-4-
“Tanto
per cambiare avete litigato?”
L'osservazione
di Touma gli meritò una gomitata energica da parte di Seiji ed
un'occhiataccia eloquente dal volto adombrato di Shu, mentre Ryo
sollevava gli occhi al cielo sbuffando. Dal canto suo, Shin se ne stava
raccolto, curvo, sulla poltrona, il viso basso, l'atteggiamento di chi
si tratteneva a stento dal saltare addosso a qualcuno e per questo si
sforzava di chiudere le orecchie a qualunque parola potesse essere
anche solo lontanamente da lui raccolta come provocazione.
“Non
ho litigato con nessuno” sentenziò Ryo, accavallando le gambe,
sistemandosi meglio sul divano.
“Già,
non hai litigato, hai solo rotto le scatole!” ringhiò Kongo, dall'altra
parte del sofà, ben attento a non sfiorare il compagno neanche con un
ginocchio.
“Certo
che le vostre facce appartengono a persone che vanno d'amore e
d'accordo.”
“Touma!”
sibilò Seiji. Il samurai della luce era perfettamente consapevole che,
in caso di tensioni, ogni parola che usciva dalla bocca di Tenku
rischiava di rivelarsi una mina gettata nel bel mezzo del campo di
battaglia, per generare una situazione ancor più esplosiva.
“In
ogni modo” continuò poi Seiji, con tono ed atteggiamento il più
possibile diplomatici, le braccia incrociate sul petto, lo sguardo
riflessivo, raccolto in se stesso, “sarebbe il caso per tutti che
cercaste di fare pace, qualunque cosa sia successa.”
“Il
signorino qui” Ryo puntò il pollice di traverso contro Kongo, senza
degnarsi di voltarsi a guardarlo, “dovrebbe spiegare anche a me cosa
gli passa per la testa, se ha la luna storta non è certo colpa mia!”
“Tu
invece faresti meglio a renderti conto quando sei inopportuno e a
mostrare un po' di fiducia nelle capacità dei tuoi compagni, mi hai
trattato da incapace!”
“Sei
nervoso solo perché ho interrotto la vostra intimità e questo mi
dispiace, quanto meno mi dispiace per Shin, tu non lo meriti!”
“Oh,
insomma, basta!”
Il
discendente dei Mori era scattato in piedi ed il suo sguardo tagliente
come acciaio e liquido come l'acqua sembrava voler trafiggere tutti i
presenti.
“Non
vi sopporto più!”
Il
suo strillo fu così acuto che Touma si portò le mani alle orecchie e
gli altri rintanarono la testa tra le spalle; Shin attraversò la stanza
e, dopo pochi istanti, la porta della cucina si serrò dietro di lui con
un tonfo violento. Il borbottio di Touma si levò nel teso silenzio che
seguì all'esplosione del Torrente:
“La
cucina è diventata lo sfogo prediletto dei suoi attacchi isterici,
vedo.”
“Non
parlare male di Shin, adesso!” sbottarono all'unisono Ryo e Shu.
Tenku
incrociò le braccia:
“Oh,
mi par di capire che esiste qualcosa sulla quale vi trovate in perfetto
accordo, voi due... e forse questa cosa è anche ciò che sta all'origine
dei vostri battibecchi.”
Kongo
scattò in piedi, i pugni sollevati:
“Cosa
intendi insinuare, Touma?!”
Il
samurai dell'Etere si sollevò a propria volta e lo fronteggiò:
“Cosa
vorresti fare adesso? Saltarmi addosso e darmele di santa ragione?
Fremi per questo desiderio, Shu?”
Kongo
sussultò, la rabbia scomparve dal suo volto per lasciare spazio ad
un'espressione attonita e contrita, le braccia ricaddero:
“No...
certo che no... scusa...”
Seiji
e Ryo facevano correre alternativamente i loro sguardi tra i due
compagni; Touma sbuffò e si passò una mano nella chioma corvina, un
gesto di palese frustrazione:
“E'
mai possibile che per essere completamente in sintonia, noi cinque
dobbiamo trovarci immersi in missioni pericolose? Che non possiamo
stare tutti insieme senza bisticciare, in situazioni di pace, quando
potremmo essere davvero felici e rilassati e godere della reciproca
compagnia?”
Quelle
parole, pronunciate con viva e sincera emozione, toccarono il cuore di
tutti; fu Ryo il primo a trovare la forza di reagire:
“Non
è così... Io sto bene con voi, non cambierei lo stare insieme a voi per
nessun'altra condizione al mondo e... le incomprensioni... si possono
risolvere... ci vogliamo bene, è sufficiente, basta questo per farlo!”
“Oh...
Ryo...” mormorò Shu che, in quel momento, era combattuto tra l'impulso
di saltare al collo di Rekka per abbracciarlo con tutto il proprio
affetto e correre in cucina per fare altrettanto con il suo cucciolo
insicuro e permaloso.
Nel
medesimo istante, la porta della cucina si aprì, due intensi, lucidi
occhi verde mare attirarono l'attenzione generale, così come le labbra
di Shin, che si schiusero per pronunciare poche, sofferte parole:
“E'
colpa mia...”
Ryo
e Shu si mossero insieme e gli furono subito accanto.
“Sono
io che sono un cretino!” esclamò Kongo, afferrandogli il capo e
trascinandolo sulla propria spalla.
“No,
neanche io mi sono saputo ridimensionare” gli fece eco Ryo. Si unì poi
all'abbraccio ed arruffò i capelli di Suiko.
“Una
cosa però è certa, Shin-kun, in questo caso tu non hai fatto proprio
nulla, se non innervosirti a causa del nostro comportamento infantile.”
Gli
occhi profondi e tristi di Suiko fecero capolino oltre la spalla di Shu:
“Se
imparassi a dominare i miei momenti di tensione emotiva, ci sarebbero
meno problemi per tutti.”
Un
colpetto di tosse attirò i loro sguardi sugli altri due amici: Seiji
aveva ancora il pugno davanti alle labbra, dopo essersi schiarito la
voce e sul suo volto era dipinto un sorriso un po' birichino, Touma
fece un passo verso di loro, gesticolando vivacemente:
“Oh,
insomma, perché dev'essere per forza colpa di qualcuno? Siamo un gruppo
unito, dividiamoci equamente anche le colpe e facciamo in modo che
simili incomprensioni, tra noi, non trovino più spazio!”
Gli
rispose qualche istante di sospeso silenzio, interrotto dalla sottile
risatina di Korin che si accostò al compagno per posargli una mano
affettuosa sul capo:
“Allora
li sai usare, ogni tanto, quei 250 QI, piccolo panda.”
Touma
si imbronciò ma, quando udì la cristallina risata che la battuta di
Seiji suscitò in tutti i suoi amici, non poté fare a meno di sorridere
a propria volta, grato per quel calore che scese, come un abbraccio, ad
avvolgere l'intero gruppo.
Anche
Byakuen lo percepì e sollevò il muso; a suo modo partecipò al
simbiotico sorriso, accompagnandolo con una serie di fusa sonore.
***
La
cena in compagnia era stata serena e distesa, se si escludevano gli
immancabili battibecchi che, tuttavia, non erano riusciti, questa
volta, a rovinare l'atmosfera, risolvendosi con innocenti risate e, a
tratti, tenere parole.
Il
primo ad alzarsi da tavola per sparecchiare e ripulire fu ovviamente
Shin, ma i compagni avevano fatto a gara per stargli dietro ed
offrirgli il loro aiuto, cosicché i lavori ed il riordino erano stati
divisi equamente tra tutti. Quando Shin si apprestò a lavare piatti e
posate, Ryo e Shu lo circondarono, frementi di infantile entusiasmo.
“Io
risciacquo!” si offrì Kongo rimboccandosi le maniche e posizionandosi
spalla contro spalla al compagno, affondando le mani nell'acqua per
prelevare le stoviglie già insaponate. Ryo invece si impossessò di una
salvietta e gettò le braccia intorno al busto di entrambi, con tale
foga da farli vacillare:
“Allora
io asciugo!”
I
due amici gli lanciarono un'occhiata tra l'inquieto e il divertito, poi
ridacchiarono tutti e tre insieme, riprendendo alacremente e con
impegno il lavoro. Avevano fretta di finire per gettarsi in
un'indimenticabile nottata di chiacchiere e giochi.
Andarono
avanti per un po' senza intoppi poi, nel passare uno dei piatti da
risciacquare a Shu, lo sguardo di Shin si perse a contemplare il suo
profilo, la sua espressione concentrata ed assorta come se stesse
portando avanti la più impegnativa delle imprese ed il suo cuore si
riempì di tenerezza; sollevò dal lavello la mano bagnata e gli stuzzicò
il naso, cogliendolo di sorpresa e lasciando una striscia di sapone
sulla pelle abbronzata che si arricciò per l'inatteso fastidio.
Dalle
labbra di Kongo si levò un'esclamazione di protesta, quindi si voltò
con evidente sete di vendetta negli occhi:
“Foca
dispettosa!”
Un
veloce movimento della mano di Kongo e il viso di Shin fu spruzzato di
tante goccioline; Suiko serrò le palpebre con una smorfia e scrollò il
capo come un cagnolino, poi gli fece una linguaccia, frugò tra le
stoviglie ancora da lavare immerse nell'acqua e gli gettò sul viso il
contenuto di un bicchiere. Shu si ritrasse, ma non poté evitare del
tutto lo spruzzo.
“Ah,
ma allora vuoi la guerra!”
Afferrò
la manovella del lavandino e, prima che Shin potesse fermarlo, la aprì
al massimo della potenza, con il risultato che l'acqua rimbalzò sulle
stoviglie accumulate e in gran quantità finì sul volto di Suiko. Shin
tentò vanamente di ripararsi, ma intanto rideva come un bambino immerso
in quello che per lui era il più gratificante dei divertimenti.
“E'
questo il modo di lavorare da persone serie?” si intromise Ryo,
naturalmente non in grado di ostentare indifferenza quando si trattava
di gettarsi a capofitto in qualcosa di così esaltante come una gara a
chi si bagnava di più. Così si intrufolò tra i due, in pochi istanti si
appropriò di un bicchiere colmo d'acqua e si unì alla mischia,
contribuendo al disastro che prendeva corpo sul pavimento ormai
fradicio.
Bastarono
pochi attimi e i tre ragazzi si ritrovarono a rincorrersi per la
cucina, con bicchieri colmi d'acqua ed asciugamani bagnati; chi
riusciva momentaneamente a conquistare il lavandino aveva il vantaggio
assicurato per un po'.
Le
teste di Seiji e Touma fecero capolino dalla porta, con sguardi che
potevano definirsi alternativamente costernati, severi, condiscendenti,
simili a due genitori pronti a richiamare i bimbi troppo vivaci.
“E'
una cucina o un campo di battaglia?”
Distratti
dall'intrusione della voce di Touma, Shu e Shin fecero un movimento
che, data la consistenza instabile del pavimento, ormai privo di un
frammento libero dall'acqua, misero un piede in fallo e scivolarono,
ruzzolando inevitabilmente addosso a Ryo. Rekka si ritrovò a terra con
loro, in un groviglio di corpi grondanti che imprecavano per
l'impossibilità di districarsi.
Seiji
si portò una mano davanti agli occhi, con un gemito di comica
frustrazione, mentre Touma preferì esprimere il proprio commento con un
gesto più plateale; mentre ancora i tre amici lottavano sul pavimento
rimbeccandosi a vicenda su chi fosse il principale responsabile, dato
che Shin faceva di tutto per evidenziare la propria innocenza
nonostante avesse effettivamente cominciato lui, Tenku mosse qualche
passo flemmatico fino al tavolo, dove era posata una bottiglia ancora
colma d'acqua poi, senza dire neanche una parola, tolse il tappo e la
rovesciò facendo cadere il contenuto sulle teste dei tre litiganti,
senza risparmiare nessuno e senza avanzarne neanche una goccia. Alle
esclamazioni di disappunto e agli insulti che ne derivarono alla sua
persona commentò semplicemente:
“Così
ho completato l'opera d'arte che avete tanto brillantemente avviato qui
dentro.”
Con
fatica i tre si slacciarono gli uni dagli altri e si misero
faticosamente in piedi; Shin si attardò un po' più dei compagni e diede
a Touma l'occasione di accanirsi ancora. Il samurai dell'Etere allungò
una mano verso un bicchiere mezzo pieno, si acquattò davanti a Shin e,
con fare malizioso ed infido, sussurrò:
“Io
l'ho capito che hai iniziato tu, dal modo in cui negavi; sei limpido
come l'acqua, riuscirai ad incantare tutti ma non me.”
Ed
accompagnò le ultime parole innaffiando di nuovo i capelli di Shin, che
rintanò istintivamente la testa tra le spalle con un ringhio da
cucciolo infuriato.
“Poi
non capisco perché ti lamenti” rincarò la dose Tenku, allargando
teatralmente le braccia, “dovrebbe piacerti questo dose aggiuntiva del
tuo elemento, no?”
La
testa di Suiko si levò di scatto e lo fulminò con due occhi che
sembravano volerlo incendiare.
“Touma,
lascialo in pace!” si fece udire il rimbrotto protettivo di Shu.
“Uh,
non te lo tocco.”
Tenku
sbuffò e cercò con la mano il collo di Shin, lo afferrò e lo attirò
contro di sé, arruffandogli la chioma appesantita dall'acqua.
“Io
scherzavo” gli sussurrò all'orecchio, “non te la sei presa, vero?”
Sigillò
il discorso con un bacio veloce sulla nuca del compagno che si
divincolò selvaggiamente, ma quando poté rivedere il suo viso, Touma lo
scoprì sorridente, monello, adorabile come nei momenti migliori.
Le
braccia possenti di Kongo comparvero dietro a Shin e lo avvolsero
possessive:
“Lo
hai toccato già troppo.”
Il
tutto finì in una generale risata, benché l'entusiasmo venisse poco
dopo smorzato da Seiji che, le braccia incrociate sul petto, faceva
correre lo sguardo tutto intorno a sé:
“Chi
riordina la cucina?”
“Il
principale responsabile?” cantilenò Touma lanciando un'occhiata di
sbieco a Shin, ottenendo in cambio di farsi letteralmente incenerire
con uno sguardo.
“Io
direi nessuno” propose Ryo intrecciando le dita dietro la nuca, “ci
penseremo domani, dai adesso divertiamoci!”
Il
sopracciglio di Seiji si inarcò:
“Adesso?
Perché, fino ad ora cosa avete fatto?”
“Lavoro
Korin, con qualche diversivo ma pur sempre lavoro.”
“Oh...
certo...”
“Allora,
che si fa di bello?”
Un
guerriero del fuoco più entusiasta di un bambino si accovacciò con le
gambe incrociate sul tappeto, la schiena aderente al fianco di Byakuen
che socchiuse appena un occhio percependo la presenza del suo cucciolo.
Shu
si accoccolò accanto a Rekka, mentre Shin strisciò fino al fianco
opposto della tigre, incrociò le braccia sulla sua schiena e vi
appoggiò sopra il mento, mettendosi ad osservare i compagni da quella
posizione, lo sguardo in quel momento colmo di adorazione e tenerezza.
“Non
sarebbe meglio che vi asciugaste prima? State gocciolando tutto in
giro” osservò Seiji sedendosi a propria volta sul tappeto, di fronte a
loro.
Shu
gli rivolse una linguaccia:
“Ci
asciugheremo con il calore di Byakuen!”
La
tigre chiamata in causa sollevò con flemma il capo e si girò quel tanto
che bastò a gratificare Kongo di un'occhiata assonnata e indulgente
che, tradotta in linguaggio umano, voleva significare:
“Quanta
pazienza con questi cuccioli, ma come sarebbe spento il mondo senza di
loro.”
Il
gruppetto venne raggiunto poco dopo da Touma, che posò in mezzo al
tappeto la scatola blu di un gioco di società e si sedette accanto a
Korin. Shu sgranò gli occhi:
“Un
gioco a quiz? Non potevi scegliere qualcos'altro? Sarai il sicuro
vincitore!”
“Non
essere disfattista, ci dividiamo in squadre e prometto che farò del mio
meglio per lasciar giocare anche voi!”
“Come
facciamo a dividerci in squadre? Siamo in numero dispari!”
“E
Byakuen dove lo metti, Shu? Come osi non contarlo?”
“Senza
offesa Ryo, ma Byakuen come potrebbe...”
La
vocina di Shin si fece udire per la prima volta, sovrapponendosi alla
frase del compagno:
“Io
scommetto che se potesse usare la parola, in una sfida come questa
Byakuen terrebbe testa a Touma meglio di te!”
L'osservazione
e la conseguente smorfia di disappunto di Shu generarono uno scroscio
di risa, al quale Byakuen aggiunse un plateale sbadiglio, che poteva
significare solo un cosa:
“Io
sono superiore a questo genere di scaramucce e non ho bisogno di
dimostrare a nessuno la mia superiorità.”
“Comunque
propongo di dividerci così” riprese Touma, “Ryo e Shu stanno in squadra
con me, Seiji e Shin uniti, forse, possono dar forma ad un cervello
abbastanza sviluppato da gareggiare con il mio.”
I
due interessati lo fulminarono con uno sguardo, evidentemente pronti a
raccogliere la sfida, non fosse altro che per una faccenda di orgoglio,
mentre Shu e Ryo si scambiarono un'occhiata di rabbiosa intesa che
anticipò il borbottio di Kongo:
“Come
a dire che noi due siamo completi ignoranti.”
“Relativamente
alla media di noi altri tre scimmietta, tutto è relativo, anche
l'ignoranza.”
“Al
tuo retaggio di conoscenze appartengono anche tutti i modi possibili
per renderti odioso, baka-panda!”
Le
punzecchiature da una parte e dall'altra continuarono, mentre i ragazzi
si sistemavano intorno al tabellone per raggrupparsi in squadre e non
cessarono neanche nel corso della sfida, ovviamente fin dall'inizio a
vantaggio di Touma, che dai due compagni non ottenne quasi nessun
valido appoggio e si ritrovò a giocare, in un certo senso, da solo.
Shin
e Seiji collaborarono tenacemente, solo il fatto di avere di fronte una
mente geniale, che tra l'altro li innervosiva con lazzi e frecciate ad
ogni esitazione o risposta sbagliata, li condannò all'inevitabile
sconfitta.
Alla
lettura dell'ennesima domanda, Touma si lasciò cadere all'indietro, con
uno sbadiglio:
“Uffa,
che noia! Queste domande sono troppo facili, non c'è gusto!”
Non
poté vedere l'occhiata di costernazione che si scambiarono Korin e
Suiko, ma le sue membra percepirono chiaramente il feroce assalto dei
due compagni di squadra, che lo seppellirono sotto i loro corpi tra
proteste ed insulti.
Quando
riuscì a sgusciare via dall'attacco, si arrampicò sul divano e vi si
gettò in posizione prona, abbracciando un cuscino:
“Quanto
sono stancanti i bambini, mi è venuto sonno!”
Si
meritò così una cuscinata sul capo da parte di Ryo, seguita
dall'assalto con il quale Rekka diede il via ad un attacco di solletico
che portò entrambi a ridere e a lottare fino ad accasciarsi esausti
l'uno sopra all'altro.
Una
piacevole atmosfera di quiete scese intorno a loro e le chiacchiere e
gli scherzi si fecero pacati, fino ad alternarsi sempre più con momenti
di riposante silenzio, quello che è solito instaurarsi in un gruppo
avvinto da una speciale, perfetta armonia.
Ben
presto, quasi senza accorgersene, Ryo e Touma scivolarono nel sonno,
avvinghiati l'uno all'altro nello spazio ristretto del divano.
“Fossi
in te sarei geloso, Seiji” ridacchiò Shu, indicando la deliziosa
scenetta.
“Attento
a non tediarmi troppo, Kongo, potrei anche pensare di rifarmi.”
E,
sfoderando il sorriso più malizioso di cui era capace, Korin strisciò
con fare conturbante fino al punto in cui si trovava Shin, si distese
supino e gli posò la testa in grembo.
“Il
nostro pesciolino è un giaciglio veramente comodo!”
Il
viso imbronciato di Kongo si fece strada, pretendendo di intrufolarsi
in quello che riteneva un suo spazio privato, cosicché Shin, tra
imbarazzo e sorpresa, dovette sistemarsi in maniera tale da far posto
alle teste di entrambi. Poi, rassegnato, quando si furono assestati tra
i ringhi di Shu e le risatine dispettose di Seiji, divise le proprie
carezze tra tutti e due, commettendo però il grave errore di andare a
tormentare la chioma del biondo.
“Potresti
evitare, Shin? Dei grattini tra i capelli ne faccio a meno.”
“Scusa
tanto” brontolò il Torrente.
“Se
ti dà tanto fastidio puoi anche toglierti, me lo godo tutto io il
trattamento, non chiedo di meglio!”
Kongo
diede una spallata al compagno, che rotolò sul pavimento a qualche
centimetro di distanza; si mise tuttavia prontamente in posizione prona
ed afferrò tra due dita un orecchio di Shu, strattonandolo con violenza
e scoppiando a ridere sul suo piagnucoloso lamento.
Shin
stesso non poté trattenere una risata:
“State
buoni, bimbi!”
Affondò
ancora la mano nella chioma di Shu, per scompigliarla con foga, senza
avvedersi del movimento veloce di Seiji che, con un balzo, gli gettò un
braccio intorno al collo e con la mano libera sferrò un attacco ai suoi
capelli rossicci:
“Bimbo
a chi?!”
Disturbato
da tutta quell'agitazione e dallo scoppio di risa, Byakuen rivolse loro
uno sguardo di sdegno; Touma e Ryo, invece, non fecero una piega, il
sonno restava padrone delle loro membra.
Shu
fece un giro su se stesso fino a mettersi in posizione prona, quindi
strisciò verso il divano e si sollevò sulle ginocchia, portando il viso
all'altezza dei due addormentati:
“Sapevo
che Touma aveva il sonno pesante, ma anche Ryo non scherza.”
Soffiò
un poco sui loro volti, facendo agitare alcune ciocche dei capelli
scuri di entrambi. Venne immediatamente redarguito dal severo
rimprovero di Shin:
“E
siccome tu sei terribilmente infantile, hai deciso che li devi
svegliare unicamente per fare un dispetto, non è vero?”
Kongo
si sedette sbuffando, poggiò le mani dietro di sé e gettò indietro la
testa:
“Che
noioso! E' che è presto per dormire, dovremmo divertirci tutta la notte
assieme!”
“Shht...
cerca di abbassare la voce.”
Incuriosito
dal tono di Shin ridottosi ad un sussurro, Shu si voltò: l'elegante
figura di Seiji, allungato di fianco sul tappeto, un braccio dolcemente
reclinato sotto la guancia, era scivolata a propria volta nel sonno, a
pochi centimetri dalla gamba di Shin; Suiko gli accarezzava con affetto
una spalla, lo sguardo colmo di tutta la tenerezza che sapeva rivolgere
a ciascuno di loro.
Kongo
si concentrò sulla scena, poi su quegli occhi, fulcro del suo universo
e di ogni desiderio. L'amore, la premura, la considerazione di cui
erano intrisi, donati a Seiji in quel momento, ma tramite cui Shin
tendeva a rapportarsi con tutto ciò che aveva vita, erano per lui un
miracolo.
Anche
la gelosia, seppur con qualche sforzo, veniva cancellata, perché era
così bello guardarlo mentre si donava, contemplare la generosa
tenerezza del suo volto. Non fu per gelosia, quindi, che strisciò fino
a lui o, forse, un poco sì... sapeva solo, in ogni modo, che desiderava
ammirarlo più da vicino, immergersi in quegli occhi, fino ad affondare
in essi, anche se avesse significato annegarvi dentro, per non tornare
mai più.
Il
viso amorevole di Shin era ancora chino su Seiji, la sua mano
continuava ad accarezzarlo, dalla spalla, a un lieve sfiorare dei
capelli, intenzionato ad elargire affetto, ma facendo attenzione a non
risultare invadente con un gesto che, era risaputo, Seiji non
apprezzava fino in fondo.
Eppure
Shu era convinto che, in quel momento, i sogni di Korin erano resi
migliori da quel contatto ed era evidente, dall'espressione distesa e
serena del suo volto.
Non
era la prima volta che accadeva. Averlo vicino... il contatto fisico o
mentale con Suiko... significava riconciliazione e sollievo dai
turbamenti.
Un
senso di malinconia pervase Shu, perché sempre più spesso il suo tesoro
non riusciva a beneficiare del medesimo sollievo che donava.
Giunse
fino a lui e, restando prono, sollevò il busto e gli posò il dito
indice sotto al mento:
“Regaleresti
anche a me un po' di quello sguardo, cucciolo?”
Vide
gli occhi di Suiko sgranarsi, le gote accendersi di un colorito più
roseo, mentre il volto si muoveva a ricambiare il suo sguardo, con un
misto di curiosità e timidezza. Shu sorrise e lo solleticò con
giocosità condita a malizia.
Il
risolino con cui Shin reagì, accompagnato dal sollevarsi del capo per
incoraggiare il gesto, fece per un attimo contorcere lo stomaco di Shu
in un impeto di emozione, che divenne quasi insostenibile quando Shin
si appoggiò contro di lui e lo costrinse a voltarsi con la schiena sul
pavimento, per poi sdraiarglisi addosso, imprigionandogli i polsi e
bloccandoglieli ai lati del viso.
Il
sorriso, ora birichino e un po' provocante, di Suiko torreggiava su di
lui e il desiderio di affogare in quello sguardo si trasformò, per Shu,
in inebriante realtà.
Poi
Shin gli liberò le mani, che però Shu mantenne immobili e tremanti
mentre quelle del compagno, attraverso le tempie, si inoltrarono tra i
suoi capelli e il capo si abbassava per avvicinarsi al suo, finché le
loro labbra aderirono e si scambiarono un bacio lungo, prepotente.
“Che
crudeltà da parte tua, sirenetto” non poté fare a meno di pensare Shu,
“prima mi riduci in uno stato tale e poi, all'ultimo momento, ti neghi
gettandomi nella frustrazione.”
Sapeva
che non era giusto rimproverarlo, che Shin non lo faceva apposta e ne
soffriva, quanto e forse più di lui e adesso, grazie alle confidenze
nel bosco, aveva anche compreso un po' di più ciò che tormentava il suo
tesoro, eppure non poteva neanche negare a se stesso che quella
situazione, a tratti, si faceva troppo pesante.
Al
termine del bacio, i loro occhi poterono incontrarsi ancora ed erano
specchio reciproco della profonda, inesprimibile emozione che li aveva
catturati entrambi. Una mano di Shu, finalmente, riuscì a muoversi ma
esitante, scossa da tremiti che si accentuarono quando giunse a
sfiorare il viso di Shin dalla guancia, alla tempia, ai capelli, senza
osar rendere più solido quel contatto, quasi temesse di profanare
qualcosa di sacro.
L'incanto
si ruppe quando sul viso di Shin si disegnò un ghigno che lo trasformò
da angelo a diavoletto.
“Devo
ammettere che ha un che di esaltante vederti così cotto di me, mi dà un
senso di potere, mi sembra di dominarti.”
La
bocca di Shu si spalancò in un'esclamazione, gli occhi si sgranarono
indignati.
“Ma
sei un piccolo delinquente!”
Si
mosse fulmineo, lo afferrò e, in un istante, ribaltò le posizioni,
schiacciando il compagno sotto tutto il proprio peso, intrappolandogli
i polsi come in precedenza Shin aveva fatto con lui:
“Chi
domina chi adesso?”
Impossibilitato
a compiere anche un minimo movimento, le guance imporporate, Shin si
imbronciò e borbottò come un cucciolo offeso:
“Mi
stai facendo male...”
Il
panico si impadronì di Shu; fargli male? Mai, per nessuna cosa al
mondo, piuttosto morire!
Si
sollevò di scatto, l'espressione terrorizzata e a Shin bastò un attimo
per sgusciare via, mostrandogli di nuovo quel ghigno.
“Visto?
Comando io!” rise mentre si alzava, “se lo desidero posso farti fare
tutto quello che voglio!”
Lasciò
un samurai del Diamante sgomento a fissare la sua schiena, mentre
saltellava in pochi balzi eleganti verso la porta d'uscita. Kongo si
decise ad alzarsi a propria volta e a raggiungerlo quando Shin era
ormai sulla soglia e lo allacciò da dietro in un abbraccio quasi
disperato, gli posò la fronte sulla spalla ed esalò un sussurro:
“Hai
ragione... finirei per fare qualunque cosa tu mi chiedessi... lo so...”
Shin
si immobilizzò, le braccia abbandonate lungo i fianchi; la sua schiena
era così armonica e flessuosa, la spalla emanava un tale calore che Shu
sarebbe rimasto così, incollato a lui, per l'eternità.
Dopo
qualche istante le mani di Shin salirono a prendere le sue intrecciate
sul ventre e a Shu sfuggì un sospiro nel quale erano racchiuse emozioni
dalle svariate sfumature, in confitto nel suo cuore che esplodeva nel
petto. La sua voce si fece nuovamente udire, ancora bassa, dimessa, un
po' malinconica, un po' tenera ma con una punta, lieve, di ironia:
“Dove
avevi intenzione di fuggire, sirenetto?”
“Forse...
mi mancava l'acqua...” tentò di ridacchiare Shin, ma anche il suo tono
non poté nascondere una malinconia senza nome.
“Io
non ti lascio all'acqua, sono geloso!”
Uno
strano silenzio seguì al borbottio un poco cupo di Kongo, ma poi giunse
la risatina leggiadra di Shin, appena accennata, dolorosamente
adorabile alle orecchie del ragazzo incollato a lui:
“Sei
strano... Shu...”
Cercava
di sdrammatizzare il samurai del Torrente, ma non ingannava il suo
tentativo di conferire leggerezza alla situazione, l'atmosfera era
troppo seriosa, sommessa, i loro cuori prede senza speranza l'uno
dell'altro, carcerieri feroci l'uno dell'altro.
“Tu
mi rendi strano...”
“Lo
so...”
“Forse
la tua stranezza mi contagia...”
“Lo
so...”
Sussurri,
brevi parole scambiate, due ragazzi immobili sulla soglia che dava
sulla notte, la fronte di Shu ancora abbassata su quella spalla che era
diventata il suo mondo, il nido più accogliente, le dita di entrambi
avvinte, tremanti.
“Vuoi...
davvero uscire di nuovo?”
“Non
lo so...”
Le
labbra di Shu si piegarono appena in un accenno di risa, ma il volto
rimaneva immobile, non voleva staccarsi da quella spalla.
“Ah,
questo non lo sai? Sei buffo quanto me a volte...”
“Lo
so... forse...”
Una
risatina più acuta, convinta, dalle labbra di Kongo:
“Ma
la smetti? Sai essere molto più fantasioso con le parole, se vuoi...”
E
prima che Shin potesse ribattere, Shu soggiunse in tutta fretta:
“E
non rispondere 'lo so', o ti do un morso nel collo!”
“Da
quando in qua sei diventato un vampiro?”
“Tu
stimoli tutti i miei istinti più selvaggi, pesciolino.”
La
testa di Shin si reclinò all'indietro e Shu sentì la carezza dei suoi
capelli sul viso.
“Oh,
Shu...”
Quanto
avrebbe desiderato, Kongo, non sentire tutta quell'ansia, quella
tensione, nella voce così dolce di Shin.
“Non
voglio metterti in crisi... d'accordo?”
Strusciando
un poco la schiena contro il torace di Shu, Suiko voltò il capo quel
tanto che bastò per posargli un languido bacio sulla guancia, seguito
da un sospirato sussurro:
“Non
mi metti in crisi... Non potresti mai...”
Un
altro di quegli atteggiamenti, di quelle espressioni che a Shu facevano
girare la testa; se avesse dato esclusivamente ascolto al suo istinto
non avrebbe potuto fare a meno di prenderlo, bloccarlo sotto di sé e
possederlo fino a sentirlo urlare per il piacere che avrebbe voluto
donargli... ma non l'avrebbe fatto, perché non aveva nessuna intenzione
di sfidare la paura di Shin, di precorrere i suoi tempi, per quanto
lunghi si stessero rivelando. Non avrebbe mai pensato di possedere un
tale autocontrollo, solo lo sconfinato amore che provava per quel
ragazzo tanto tenero che l'aveva avvinto a sé senza speranza di fuga
riusciva a conferirglielo. Lui era Shu di Kongo, che usava prima
l'impulso della testa, che non sapeva fermarsi a ragionare prima di
assecondare l'impeto del proprio organismo... ma con Shin prevaleva
un'assoluta priorità: quella di proteggerlo, di vivere per lui e di
lui, di non rischiare, in alcun modo, di fargli del male... già gliene
faceva troppo spesso senza rendersene conto e quelle volte finiva per
odiarsi.
“Vuoi
ancora uscire?”
“Forse...
forse no...”
Quell'immobilità
era strana, erano come due statue classiche intrecciate, colte in una
sospesa sensualità destinata a restare così, in eterno; solo le loro
voci lasciavano intuire che da quei corpi avvinti si esalava il soffio
della vita.
“Torniamo
dentro allora?”
Sussurri
così lievi, tuttavia, da risultare quasi inconsistenti:
“E'
che... sto così bene... in questo abbraccio...”
Shu
si lasciò sfuggire un sorriso; sentirlo dire che il suo abbraccio gli
faceva bene avrebbe anche potuto convincerlo a rimanere in
quell'atmosfera incantata per sempre, avrebbe davvero voluto
trasformarsi in una statua di pietra per eternare all'infinito la
condizione di benessere che stava regalando al suo tesoro. D'altronde
anche lui stava bene, non era certo un sacrificio.
“Vogliamo
dormire così, in piedi, tutta la notte?” ridacchiò.
“Dormire?
Tu ne hai voglia?”
Shu
aveva la sensazione di stringere tra le braccia un cucciolo, per via
della vocina sottile con la quale Shin liberava nell'aria, come un
canto leggiadro, ogni singola parola.
“Non
molto...”
“Che
facciamo allora?”
“Restiamo
davvero così tutta la notte?”
“Tanto
crolli prima tu...”
Eccola
la leggerezza che tornava, insieme alla risatina da bimbo e Shu le andò
dietro, con il medesimo tono, il medesimo tentativo di tornare a
scherzare:
“Quando
mai?”
“Da
sempre, koi!”
“Non
è vero” si imbronciò Shu.
“Vogliamo
contarle le notti in cui mi sono addormentato prima di te?”
Shu
si districò con foga dall'abbraccio, gli girò intorno e gli riprese i
polsi, sollevandoglieli:
“Ah,
ma allora vuoi mettermi alla prova! Io, se voglio, so essere
resistentissimo! Quanto scommettiamo?”
Suiko
sbatté le palpebre più volte, un'espressione perplessa si dipinse sul
suo volto, poi assunse un'aria da saputello degna di Touma, il volto
sollevato e gli occhi chiusi:
“Non
te lo consiglio, sai benissimo che riesco ad arrivare al mattino senza
chiudere occhio.”
“E
tu sai benissimo che quando mi metto in testa una cosa, io la porto a
termine!”
Shin
sporse avanti le labbra, un po' dubbioso, quindi si divincolò e gli
diede le spalle:
“E
va bene allora, accetto la sfida! Però...”
Andò
a spegnere la luce, lasciando la stanza completamente immersa nel buio.
“Non
voglio disturbare i ragazzi, ce ne andiamo in camera!”
“A
sederci sul letto, magari?” ridacchiò Shu, “non temi che sia troppo
conciliante per il sonno?”
“Per
te sicuro, a me non crea nessun problema!”
Shu
fece una smorfia:
“Sei
troppo sicuro del fatto tuo, sirenetto.”
Uno
dietro l'altro salirono le scale fino alla stanza che, fin dal primo
giorno in cui erano entrati in casa di Nasty, avevano condiviso. A Shu
venne di nuovo da sorridere; ricordò che quando si era trattato di
dividersi tra le varie camere lui aveva immediatamente espresso il
desiderio di restare con Shin e avrebbe conservato nella memoria
eternamente lo sguardo che l'allora ancora tanto piccolo pesciolino gli
aveva rivolto... uno sguardo pieno di tutto... felicità e gratitudine
in primo luogo e una buona dose di incredulità.
“Davvero
non avevi immaginato, fino a quel momento, che tenessi tanto a te,
amore mio?”
Fu
un pensiero, ma avrebbe desiderato che Shin glielo leggesse negli
occhi, in quello sguardo che si scambiarono, un po' complice e un po'
di sfida. Poi non poterono fare a meno di immergersi in alcuni istanti
di silenzio che si tinse di sacro, istanti che li trascinarono entrambi
indietro nel tempo.
Il
primo a rompere quello stato di immobilità fu Shin:
“Teniamo
gli stessi letti?”
Nel
frattempo già si dirigeva verso il giaciglio che era sempre stato il
suo.
“Potremmo
anche usarne uno solo” buttò lì Shu con artefatta indifferenza.
Suiko
si lasciò cadere sul letto, raccolse le gambe sotto di sé e gli rivolse
una teatrale linguaccia da monello:
“Scemo!”
“Non
stavo mica scherzando!”
“Nemmeno
io, sei scemo!”
E
mentre lasciava librare nell'aria la sentenza con tono giocoso ma
velato di sfumature capricciose, sollevò le coperte e vi si infilò
sotto, quindi si raggomitolò dando le spalle all'amico.
Shu
osservò dubbioso la sagoma elegante che si delineava sotto gli strati
di lenzuola:
“Hai
già rinunciato alla scommessa?”
Negli
attimi di silenzio che seguirono Kongo fu quasi portato a credere che
Suiko si fosse addormentato davvero, poi la sua vocina si levò, come
uno squittio delicato, appena udibile da là sotto:
“Non
voglio dormire, mi sto solo rilassando!”
“Non
ti consiglio di farlo in quel modo, se non vuoi partire svantaggiato.”
“So
quello che faccio.”
Lo
stesso tono, un atteggiamento tanto simile a quello di un bimbo
bizzoso... o di una principessina viziata. Uno sfuggente sorriso piegò
per un istante le labbra di Kongo, poi si alzò, fece qualche passetto
silenzioso fino al letto di Shin, si acquattò sul pavimento e,
lentamente, insinuò un dito sotto la coperta, raggiunse la pelle nuda
del collo di Shin, la solleticò. Colto di sorpresa, l'altro ragazzo si
rannicchiò su se stesso e si agitò con un risolino acuto, la qual cosa
suscitò un sorriso ancor più ampio sul volto di Shu.
La
mente gli giocò uno strano scherzo, un flash che si accese in lui
giunto dal passato: si rivide così, in quella stessa posizione, durante
le notti del loro primo soggiorno in quella casa. Era vero che tendeva
ad addormentarsi abbastanza presto, di solito prima di Shin il quale
aveva il sonno più irregolare e nervoso. Ma, alcune notti, non glielo
aveva mai confessato, attendeva apposta; e quando era certo che Shin si
fosse addormentato, sgusciava fuori dal proprio letto e si avvicinava a
quello del compagno, si accucciava sul pavimento così, come ora stava
facendo e restava, finché i suoi occhi non riuscivano più a mantenersi
aperti, ad osservarlo... a contemplarlo anzi, assaporandone ogni
lineamento visibile nel buio.
E
accadeva da prima che chiarissero i reciproci sentimenti; in realtà Shu
avrebbe voluto passare il proprio tempo a guardarlo fin dal giorno in
cui l'aveva incontrato, ben prima di comprendere la natura delle
proprie emozioni e del proprio stato emotivo a tal proposito. Era in
grado di darsi una sola spiegazione: Shin era bello, quando dormiva era
un incanto, la sua tenerezza veniva fuori tutta, anche quella parte
che, nello stato cosciente, la sua riservatezza cercava di soffocare in
favore di un atteggiamento da adulto che non sempre gli riusciva...
quasi mai anzi...
Ma
nel sonno non aveva inibizioni di alcun tipo e la sua perfezione si
irradiava da ogni parte di lui, da ogni respiro, da ogni piccolo
movimento; nel sonno Shu riusciva a vederlo del tutto per quello che
era, un ragazzo speciale, dolce... il suo amore che, senza rendersene
conto, si metteva in quei momenti completamente a nudo per lui.
La
testolina rossa di Shin si mosse, dall'orlo delle lenzuola sbucò il
viso, pian piano, fino a rendersi del tutto visibile e il ragazzo si
voltò verso Shu.
“Mi
fai sentire osservato così.”
“Mi
vuoi spiegare perché ti sei nascosto in quel modo, allora?”
Shin
si strinse nelle spalle:
“Perché
mi andava.”
Shu
sbuffò con finta aria seccata:
“A
volte sei proprio un bambino.”
La
risposta immediata fu una cuscinata in pieno volto. Quando il morbido
proiettile ricadde e Shu poté di nuovo guardare il suo ragazzo lo vide
seduto, a gambe incrociate e le mani nascoste tra le cosce, gli occhi
accesi che lo fissavano con aria di sfida.
“Non
è che in questo modo hai dimostrato il contrario” insistette Shu,
arrendendosi al nuovo bisogno di ridacchiare divertito, intenerito...
dispettoso.
Shin
si lasciò cadere supino sul materasso, intrecciando le dita dietro la
nuca e fissando il soffitto:
“Cosa
scommettiamo?”
Era
un evidente tentativo di sviare un argomento scomodo.
“In
che senso?” ribatté Shu preso in contropiede.
“E
poi il bambino sarei io, abbiamo fatto una scommessa no? Che senso ha
una scommessa senza che ci sia una posta in gioco?”
Con
uno sbuffo tra le labbra, Shu soffocò a stento l'istinto a ridere
ancora:
“E
va bene, se vuoi fare sul serio io una proposta ce l'avrei.”
Il
viso di Shin si mosse quel tanto che bastò per rivolgergli un'occhiata
un po' diffidente:
“E
quale sarebbe?”
Shu
assunse un'espressione monella e maliziosa:
“Chi
perde...” esitò, tentando di creare una sospensione che suscitasse
mistero e curiosità.
Il
viso di Shin si faceva sempre più inquieto.
“Sì?”
Kongo
ridacchiò prima di proseguire, lentamente, soppesando ogni parola:
“Chi
perde, farà da schiavo all'altro per un'intera giornata.”
Shin
sbatté le palpebre, le sue labbra si schiusero ma non uscì un suono; fu
invece Shu a continuare:
“E
gli altri non dovranno sapere nulla, anche se chiederanno spiegazioni
riguardo al fatto che tu mi obbedirai in tutto senza protestare,
nessuno di noi dovrà dargliene.”
“Aspetta
un attimo” lo interruppe finalmente Shin, “IO ti obbedirò? Mi stai
dando già come perdente?”
Shu
tirò fuori la lingua:
“Io
di perdere non ne ho nessuna intenzione e ti ribadisco che, se mi metto
in testa una cosa, niente e nessuno mi impedirà di portarla a termine!”
Shin
si imbronciò e brontolò piano:
“Mi
sembri un po' troppo sicuro di te...”
“E
tu mi sembri un po' tanto preoccupato” ghignò Kongo, resistendo alla
tentazione di coccolarlo per la tenerezza che provava nei confronti del
suo tesoro, in ogni singola manifestazione.
Il
broncio di Suiko si fece più plateale, si mise seduto gettando via le
coperte ed incrociando le braccia:
“E
va bene, se vuoi la guerra sarà guerra!”
Shu
avrebbe voluto scoppiare a ridere tanto quell'atteggiamento gli sembrò
buffo, ma si limitò ad accentuare il ghignetto sul suo volto,
ridacchiando tra i denti; era davvero sicuro di vincere, non aveva per
niente sonno e già pregustava l'indomani immaginandolo come un giorno
indimenticabile.
Si
alzò e si arrampicò sul letto di Shin, mettendosi carponi sopra di lui
ed avvicinando le loro labbra:
“Sigilliamo
il patto con un bacio?”
L'altro
si ritrasse, gli posò il palmo della mano sul volto e lo respinse,
stizzito:
“Non
ci penso nemmeno, un bacio da chi vorrebbe schiavizzarmi? Va' al
diavolo, Shu!”
Shu
si mise in ginocchio sopra di lui e sbuffò, massaggiandosi il naso:
“E'
stata tua l'idea di mettere una posta in gioco!”
“E
ovviamente tu hai ideato la più perfida al solo scopo di perpetrare
cattiverie nei miei confronti!”
“Parla
l'innocentino che non ama mai perpetrare crudeltà nei confronti del
sottoscritto!”
“Le
mie crudeltà si esauriscono in qualche battutina, tu sei dispettoso in
maniera perfida!”
“Eppure
dovresti saperlo che una lingua affilata può essere più perfida di
qualunque gesto!”
“Ma
se vinci, le tue cattiverie nei miei confronti dureranno una giornata
intera!”
L'ultima
frase di Shin aveva assunto un'inflessione molto prossima ad un
capriccioso piagnucolio e sul viso di Shu ritornò quel ghigno che tanto
innervosiva Suiko:
“Ah,
ma allora hai davvero paura che sarò io a vincere, sei molto meno
sicuro di me!”
Shin
lo fulminò con uno sguardo ma Kongo non si arrese; si tese un po' verso
di lui, si atteggiò ad un fare suadente, strisciò contro il suo corpo e
portò i loro visi di nuovo pericolosamente vicini, quindi sussurrò, con
sibilo da seduttore:
“Che
succede, hai già sonno, pesciolino?”
Shin
si ritrasse, fino ad aderire contro il muro alle sue spalle, dando
l'idea di volerne venire inghiottito.
“Cosa
stai cercando di fare, imbroglione?”
“Perché
sei così sulla difensiva?” insisté Shu senza mutare attitudine,
appiccicandosi ancor più a lui, schiacciandolo tra se stesso e la
parete, “ti senti già sconfitto?”
“Ma
la smetti?!”
Un'altra
manata sul viso, questa volta più violenta, tanto che Shu si trovò
sbalzato all'indietro e per poco non cadde dal letto.
“Mostriciattolo
acquatico” mugugnò, la mano stretta sul naso dolorante.
“Odioso
scimmione!”
“Squalo
cattivo!”
Con
l'ultimo insulto Shu scese dal letto, la mano sempre premuta sul naso e
si diresse verso il proprio, sedendovisi sopra con le gambe incrociate,
senza più rivolgere uno sguardo al compagno.
Scese
tra loro una cappa di teso silenzio, entrambi non si risolvevano a fare
altro se non tenere lo sguardo abbassato sulle lenzuola ma i loro
sguardi erano profondamente diversi: quello di Shu era ancora
imbronciato, mentre i lineamenti di Shin andavano tingendosi di
qualcos'altro, erano più simili a quelli di un cucciolo contrito.
Fu
infatti lui il primo a rompere il silenzio, non sollevò il viso ma
lanciò a Shu uno sguardo in tralice e tirò fuori il suo sussurro più da
cucciolo, incerto, flebile:
“Sh...
Shu...”
Il
primo pensiero di Kongo fu che si trattasse di una strategia, Shin
sapeva benissimo quali armi usare per impietosirlo... e ci riusciva
sempre. In effetti, anche questa volta il cuore di Shu fece una
capriola, il suo sentimento nel confronti di Shin, già da tempo, gli
aveva svelato cosa significasse avere le “farfalle nello stomaco”, come
un ragazzino in preda all'innamoramento più acuto.
Spostò
il viso quel tanto che bastò a rivolgergli un'occhiata di traverso e
attese ancora senza rispondere: non voleva dargliela vinta subito, in
fondo il naso gli faceva ancora male.
Il
silenzio si protrasse, Shu pensò per un attimo che la sua mancata
reazione avesse nuovamente fatto arrabbiare il compagno e il pentimento
per non avere risposto si fece strada dentro di lui. Poi ancora quel
cinguettio da uccellino:
“Sei...
sei arrabbiato?”
Un
altro balzo del cuore, un capogiro provocato dallo sciogliersi delle
membra... e la consapevolezza che la sirenetta incantatrice lo stava
inesorabilmente conducendo verso la sconfitta.
Sospirò,
si abbandonò indietro sulle coperte, poi si mise prono, le mani sotto
al mento, l'unico modo per poterlo guardare dato che i loro letti erano
disposti perpendicolarmente l'uno all'altro.
“Non
sono arrabbiato cucciolo, solo dolorante, mi hai quasi rotto il naso!”
Lo
vide rannicchiarsi, fino a nascondere il viso tra le ginocchia:
“Mi
dispiace...”
Shu
fece una smorfia: forse, dopotutto, il sirenetto non aveva nessuna
intenzione di incantarlo, era realmente dispiaciuto, Shin era fin
troppo propenso ai sensi di colpa.
“Dai,
non è successo niente...”
Non
ce la faceva... vederlo entrare in crisi era insopportabile... se poi
era per lui... assolutamente no!
Shin
intanto si decise a sollevare il viso e a mostrargli i suoi occhi, poi
scese dal proprio letto e si diresse verso quello di Kongo, finché
quest'ultimo si ritrovò il naso di Suiko pressoché appiccicato al
proprio.
“Fammi
vedere!”
Era
un ordine, Shin aveva assunto l'altro suo atteggiamento tipico: quello
della mammina premurosa e autoritaria. Gli mise le mani a coppa sulle
guance e lo scrutò con un cipiglio e una seriosità che, sul suo viso un
po' infantile, risultarono buffi; Shu strinse le labbra per non
scoppiare a ridergli in faccia.
“Non
mi sembra niente di grave... forse è un po' rosso...”
“Prima
rischi di rompermi il naso... facendolo apposta tra l'altro... poi ti
senti in colpa? Certo che sei un bel tipo!”
Uno
sbuffo e Shin era in piedi, di nuovo diretto a passo nervoso verso il
proprio letto, per poi lasciarvisi cadere sopra come se dovesse
tuffarsi nell'acqua:
“Non
mi preoccuperò mai più per te, baka-saru!”
Shu
sporse un labbro in avanti:
“Sei
più volubile di un temporale estivo.”
“Uh,
ma che espressioni poetiche tiri fuori...” fu la sarcastica battuta di
Suiko mentre si girava su un fianco, il viso rivolto al muro,
permettendo a Shu di scorgere solo la sua schiena e le forme sinuose da
elegante sirena che si allungavano, raccogliendosi un poco. Le membra
di Kongo furono scosse da un sospiro, il suo burrascoso, dispettoso
animaletto delle acque era davvero bello... tanto bello e tanto...
tanto difficile da trattare... tanto gratificante sapere di essere un
privilegiato al quale concedeva molto di sé, di quello scrigno così ben
protetto, riservato, a tratti impenetrabile, che era il suo cuoricino.
Quindi,
nonostante quell'ultima provocazione, Shu non poté fare a meno di
abbandonarsi ad un sorriso e di dirigersi verso di lui; era buffo,
continuavano a scambiarsi visite da un letto all'altro, ad occhi
esterni quella situazione doveva apparire piuttosto ridicola, ne era
consapevole e il pensarci ottenne come risultato quello di accentuare
la sua espressione ilare.
Si
arrampicò sul letto, fino a mettersi a cavalcioni sul compagno che girò
il viso appena, per poterlo guardare e si irrigidì un poco.
“Dai”
Shu provò ad accarezzarlo con il tono della propria voce, “non essere
sempre così teso, cerca di rilassarti un po'.”
L'altro
sospirò e lasciò che le proprie membra si sciogliessero e si
affidassero al tocco delle mani che Kongo faceva correre su di lui.
“Non
tenterò di sedurti e forzarti a fare qualcosa, se è questo che temi.”
Shin
distolse lo sguardo:
“Non
lo temo affatto, che dici?”
Eppure
si mostrò intimidito dall'asserzione di Shu e si mosse un poco, con
l'intenzione di spostarsi del tutto in posizione prona; Shu si sollevò
quel tanto che bastò per agevolargli il movimento ma rimase in
ginocchio, le gambe intorno al busto del compagno e restò qualche
istante immobile, a fissare la sua schiena forte ma sottile, i capelli
ramati, ora più corti rispetto a quando si erano incontrati la prima
volta, ma ricresciuti un poco nel corso dei mesi successivi al loro
soggiorno a New York.
La
sua espressione si fece seria, si sentì rapito, totalmente, sembrava
contemplare qualcosa di sacro... e per lui era proprio così in effetti.
Con sguardo estatico e concentrato, quasi stesse sfiorando un oggetto
fragile, o troppo puro e perfetto per essere toccato dalle sue mani,
lambì appena, con la punta delle dita, una ciocca di quei capelli che,
sotto la luce della stanza, rilucevano come oro.
“Sei...
prezioso per me, Shin... prezioso davvero...”
Non
ottenne risposta, ma lo conosceva troppo bene per immaginare la sua
reazione: sicuramente il fanciullo dei mari aveva sgranato gli occhi e
le sue guance avevano assunto un delicato rossore. Potendo vedere
unicamente la sua schiena, l'unico segnale che percepì del turbamento
di Shin fu un violento tremito delle sue membra. Si chiese una volta di
più come potesse, una persona, risultare tanto maliziosa, dispettosa ed
astuta e, al tempo stesso, tanto innocente da intenerire anche le
pietre.
“Sei...
la perfetta unione del tutto...”
Shin
afferrò il cuscino, affondò in esso il viso e borbottò:
“Smettila
di fare il filosofo, non ti si addice.”
“E
tu smettila di nasconderti perché la mia vena poetica ti rende a corto
di parole.”
“Scemo”
sbuffò l'altro, la voce sempre attutita dal cuscino.
“Decisamente
a corto di parole...”
“Stupida
scimmia...”
“E
pure poco fantasiose le poche che pronunci...”
“Shu,
finiscila...”
Kongo
si abbassò, portando le labbra a sfiorare il suo orecchio e sussurrò,
dolce:
“Solo
se mi fai vedere i tuoi occhi...”
Un'esitazione,
poi un leggero movimento e Shu poté scorgere almeno il profilo di
Suiko, quel nasino delicato e un po' altezzoso, le profondità
dell'oceano che fluttuavano nell'unico occhio visibile, l'espressione
vagamente malinconica e persa. Non resistette alla tentazione di
prendere la punta di quel naso tra due dita e pizzicarla, come avrebbe
fatto con un bimbo. Il viso di Shin si arricciò, divincolandosi per il
fastidio, ma il ragazzo si lasciò vincere da una risatina.
“Sei
noioso ed infantile, Shu!”
“Però
ti ho fatto ridere.”
“I
bambini fanno ridere.”
“Allora
siamo due bambini.”
Silenzio
e Shu fu consapevole di avere vinto.
Come
previsto, l'attimo di sospensione venne interrotto dall'esplosione di
ilarità di Suiko.
“E
va bene... mi sa che non hai tutti i torti.”
“Quale
onore... una simile concessione...”
Le
membra di Suiko furono scosse da un sospiro, abbracciò con più forza il
cuscino, vi strofinò un po' sopra il viso:
“Shu,
mi coccoli?”
Kongo
rimase interdetto, il modo in cui Shin abbandonava all'improvviso
pudore e riservatezza lo sorprendevano sempre... lui lo sorprendeva, in
ogni sua manifestazione.
“Ma
come riesci ad essere così...” si fermò.
“Così
come?” lo esortò Suiko, lievemente sulla difensiva.
“Quello
che sei, koi... quello che sei... ne sono sempre più certo, non mi
sarebbe mai stato possibile non innamorarmi di te...”
Shin
rimase immobile, la guancia posata sul cuscino, si immerse in se stesso
riflettendo su ciò che aveva udito.
“Sono
sempre più bravo a lasciarti senza parole, sto migliorando.”
“Sì
Shu... è vero...”
“Mi
sembri stanco...”
E
le mani di Shu si mossero, cercarono le spalle di Shin, le dita
premettero nell'esordio di un massaggio.
“Non
ci provare...” borbottò Shin semi-soffocato dal cuscino.
“A
fare cosa?”
“Non
dirmi che non ci stavi pensando...”
“A
che cosa, insomma?”
Uno
sbuffo esasperato accompagnò il maggior affondare del viso di Shin nel
cuscino:
“Alla
scommessa, non fare il finto tonto!”
Shu
sbuffò a propria volta:
“Ma
è vero che non ci stavo pensando!”
Poi
ghignò e la sua mente formulò un pensiero consapevolmente perfido:
“Ma
hai commesso il grave errore di farmici pensare tu, mia fochetta.”
Attese
prima di tornare all'attacco con la tattica del massaggio, non voleva
correre il rischio di rovinare il proprio piano agendo precocemente ma
non parlò; il silenzio che scese tra loro contribuì a creare
un'atmosfera un po' sonnolenta. Ma lui non aveva sonno e sorrise
ancora, trionfante, nell'osservare il pesciolino che invece si mostrava
sempre più abbandonato ed assente.
Sperò
che quel lasciarsi andare al languore dei sensi fosse sufficiente a
cancellare dalla sua mente anche la concentrazione e la memoria...
sperava che avrebbe smesso di pensare alla scommessa.
Giusto
per saggiare il terreno tornò a sfiorare le sue spalle, in un accenno
di massaggio; Shin gemette, ma Shu era certo non si trattasse di un
lamento di protesta.
Allora
intraprese l'opera in maniera più decisa, le sue mani andarono dalle
spalle, al collo, alla schiena, con una pressione forte e gentile a un
tempo; sentì il corpo di Shin tendersi e poi sciogliersi per l'evidente
piacere di quell'inatteso trattamento, un altro mugolio si levò dalle
sue labbra. Shu sollevò lo sguardo sull'adorabile profilo che sembrava
più che mai quello di un bimbo... aveva chiuso gli occhi, le braccia
erano strette intorno al cuscino e Shu sentì risalire lungo le sue
viscere la ormai ben nota sensazione che la contemplazione del suo
gioiellino dei mari gli trasmetteva.
Si
fermò, mantenendo qualche istante le mani immobili sulle scapole di
Shin, per scrutarne le reazioni; il respiro era troppo regolare, le
membra troppo distese.
“Ma
stai dormendo davvero?” provò a chiedere Shu ed aguzzò le orecchie, per
essere certo che nessuna risposta potesse sfuggirgli.
E
la risposta non venne.
“Shin?”
Si
sentì in dovere di insistere, perché non osava considerarsi già
vincitore senza che vi fosse alcuna certezza. Anche questa volta gli
rispose il silenzio e sul suo volto si disegnò l'espressione della
vittoria.
Sfidando
il timore di svegliarlo, lo scavalcò per scendere dalla sua schiena e
riposare i piedi a terra, quindi portò le proprie labbra a sfiorare la
sua guancia con un bacio che quasi non giunse a toccarlo:
“Ti
ho sconfitto, ci rivediamo domani, mio adorabile schiavetto.”