QUANDO L'ACQUA LAMBISCE LA TERRA
-1-
Gli
odori della primavera si diffondevano nell'aria in quell'angolo
incontaminato della prefettura di Odawara, dove Ryo, samurai di Rekka,
era stato per l'ennesima volta ospitato dall'amica Nasty, perché
trascorresse, nella sua bella casa nel verde, un po' di tempo insieme
agli amici samurai.
La
ragazza era partita per la Francia, dove la attendevano alcune
questioni burocratiche riguardanti la sua famiglia; da quando era
rimasta sola, nonostante la giovane età, doveva occuparsi di tutto.
Aveva
proposto ai ragazzi di ritrovarsi a casa sua, per festeggiare
l'anniversario del loro primo incontro e lei si sarebbe unita a loro
entro pochi giorni. Così Ryo era giunto per primo, insieme
all'inseparabile Byakuen, tigre bianca un po' magica, che da anni aveva
uffcialmente adottato il samurai di Rekka come proprio cucciolo.
Il
ragazzo era cresciuto in montagna, a Yamanashi, così gli sembrava un
po' di essere a casa propria, aveva sempre amato trascorrere le
giornate immerso nel silenzio e nella solitudine del verde selvaggio,
lui insieme all'amato Byakuen, perché di rado il padre, unico membro
della famiglia rimastogli al mondo, si stabiliva lì per più di qualche
tempo, troppo preso dalle sue esplorazioni alla ricerca di animali
rari.
Il
giovane guerriero, che troppo presto aveva imparato a mettere a
repentaglio la propria vita per preservare il mondo dagli attacchi
dell'oscurità, non si sentiva tuttavia triste, non ricordava di aver
mai avuto un'esistenza differente, quindi non era neanche in grado di
prenderla in considerazione. Si alzò dal letto, stirando le proprie
membra con l'eleganza di un felino, immediatamente imitato dal felino
autentico che dormiva ai suoi piedi; ragazzo e tigre si scambiarono
un'occhiata di intesa colma d'affetto poi, come se quello sguardo fosse
il segnale da entrambi atteso, Byakuen fece un balzo e gli posò le
zampe sulle spalle, dandogli il buongiorno con una serie di umide
lappate sul volto.
Ryo
lo abbracciò, affondando le dita nel candido pelo chiazzato di nero e
gli baciò il muso:
“Non
potrei mai sentirmi solo... non è vero, Byakuen?”
Gli
rispose un'ulteriore leccata e la tigre bianca avrebbe continuato ad
oltranza se il giovane, tra una risata e l'altra, non l'avesse spinta
via dolcemente:
“Non
possiamo restare abbracciati tutto il giorno, lo sai, anche gli altri
ormai staranno per arrivare.”
Era
quello il motivo che lo rendeva tanto euforico dal momento in cui aveva
aperto gli occhi: era estremamente grato a Nasty per aver dato a lui e
a coloro che erano diventati parte essenziale della sua vita e della
sua anima, gli altri quattro frammenti del suo cuore, quell'occasione
per rivedersi tutti insieme, con la sola motivazione di rilassarsi e
divertirsi, senza guerre e ulteriori traumi cui andare incontro.
Sembrava impossibile... due anni soltanto si erano rivelati per lui più
fondamentali e significativi dei suoi precedenti quattordici, se si
escludevano i momenti in cui aveva incontrato Byakuen e Kaosu.
D'altronde si trattava di eventi concatenati, sapientemente intrecciati
da un destino che si era rivelato lungimirante.
Riportò
nuovamente i propri occhi, di un blu intenso, sulla tigre e la
accarezzò tra le orecchie:
“Dopotutto,
forse davvero siamo nati tutti per incontrarci, non pensi anche tu?”
Il
felino inclinò il muso ed emise un verso gutturale che significava sia
gradimento che assenso.
Ryo
ridacchiò, si stirò ancora e raccolse i propri abiti per poi dirigersi
verso il bagno.
“Tra
poco saranno qui, non vedo l'ora.”
Byakuen
approvò con un nuovo ringhio sottile e inforcò la direzione opposta a
quella intrapresa da Ryo, che gli lanciò un'occhiata monella:
“D'accordo,
vai loro incontro, mentre mi faccio una doccia, ma non coccolarli
troppo che divento geloso... di tutti e cinque.”
Il
felino assunse un'espressione così umana che a Ryo parve di vederlo
sorridere e, ovviamente, la cosa non lo stupì affatto; gli strizzò un
occhio mentre, con un ultimo cenno di saluto, chiudeva la porta del
bagno alle proprie spalle.
“Nasty
abita in un posto davvero meraviglioso, dà l'idea che la mano
dell'uomo, qui, non abbia ancora intaccato nulla. Adesso che non
dobbiamo preoccuparci di niente, se non di goderci la bellezza del
luogo, posso davvero gustarla pienamente!”
Il
giovane samurai detentore dei poteri dell'acqua, Shin Mori di Suiko,
camminava con le mani intrecciate dietro la schiena, il naso sollevato
alle foglie degli alberi, le narici che assaporavano le fragranze della
natura al suo risveglio, gli occhi sognanti immersi tra i colori e il
rincorrersi di uccelli tra i rami.
I
tre compagni lo seguivano, non meno estasiati, ma il viso dai
lineamenti infantili di Shu Lei Fan di Kongo venne deformato da una
smorfia, mentre sollevava le braccia e allacciava le dita dietro la
nuca:
“Ryo
è qui da ieri, tanto non aveva nessuno da lasciare a casa. Mi dispiace
che suo padre lo trascuri sempre, non è carino, è il suo unico parente,
dovrebbe sentire il desiderio di restare di più accanto a suo figlio.”
“Non
si possono imporre i desideri Shu, la natura non ci ha dotato di tale
facoltà” intervenne Touma Hashiba di Tenku, ostentando una saccenza
velata di paternalismo, “e poi non è la fine del mondo, si sopravvive
anche senza i familiari perennemente tra i piedi.”
“Lo
so che anche i tuoi ti lasciano sempre solo, Touma, ma mi fai meno pena
di Ryo, non lo meriti!”
Shu
concluse la cinica osservazione accentuando il broncio delle proprie
labbra e il corrugarsi delle sopracciglia.
“Non
ho nessuna intenzione di farti pena, ci mancherebbe altro!”
Il
ragazzo che ancora non aveva parlato si accostò a Touma e lo prese a
braccetto, come a voler prevenire l'esplosione di una probabile
tempesta:
“Vi
siete appena rivisti e già bisticciate? Vi ricordo che dovremmo passare
insieme qualche giorno e preferirei fossero evitati spargimenti di
sangue.”
“Seiji
ha ragione, non mi sembra il caso che vi becchiate per simili scemenze”
si intromise Shin.
“Santarellino”
borbottò Shu a voce bassissima, ma non tanto da far sì che Suiko non lo
udisse; il samurai dell'acqua sporse un labbro, il suo volto dolce si
adombrò e, certo, la sua mente fu sul punto di elaborare una risposta
affilata al punto giusto, ma miracolosamente si trattenne e si limitò
ad avvicinarsi all'amico per afferrargli un polso e trascinarlo più
avanti, un poco distante dai compagni.
“Perché
devi fare l'antipatico a tutti i costi?”
“Io
sarei l'antipatico? Touma ha sempre qualcosa da ridire, cosa ci posso
fare se mi esaspera?!”
“Non
è comunque stato giusto, da parte tua, dirgli quelle cose! Touma ci
soffre per la sua situazione familiare, anche se non lo dà a vedere!”
“Forse
hai ragione” brontolò il samurai della terra, quasi più tra sé che
rivolto all'amico, gli occhi velati da un improvviso senso di colpa.
Shin
fu colto dalla tenerezza, era difficile incontrare persone più leali e
degne di fiducia di colui che era diventato non solo il suo migliore
amico, ma l'altra perfetta metà del suo cuore. L'impulsività dettata
dalla passione che infondeva in ogni sentimento, portava spesso Shu ad
agire e a parlare precipitosamente, ma l'affetto estremo e senza
confini che nutriva nei confronti di tutti i suoi compagni non era da
mettere in discussione nella maniera più assoluta.
“Dovremmo
cercare tutti di moderarci a volte” proseguì Shin, “siamo un insieme di
teste che apparentemente non hanno nulla in comune, ma ci vogliamo
bene, è questo che conta.”
“Guardate
che vi sento” arrivò chiaro alle loro orecchie il grido di Touma, “so
riconoscere il mio nome anche bisbigliato!”
Il
samurai dell'acqua sbuffò e il suo sorriso si spense mentre, senza
voltarsi, ribatté con voce chiara:
“E
allora, invece di concentrarti sul tuo egocentrismo, avresti potuto
porre più attenzione a tutto il contorno del discorso che stavamo
facendo!”
“Shin”
bisbigliò Kongo, “ci stai cascando anche tu.”
Suiko
si morse le labbra:
“Hai
ragione, è esasperante!”
L'osservazione
si spense in un'esclamazione di dolorosa sorpresa nel momento in cui
qualcosa di solido gli colpì la nuca; Suiko si immobilizzò, poi, in
un'unica mossa fulminea, girò su se stesso, raccolse da terra il
rametto, evidente arma del delitto e lo scagliò a propria volta e con
tutta la propria forza contro il colpevole dell'affronto:
“BAKA!”
Il
samurai dell'aria fu lesto a scansarsi ed il proiettile improvvisato
sfiorò di striscio la spalla di Seiji, il quale si spostò a sua volta,
con flemmatica ed apparentemente disinteressata calma, ma le sue labbra
si mossero a sussurrare qualcosa che a nessuno fu dato udire: il suo
sguardo lasciava tuttavia immaginare quale potesse essere il senso
della parola. Touma rivolse a Shin una divertita occhiata di sfida,
mentre Shu balzò davanti al compagno fremente, gli strinse i polsi tra
le dita ed avvicinò le labbra alle sue, con un invito colmo di
tenerezza:
“Buono,
pesciolino.”
Suggellò
la preghiera con un delicato sfiorarsi labbra contro labbra, che
ottenne il desiderato effetto rilassante.
Nel
frattempo, Seiji di Korin aveva preso in consegna Touma,
riafferrandogli il braccio e conducendolo un poco più distante dai due
amici; era possibile vederli parlottare tra loro, mentre Tenku di
sicuro subiva i rimbrotti del suo serioso amante.
Shin
sbuffò:
“Sono
un idiota, mi sono lasciato trasportare.”
“Siamo
tutti dei grandi testoni” tentò di minimizzare Shu, con un sorriso, al
fine di confortarlo, “anche il giorno del nostro primo incontro, come
prima cosa, ci siamo presi in giro a vicenda.”
“E
alcune volte ho l'impressione che non abbiamo imparato nulla.”
Shu
si strinse nelle spalle:
“Non
è vero, non saremmo riusciti a liberare il mondo dalle tenebre e ad
unire in maniera così profonda anime e cuori, l'hai detto tu stesso, ci
vogliamo troppo bene.”
Il
samurai dell'acqua annuì, quindi sollevò una mano e si portò l'altra
vicino alla bocca, per richiamare i due compagni distanti:
“Siete
pronti ragazzi? Dai, che sono impaziente di raggiungere Ryo e Byakuen!”
Il
suo tono gioviale e allegro spinse entrambi a rivolgergli un sorriso;
Touma spiccò una corsetta leggera e lo raggiunse, gli circondò le
spalle in un caloroso abbraccio e gli arruffò i capelli in una vivace
carezza che suscitò la risata estasiata di Shin.
“Non
coccolarlo troppo” si intromise Shu con una smorfia di disappunto.
Seiji
si affiancò a Kongo e lo prese sottobraccio:
“Ci
vendichiamo facendoli ingelosire anche noi?”
“Non
me lo sarei mai aspettato da te, Seiji Date!” brontolò Touma,
imbronciato.
Il
samurai della terra ridacchiò e allacciò il proprio braccio a quello di
Tenku, mentre Shin rimaneva accoccolato all'altro fianco di Touma,
cosicché i quattro si ritrovarono uniti gli uni agli altri e
proseguirono il loro cammino senza più interrompere il contatto,
continuando a scambiarsi lazzi e battute ma in perfetta armonia. Si
bloccarono nel momento stesso in cui videro un'enorme chiazza bianca
accesa nel verde, che si precipitava verso di loro in una serie di
balzi sinuosi.
Non
ebbero quasi il tempo di identificarla che, con un ultimo scatto,
quella che si rivelò essere una gigantesca tigre dal candido pelo
striato di nero, si lanciò tra Shin e Touma, destabilizzandoli e
facendoli cadere pesantemente a terra.
Nello
stesso istante si levò l'esclamazione felice di Kongo:
“Byakuen,
ci sei venuto incontro, micione!”
Le
due vittime dell'assalto si contorcevano nell'erba, tra imprecazioni e
risate, mentre il felino mostrava il suo apprezzamento nei loro
confronti distribuendo ad entrambi leccate e zampate che avevano
l'intento di somigliare a carezze.
Shu
e Seiji si unirono alla maschia gratificando la tigre di grattini ed
abbracci.
“Ci
siamo anche noi, signorino” protestò Kongo. Byakuen, in risposta, gli
posò le zampe anteriori sulle spalle e lo spinse con la schiena al
suolo, si sdraiò su di lui con tutto il proprio peso e gli inondò il
volto di fradici baci.
“Perché
devi esagerare sempre?” si lagnò il ragazzo, senza tuttavia potersi
trattenere dal ridere, mostrando in realtà di gradire la tortura che
l'espansivo animale gli stava infliggendo.
Shin
diede una pacca affettuosa sulla schiena della tigre, poi si mise a
correre davanti a tutti:
“Dai,
Byakuen, vediamo chi arriva per primo!”
Il
felino non si fece pregare e raccolse la sfida; com'era prevedibile,
nonostante il vantaggio, in pochi istanti raggiunse e superò Suiko con
un ruggito trionfante, mettendo tra loro una considerevole distanza.
“Ehy,
aspettami, così non vale!”
La
cristallina voce di Shin avvolse i compagni come un delizioso abbraccio
e loro si unirono ad essa con una comune risata.
“Temo
che per il nostro pesciolino sia una battaglia persa in partenza”
commentò Touma.
Senza
smettere di ridere, Shu si rimise in piedi e corse dietro al compagno
umano e a quello felino, subito imitato da Seiji e Touma, che
sgomitavano tra loro nella corsa come due bambini intenti a rubarsi la
posizione a vicenda.
Ryo
si stirò per l'ennesima volta quando uscì dalla doccia e si avvolse
intorno al corpo, snello ma forte, l'asciugamano rosso che aveva appeso
poco distante; lasciò invece che i capelli corvini gocciolassero, senza
toccarli, del tutto disinteressato alle chiazze che si allargavano sul
pavimento. Scrollò il capo disperdendo gocce lucenti intorno a sé e
gettò poi indietro il lungo ciuffo che gli impediva la vista.
I
suoi occhi intensi ardevano di gioia ed impazienza: tra poco avrebbe
riabbracciato le persone che in poco tempo aveva imparato a considerare
come fratelli... non solo fratelli d'arme, ma altrettante anime gemelle
nel cuore e nello spirito.
Non
li vedeva da troppo ormai, dopo la triste avventura di New York e
l'incidente di Seiji, erano bene o male riusciti a rimettere insieme i
cocci delle loro esistenze, ciascuno di loro era tornato a casa e i
rispettivi impegni di famiglia li avevano inglobati; ma si impegnavano
per mantenere costanti i contatti, i loro cammini si erano intrecciati
e non si sarebbero mai più separati. Anche lontani, la loro unione era
intatta, il loro affetto sempre più consolidato.
Erano
passati due anni esatti dal loro primo incontro quando, a Tokyo, nel
quartiere di Shinjuku, si erano trovati per apparente casualità ma, più
probabilmente, per assecondare un disegno del fato, ad affrontare tutti
insieme il primo sicario mandato da Arago. Era un anniversario che non
andava trascurato e, tutti e cinque, si erano dati da fare per
liberarsi da qualunque impegno avesse potuto trattenerli, quando Nasty
aveva espresso il desiderio di affidare loro la sua casa, in attesa del
suo ritorno dalla Francia.
“Deve
avere una grande fiducia in noi se ha il coraggio di lasciare tutto
nelle mani di cinque maschiacci” ridacchiò Ryo tra sé, gettando da
parte l'asciugamano e raccogliendo gli indumenti da indossare.
Infilò
i jeans consunti e scoloriti, poi strinse in pugno le ciocche fradice
che si allungavano sulla sua schiena, le portò davanti a sé e le
strizzò perché smettessero di sgocciolare, le ricacciò dietro le spalle
e finì di vestirsi con canottiera e maglione rosso acceso. Si diresse
verso la porta di casa e la aprì, respirando profondamente per inalare
il più possibile l'aria fragrante di quella primavera che prometteva di
essere splendida; l'erba fresca gli solleticava piacevolmente i piedi
nudi e Ryo allargò le braccia, in un gesto con il quale voleva
avvolgere l'intero, meraviglioso universo.
Chiuse
per qualche istante gli occhi, poi li riaprì, mentre riabbassava le
braccia e allora vide giungere l'inconfondibile figura di Byakuen,
seguita poco distante dall'aggraziata fisionomia di un ragazzo dai
capelli rossicci che ondeggiavano al vento. La prima cosa che Ryo notò
furono proprio quei capelli, al loro ultimo incontro Shin li aveva più
corti, forse se li era fatti ricrescere un poco proprio in onore
dell'occasione, proprio perchè i compagni lo vedessero simile a quando
si erano incontrati per la prima volta. Rekka li accolse con una
squillante risata, seguita da un'incitazione:
“Forza
Byakuen, fagli vedere chi sei!”
La
tigre si arrestò non appena gli fu vicino, imitata dopo qualche attimo
dal giovane, che si chinò in avanti, le mani sulle ginocchia, lottando
per riprendere fiato.
“Shin!”
esclamò Ryo senza smettere di ridere e si diresse verso l'amico,
gettandogli le braccia al collo, “che bello vederti!”
“Lasciami
respirare” protestò Suiko e, siccome il suo viso affondò nel petto di
Ryo, la voce uscì attutita e poco chiara. Tuttavia l'abbraccio venne
ricambiato con tutto il calore di cui il discendente dei Mori era
capace.
“Ryo!”
Due
richiami si levarono all'unisono e dal bosco sbucarono Shu e Touma, di
corsa, le mani sollevate in un euforico saluto; poco dopo spuntò anche
Seiji, più composto, ma la felicità di trovarsi tutti riuniti era
palese dal sorriso che gli illuminava il volto.
Senza
interrompere il contatto con Suiko, continuando a tenergli un braccio
intorno al collo, Ryo accolse l'assalto di Shu, che si mise a
saltellare intorno a lui come un bambino, mentre Touma arruffava i
capelli di Rekka, con il risultato che l'acqua da cui erano ancora
impregnati si sparse andando a spruzzare tutti quanti.
“Avresti
anche potuto asciugarteli i capelli” sentenziò Seiji, le braccia
incrociate sul petto, il sorriso tuttavia sempre presente.
“Non
cominciare con le prediche tu” sbottò Ryo rivolgendogli una linguaccia,
quindi afferrò le mani di Shin e Shu e se li trascinò dietro, facendo
cenno anche agli altri di seguirlo.
“Dai,
venite, così facciamo colazione tutti assieme! Non vedo l'ora di
godermi quel che ci cucinerà Shin-kun!”
“Ah,
imbroglione, hai aspettato apposta per lasciar sgobbare me, vero?”
La
protesta scherzosamente indignata di Suiko si confuse con il coro di
risate e con il ruggito della tigre che chiudeva la fila, mentre il
gruppetto scompariva dentro la casa, resa ancor più luminosa dalla
gioia di sei amici felici di ritrovarsi assieme.