore.
Byakuen
Quando si parla di stendere un tappeto rosso sul cammino di qualcuno, s
immagina spesso di trovarci di fronte qualcuno di famoso, importante come un
re o un uomo straordinariamente potente.
Non si pensa quasi mai alle persone che, davvero, meriterebbero un
trattamento simile.
Si pensa a un merito dato da una posizione, ma mai a quello dato dai tuoi
gesti, dai tuoi pensieri, dalla tua umiltà: si attribuisce ad esso un
carattere sbagliato.
Il tappeto rosso, l'onore e il rispetto, l'amore e l'ammirazione, sono tutte
cose che, più di tutti, una persona apparentemente semplice dovrebbe
ottenere: non per una posizione, ma per un sorriso gratuito. Non per nascita
ma per una cieca generosità. Non per una corona o una medaglia, ma per l
amore che un gesto, anche semplice, compiuto ogni giorno esprime nella sua
accezione più assoluta.
Il tappeto rosso è intrecciato da fili di riconoscimento e amore, dal
ricambiare i gesti perché non si può fare altrimenti, dall'ammirazione per
un ruolo che passa quasi inosservato ma senza il quale, probabilmente,
nessuno di noi potrebbe vivere nel più giusto dei modi.
La notte è il regno dei sogni, dicono addirittura che sia il momento più
solitario ed intenso in cui ci immergiamo. Siam preda di ciò che ci tormenta
e sovrani di ciò che più amiamo, ma in solitudine.
Ma se guardo questi cinque piccoli esseri, prede di sonno e stanchezza, non
vedo cinque solitudini, ma cinque anime incapaci di abbandonarsi anche
quando la mente è dormiente.
Chi con un abbraccio, chi stringendosi una mano, ognuno di loro dormirà
forse un sonno privo di sogni o di incubi.
E le loro menti e i loro cuori saranno pieni l'uno dell'altro.