-6-
La
giornata trascorse più o meno nella medesima atmosfera, davanti agli
occhi attoniti dei compagni: Shu ordinava e Shin obbediva, con ogni
evidenza ingoiando maledizioni e consapevole che se avesse dato retta
all'istinto, Kongo avrebbe pagato cara ogni angheria.
Ma
non lo faceva, l'istinto era messo a tacere e questo era ciò che
maggiormente sconcertava i ragazzi; persino Byakuen scrutava ogni scena
con i suoi occhi attenti ed inquisitori, impossibilitato lui stesso a
capacitarsi dell'assurda.
Ryo
aveva tentato più volte di tornare alla carica, spesso con la
complicità di Touma ma nessuno era riuscito, in alcun modo, a far sì
che Shin si sbottonasse e rivelasse alcunché di quell'interazione tra
lui e Shu diventata bizzarra e surreale.
Era questione di tempo perché tutto precipitasse.
Quando,
dopo cena, Shin si alzò per sparecchiare, in seguito alle
sollecitazioni di Shu, Ryo non resse oltre; si alzò a propria volta, la
sedia che emetteva uno stridore distorto strisciando sul pavimento,
afferrò Shin per un braccio, strinse il pugno intorno al colletto della
felpa di Shu trascinandolo in piedi e li strattonò verso di sé:
“Se
prima domandavo e cercavo di capire, adesso faccio davvero il capo e ve
lo ordino; o mi dite cosa sta succedendo o diventerò davvero
pericoloso!”
Il suo tono era acceso, cercava anche di renderlo duro ma Kongo lo affrontò con sprezzante ironia:
“Lascia perdere, grande capo, sei poco credibile”.
Un
fremito attraversò le membra del samurai del fuoco, la mano intorno
all'avambraccio di Shin si aprì lasciandolo libero e Suiko barcollò per
la foga di Ryo che, intanto, aveva invece accentuato la stretta con la
quale imprigionava Kongo, infondendo tanta energia da sollevarlo quasi
da terra:
“Vediamo
se continuerò ad essere poco credibile quando mi vedrai davvero
infuriato, Shu! Vediamo fin dove saprà spingersi questa tua irritante
leggrerezza!”
Era
talmente strano vedere Ryo così teso ed adirato nei confronti di uno di
loro che Shin provò un malessere profondo, oltre che un immediato senso
di colpa; lui e Shu avevano generato tensione nel gruppo e la cosa lo
metteva a disagio, non gli era possibile accettarlo. Con tutta la
dolcezza di cui era capace, posò la propria mano su quella con cui Ryo
artigliava il colletto di Shu; bastò il suo tocco a far allentare la
morsa, unito alla carezza della sua voce:
“Per favore... Ryo...”
L'ascendente
che Shin aveva sulla Vampa sortì l'effetto desiderato; le dita di Rekka
si allentarono fino a lasciare la presa e Shu fece un passo indietro,
il volto basso, a disagio. Non gli piaceva litigare con i compagni,
tanto meno con Ryo, anche se a volte accadeva a causa dei loro
caratteri impulsivi.
I sentimenti di Ryo non erano molto diversi; abbassò il capo anche lui, deglutì:
“Mi
dispiace... mi sono lasciato trascinare perché sento che c'è qualcosa
che non va... e io non voglio che ci sia qualcosa che non va tra di
voi”.
La mano di Shin si posò sulla sua spalla:
“Lo so... è colpa nostra... tu vuoi solo aiutarci e noi siamo due idioti”.
Shin
credeva realmente a ciò che stava dicendo; stavano rischiando di
rovinare la vacanza a tutti a causa di uno stupido gioco degno di
bambini immaturi e una delle cose che il samurai dell'acqua meno poteva
sopportare era dar mostra di immaturità.
“Però”
soggiunse, lo sguardo che fuggiva a terra, “non devi sentirti sempre
responsabile per tutto Ryo, siamo grandi abbastanza da prenderci le
nostre responsabilità... e non sei tu che devi ritenerti inadeguato se
i tuoi nakama si dimostrano indegni di te”.
Il volto di Rekka si sollevò, l'espressione costernata di chi aveva appena udito la sciocchezza più immane:
“Non parlare così, non è vero, non pensate mai una cosa del genere di voi stessi”.
Shin
sembrò non ascoltarlo, tutto concentrato sul proprio bisogno di
risolvere la questione strinse le dita intorno al polso di Kongo, che
se ne stava ancora con lo sguardo rivolto a terra:
“Adesso non preoccupatevi più, usciamo a fare una chiacchierata noi due e metteremo tutto a posto”.
Lasciando
i compagni ammutoliti, incapaci a quel punto di rispondere, trascinò
Shu verso l'uscita; solo quando scomparvero oltre la porta un sospiro
esasperato si levò da Touma, persino lui si era mantenuto in silenzio,
immerso nella sua costernazione, per tutta la durata del litigio. Anche
Seiji sospirò, come se un peso gli fosse stato tolto dal petto e scosse
il capo.
Il primo a parlare fu Ryo, ma senza riuscire ancora a sollevare il capo da terra:
“Mi dispiace ragazzi... non avrei voluto aggredire Shu in quel modo”.
“Nessuno ha detto che non lo meritasse” sentenziò Touma, abbandonandosi all'indietro contro lo schienale della sedia.
Ryo fece un cenno negativo del capo, ma ogni protesta verbale venne interrotta nuovamente dalla voce di Tenku:
“Anche Shin però... che razza di atteggiamento... quel ragazzo è davvero strano a volte...”
Non
si avvide dell'occhiata eloquente rivoltagli da Seiji, il sopracciglio
rialzato in un'espressione di divertita perplessità, ma udì chiaramente
il suo commento:
“Forse è il motivo per cui andate tanto d'accordo”.
Rispose a Korin un'occhiataccia imbronciata ed una protesta lamentosa:
“Ma se mi strilla sempre dietro”.
“Forse perché tu lo stressi di continuo, Touma”.
Il samurai dell'aria intrecciò le dita dietro la nuca e commentò con ingannevole e riflessivo candore:
“E' che si presta, stuzzicarlo dà soddisfazione”.
Seiji si portò una mano alla fronte e reclinò il capo, un po' rassegnato, un po' esasperato:
“Sembri un bambino che parla di un giocattolo da smontare per pura curiosità”.
“Shin è un po' un giocattolo da esplorare, non credi?”
“Touma!”
Ryo, spazientito, aveva prevenuto ogni ulteriore risposta di Seiji.
Tenku
sollevò gli occhi al soffitto ed emise il tipico lamento del bambino
capriccioso che si sentiva incompreso per le sue idee così ovvie ed
innocenti.
Ryo
tuttavia non lo guardava più, i suoi occhi erano tornati alla porta che
dava sull'esterno, così come i pensieri che seguivano i due compagni
usciti poco prima.
“Speriamo
che vada davvero tutto bene” mormorò. Non riusciva in alcun modo a
fugare del tutto l'ansia dal proprio animo, incapace di mostrarsi
distaccato, soprattutto se un qualunque problema affliggeva il cuore di
coloro che amava.
***
I
monti di Kanagawa erano già lambiti dalle prime tracce di oscurità, nel
cielo le sfumature tendenti al grigio annunciavano la notte, la luna
aveva sostituito l'astro diurno.
Shin
trascinò il compagno per qualche passo lontano da casa, in direzione
del lago, poi gli lasciò il braccio e arrestò i propri passi, le mani
abbandonate lungo i fianchi, lo sguardo che tendeva a fuggire verso il
basso.
Siccome Shin sembrava smarrito in un personale e muto disagio, fu Shu a rompere il silenzio tra loro:
“Non volevo che andasse così, mi dispiace che Ryo si sia arrabbiato tanto”.
“Nemmeno
io” mormorò la delicata voce di Suiko che, tuttavia, acquistando
sicurezza, si rese quasi subito più severa, “e non immaginavo che
avresti esagerato a tal punto”.
“Sarebbe colpa mia adesso?” si infervorò Kongo.
“E'
da stamattina che non mi dai tregua e che godi a fare il despota
approfittando di una scommessa vinta con l'inganno e pretendi che gli
altri non si rendano conto di nulla? Hai tirato troppo la corda, Shu!”
“Ma tu sei stato al gioco e non mi hai dato un freno, quindi caso mai dobbiamo dividerci la colpa a metà!”
Shin si portò una mano alla fronte:
“Mi chiedo perché l'ho fatto, questo è certo, mi sento così... così... cretino!”
“L'hai fatto perché hai perso la scommessa e sei un uomo d'onore!”
Un
borbottio dubbioso si levò dalle labbra di Shin; non capiva le
motivazioni della propria accettazione, non le comprendeva prima e
continuava a non comprendersi.
“Certo...
un uomo d'onore... l'unica cosa di cui sono sicuro adesso è che ti ho
trascinato fuori per parlare con calma e stiamo di nuovo litigando...
cosa c'è che non va?”.
Shu
parve non accorgersi dell'atteggiamento infelice di Shin, di quel suo
modo di parlare quasi a se stesso, interrogandosi e ponendosi domande
alle quali non sapeva trovare risposta e proseguì sicuro lungo la
propria strada:
“L'unica cosa che so io, invece, è che la giornata non è ancora finita e che sei ancora il mio schiavetto personale!”
Nel
parlare afferrò le mani di Suiko, ma non si era aspettato la reazione
violenta del compagno, che si divincolò con tale energia da farsi male
ai polsi, mentre Shu venne sbalzato all'indietro, il suo equilibrio
messo a dura prova.
“Vuoi
smetterla con queste scemenze?” strillò e nel frattempo si allontanava,
camminando a ritroso, “il gioco è finito Shu, mi sono stancato, non
avremmo neanche dovuto iniziarlo!”
Davanti
agli occhi attoniti di Kongo si voltò e scappò via; il Diamante però
sapeva benissimo dove sarebbe andato e l'espressione perplessa si mutò
in un sorriso fin troppo simile a un ghignetto dispettoso. Non sapeva
spiegarsi perché ma non riusciva a dargli retta questa volta, non
riusciva a porre fine a quel gioco, nonostante tutto, nonostante la
tensione generata, nonostante la rabbia di Shin... qualcosa lo spingeva
a non controllarsi... e non sapeva dire cosa.
Lo
trovò dove aveva immaginato, in piedi sulla banchina di legno,
affacciato sulle acque placide del lago incupite dalle ombre della sera.
Il
ghignetto si accentuò, anche se una vocina interiore lo metteva
all'erta, perché dentro di sé lo sapeva, quando Shin si trovava in
quella disposizione d'animo era solitamente necessaria cautela e tanta,
tantissima sensibilità; eppure ancora non seppe far emergere la parte
più dolce di sé. Si accostò alle sue spalle, le sfiorò appena:
“Non vorrai sfuggire al tuo destino, sirenetto.”
Il sussurro morbido e carezzevole contraddiceva il significato delle parole. Il capo di Shin si abbassò e si scosse.
“Falla
finita” ringhiò a bassa voce... degno di un cucciolo di Byakuen o di
uno squaletto, si trovò a pensare Kongo, il sorriso che si accresceva
ancora.
“Perché dovrei? Sono ancora il tuo padrone, dopotutto”.
Era
più forte di lui, non sapeva trattenersi; quella situazione si rivelava
troppo stuzzicante... come stuzzicanti erano gli istinti del suo
corpo... e della sua mente. Ancora la vocina interiore continuava a
suggerirgli:
“Fermati Shu di Kongo... sei già andato troppo oltre, le cose rischieranno di degenerare se non dai loro un freno”.
La sua coscienza?
Eppure... eppure...
“Dopo tutto quel che è accaduto in casa, hai ancora voglia di fare il cretino?”
Shin
gli parve un po' esasperato, un po' rassegnato... ma anche un po'
arrendevole... e forse curioso. E anche Shu era curioso... di
sperimentare quanto in là la sua fochetta gli avrebbe concesso di
spingersi. Curiosità... certo... semplice curiosità... non gli avrebbe
di sicuro fatto del male... eppure... c'era qualcosa nell'atmosfera,
nella situazione... anche nell'atteggiamento di Shin... che lo induceva
a non volersi porre troppe domande, a non volersi neanche dare dei
limiti o prendere in considerazione freni inibitori.
“Qui
non siamo in casa...” Tono insinuante... con un passo si portò al
fianco di Shin, “sei ancora in mio potere... posso far finta di niente
in presenza degli altri ma qui, da soli, nulla ci impedisce... mi
impedisce... di continuare a giocare...”
Shin
si spostò, scrutandolo con un breve sguardo obliquo, per poi riportare
gli occhi alle acque scure. Shu fece un passo laterale e le loro spalle
si sfiorarono di nuovo:
“Se
molli tutto adesso, se non porterai fino in fondo questa cosa, sarà
come se non avessi rispettato i termini e la fatica che hai impiegato
finora sarà stata vana”.
“Stai
rimescolando le cose a tuo comodo” sbottò Suiko, girò su se stesso e
nell'allontanarsi gli diede una spinta. Colto di sorpresa, Kongo
barcollò pericolosamente e gli ci volle tutta la sua capacità di
reazione per riprendere il controllo del proprio equilibrio e non
cadere in acqua.
Shin
aveva già messo i piedi sul prato e Shu fu lesto a raggiungerlo in
pochi balzi, gli girò intorno e gli si piazzò davanti, sfidando lo
sguardo tagliente ed irrequieto di quegli occhi tanto belli, in grado
di fargli girare la testa... ed in effetti gli girava, era come
trascinato da un vortice... un vortice d'acqua e passione. Ridacchiò.
“La vuoi smettere di sfuggirmi?”
Un
passo verso di lui, i loro nasi che si sfiorarono, i corpi prossimi ad
aderire. La voce di Kongo si abbassò, si mutò in un sussurro che fece
sgranare gli occhi di Suiko:
“Altrimenti diventerò molto severo... e dovrò punirti... lo sai?”
Suiko puntò le mani sul suo petto e lo spinse lontano da sé:
“Ti ho detto che la devi smettere, non sto scherzando, Shu!”
In
altri momenti Kongo si sarebbe fermato, quello sguardo, quel tono,
quella... paura... che si diramava da Shin sottoforma di energia
negativa... tutto questo e anche molto meno sarebbe stato sufficiente a
farlo smettere di scherzare, di giocare... di fare qualunque cosa si
fosse messo in testa... ma quello non era un momento normale e si
ritrovò a serrare le proprie dita poco sotto le spalle di Shin:
“Neanche io sto scherzando... proprio per niente...”
Troppo serio adesso... troppo poco rassicuante... troppo poco Shu...
Sul
viso di Shin si palesò un'espressione frustrata, furente... e fin
troppo inquieta. E si odiò, perché non riusciva semplicemente a
mandarlo al diavolo perché, nonostante si rendesse conto di quanto
assurdo fosse quell'atteggiamento, non era in grado di opporsi.
“Sta
cominciando ad essere umiliante tutto questo, Shu, non te ne rendi
conto? Per tutti e due... è stupido... tu ti stai comportando da
bambino stupido...”
La
sua voce era ridotta ad un offeso piagnucolio, che si tramutò in
gridolino di disappunto e sorpresa quando il compagno lo spinse,
facendolo precipitare a terra; subito dopo lo ritrovò carponi sopra di
sé, le mani a bloccargli le braccia, quel ghignetto odioso,
onnipresente, che a Shin cominciava a sembrare anche un po' inquietante.
“Dipende dai punti di vista, pesciolino, a volte anche essere bambini... e magari anche un po' stupidi... fa sentire liberi...”.
Discorso
superficiale e tanto poco degno di Shu... del suo Shu... che ora si
chinava su di lui, Shin sentì i loro bacini a contatto e fu scosso da
un tremito violento, seguito da altri quando il dorso della mano di
Kongo gli carezzò languidamente una gota. Poi quella mano indugiò sulla
guancia con il palmo e, infine, Shu prese tra le dita il viso di Shin,
vi avvicinò il proprio, finché Suiko percepì il suo alito sulla propria
pelle e si agitò, paura, calore, inquietudine, adrenalina... tutto che
diventava insopportabile, troppo pesante da sostenere.
La
lingua di Shu uscì dalle labbra e lambì, lenta, insinuante, la punta
del naso di Shin che si arricciò, mentre il ragazzo tentava di ritrarsi.
“Sei adorabile pesciolino” sussurrò Kongo, il corpo che si abbassava ancora, finché la loro adesione divenne totale.
“Sh... Shu...” balbettò Shin, l'incredulità ormai giunta all'estremo.
“Il mio ultimo desiderio da tuo padrone, pesciolino... in questo momento sei mio... tutto.. completamente...”
Quel
tono, quei gesti, quell'atteggiamento... Shin si smarrì in un vortice
emotivo che rischiò di sopraffarlo, non capiva cosa stesse accadendo,
troppi contrasti lottavano dentro di lui, senza risoluzione alcuna.
Paura e desiderio, che amalgama bizzarro... l'aveva già provato ogni
volta che, tra loro, si erano verificati approcci simili, tentativi di
concludere mai andati in porto... proprio perché la paura aveva sempre
avuto il sopravvento... e Shu l'aveva sempre rispettato, fino in fondo,
senza mezzi termini, mai l'aveva forzato a fare qualcosa e allora...
cosa gli stava accadendo?
C'era
qualcosa di diverso in lui, quelle fiamme quasi feroci, che potevano
significare la mancanza di controllo sul proprio desiderio... era
davvero così? Shu si stava lasciando trascinare dal puro istinto
dimenticando ogni altra cosa, persino le promesse e il rispetto nei
suoi confronti?
E
allora perché non lo cacciava, non protestava, non gli diceva che non
si stava divertendo affatto? Perché, nonostante tutto, il suo corpo
reagiva con quello strano calore che risaliva da ogni terminazione
nervosa e provocava risposte contrastanti con il terrore che la parte
razionale provava?
Shu
era completamente incollato a lui, le sue mani affondarono nella chioma
fulva, raccogliendo e lisciando tra le dita i capelli di Suiko e il
ragazzo di Hagi, ad ogni carezza, rabbrividiva di piacere e di ansia
perfettamente fuse. Poi le mani scesero lungo tutto il suo corpo, un
nuovo sussurro uscì dalle labbra di Kongo:
“Ora... farai tutto quello che io vorrò... perché io sono il tuo padrone e tu sei bellissimo...”
Il
tono di Shu accentuò i tremiti di Suiko, dilatò la paura e anche la
singolare curiosità che le reazioni proprie e del compagno gli stavano
causando; c'era un'atmosfera diversa da quella che era solita
instaurarsi in simili momenti tra loro, c'era un sentore di fatalità,
di ineluttabile necessità alla quale gli era impossibile sottrarsi.
Fu proprio quel pensiero a tramutare la paura in autentico, indomabile orrore.
Si
divincolò, trascinò la schiena sul prato per sottrarsi più che poteva
al contatto, ma Shu era troppo forte, dal punto di vista prettamente
fisico contro di lui non avrebbe avuto alcuna speranza.
Trattenne
il fiato, cosa stava pensando? Che gli sarebbe stato necessario
difendersi contro Shu? Era troppo... non vi era nulla di credibile in
una tale constatazione.
“Che cosa stai facendo?”
Riuscì
a tirar fuori un filo di voce, un mormorio flebile e un po' roco.
Mentre tentava ancora di sottrarsi, Shu premette maggiormente contro il
suo corpo, gli bloccò il viso con una mano, l'altra mano che si
insinuava sotto la maglia, la percepiva sulla pelle del fianco e quel
tocco era così spaventoso e così elettrizzante a un tempo da farlo
gemere.
“Avanti pesciolino, che lo sai... lo sai cosa sto facendo... mi prendo quel che mi spetta...”
L'organismo
di Shin si tese in ogni fibra, si irrigidì come un pezzo di pietra,
aveva la gola secca e comprese cosa significasse sentirsi disidratato;
aveva bisogno del suo elemento, magari anche per rinfrescare se stesso
e quel pazzo che si strusciava lascivo contro di lui.
“Shu stai... stai scherzando, vero? Adesso rinsaviamo tutti e due e mi dici che... che questo... è tutto uno scherzo...”
Mantenendo immutato il proprio atteggiamento, Kongo rispose:
“Perché
dovrebbe essere uno scherzo? Sei il mio ragazzo e in questo momento sei
anche il mio schiavo, credo che la situazione sia del tutto naturale”.
Suiko
non potè trattenere un ruggito di rabbia; alla paura, all'incertezza
dettata anche dalla propria curiosità di capire cosa stesse accadendo,
si aggiunse una furia incontenibile, provocata dal modo in cui quella
persona, alla quale aveva affidato tutto se stesso, la propria vita, il
proprio cuore, si stava comportando nei suoi confronti.
“Non sei serio, non puoi essere serio Shu... io...”
Le
parole si trasformarono in un gemito di sorpresa quando Shu infilò la
mano nei suoi pantaloni e si mosse sui glutei, afferrandoli con
decisione e lasciando che le proprie dita si insinuassero tra essi,
prepotenti, impulsive.
Fu
più di quanto Shin potesse sopportare; lottò con maggior energia contro
il peso di Shu, le sue mani tentarono di respingerlo e quando Kongo gli
afferrò i polsi, sollevandoli in alto per bloccarlo, quel dominio
irrispettoso troppo simile ad un autentico abuso provocò in Shin dolore
e rabbia. Non si trattava solo del fatto che il comportamento di Shu lo
feriva, era adirato anche con se stesso, che non sapeva mostrarsi
deciso nell'imporre un netto rifiuto.
“Sono serissimo pesciolino, ti voglio... più di ogni altra cosa al mondo...”
Ed
in effetti era serio adesso il suo sguardo, non era l'espressione di
chi si stava semplicemente divertendo. C'era anche adorazione in quegli
occhi accesi di desiderio, ma Shin era più focalizzato sull'ardore che
bruciava incontrollato e spaventoso alle sue percezioni, quella
scintilla di autoritaria imposizione che non gli piaceva affatto in un
rapporto come il loro... quel rapporto che era il suo sogno perfetto...
“Non così Shu... non così...”
Aveva
le lacrime agli occhi e la sua voce era incrinata dal pianto; Shu non
poteva non accorgersene, la sua scimmietta sempre così angosciata al
solo pensiero di vederlo piangere, di saperlo sofferente.
Eppure
non dava l'impressione di accorgersene, forse fingeva di non vedere,
era possibile? Possibile che restasse così indifferente alle sue
lacrime?
Poi
Kongo chiuse gli occhi, facendolo sentire ancor più ignorato e affondò
le labbra nel collo di Shin, premendo con tutto il proprio peso, gli
bloccò le braccia sopra la testa con una sola mano e portò l'altra mano
nuovamente alle sue parti intime che, nonostante la tristezza
impadronitasi del cuore e della mente del samurai dell'acqua, reagivano
ad ogni tocco, in contrasto con il suo sconvolgimento emotivo.
Ad una carezza più audace, Shin si ritrasse con uno scatto violento, il rifiuto divenne totale, cancellando ogni altra reazione:
“Shu, ti sto dicendo di no, non voglio!”
Senza
neanche sapere dove avesse trovato la forza di rivaleggiare con la
possente energia di Kongo, Shin riuscì a spingerlo via con il ginocchio
e a sgusciare sotto di lui; si trascinò lontano, lottando per
rimettersi in piedi. Ma era talmente smarrito e confuso che le sue
membra tremanti non lo sostennero e ricadde quasi subito, ritrovandosi
ripiegato su se stesso, una mano davanti agli occhi.
Seguirono
istanti di immobilità assoluta, il silenzio rotto dal respiro affannoso
di entrambi; Shin non poteva vedere, in quel momento, lo sguardo di
Shu, completamente mutato, ora sconvolto, sbigottito, gli occhi enormi
da bambino fissi sul suo tesoro che lui stesso aveva terrorizzato a tal
punto.
Le sue labbra si mossero in un sussurro leggero leggero:
“Non ci posso credere...”
Chinò il volto, lo posò sulle proprie mani, i palmi sollevati verso l'alto:
“Ma come posso essere... talmente... talmente...”
“Talmente
bastardo, Shu?!” lo aggredì lo strillo disperato di Suiko, che intanto
aveva abbassato la mano, ma teneva lo sguardo a terra, senza neanche
tentare di sollevarlo su di lui.
“Me
lo chiedo anche io” continuò il Torrente, il tono più flebile, incerto,
“non riesco... a capacitarmi di quanto... di quanto...”
“Di quanto sono bastardo, lo so...”
Questa
volta fu Shu a completare la frase iniziata da Shin e lo fece
intridendo la sua affermazione di assoluta sincerità, tanto che il
compagno, pur rintanando ancor più il capo tra le spalle, allentò un
poco la propria tensione e i tremiti sembrarono all'improvviso meno
accentuati.
Shu si mise carponi e strisciò verso di lui, allungò una mano fino a sfiorargli la spalla:
“Koi... senti...”
Suiko si ritrasse con rabbia:
“Non mettermi le mani addosso Shu, non osare toccarmi!”
Stava
ancora piangendo e Kongo si sentiva morire ad ognuna di quelle lacrime
che lui stesso aveva provocato, di fronte a quella paura che Shin aveva
di lui... paura di lui...
“Maledizione,
sono un cretino, cretino, cretino!!! Forse ho rovinato tutto con la più
grande stupidaggine della mia vita! Non posso accettarlo!”
Tra
quei pensieri che si rincorrevano e si accavallavano gli uni sugli
altri, si distinsero le uniche parole che riuscì a pronunciare:
“Puoi anche picchiarmi, prendermi a pugni, qualunque cosa se questo bastasse ad ottenere il tuo perdono!”
Si
avvicinò ancora e, vedendo che Shin non si allontanava, arrischiò un
nuovo contatto fisico, più delicato e al tempo stesso, sperava, più
significativo: con la mano andò a cercare quella dell'altro ragazzo, la
trovò, la prese. La mano di Suiko rimase inerte, ma almeno non si
oppose a quel gesto e non lo respinse. Shu strisciò sull'erba, fino a
portarsi davanti a lui, desiderava ardentemente incontrare i suoi
occhi, anche se temeva di scoprire cosa essi avrebbero potuto
contenere: paura, rabbia, forse odio nei suoi confronti. Aveva davvero
infranto la fiducia di Shin? Niente e nessuno era mai riuscito in una
simile impresa e adesso...
“Adesso
proprio io... che desideravo, più di ogni cosa al mondo, renderlo
felice, adorarlo, essere la fonte principale del suo sorriso... proprio
io che avrei voluto donargli il mondo... ho distrutto il tesoro che ha
dentro?”
Trasse
un profondo respiro, serrò un attimo le palpebre e quando le riaprì
chiamò, delicato come un alito di brezza che smuove un poco le foglie:
“Shin... Shin-chan... cucciolo...”
Anche
il corpo di Suiko fu scosso da un sospiro e da un gemito così lieve che
Shu non era certo di averlo udito; il volto rintanato tra le spalle era
completamente celato dietro ai capelli rossi che formavano una barriera
tra lui e il mondo, tra lui e lo sguardo di Kongo.
“Vorrei che mi guardassi Shin... e forse capiresti che... sono la tua scimmietta di sempre...”
“Non
te lo meriti... baka...” pigolò la vocina che, tuttavia, più che
arrabbiata o spaventata sembrava ora solo tanto triste e confusa.
Shu
azzardò un'ulteriore mossa; senza lasciare la mano del compagno, con
l'altra salì fino al mento di Shin e, con l'indice, fece una leggera
pressione, inducendolo a sollevarsi, sottolineando il gesto con un
nuovo, intenso sussurro:
“Tesoro... amore mio...”
Per
quanto Suiko ancora tentasse di sottrarsi al suo sguardo, i loro occhi
non poterono fare a meno di incontrarsi e Shu tentò di interpretare ciò
che contenevano quelli di Shin... forse... forse... non erano poi così
spaventati... o sì?
“Puniscimi come vuoi, pesciolino”.
L'altro
scosse il capo, sfuggendo così alla mano di Shu ma non lo riabbassò,
distolse solo un poco lo sguardo deviandolo lateralmente, su un un
punto indefinito nel buio, prima di rispondere, dimesso e, parve a Shu,
non più così arrabbiato... ma triste... deluso... ed era peggio:
“Dai... falla finita...”
“Ma allora dimmi come posso farmi perdonare”.
Shin si rannicchiò un po' su se stesso, si fece piccolo:
“Riesci almeno a renderti conto di... di come mi hai fatto sentire?”
Ancora quel tono... così calmo... così dolce e triste...
“Non si capisce, cucciolo? Mi sto sentendo... così male... non te ne accorgi?”
Un profondo respiro rese più intensi i tremiti di Shin:
“Ma... Shu... cosa... io vorrei... vorrei capire...”.
Ed
ecco il ragazzino che non voleva accusare, che cercava affetto e
comprensione reciproca, il cuore d'oro che non voleva saperne di vedere
il male... soprattutto desiderava disperatamente continuare a credere
in coloro che amava. Non lo stava tagliando fuori, voleva spiegazioni,
cercava il dialogo; la speranza rifiorì nel cuore di Shu, la sua
fochetta forse non lo stava rifiutando, aveva ancora bisogno di lui.
Si
tese con tutto il proprio corpo, avvicinò le proprie labbra al viso di
Shin ma non lo toccò; Shin rimase immobile, ad ascoltare le sue parole:
“Non ti... avrei mai fatto del male... vorrei che mi credessi...”.
“Perché, quello che hai fatto cos'era, secondo te?”
Il tono si era di nuovo incrinato, si era reso più acuto.
“Non... lo interpretavo... così...”.
“E come allora? Shu...”.
Ancora
il pianto che arrivava implacabile e il cuore nel petto di Shu perse
diversi colpi, gli fece tanto male che credette di sentirsi morire. Ma
doveva resistere, doveva impegnarsi con tutto se stesso per rimediare
al danno compiuto.
“Io... vorrei... che fosse bello tra noi... anche quel lato... quello fisico...”.
“E
volevi renderlo bello così?” scattò Shin sollevando fieramente il viso,
trafiggendolo con i suoi occhi ora così lucidi e accesi di tutte le
emozioni possibili, “costringendomi con la scusa di uno stupido gioco?
Ma come ragioni, Shu?!”
Il
capo di Kongo si abbassò in un'espressione contrita; aveva ragione la
sua fochetta, era stato così impulsivo... incosciente... uno stupido
scherzo spintosi troppo oltre... di pessimo gusto... ma uno scherzo...
era vero che non...
“Non l'avrei mai fatto Shin... sul serio... non ti avrei mai... forzato... a quello...”.
“Lo stavi facendo!”
Il
Diamante sollevò il viso, fissò quello del suo tesoro con tutta
l'intensità di cui era capace... e con tutta la sincerità, l'amore
soffocante che provava nei confronti di quel ragazzo tanto emotivo, ma
la cui emotività restava rinchiusa, tanto spesso, nella cassaforte
insondabile del suo cuore immenso.
“Mi
sarei fermato Shin, avanti, non puoi pensare davvero che non mi sarei
fermato! Era uno scherzo, uno scherzo idiota, stupido, crudele anche,
ma uno scherzo!”
“Mi sono sentito tradito da questo scherzo, lo sai?!”
“E
quindi da me... lo so... sì...” deglutì Shu, profondamente infelice.
Come dargli torto? Anche lui, dopotutto, si sentiva tradito da se
stesso.
“E' per questo che vorrei che ti sfogassi, che mi punissi nel modo peggiore che riesci ad inventare”.
“E
continuare a comportarci come due bambini che si fanno la guerra e che
agiscono in maniera sconsiderata? Vuoi davvero che vada così?”
Adesso
era lo sguardo di Shu che fuggiva e non riusciva a sostenere quello del
guerriero dell'acqua, perché gli occhi di Shin erano come specchi di
sincerità che spalancavano mondi ed emozioni difficili da sostenere:
“Non...
intendevo questo... sono stupido, lo sai... sto disperatamente provando
ad elaborare un modo, uno qualunque, per farmi perdonare... per
rimediare... per fare in modo che tu ti fidi ancora di me e niente mi
sembra abbastanza, perché adesso sono io ad avere tanta paura Shin!”
Gli
attimi di silenzio che seguirono si impregnarono dei loro sospiri, dei
loro tremori, del vibrare delle loro emozioni. Poi un sospiro più
forte, un gemito, precedettero l'esplosione ormai disarmata di Shin, la
sua voce da bimbo vittima di un'ingiustizia ma troppo bisognoso d'amore
per restare arrabbiato con chi l'aveva ferito, perché chi l'aveva fatto
era anche il suo principale rifugio e la sua salvezza, non vi poteva
rinunciare e, forse, gli avrebbe perdonato qualunque cosa:
“Sì, sei stupido, stupido, stupido!”
Il
suo slancio colse totalmente di sorpresa il compagno; Shu se lo ritrovò
addosso, le sue braccia che lo circondavano, mentre Suiko si lasciava
scivolare sul prato, affondando il volto contro il suo petto, le membra
talmente dilaniate dai singhiozzi che sembravano essere sul punto di
andare in pezzi.
Il
fiato di Shu restò mozzato in gola per parecchi istanti durante i quali
temette di soffocare, gli occhi sbarrati nel vuoto, le membra rigide e
i nervi tesi... non perché il gesto di Shin gli dispiacesse,
assolutamente no... ma perché non se l'era aspettato, credeva che il
compagno fosse prossimo ad odiarlo, temeva che non l'avrebbe mai
perdonato, che non avrebbe mai più ricercato coccole da lui... e
invece...
Quella
reazione contribuì, in qualche modo, a farlo sentire ancora più
piccolo, più colpevole e sporco. Quale punizione poteva rivelarsi
peggiore di quell'abbandono totale che Shin gli concedeva? Di quel
ricercarlo con... fiducia... ed inequivocabile affetto? Shin lo stava
punendo regalandogli tutta la propria dolcezza, la purezza che metteva
ancor più in evidenza quanto il confronto rendesse la terra tanto
gretta e nulla in confronto alla limpidezza incorrotta dell'acqua.
Gli
occhi di Shu si strinsero nel vano tentativo di arginare un'ondata di
lacrime, le sue braccia finalmente riuscirono a chiudersi intorno alle
membra tremanti di Shin, che gli sembrarono così esili in quel momento,
anche se non era molto più piccolo di lui e in altezza lo superava di
un poco.
“Ti amo così tanto Shin e... se dovessi ancora rischiare di rovinare tutto... io...”.
Il
volto di Suiko si strofinò contro il suo petto, il Torrente si strinse
ancor di più a lui, fremendo in ogni fibra, aggrappandosi come
all'unica speranza di salvezza e di rassicurazione e, tenuto conto di
quanto era accaduto, a Shu sembrò ancora più miracoloso e paradossale
che Shin cercasse in lui rifugio.
Rifugio da cosa, quando proprio lui aveva rischiato di ferirlo nella maniera più profonda?
“Non
farlo mai più” pigolò la vocina smorzata dal contatto con il suo addome
che accoglieva anche il pianto, ormai ridotto ad un flebile suono, “mai
più Shu... non farmi mai più una cosa del genere, promettimelo,
promettimelo!”
“Piuttosto
morire pesciolino!” rispose Kongo con un impeto così violento che Suiko
sollevò un poco il viso per cercare il suo sguardo.
I singhiozzi erano sempre più calmi, così come la voce, quando riprese a parlare:
“Non
voglio la tua morte, non sopporterei di trovarmi senza di te, se tu
dovessi morire morirei anch'io... ma ho tanto bisogno di una promessa
sincera... solo una promessa Shu... e io mi affiderò a te totalmente”.
Le
membra del samurai della terra furono scosse da tremiti così intensi
che credette di andare in pezzi; un momento terribile si stava
tramutando in qualcosa di sacro, un dono che gli veniva elargito e che
era ben deciso a non sprecare, a non gettare, a non rischiare più di
coprire di fango, c'era andato così vicino.
Si chinò un poco, posò le mani sulle guance di Shin, attirò il suo viso verso l'alto fino ad averlo davanti al proprio.
“Una
promessa, pesciolino? Questo vuoi? Ma anche io voglio essere sicuro,
voglio sentire, percepire senza ombra di errore, dentro di me, che tu
mi crederai, che quanto ti dirò arriverà dritto al tuo cuore e che
saprai davvero gettarti alle spalle quanto è accaduto!”
“Sh... Shu...”.
“Perché
possa essere così devi guardarmi, devi vedere i miei occhi, devi
affondare nei miei occhi e leggere in essi, cercare dentro di me la tua
sicurezza, perché le mie parole non possono bastare!”
Il
ragazzo era così infervorato che Shin si trovò completamente rapito nel
vortice del suo discorso intriso di decisione, volontà ed anche una
buona dose di candore. Perché Shu era candido, era ingenuo, sotto
quella scorza di istintualità che lo portava a compiere atti
irrazionali a volte... e poteva sembrare incredibile ma, nonostante
tutto, agli occhi di Shin si manteneva innocente.
Sollevò
una mano e la posò sul suo volto, gesto che spinse Shu a zittirsi, lo
sguardo completamente perso in lui, uno sguardo che aveva assunto i
connotati del cucciolo adorante, colmo di aspettative, speranza, totale
dipendenza dall'oggetto della sua venerazione.
“Sono io il tuo schiavo... Shin...”.
Il
sussurro che faceva da perfetto coronamento a quello sguardo, a quel
completo affidarsi a chi teneva il suo cuore in proprio potere.
La
commozione di Suiko generò nuove lacrime, non più dettate da rabbia e
dolore, ma dal trasporto emotivo, perché Shin stava vivendo dentro di
sé quello che Shu stava effettivamente provando; le sue capacità
empatiche glielo consentivano, certo, ma non solo... era così facile
comprendere Shu, era un libro talmente aperto, talmente limpido.
“Il mio... il mio Shu...”.
Il
balbettio sfuggito alle sue labbra strappò un sussulto alle membra di
Kongo, il suo sguardo rasentò l'incredulità più estrema, prese la mano
di Shin e se la posò sul petto:
“Voglio
che tu la senta dentro di me koi... la sincerità della mia promessa
intendo... so che puoi farlo, perché nessuno meglio di te sa leggere
nell'animo altrui... ti basterebbe...”
“...Ascoltare
il tuo cuore... non perché io sono bravo a capire, ma perché tu... sai
aprirlo meglio di chiunque altro... soprattutto a me... ed è un cuore
così pieno d'amore, di dedizione, di...”
“Io ti ho fatto del male... e mi dici queste cose?”
Il capo di Shin si scosse, sulle sue labbra un sorriso dolce:
“Non me ne avresti fatto... ho fiducia in te... so che ti saresti fermato...”.
Kongo
strinse le labbra e le palpebre, riducendo gli occhi a due fessure
intrise di lacrime. Non riuscì a ribattere nulla e ascoltò le nuove
parole di Shin:
“Riesco a sentirlo così bene il tuo cuore... l'idea di farmi del male ti terrorizza più di ogni altra cosa...”.
“Non
avrei neanche dovuto iniziarlo quello stupido scherzo” fu finalmente in
grado di rispondere il Diamante, la voce incrinata dal pianto.
Un altro cenno negativo di Shin:
“Gli
errori si fanno in due, abbiamo passato la giornata a comportarci come
due bambini immaturi e io con te sbaglio da troppo tempo; se fossi più
coraggioso... se non avessi così paura... è logico che tu abbia voglia
di...”
Faticava,
con ogni evidenza, il giovane erede dei Mori ad esprimere concetti che
un po' lo imbarazzavano, un po' lo spaventavano; ma ciò che tentava di
dirgli sconvolse Shu a tal punto da fargli sgranare gli occhi. Si gettò
su di lui, le mani sulle sue guance, a rincorrere con lo sguardo lo
sguardo di Shin, sforzandosi di assumere un cipiglio severo, perché i
rimproveri che il pesciolino faceva a se stesso non li poteva
assolutamente accettare.
Quando
fu certo che Shin lo stesse guardando attentamente e che era pronto ad
ascoltarlo lo apostrofò, serissimo, il tono di chi non ammetteva
repliche:
“Non
voglio sentirlo mai più! Non osare mai più dare la colpa a te stesso
per una cazzata che io ho fatto, non è giusto nei tuoi confronti e
nemmeno nei miei, perché dimostrerebbe che non mi ritieni degno di
assumermi le mie responsabilità, che per te sono un comune uomo da poco
neanche in grado di controllarsi con la scusa dell'impossibilità a
reprimere certi istinti!”
“Sh... Shu... Non... non volevo... dire questo...”.
“E allora non dire niente e...”.
Shin
lo interruppe con un gesto speculare, mise le proprie mani sulle guance
di Shu, sorrise ancora, avvicinò le labbra alle sue:
“Smettiamola tutti e due... basta parlare... dimentichiamo tutto...”.
Sigillò
la frase con un bacio dolcissimo che fece sciogliere le membra di Shu e
gli strappò un gemito, perché il sapore del suo Suiko era così buono,
così complesso nelle sue innumerevoli sfumature dolci e salate, così...
generoso... come l'animo di chi lo stava donando.
Quando
si separarono fu un solo, unico sguardo, i loro occhi specchi l'uno
dell'altro, le espressioni attonite, rapite, completamente perse nel
sentimento inebriante che li faceva quasi respirare all'unisono.
E
l'ultimo di quei respiri, più profondo degli altri, un autentico
sospiro liberatorio, si concluse con l'abbassarsi dei loro volti,
finché le loro fronti si toccarono; quando entrarono in contatto un
unanime sorriso, un po' birichino, un po' dolce, fece tornare i loro
lineamenti del tutto simili a quelli di due bambini che si erano appena
scambiati un innocente dispetto. La mano di Shu si sollevò fino a
posarsi tra i capelli di Shin e li scompigliò allegramente:
“Torniamo dentro, pesciolino?”
***
I
compagni li videro rientrare poco dopo, mano nella mano, le espressioni
quasi estatiche, la qual cosa non mancò di suscitare l'osservazione
sardonica di Touma:
“A quanto sembra, i due colombini hanno fatto pace”.
Shu
si avvicinò alla sedia dove Tenku se ne stava raccolto, chinò il capo
per portarlo all'altezza di quello del compagno e, naso contro naso
ribatté, il sorriso ancora stampato sul volto:
“Non ho nessuna intenzione di farmi rovinare da te questo momento, piccolo panda”.
Concluse
con quella che era un po' una pacca e un po' una carezza sulla testa
dell'Etere, strappandogli un gemito di disappunto, quindi si rimise
dritto e trotterellò di nuovo al fianco di Shin, come se fosse per lui
vitale non allontanarsi di troppi passi, neanche per pochi istanti.
Non era tuttavia così semplice far tacere Touma che, puntuale, tornò all'attacco:
“Non
oso immaginare quali modi sconci avrete trovato per fare pace là fuori,
la presenza del lago avrà risvegliato gli istinti del pesciolino”.
Richiamò
su di sé due paia di occhi feroci i quali, se avessero avuto il potere
di fulminare davvero, l'avrebbero probabilmente ridotto in cenere. Ma
non era sufficiente neanche quell'occhiata ad impressionare Touma che,
con apparente, falsissima innocenza, decretò:
“Forse è stata la volta buona, Shin? Finalmente ti sei deciso a soddisfare fino in fondo le pene d'amore della tua scimmietta?”
“BAKA!”
Il
grido corale dei due accompagnò il contemporaneo afferrare di tutti i
cuscini che le loro mani potevano contenere e che servirono da
altrettanti proiettili con i quali assalire il samurai dell'Etere,
davanti all'occhiata complice scambiata tra Seiji e Ryo.
“Con
ogni evidenza sono tornati d'amore e d'accordo” sentenziò Korin, le
braccia incrociate sul petto, fingendo di ignorare le richieste di
aiuto di Touma, completamente sotterrato dai due battaglieri colombini
ben decisi a non lasciargli scampo.