CAPITOLO 2
Shin sbuffò e
accantonò distrattamente lo strofinaccio di cui si era servito per
tirare a lucido la cucina; sorrise tra sé dandosi dello stupido, erano
ore che puliva e riordinava e si chiedeva perché lo facesse, che senso
potesse avere continuare a pulire sul pulito.
La verità? Era
nervoso, teso... e anche un po' stanco. Se solitamente i compagni non
si davano molto da fare in casa, negli ultimi tempi la situazione era
decisamente peggiorata... ma non solo per lui, in fondo, erano sotto
esame e per questo avrebbe perdonato loro qualunque cosa. Si trattava
solo di avere un po' di pazienza, avrebbe risparmiato ai ragazzi
recriminazioni e sfuriate... almeno per un po'... desiderava solo che
fossero rilassati e superassero quel momento difficile.
Per questo si
dava da fare, senza lamentarsi di nulla... e a volte sforando nel
superfluo. Quando non era occupato all'università, l'organizzazione
casalinga assorbiva il restante del suo tempo, Touma diceva spesso che
se li cercava i lavori; di solito si arrabbiava con lui a simili
osservazioni ma per una volta, a pensarci, sorrise, consapevole che
Tenku non aveva assolutamente torto. Senso del dovere portato
all'estremo? Forse o, più probabilmente, esasperato tentativo di
tenersi occupato, per non pensare troppo, come era suo solito.
Si sedette con i
gomiti sul tavolo, il volto sorretto dalle mani e puntò lo sguardo
fuori dalla finestra: candidi fiocchi scendevano ad alimentare il manto
che si stendeva come una coperta gentile lungo le strade di Tokyo.
La
contemplazione venne interrotta da un lieve rumore alle sue spalle che
lo spinse a voltarsi, per trovarsi faccia a faccia con Seiji, che
incrociò il suo sguardo un po' distrattamente. Gli sorrise, ma il
biondo non ricambiò, si era già diretto altrove, verso il frigorifero
nel quale si mise a rovistare come un'anima in pena.
Shin si alzò
frettolosamente e si portò alle sue spalle:
"Hai bisogno di
qualcosa?".
"Non credo tu
possa materializzare dal nulla qualcosa di decente da mettere sotto i
denti... qui dentro c'è il vuoto".
Il samurai
dell'acqua si morse le labbra ed arricciò il naso, assalito da un
pulsante senso di colpa: gli impegni accumulati avevano del tutto
cancellato dalla sua memoria l'urgenza della spesa, aveva completamente
dimenticato di farla.
"Mi dispiace,
tra poco esco e vedo di fare acquisti; intanto mettiti comodo, che
cerco di preparare qualcosa con quello che c'è".
Korin si strinse
nelle spalle:
"Non ti
disturbare, più che fame era un capriccio... forse una scusa per
distrarmi un attimo dai libri".
"Ma non è un
disturbo...".
"Lascia stare ho
detto".
Interrotto da
quel tono perentorio, Shin sussultò un poco; era consapevole che Seiji
non lo faceva apposta, che non ce l'aveva con lui e che era molto teso
a causa dello studio. Per lui, occuparsi del dojo di famiglia, del
kendo, si era rivelato molto più facile che non affrontare gli esami
scolastici; in alcuni momenti sembrava pentito di aver momentaneamente
abbandonato la sua vocazione di insegnante di kendo per proseguire gli
studi. Shin si chiedeva a volte se fosse davvero contento di aver
lasciato Miyagi per vivere con loro o se, per l'erede dei Date, si
fosse trattato di una scelta forzata, dettata dall'impulso a non
deluderli. Suiko leggeva facilmente nel cuore altrui, era in grado di
carpire i sentimenti dei compagni con una sola occhiata, ma con Seiji
non sempre funzionava, il suo cuore e il suo spirito continuavano,
nonostante la loro profonda unione, a rivelarsi spesso un enigma.
Il guerriero
della luce stava già per varcare la soglia della stanza, mentre Shin
cercava disperatamente il modo di superare quella tensione che
percepiva tra loro e, tra il frettoloso, il timido e l'imbarazzato,
gettò lì la prima domanda che gli venne in mente:
"Come procedono
gli studi?".
Seiji si fermò
un istante e, senza voltarsi verso di lui, fece spallucce, quindi
scomparve richiudendo la porta dietro di sé.
Uno sbuffo
esasperato si levò dalle labbra di Shin, mentre il ragazzo sollevava
una mano a scostarsi il ciuffo dalla fronte, un gesto che in lui
rivelava confusione e ansia.
"Non credevo che
la matematica fosse in grado di ottenebrare a tal punto la nostra luce".
Improvvisamente
ricordò i biscotti che aveva preparato per alleviare la pesantezza che
gravava sull'animo dei ragazzi; avrebbe potuto offrire quelli a Seiji.
Ma perché da un po' di tempo era così smemorato? Il suo fisico tanto
avvezzo a scontri e battaglie, reggeva in realtà così poco la
stanchezza? Ma, in fin dei conti, quando mai si era abituato alle
battaglie? L'organizzazione domestica era un'altra cosa, non poteva
assolutamente pesargli, anche se...
Si precipitò
verso la credenza e afferrò a colpo sicuro il barattolo nel quale li
aveva raccolti; era decisamente giunta l'ora di far visita ai compagni
con una sorpresa che, sperava, li avrebbe allietati.
Si procurò
quattro piattini, aprì il barattolo e divise equamente i biscotti,
senza conservarne nessuno per sé; in fondo lui non ne aveva bisogno,
cucinare per gli altri e sapere di aver fatto cosa gradita era molto
più gratificante che godere del proprio operato.
Uscendo dalla
cucina, il primo incontro fu con Byakuen, beatamente sdraiato sul
tappeto del soggiorno, come un pacioso gattone in cerca di calore al
riparo dal gelo invernale; la tigre sollevò il muso quando lo vide e
agitò, attenta, un orecchio. Shin ridacchiò, stava per commettere un
errore imperdonabile.
"I ragazzi non
se ne avranno a male trattandosi di te".
Si chinò davanti
al felino, prese un biscotto da ciascuno dei piattini e glieli posò
davanti al muso, suscitando una prima annusata curiosa, quindi un
gorgoglio di puro piacere, mentre Byakuen cominciava a sgranocchiare al
colmo della soddisfazione.
Il ragazzo lo
accarezzò tra le orecchie, ridacchiando ancora:
"Vedo che
gradisci, ne sono felice."
-Byakuen-
Una bella casa
si distingue per molte cose, ma le più importanti sono tre:
un'atmosfera calda, un sorriso gratuito e un delizioso piatto nello
stomaco.
Un tempo si
diceva così, ma tutt'oggi le cose non sono cambiate: la grande tana
dove ora viviamo tutti assieme si avvolge attorno a noi come una
pelliccia calda e rassicurante e anche quando rimango solo io in casa,
quando i cuccioli devono andare a scuola, la casa vibra di loro e si
avvolge attorno a me.
E quando li
guardo li vedo felici, sorridenti, distesi. Li vedo come quasi non li
ho mai visti, perché le battaglie continue e le insicurezze li
trasformavano e li rendevano tristi, spenti. Era una tristezza mista a
una sorta di felicità che era conseguenza poi del loro stare assieme.
Più del sangue,
più del destino stesso, più della stessa vita.
I cinque
cuccioli sono, ora più che mai, parte di una sola cosa. E non è una
yoroi, non è un ideale, non un nemico comune che li rende tali.
È ciò che non ha
nome.
Che ne siano
consapevoli forse, non del tutto.
Ma certe cose
giungono col tempo, a volte giungono quando il cuore aggiunge solo un
battito alle sue infinite liste: ed è quel battito a fare la differenza.
***
Il samurai
dell'acqua salì le scale con il prezioso carico tra le mani e trovò
buffo riflettere sul fatto che stava intraprendendo il medesimo
percorso affrontato da Touma; era un po' come immergersi in un'impresa,
non sbagliava Touma a pensarlo, era come dover assediare delle mura
difensive invalicabili.
Prima tappa:
Seiji... forse quella che lo metteva più a disagio... e gli dispiaceva
un sacco pensarlo... che ancora uno dei suoi amati compagni fosse in
grado di procurargli disagio. Forse si trattava, più che altro, di
timore reverenziale... estremo rispetto... era conscio della sua
superiorità.
"O forse sono
solo un fifone insicuro" borbottò tra sé, mentre si imponeva di bussare
a quella porta dietro la quale si nascondeva un drago dalla mente
impenetrabile.
Alcuni colpetti
leggeri furono sufficienti a suscitare l'attenzione di colui che
abitava la stanza.
"Avanti!".
Fredda
cortesia... forse condita da una velata seccatura.
Shin trasse un
profondo sospiro e aprì appena la porta, un sottile spiraglio, deciso a
non mostrarsi invadente:
"Posso entrare?
Sono Shin".
"Guarda che so
riconoscere la tua voce".
Non era molto
incoraggiante quel tono; forse, dopotutto, cominciava a comprendere un
poco le difficoltà di Touma.
"Allora...
posso?".
Lo vide
tendersi, indovinò che il samurai della luce avrebbe voluto urlare, ma
ovviamente non lo fece e si limitò a rispondere ancora, con
un'inclinazione un po' più tagliente:
"Ti ho per caso
detto di no?".
Suiko deglutì e
fu sul punto di scusarsi, ma si trattenne, non era certo che Seiji
avrebbe apprezzato quella sua ulteriore goffaggine, così si limitò ad
avanzare verso la figura che dava l'idea di non respirare nemmeno, il
volto chino sul libro, una matita in una mano, l'altra mano sulla
fronte, affondata nel ciuffo più disordinato del solito... decisamente
cosa non da lui e questo la diceva lunga su quale fosse il suo umore.
Shin si accostò
alla scrivania, diede una sbirciata il più discretamente possibile:
matematica... ancora...
Suiko non se la
cavava male in quella materia, certo, non era ai livelli di Touma, chi
mai avrebbe potuto esserlo alla loro età? Solo un genio come Tenku,
appunto. Ma riusciva discretamente in tutte le discipline, almeno da
rientrare nella sufficienza. Una parte di lui avrebbe desiderato
offrire il proprio aiuto, ma una vocina dentro di lui gli suggeriva che
non era il suo compito quello. Doveva essere Touma a trovare la strada
per offrire il proprio aiuto dal punto di vista strettamente culturale;
lui si sarebbe impegnato a creare intorno ai ragazzi un ambiente
accogliente, affettuoso, a non far mancare loro nulla, a soddisfare
tutti i loro bisogni ancor prima che loro si rendessero conto del
bisogno stesso... e già così c'era tanto da fare.
"Come procede,
Seiji-kun?".
Il volto di
Korin rimase fisso sul libro, la mano scomparve ancor più, perdendosi
completamente nel ciuffo arruffato; possibile che Seiji non si fosse
neanche pettinato quel giorno? Si sarebbe trattato di un evento epocale
in quel caso.
"Ascolta Shin,
non ho tempo di farti il resoconto dei miei successi ed insuccessi; se
voglio che i successi aumentino non posso perdere neanche un istante".
Shin si agitò un
po' nervosamente.
"Certo...
scusami" balbettò con un filo di voce. "Ti ho portato qualcosa che
spero possa rasserenarti un po'".
"Sono sereno".
Suiko non poté
impedirsi di sospirare, ma restava deciso a non prendersela: sapeva
essere paziente quando necessario. Avrebbe dominato il proprio istinto
a reagire.
Sorrise più
dolce che poté e posò il piatto con i biscotti accanto al libro; Seiji
spostò appena l'unico occhio visibile, che si fece lievemente più
grande, ma Shin se ne stava già andando.
"Buon
proseguimento, Seiji-kun; se hai bisogno di qualunque cosa, non esitare
a chiedere".
Il samurai
dell'acqua non attese risposta e si richiuse la porta alle spalle, vi
appoggiò contro la schiena e rimase immobile per qualche istante, il
volto basso e gli occhi chiusi, il petto scosso da un profondo sospiro.
***
Per la seconda
volta, con la seconda persona, aveva esternato un caratteraccio che non
credeva di possedere. Altro che cortesia, si stava comportando da
cafone con chi cercava solo di essere gentile con lui.
Seiji non
riusciva a distogliere lo sguardo dal piattino traboccante di biscotti,
quelli buonissimi, che Shin sapeva cucinare alla perfezione e che
facevano la gioia di ogni abitante della casa quando il loro profumo si
diffondeva tra le mura domestiche.
Ne prese uno in
mano e cominciò a sgranocchiare, godendo fino in fondo ogni boccone.
"Non le merito
le attenzioni di Shin" si trovò a pensare. "E probabilmente neanche
quelle di Touma".Sbuffò e si sforzò di riportare la propria attenzione
su quel maledetto teorema del quale non veniva a capo. Possibile che la
luce, in grado di trionfare sulla tenebra, non sapeva rendere più
luminose le oscure leggi della matematica? Sbuffò ancora e borbottò:
"Vedranno una
fine questi maledetti esami, prima o poi, e forse anche io tornerò alla
normalità".
***
Seconda tappa,
la camera che divideva con Shu... nonché il loro nido d'amore... almeno
finché non era iniziato il periodo d'esami. E da allora era già tanto
se Shu gli rivolgeva uno sguardo.
Anche in quel
caso, Shin cercava di non prendersela, era comprensibile che una
persona come Shu, non esattamente brillante nelle faccende scolastiche,
affrontasse gli esami con tanto timore; per lui si trattava di
un'autentica battaglia, anche contro se stesso e i propri limiti.
Shin doveva anzi
ammettere di sentirsi orgoglioso della sua scimmietta, del modo in cui
si era gettato anima e corpo in quell'impresa. D'altronde, Shu era un
testone e se si metteva nell'ordine di idee di dover riuscire in
qualcosa, si immergeva con tutto se stesso e niente l'avrebbe distolto;
per questo Shin era convinto che i suoi esami si sarebbero rivelati un
successo.
Sorrise e bussò,
ma non si era aspettato la risposta arcigna che giunse alle sue
orecchie:
"Se non è nulla
di importante non disturbatemi, grazie!".
Il labbro
inferiore di Suiko si sporse in avanti in una smorfia un po' comica; in
un'altra occasione, ad una replica del genere, avrebbe spalancato la
porta in maniera piuttosto violenta e avrebbe rivolto al responsabile
una strigliata con i fiocchi. Ma contò fino a dieci, respirò a fondo
per l'ennesima volta e ritrovò il sorriso paziente che, da giorni, in
presenza dei compagni, non lo abbandonava mai.
Si affacciò con
il viso oltre la porta e sbirciò all'interno: Shu era sempre accucciato
per terra, sepolto sotto una valanga di libri e, una volta di più,
rimase ammirato dalla sua costanza... anche se il suo modo di studiare
era alquanto confusionario... come il modo in cui riduceva la loro
camera. E non era neanche possibile entrare per riordinare, non poteva
permettersi di disturbarlo.
"Uno spuntino ti
sembra un argomento abbastanza importante, scimmietta?".
La testa di
Kongo si levò dal libro che teneva sulle ginocchia, Shin era certo che
se avesse avuto le antenne le avrebbe rizzate; però non ricambiò il suo
sorriso, Shu rimaneva, anzi, del tutto serioso e compito, tanto che
Suiko si chiese se si trovasse davanti al samurai della terra che
conosceva. Si avvicinò a lui e gli si acquattò davanti, porgendogli uno
dei piattini:
"Forse questi ti
renderanno lo studio più piacevole".
"Piacevole è una
parola grossa".
Nonostante il
persistente malumore, Shu si impossessò del piatto senza farsi
pregare... e anche dimenticandosi di ringraziare perché, mentre
divorava il primo, il suo sguardo tornò immediatamente alle pagine che
giganteggiavano sotto i suoi occhi. E non pronunciò più una parola.
Shin rimase a
guardarlo per un po', l'espressione a metà tra il sorridente e lo
scrutatore; quindi gli posò una mano tra i capelli arruffati e gli
lasciò una dolce carezza:
"Forza e
coraggio scimmietta, ho fiducia in te".
Gli rispose un
grugnito esternato a labbra serrate, forse non aveva neanche udito le
parole di Shin che, nel frattempo, si alzò in piedi, gli rivolse
un'ultima occhiata e, in silenzio, lasciò la stanza.
***
Avrebbe fatto
volentieri a meno di quell'opera maniacale intitolata "Confessioni di
una maschera" di Mishima e, al suo posto, avrebbe riletto anche mille
volte il "Genji Monogatari": la tortura della letteratura del Novecento
era, per lui, insopportabile. Proprio non riusciva a concepire come si
potesse inserire in un programma certi autori così... squilibrati.
Uno sbuffo, una
smorfia e il desiderio di gettare tutto al diavolo gli attraversò la
mente: era stanco, quasi stremato... si sentiva come se fosse passato
un tempo infinito dall'ultima volta che aveva sentito la propria
schiena rilassarsi completamente.
E che aveva
riso, scherzato... sorriso a Shin?
Con uno scatto
veloce - e il collo parve incriccarsi per un attimo - si voltò ad
osservare il piattino di biscotti che il ragazzo gli aveva appena
portato: gli occhi blu, opachi di una stanchezza che ornava di occhiaie
il suo viso stranamente pallido, vagarono sui frollini ancora tiepidi
del calore del forno e, con un moto di esasperazione, si accorse di
averlo fatto ancora.
Perché accidenti
non riuscisse a nascondere l'irritazione, la troppa mancanza di legami
con tutto ciò che non riguardasse Mishima, i romantici o la
restaurazione Meiji...
Stava
trasformandosi in un orso, altro che scimmietta: non parlava quasi più,
andava avanti a grugniti incomprensibili e scosse di testa, sospirava,
s'innervosiva e riusciva, così, a produrre ancora meno di quel che
desiderava. Così s'innervosiva ancora e tutto ricominciava da capo.
Shu non era mai
stato il primo della classe, non come 250QI-Touma, ma se l'era sempre
cavata bene, distinguendosi soprattutto nelle materie scientifiche. Ma
perché mai, ora, giapponese lo mettesse così a dura prova, proprio non
lo concepiva.
Era arrivato al
punto di dormire assieme all'antologia e di leggere a voce alta certi
brano fin quando gli occhi non lo abbandonavano e, al risveglio, si
ritrovava a pensare ad assurdi sogni dove Mishima stesso gli intimava,
assieme al professore, di recitare tutta la sua opera a memoria.
Non stava
dormendo... quelle poche ore in cui riusciva a chiudere gli occhi,
prima che il dovere lo riscuotesse dal torpore, erano solo di un sonno
leggero, quasi impercettibile: se non fosse stato per quello che
mandava giù ai pasti, sapeva benissimo che sarebbe crollato a terra
senza più trovare la forza né la volontà di alzarsi.
E poi... tutto
era stato così veloce.
Il ritrovarsi
con i ragazzi, Suzunagi, i ragazzi che...
Shu scosse la
testa, se la ritrovò che gli girava: afferrò con decisione il piattino
e mangiò tutti i biscotti rimasti uno dietro l'altro, senza nemmeno
gustarli. L'energia era ciò di cui aveva bisogno e nient'altro or ora.
Almeno fino a quel miracoloso momento che tutti agognavano, era anima e
corpo di Letteratura Giapponese.
***
Gli restavano
solo due porzioni di biscotti; siccome non aveva certezza su dove si
trovasse Touma ma era certo che, come tutti gli studiosi, Ryo era di
sicuro barricato in camera, si diresse direttamente da lui. Chissà se
anche il loro tigrotto avrebbe messo da parte la considerazione nei
suoi confronti come sembravano aver fatto Seiji e Shu. Si strinse nelle
spalle, simili pensieri non avrebbero neanche dovuto sfiorarlo, non era
giusto e in più detestava assumere il ruolo della vittima; stava
facendo unicamente ciò che voleva fare, nessuno glielo chiedeva o
imponeva, la scelta era unicamente sua e l'aveva compiuta perché li
amava, al di sopra di tutto e anche di se stesso, alleggerire le loro
spalle il più possibile di tutti i pesi, facilitare loro l'esistenza,
era per lui una missione e non certo perché desiderava sentirsi dire
'grazie' o ottenere qualcosa in cambio.
O meglio... in
cambio voleva qualcosa... la loro soddisfazione, la loro felicità.
E allora anche
lui sarebbe stato felice.
Attese invano la
risposta al suo bussare, sembrava regnare il silenzio nella stanza di
Ryo; era così immerso nello studio da non sentire neanche ciò che gli
accadeva intorno? Ritentò e nuovamente nessuna voce giunse alle sue
percezioni.
Shin cominciò a
preoccuparsi; era certo che Ryo non fosse uscito, non si era visto in
giro quel giorno, quindi era sicuramente chiuso in camera. E allora
perché non rispondeva?
Si adirò con se
stesso: non vi era alcun motivo per pensare al peggio, le esperienze
passate l'avevano reso troppo apprensivo, ogni anomalia rischiava di
gettarlo nel panico, anche se si trattava di sciocchezze, il suo
ottimismo, la sua capacità di voler vedere le cose in positivo, erano
un lontano ricordo ormai.
Scosse il capo
con gesti nervosi, un po' per cacciare i cattivi pensieri, un po' per
rimproverare se stesso e si decise ad aprire la porta; la scena che si
trovò davanti lo rassicurò immediatamente e sul suo volto prese forma
il suo sorriso più tenero.
Ryo era in
camera in effetti, ancora sul pavimento e ancora sommerso dai libri
ma... era raggomitolato sul tappeto come un cucciolo di felino, le
gambe raccolte sul petto e le braccia incrociate sotto il viso a fare
da cuscino, profondamente addormentato. Prima o poi sarebbe dovuto
succedere, Shin era certo che fosse stata più la noia a far crollare
Rekka che non la stanchezza, il loro leader scavezzacollo non poteva
restare prigioniero di una camera rinunciando ad aria aperta e
movimento troppo a lungo.
Avanzò al centro
della stanza e si inginocchiò, per contemplarlo più da vicino, il
sorriso sempre presente; poi lanciò un'occhiata intorno a sé. Ryo era
ancora più caotico di Shu nell'organizzazione dello studio, pretendeva
di interiorizzare tutte le materie possibili e i concetti più disparati
nel medesimo tempo. Il sorriso di Shin si mutò in una risatina: forse
il samurai del fuoco, come prima cosa, avrebbe avuto bisogno di trovare
un proprio metodo di studio.
Immaginava,
conoscendolo, che gli restassero ancora molte cose da fare, ma non
aveva lo stesso intenzione di svegliarlo.
"Ma sì"
sussurrò. "Te lo meriti un po' di riposo".
Intanto gli
sfiorò le ciocche corvine scarmigliate con una lieve carezza e depose i
biscotti accanto a lui, in modo che vedesse prima loro dei libri una
volta aperti gli occhi. Resistette alla tentazione di posargli un bacio
sulla guancia, per non rischiare di svegliarlo e si alzò, diretto verso
l'ultima meta.
***
Una carezza...
era così bello riceverne.
Ryo sbatté le
palpebre più volte, faticava ancora a rendersi conto di dove si
trovasse; si era addormentato? Se così era, aveva fatto un sogno
bellissimo... la carezza di sua madre... non credeva di ricordarla
ancora, era così piccolo quando lei se n'era andata. Com'era la carezza
di una madre?
Probabilmente
come quella che aveva ricevuto in sogno e per questo, istintivamente,
sorrise.
Al sorriso
contribuì il profumo che giunse alle sue narici e che riuscì a
svegliarlo del tutto, permettendogli di notare il piattino con dentro i
biscotti; la sua espressione si fece perplessa, poi scoppiò a ridere,
mentre si sollevava, a contemplare quei dolcetti come incantato.
Gli fu
improvvisamente tutto chiaro: la mano che li aveva cucinati e portati
fino a lì, era la stessa che lo aveva accarezzato mentre dormiva.
"Mammina Shin...
il nostro caro Shin...".
Sospirò,
assaporando il primo biscotto: Shin era per lui una presenza
fondamentale, senza di lui si sarebbe sentito perso. Senza i suoi
compagni si sarebbe sentito perso.
Famiglia... che
sapore strano aveva quella parola... un sapore per lui sconosciuto ma,
in qualche modo, cominciava a comprenderne il significato.
Famiglia
significava avere intorno coloro che più contavano, essere terrorizzati
all'idea di perderli, ritenerli tutti indispensabili e speciali.
Famiglia significava condividere la propria esistenza con qualcuno che
si prendeva cura di te... e del quale prendersi cura.
Si fece
pensieroso, serio, mentre sollevava il piattino e lo portava vicino al
proprio naso, con il suo contenuto, inspirando profondamente, ancor più
goloso di quella fragranza che sapeva di casa e famiglia, che non del
sapore. In realtà, avrebbe desiderato che quei biscotti non finissero
mai, poterli conservare per sempre, così come apparivano davanti ai
suoi occhi, con quello stesso profumo.
"Shin... caro
Shin...".
Sospirò; si
rendeva perfettamente conto di quanto il tenero Suiko stava facendo per
tutti loro.
"E io, come al
solito, sono un peso... Shin, lascia che mi getti alle spalle questi
maledetti esami e rimedierò, farò qualunque cosa per te, te lo
prometto!".
***
Ultimo piattino,
ultima tappa... e in questo caso c'era da rovistare per la casa. Shin
rimise piede nel soggiorno e vi trovò Byakuen ancora pigramente
raggomitolato e, com'era ovvio, dei biscotti che gli aveva donato non
vi era più traccia.
"Erano di tuo
gusto allora, ne' Byakuen?".
La tigre gli
rispose con un sonoro sbadiglio, in seguito al quale si alzò, per
dirigersi verso Suiko e gratificarlo con una strofinata di
ringraziamento sulle gambe. Il ragazzo lo grattò tra le orecchie e rise:
"Tu sì che dai
soddisfazioni".
Si guardò
intorno:
"Senti, hai
visto Touma? Anche lui, in fondo, merita la sua razione, che ne dici?".
Byakuen prese
delicatamente tra i denti un lembo della manica di Shin, senza
affondare, tirò solo un poco per invitarlo a seguirlo; il giovane Mori
sorrise e gli andò dietro senza esitare, finché si fermarono davanti
alla porta dello studio, la stanza dove avevano posizionato la libreria
e dove Touma amava tanto spesso rifugiarsi.
"Non avrei
neanche dovuto chiederlo" mormorò Suiko, stringendosi nelle spalle.
Non si preoccupò
di bussare e aprì leggermente la porta, ma lo scenario che gli si
presentò non era esattamente quello che si sarebbe aspettato; quando
Touma si isolava nel suo prediletto angolino di mondo si immergeva
nella lettura o al computer. Invece lo vide sussultare, la schiena
rivolta verso di lui curva, apparentemente intento in nulla. Ebbe
l'impressione che avesse nascosto velocemente qualcosa.
Si schiarì la
voce con un colpetto di tosse e Tenku si girò di scatto, gli occhi
sgranati come quelli di un cucciolo spaventato.
"Ma che hai?" lo
interrogò Suiko addentrandosi di qualche passo e fermandosi accanto a
lui. "Perché sei così teso?".
"Non sono teso"
bofonchiò l'altro. "Solo che non mi piace quando mi si distoglie senza
preavviso dalle mie occupazioni".
Shin fece
correre alternativamente lo sguardo dal volto dell'amico, al bancone
vuoto davanti a lui, al computer spento:
"Quale
occupazione? Stallo mentale? Non mi sembra sia un ambiente di lavoro
molto attivo".
"Sei venuto per
recriminare su quello che faccio? Non puoi vedere in quale direzione si
stiano muovendo gli ingranaggi dentro di me, ma ti posso assicurare che
non sono inattivi!".
"Va bene, va
bene, non ti arrabbiare adesso, non era mia intenzione crearti
problemi. Ti ho solo portato una cosa".
Sull'ultima
parte del discorso, gli posò davanti al naso i biscotti, provocando uno
sgranarsi ancora maggiore degli occhi di Tenku, che guardò prima il
regalo poi Shin, la bocca aperta, visibilmente imbarazzato.
Alla fine, nel
tentativo di sfuggire all'evidente disagio, Touma si massaggiò la nuca
con un sorrisetto che cercò di rendere spigliato, ma che venne fuori un
po' goffo:
"Grazie Shin,
scusami".
Il samurai
dell'acqua sorrise:
"Non è successo
niente, vorrei però che la smettessi di essere così preoccupato".
"Non sono
preoccupato, davvero, sto solo pensando".
"Il pensare
troppo è indice di preoccupazione".
"Non sono te,
Shin".
Suiko si erse,
con una smorfia e un lamento seccato. Touma lo scrutò, le sopracciglia
inarcate, quindi si alzò per poterlo guardare meglio negli occhi:
"Guarda che non
era una critica".
"Non era neanche
un'osservazione positiva".
"E' positiva nel
senso che sei sensibile è questo è bello, negativa perché tu quando
pensi finisci per stare male".
"Non cercare di
indorare la pillola ubriacandomi con le parole, Touma!".
Toccò a Tenku
fare una smorfia di disappunto, mentre si ritraeva un poco:
"Sei sempre
prevenuto con me. Io sono sincero, lo sono sempre".
"Lo so" sospirò
Shin, reclinando il capo sul petto. "Sono permaloso".
Seguì qualche
istante di silenzio, che Touma superò portando una mano dietro la nuca
di Shin ed attirandolo contro di sé, fino a far aderire i loro nasi e a
far affondare gli occhi negli occhi, strappando a se stesso e al
compagno uno speculare sorriso:
"Vai benissimo
così come sei".
"Anche tu...".
"Tu di più...".
"No, non è
vero...".
"Shin...".
"Touma...".
Uno sbuffo tra
le labbra precedette l'esplosione di ilarità di Suiko, immediatamente
imitato da Tenku.
"Siamo
incorreggibili" sentenziò infine quest'ultimo, lasciandosi ricadere
sulla sedia.
"Tu lo sei, io
cerco solo di tenerti testa".
"Ma sentitelo,
vuoi ricominciare?".
"No no"
ridacchiò Shin. "Ti lascio alle tue elucubrazioni mentali qualunque
esse siano, io devo uscire".
Touma si fece
serio ed attento:
"Con questo
tempaccio? E dove vai?".
"Non c'è più
nulla in casa, è assolutamente necessario fare spesa".
"C'è quasi
tormenta fuori, non puoi aspettare che smetta? Ci arrangiamo con poco
con un po' di impegno".
Shin si strinse
nelle spalle:
"Voglio che i
nostri studentelli disperati possano quanto meno gustare dei pasti
decenti, se lo meritano".
"Ma c'è un gelo
polare la fuori".
"Touma, la neve
è solo acqua sotto un'altra forma, è il mio elemento in fondo, con
tutto quello che abbiamo passato non credo che sapermi in mezzo a un
po' di neve debba preoccuparti".
"Sarà" borbottò
Touma, non del tutto convinto. "Però, anche se ti piace l'acqua, tu sei
freddoloso".
"Esistono
sciarpe, guanti e cappotti proprio per questo, genio".
Shin concluse la
frase posandogli un bacio sulla fronte e fece per allontanarsi con un
allegro saluto.
La porta si
stava già richiudendo quando Touma lo richiamò:
"Shin-chama...".
Il visetto
sempre un po' infantile di Suiko rifece capolino:
"Dimmi...".
"Grazie ancora
per i biscotti".
"Ma di nulla,
Tou-chan".
Una strizzata
d'occhio e una linguaccia furono i suoi ultimi gesti prima di
richiudersi la porta alle spalle.