RISVEGLIO DA UN INCUBO


Era impossibile pretendere di dormire dopo tutto quel che avevano passato,
non si poteva pensare di uscire, seppur salvi e in fin dei conti abbastanza
sani, da un'impresa talmente pazzesca e non trascinare il ricordo nello
spirito, senza contare che il senso di malessere diffuso per tutto il corpo
non aiutava certo a dimenticare.
Shu Li Huang di Kongo si rigirò per un po' da una parte all'altra del letto,
quando un flebile suono giunse distintamente alle sue orecchie; non faticò a
riconoscere un pianto sommesso e, soprattutto, da chi provenisse. Non vi
erano d'altronde molte possibilità, dato che una sola persona condivideva la
stanza con lui ma, se anche non fosse stato così, Shin Mori, samurai di
Suiko, gli era entrato nell'animo a tal punto che sarebbe stato in grado di
riconoscerlo persino in mezzo al vocio di centinaia di persone.
Shin stava piangendo e qualcosa nel cuore di Shu si spezzò, fu come uno
spiacevole stridio nella sua anima, uno spargersi di vetri infranti in
seguito a un malaugurato incidente; comunque una nota stonata, giunta ad
incrinare una melodia di pace.
Non sopportava di sentirlo piangere, un po' perché trovarsi in una
situazione del genere lo metteva a disagio, si riteneva incapace di
affrontarla e un po'... forse soprattutto... perché si trattava proprio di
Shin.
Deglutì, mentre il pianto continuava; intravvide, nell'oscurità, l'amico
rannicchiato sotto le coperte che gli dava le spalle. Apparentemente
sembrava del tutto immobile, eppure Shu fu certo di scorgere un appena
percettibile tremito. Si sollevò un poco per osservarlo meglio e imprecò tra
sé, perché il suo disagio aumentava, si sentiva in dovere di fare qualcosa,
ma era pervaso da un opprimente senso di impotenza.
“Forse potrei fargli il solletico” rifletté, ritenendola al contempo un
idiozia e non osava immaginare come avrebbe potuto reagire il volubile
samurai di Suiko ad un simile assalto; Shu non era certo che, data la
situazione, l'avrebbe presa bene.
Sgusciò fuori dal letto e strisciò fino al giaciglio di Shin, quindi si
fermò restando in ginocchio; il suo sguardo corse un poco lungo le forme che
le coperte parevano avvolgere e voler modellare con un'eleganza che lo
lasciò incantato, fino al momento in cui si rese conto di quale singolare
scherzo gli stessero giocando i suoi sensi. Venne colto da un capogiro
quando razionalizzò il fatto che, un attimo prima, aveva avuto la tentazione
di allungare una mano per posarla sulla curva sinuosa tra l'anca ed il
fianco dell'amico.
Sgranò gli occhi e strinse i denti in un ringhio di frustrazione, emise uno
sbuffo leggero, poi mosse davvero la propria mano, ma si limitò a toccare la
spalla del samurai dell'acqua, scuotendolo un poco:
“Shin? Ehy, Shin... tutto bene?”
Ci fu un lieve movimento in seguito al quale, tuttavia, il ragazzo non si
voltò.
“Shu...”
Almeno aveva dato un accenno di risposta, anche se ancora Kongo non poteva
scorgergli il viso, che il compagno si ostinava a mantenere rivolto al muro.
“Ti senti male? Hai fatto un brutto sogno?”
“Non so neanche se stavo dormendo o no... quando la coscienza è affiorata
stavo piangendo... che sciocco...”
Shu sporse un poco il labbro inferiore, mordendosi nervosamente la parte
interna; avrebbe forse dovuto dire una parola di conforto, ma non sapeva
quale, temeva di risultare fuori luogo.
Shin si raccolse maggiormente in se stesso, tirando di più le coperte sopra
le spalle, come a volersi rinchiudere in un bozzolo e scomparire alla vista
di chiunque:
“Scusami Shu... ti ho svegliato?”
Il compagno rispose inizialmente con un cenno di diniego del capo, ma poi si
rese conto che Shin non avrebbe potuto vederlo, così al gesto fece seguire
la voce:
“No... non riuscivo a dormire in realtà...”
“Capisco... penso sia normale...”
“Chissà se gli altri, invece, dormono tranquilli” insisté Shu pensando che,
forse, farlo parlare era un modo come un altro per stargli vicino in quel
momento di crisi, “se ci riescono sono invidiabili...”
“No... io non credo possano essere del tutto tranquilli... ma sicuramente
nessuno ha piagnucolato come me...”
Avrebbe voluto poterlo guardare negli occhi adesso, per sbattergli in faccia
che era uno scemo se si faceva problemi di quel genere, stava anzi per dirlo
ma le parole non uscirono; solo il suo corpo riuscì ad esprimere quel che
aveva dentro, attraverso le dita che si strinsero con più saldezza sulla
spalla del compagno.
“Va molto meglio adesso, non preoccuparti...” lo raggiunse la voce di Shin,
il quale si era probabilmente reso conto di quel tentativo fisico di
conforto, “è stato soltanto un crollo nervoso, ma è passato...”
Shu non gli credeva più di tanto, perché la voce contraddiceva l'essenza del
discorso.
“Davvero, ora sto bene” insisteva intanto Suiko, quasi volesse convincere se
stesso, “è come se una parte di me si fosse resa conto all'improvviso di
quello che è accaduto e... la tensione accumulata è esplosa solo adesso,
senza che io potessi prevederlo e arginarla, non immaginavo sarebbe successo
.. mi sembrava di essere in forma.. che fosse tutto apposto, anzi... tutto
perfetto... eravamo felici...”
“Capisco...” borbottò Shu, odiandosi al contempo perché avrebbe voluto
rendersi un poco più utile.
“Senti, Shu...” gli giunse ancora la voce di Suiko, attutita dalle coperte
che, pian piano, lo inghiottivano sempre più.
“Sembra un animaletto che cerca di rifugiarsi nella tana” rifletté Kongo e,
a quell'immagine, il suo cuore ebbe una pulsazione più forte.
“Dimmi...”
“Cosa farai adesso? Tornerai a casa?”
Deglutì, perché la domanda lo colse del tutto impreparato; era colpito per
il fatto che non aveva ancora minimamente preso in considerazione il “dopo”
e, per un attimo, pensò:
“Quale casa? Io ho una casa? La mia casa è questa, con voi... con te...”
Tuttavia era ben consapevole che non era vero, che avevano una famiglia, che
erano ancora dei ragazzini, per quanto in grado di condurre un'esistenza
indipendente e che, dopotutto, i loro parenti avevano il diritto di
rivederli, di prendersi, in qualche modo, cura di loro.
“Anche se di fatto non ne abbiamo per nulla bisogno... ed è piuttosto vero
il contrario...”
Non furono i propri dubbi che espresse ad alta voce, ma rilanciò la domanda:
“E tu?”
“Che razza di risposta è? Te l'ho chiesto prima io!”
La vocetta triste aveva riacquistato un po' di vigore, per quanto ancora
soffocata dagli strati di tessuto sotto i quali il ragazzo era ormai
scomparso con tutta la testa, e quella reazione strappò a Shu un sorriso: la
lingua lunga di Shin Mori stava forse risorgendo.
“Ti ha sfiorato l'idea che, magari, non so come risponderti?” ribatté,
cercando di rendere il proprio tono acido ma, in realtà, senza poter
smettere di sorridere, “non mi sono ancora posto il problema!”
“E come mai?”
Che stava facendo? Un rincorrersi di “perché” tipico dei bambini
esasperanti? E il tutto senza decidersi a tirare fuori la testolina castana
dal guscio che si era costruito sotto le coperte. Shu si imbronciò.
“E poi il bimbo esasperante sarei io!”
“Scusami...”
Shu sbuffò: di nuovo una reazione dimessa. Lo Shin dei momenti migliori
sarebbe balzato fuori dal letto intenzionato a dargli una lezione o gli
avrebbe rivolto la risposta più tagliente che fosse riuscito ad elaborare.
Portò la mano che non teneva sulla spalla del compagno alla testa e si
scompigliò i capelli corvini arruffati, continuando a sbuffare per il
disappunto.
“E adesso cosa diavolo c'è?”
“Nulla... davvero... dai, non startene lì sul pavimento, torna a letto.”
Alla pena e alla tenerezza si andavano gradualmente sostituendo la rabbia e
un'inspiegabile senso di sconfitta, tanto che, a quel punto, avrebbe voluto
strappargli di dosso quella maledetta coperta, afferrarlo e scrollarlo fino
a farlo esplodere, anche farlo piangere se fosse servito, poi, a
restituirgli la normalità.
“E' quello che vuoi davvero? Vuoi che ti lasci solo?”
Ci fu un attimo di silenzio, poi l'orlo del copriletto si agitò e una parte
del viso di Shin fece capolino; era sempre voltato e non gli era possibile
scorgere la sua espressione, ma l'attenzione di Shu si focalizzò sulla
sillaba che uscì, morbida, dalle labbra:
“No...”
Eccolo giunto al dunque, non voleva restare solo, nonostante avesse tentato
di mascherarlo in tutti i modi, alla fine aveva ceduto all'evidenza. D
altronde neanche a Shu andava troppo a genio l'idea della solitudine... o,
per meglio dire, non aveva tutta quella voglia di restare senza Shin e la
dipendenza che scoprì di provare nei confronti di quel ragazzo dagli occhi
dolci e dal cuore caldo che conosceva da pochissimo, ma con il quale aveva
condiviso l'esperienza più significativa della sua vita, lo sconcertava fino
a terrorizzarlo.
“Vuoi che resti qui?”
Seguì un'esitazione di Suiko che, però, durò pochissimo:
“Non sul pavimento però.”
Shu inarcò le sopracciglia, non convinto di avere realmente compreso.
“E... allora... cosa devo...” borbottò.
Il samurai dell'acqua si mosse e si rannicchiò in un angolino, tutto
spostato verso il muro.
“Puoi... se vuoi... ecco... ti darebbe fastidio se...”
“Cosa?”
In parte Shu era consapevole che stava facendo finta di non capire, o forse
stava spingendo se stesso a non voler cogliere l'invito dell'amico; si
diceva che non c'era niente di male in quello che Shin gli stava palesemente
chiedendo ma, al tempo stesso, si sentiva avvampare per l'imbarazzo,
ingiustificato tra l'altro.
“Imbarazzo perché? Saremmo due amici che condividono lo stesso letto,
sarebbe più imbarazzante se uno di noi fosse una ragazza!”
Stava mentendo a se stesso, lo sapeva ma non si rassegnava: il pensiero di
sdraiarsi accanto a Shin lo imbarazzava perché, al solo sfiorare il suo
corpo, cadeva preda di reazioni fisiche incontrollate e per lui
incomprensibili.
“Se non ti va non importa...”
“Ma cosa, Shin?”
La coperta e il copriletto vennero malamente gettati in avanti e Shu fece
appena in tempo ad intravvedere il movimento fulmineo di Shin, che si
sporgeva fino ad afferrargli il braccio, per poi tirarlo verso di sé con un
energia tale che Kongo, per quanto fisicamente fosse il più forte, venne del
tutto colto alla sprovvista.
“Mi hai stancato!” sbraitava intanto il compagno nel compiere quell'atto
inatteso, “non ho più nessuna intenzione di starti a supplicare, vieni qui!”
“Quando mi avresti supplicato?” ribatté Shu, mentre ricadeva lungo disteso
sul corpo dell'amico e l'ultima parola venne soffocata dai capelli castani e
morbidi, nei quali affondò, suo malgrado, il viso.
Si agitò divincolandosi, fino a puntellarsi sugli avambracci quel poco che
bastò per poter tornare a respirare liberamente ma, in quel momento, trovò,
sotto il proprio, il viso di Shin, la cui espressione contraddiceva del
tutto lo scatto isterico con il quale l'aveva aggredito. Un raggio di luna
penetrava dalla finestra ed andava ad accarezzare il suo volto, così Shu
poté scorgere i bei lineamenti contratti in un'espressione tristissima, gli
occhi che fuggivano di lato e... un rossore diffuso sulle guance, come se
avesse la febbre.
Le dita di Suiko erano ancora strette sul suo braccio e Shu poteva
percepirne in maniera distinta i tremiti, fattisi così intensi che si
trasmisero anche al suo corpo.
“No” si rese conto infine, “Non sono i tremiti di Shin... non solo... anche
io sto tremando... perché?”
“Perché non le chiedi direttamente le cose che vuoi, invece di far passare
gli altri per tonti che non capiscono?”
Shu si trovava in una situazione per lui difficile e, come sempre, il modo
che trovò per tentare di uscirne fu innescare un battibecco; lui e Shin
erano soliti invertirsi i ruoli nello stuzzicarsi reciprocamente ma, quella
sera, Suiko non sembrava propenso a raccogliere, come avrebbe fatto in altri
frangenti.
“Sì... sei tonto... lo sei davvero...”
La risposta avrebbe anche potuto risultare offensiva se non fosse stata
pronunciata con quel tono che abbatté immediatamente ogni proposito
battagliero di Shu, la voce del compagno era uscita morbida e lievemente
incrinata, con ogni evidenza prossima al pianto.
Il samurai della terra aveva capito fin dall'inizio quanto Shin fosse una
persona propensa agli sbalzi d'umore ma, in quei pochi minuti, tali sbalzi
si stavano alternando con un'intermittenza quasi ossessiva, in maniera
snervante per Shu: voleva davvero tanto bene all'amico ma, sotto tanti
aspetti, si considerava troppo semplice, immediato ed istintivo per poter
comprendere fino in fondo una persona così complicata e lunatica.
“Io sarò tonto” ribatté, le labbra imbronciate, “ma tu non crederai davvero
di essere una persona tanto facile da interpretare?”
Era pronto alla sfuriata, già si vedeva sbalzato per terra, invece Shin
mosse le braccia quel tanto che bastò per portarsi le mani agli occhi, con
un singhiozzo soffocato:
“Non l'ho mai creduto, sono uno stupido!”
“No no no no” esclamò Shu, posando le mani sul cuscino, ai lati della testa
dell'amico e sollevandosi un poco, “non metterti a piangere di nuovo, ti
prego, arrabbiati, urlami contro, azzuffati con me, ma non piangere, è l
unica cosa che non posso davvero sopportare!”
Finalmente era riuscito ad infondere, in quella preghiera, tutta l'enfasi
che forse avrebbe dovuto impiegare fin dall'inizio, per far recepire a Shin
quanto effettivamente il suo malessere fosse per lui contagioso. Perché era
questo il disagio che provava, non semplice paura di non sapere come
comportarsi, le lacrime di Shin lo facevano davvero soffrire, tanto che era
colto da un autentico male al cuore. Come aveva potuto non rendersene conto
subito?
Anche Shin sembrò colpito dalla sua reazione, persino le spalle, poco prima
scosse dai singhiozzi, si immobilizzarono in un istante sospeso, le sue mani
scivolarono poi lentamente, lasciando che Shu potesse vedere i suoi occhi,
sgranati, lucidi, resi limpidi dalle lacrime ma anche colmi di uno stupore
quasi infantile.
“E' bello... è così bello da togliere il fiato” si trovò a pensare e si
morse le labbra, perché il suo corpo aveva voglia di avvicinarsi, di aderire
a quello del compagno e pareva voler fare tutto da solo, la qual cosa
sconvolse Shu a tal punto che riprese a tremare, assolutamente privo di
controllo.
“Se non piango, mi prometti che non te ne vai?”
Toccò a Shu sgranare gli occhi in un moto di stupore, di fronte a quella
sorta di ricatto morale tipico di un bimbo colto dal timore di venire
abbandonato. Gli tornò alla mente che Shin aveva perso il padre quand'era
bambino e, un giorno, gli aveva confidato che si preoccupava tanto per la
madre, malata di cuore.
Forse davvero, dopotutto, l'ansia dell'abbandono attanagliava quel ragazzo
che, tra loro, aveva già ampiamente dimostrato di sapersi prendere cura
degli altri in maniera impeccabile; probabilmente si era imposto di crescere
in fretta, perché la mamma e la sorella maggiore ritrovassero, il prima
possibile, l'uomo di casa che potesse rendersi utile. Shu poteva solo
lontanamente immaginare quali pesi l'amico si fosse caricato sulle spalle da
quando era piccolo. Improvvisamente, riflettendo su tutti quei particolari,
sentì di volergli ancora più bene, sentì che, se Shin si riteneva obbligato
a proteggere, Shu avrebbe protetto lui da ogni cosa.
“Non me ne andrò, se tu non vuoi che me ne vada.”
“Non voglio che tu te ne vada.”
Suiko scandì con calma e chiarezza ogni sillaba e Shu lo scrutò sospettoso
per quel nuovo cambio di atteggiamento.
“Mi farà impazzire” pensò, “e allora perché lo sto trovando così adorabile?”
Le parole che pronunciò ad alta voce, tuttavia, furono altre:
“Potevi dirmelo chiaramente fin da subito invece di fare tanti giri di
parole!”
Shin spostò il viso di lato, sfuggendo con insistenza al suo sguardo e
mugugnò, immusonito:
“Sei tu che non capisci niente.”
Shu emise una sbuffata stizzita: figurarsi se quella peste non avrebbe
rigirato la frittata a suo favore.
“Solo perché non ho la lingua abile come la sua.”
Gli istanti di silenzio che seguirono furono strani, Shu immaginava che, ad
un occhio esterno, la loro posizione sarebbe apparsa alquanto particolare,
così sdraiati l'uno sopra l'altro. O, forse, era semplicemente lui che si
sentiva strano, perché il cuore gli batteva forte e...
C'era qualcosa di peggio, di più sconvolgente, qualcosa di cui sperava che
Shin non si accorgesse.
Fu la voce di Suiko a distoglierlo ancora dalle sue elucubrazioni:
“Io, però... intendevo anche che... non voglio che tu te ne vada... in
generale... da... da me...”
Gli occhi di Shu si fecero immensi e quei balbettii sconnessi da parte dell
amico contribuivano a confonderlo.
“Quindi tu stavi seriamente pensando di non andartene?” gli chiese, “non
vuoi tornare a casa?”
“No... cioè sì... ma...”
Kongo si tirò un poco più su con uno scatto nervoso:
“Oh, insomma, Shin, te lo chiedo per favore, sforzati anche solo un minimo
di essere chiaro, io sono imbranato, va bene, te lo concedo, sono io l
ignorante che non capisce niente, ma davvero, mi stai facendo diventare
matto!”
Era già troppo impegnato a tentare di conferire un senso a ciò che stava
accadendo nel suo basso ventre e quella creatura assurda sdraiata sotto di
lui sembrava volersi impegnare al massimo per complicargli la vita all
estremo.
Che stava sotto di lui... il solo formulare una simile frase nella mente gli
faceva girare la testa.
“Maledizione, maledizione, maledizione!”
“E' così difficile capire che non voglio separarmi da te?!”
Suiko tirò di nuovo fuori quella vocina che sapeva rendere acuta come quella
di un bimbo nei momenti di particolare tensione.
“Ma... intendi adesso... o...”
“In generale, scemo!” lo apostrofò il compagno, con una smorfia di
disappunto e, finalmente, gli occhi azzurro-verdi ancora lucidi si posarono
su di lui, decisi, ma fin troppo sconvolgenti per Shu. Poi, le parole furono
accompagnate dal gesto che il samurai detentore dei poteri della terra meno
si sarebbe aspettato: Shin gli gettò le braccia al collo e lo attirò contro
di sé, cosicché il ragazzo si trovò nuovamente ad affondare nella massa
fluente di quei capelli morbidissimi e profumati di pulito... e di mare...
tutti gli odori e l'essenza degli abissi più profondi. Forse, dopotutto,
Shin era davvero una creatura degli oceani, oltre ad attingere all'acqua le
proprie facoltà di samurai?
“O, più probabilmente, io ho perso del tutto il contatto con la realtà... ed
è tutta colpa di questa specie di sirenetto che non riesco proprio a capire
cosa mi stia facendo.”
“Shin... io...” tentò di borbottare, lottando contro i sottili fili castani
che gli si infilavano in bocca, rischiando di farlo tossire.
Del tutto disinteressato alle pene che l'amico stava passando in quella
posizione scomoda, Suiko lo strinse ancora di più, con una foga tale da dare
l'impressione che volesse aggrapparsi a lui come ad un irrinunciabile
appiglio.
“Il fatto... Shu... è che non voglio restare solo... e...”
“E io sono il malcapitato che ti è finito tra le grinfie.”
Ironia... rispolverare un briciolo di ironia, forse, avrebbe potuto salvarlo
da quella situazione che stava diventando sempre più assurda, in un certo
senso ridicola alle percezioni di uno spirito pratico com'era il suo.
La reazione giunse puntuale, assolutamente degna di Shin; le mani si
posarono sul suo petto e lo spinsero malamente, per allontanarlo:
“Se ti dà così fastidio puoi anche andartene, non ho nessuna intenzione di
umiliarmi ancora per chiederti qualcosa, idiota!”
Shu si morse la lingua, rendendosi conto di avere sbagliato; forse,
dopotutto, lo scherzo non era sempre la giusta risposta a tutto. Shin, in
quel momento, poteva avere bisogno d'altro, forse il suo lato più tenero
bramava anche per sé un briciolo di tenerezza; quel lato di Suiko esisteva
dopotutto, alternata alla monelleria aveva già mostrato, più volte, ai
compagni, la propria innata gentilezza, il proprio animo dolce che voleva
nutrirsi... d'amore?
D'altronde non era mai stata un mistero, per Shu, quell'interiorità così
profonda e pura, un cuore limpido come l'acqua che lo Shin guerriero tentava
tanto spesso, come tutti loro, di non lasciar trapelare, per non impazzire
nel pieno della lotta.
“Non fare così, dai, cerca di capirmi, sono un po' confuso, ammetterai che è
una situazione... complicata.”
“E quando sei confuso, il rimedio migliore che riesci a trovare è fare lo
scemo... lo so... dovrei averlo capito, ormai...”
“Eppure sembra che mi apprezzi molto come salvagente” protestò Shu, senza
tuttavia riuscire a mostrarsi duro come avrebbe voluto.
“E' vero...”
Un sussurro disarmato e dimesso, non certo la risposta più prevedibile, tra
l'altro le guance di Shin si tinsero, nel pronunciarla, di un rossore così
amabile che Shu ebbe l'impressione di sentirsi liquefare per la tenerezza.
“Devo considerarlo un complimento o cos'altro?”
Un'altra volta l'abbraccio avvolgente e un poco capriccioso di Shin si
chiuse intorno a lui e, mentre Shu veniva di nuovo attratto verso il basso,
la testa di Suiko si sollevò quel tanto che bastava per rifugiarsi contro la
sua spalla.
“Oh, ti prego Shu, per una volta, una soltanto, sforzati di non considerarmi
il tuo giocattolo e cerca di prendermi seriamente.”
“Io, prendere seriamente te? Io ti userei come giocattolo? Le tue idee non
sono meno confuse delle mie, stai parlando con la tua vittima prediletta!”
“Shu, te lo chiedo per favore, piantala!”
Un piagnucolio da cucciolo attutito dalla sua spalla robusta, sulla quale il
viso di Shin si strofinò per qualche istante.
“Come un gattino che fa le fusa.”
Non riuscì a stabilire se l'immagine che gli si era materializzata nella
mente fosse più invitante o spaventosa, forse entrambe le cose, perché non
poteva fare a meno di considerarlo adorabile ma, al tempo stesso, il proprio
corpo che reagiva spontaneamente, gli metteva addosso una paura alla quale
non sapeva dare un senso, né trovava i mezzi per arginare quell'impeto
emotivo dentro di sé.
Paura perché non capiva cosa gli stesse accadendo e perché, in nessun modo,
avrebbe saputo giustificare a Shin il particolare più imbarazzante di quella
situazione: un punto ben preciso del suo corpo, in basso, che si stava
sforzando di mettere a tacere senza troppo soddisfacenti risultati.
Sospirò e decise che, dopotutto, forse sarebbe stato meglio assecondare
Suiko, anzi, forse assecondarlo era proprio quanto desiderava: quella
tenerezza tra loro, lo stava scoprendo ogni istante di più, piaceva tanto
anche a lui.
Circondò il busto di Shin con un abbraccio e si sollevò in ginocchio,
trascinandolo con sé nel movimento.
“E va bene, Shin-kun, piantiamola tutti e due, forse abbiamo davvero solo
bisogno della reciproca vicinanza.”
La testa di Shin si mosse e lo sguardo si levò verso quello del compagno:
“Anche tu?”
Quegli occhi, Shu se ne rese conto una volta di più, erano in grado di
rapire e furono per lui come il vortice d'acqua impetuosa da cui l'arte
guerriera di Shin era plasmata; a quel naufragio sconvolgente e dolce a un
tempo era tentato di abbandonarsi, ma lo sconcerto dovuto a ciò che provava
si ostinava a prevalere, bloccandolo.
Tuttavia, negarlo a se stesso era inutile:
“Anche io, sì, anche io ho tanto bisogno di lui, e non saprei come fare,
ormai, senza averlo con me.”
E allora perché non riusciva a dirglielo chiaramente? Forse perché faticava
ancora così tanto a confessarlo a se stesso. Ma cosa c'era di così terribile
in fondo? Aveva scoperto di avere bisogno di una persona che gli era
diventata indispensabile e questa persona aveva bisogno di lui, tanto da
aggrapparsi al suo corpo e al suo cuore con un impeto quasi disperato; qual
era il problema nell'accettarlo?
Forse si trattava del proprio corpo, non sapeva come interpretarne le
reazioni che, tuttavia, sembravano adattarsi tanto all'incanto che il suo
spirito provava nell'immergersi in una fonte d'acqua dolce e preziosa.
Ma era sufficiente un'amicizia, per quanto speciale, a generare in un essere
umano tutti quei turbamenti?
“Shu...”
“Dimmi...”
“Mi dispiace... sono consapevole di avere un carattere orribile.”
Suiko si lasciò ricadere all'indietro con un sospiro e il cuore del compagno
ebbe un balzo più forte: non poteva accettare che si denigrasse, Shin era un
ragazzo speciale, e il suo carattere poteva risultare difficile da trattare,
propria a causa della sua profondità.
“Non è affatto vero.”
Mentre parlava osservò la propria mano che si muoveva, spinta dal puro
istinto, fino a raggiungere il viso dell'amico, si posò sulla tempia,
spostando indietro un folto ciuffo di capelli e non poté sfuggirli il
brivido violento che scosse le membra di Shin a quell'inattesa carezza.
Nuovamente si accorse anche del proprio tremore, come in precedenza, ma non
lo rifiutò e non si chiese più nulla, andava bene così, non si sarebbe più
interrogato su ciò che stava accadendo, tutto ciò che contava, in quegli
istanti, per Shu, era far capire a quel coetaneo meraviglioso quanto ci
tenesse a lui, alla loro amicizia, ad un rapporto al quale avrebbe concesso
di diventare intenso quanto il destino avesse voluto.
“E' incredibile quanto sai essere dolce.”
Nell'esporre la propria osservazione, le labbra di Shin si piegarono in una
risatina, ma timida, per nulla canzonatoria, non vi era intento ironico
nelle sue parole.
“Mai quanto te...”
Le parole di Shu, invece, non riuscivano a sbloccarsi come i suoi gesti e
rimanevano irrigidite in pensieri che avrebbe voluto trasmettere al compagno
con la sola forza della mente.
“Perché non riesco a dirgliele queste cose?”
Forse non sapeva come Suiko le avrebbe prese, o interpretate? E cosa c'era,
in fondo, da interpretare?
“Shu... grazie...”
“E per cosa? Non sto facendo nulla...”
“Ti sbagli... sei qui.. con me... e mi stai dimostrando che non ti dispiace

La mano di Shu, ancora tra i capelli di Shin, si irrigidì e lui la ritrasse,
scrutando il compagno con un'espressione che era una via di mezzo tra la
curiosità e una vaga inquietudine, perché la frase udita si prestava a tante
troppe interpretazioni.
“Per quale motivo dovrebbe dispiacermi?”
“Mah, forse perché so rendermi insopportabile.”
Un'altra risatina, decisamente autoironica e Shu avrebbe voluto stringerlo
forte a sé.
“Al diavolo, niente più inibizioni!”
Si abbandonò totalmente all'impulso emotivo e si ritrovò di nuovo del tutto
sdraiato sopra di lui, le mani tra i suoi capelli:
“Sappilo Shin-kun, io ci sarò sempre per te. E non temere perché, qualunque
cosa accada, per quel che mi riguarda, non ci separeremo, non ti permetterò
di allontanarti da me e non ti libererai tanto facilmente della mia
presenza!”
A quella foga improvvisa, Suiko rispose con pacatezza, ma l'essenza delle
sue parole non fu molto diversa:
“Non mi allontanerei mai da te spontaneamente, anche se tu ti trovassi in
capo al mondo, sai?”
Si fissarono in silenzio per qualche istante, come a voler leggere, l'uno
nello sguardo dell'altro, ciò che stava accadendo ad entrambi, la
spiegazione e le implicazioni di frasi tanto importanti salite loro dal
cuore.
Quello scambio si concluse come tanto spesso accadeva: in perfetta sintonia
sporsero un poco le labbra e, l'attimo dopo, si ritrovarono a ridere, l'uno
di fronte all'altro, ma senza distogliere gli occhi dagli occhi, cosicché
Shu poté assistere al gesto di Shin il quale, con una grazia dalla quale
Kongo si scoprì soggiogato, si portò una mano a sollevare una ciocca di
capelli, gettando indietro la testa in un'espressione incantevole.
La mente di Shu formulò un pensiero stizzito:
“Accidenti a te, Shin, te la farò pagare a vita per quel che mi stai
combinando!”
Suiko tornò serio e lo catturò nuovamente con l'intensità delle sue iridi
blu nelle quali, per il samurai della terra, in quel momento, si
rispecchiava il mondo intero.
“Allora resti qui, Shu? Credo... di aver bisogno di un contatto stanotte.”
“Però si sta stretti, è un letto troppo piccolo.”
“E non so se saresti felice di accorgerti di una determinata cosa...”
soggiunse mentalmente, mentre l'imbarazzo cresceva. Temeva che presto non
sarebbe più stato in grado di dissimulare.
“Forse sei tu che sei troppo grosso.”
Avrebbe dovuto arrabbiarsi e rispondergli a tono, ma quando si concentrò
ancora su quel sorriso, condito con una linguaccia da monello, si ritenne
sconfitto una volta di più.
“Almeno cerchiamo di non stare l'uno sopra l'altro” borbottò, tentando di
spostarsi di lato, racchiudendo Shin tra sé e il muro; si rannicchiò più che
poté sul bordo esterno, ma la sua massa robusta sporgeva pericolosamente nel
vuoto. Sarebbe stato sufficiente un lieve movimento del compagno per farlo
finire a terra senza possibilità di appiglio. Inoltre, la sua posizione era
resa ancor più scomoda e instabile dal fatto che si sforzava, meglio che
poteva, di non far aderire il bacino a quello del samurai dell'acqua.
Non parlarono per un periodo di tempo che a Shu parve interminabile; era
alla disperata ricerca di qualcosa da dire ma non si rivelava un'impresa
semplice, data la situazione.
Infine, tuttavia, ricordò l'intento di non mettere a tacere la propria
spontaneità e chiuse la mente ad ogni ragionamento contorto; così le parole
vennero, naturali e, lo seppe con certezza, quelle giuste:
“Stai un po' meglio, Shin? È passata la crisi?”
Gli risposero un sospiro e quel che Shu aveva temuto: un movimento, con il
quale il coetaneo volle stringersi maggiormente a lui, rendendo il suo
equilibrio più precario, soprattutto perché Shu non poteva fare a meno di
tirarsi indietro per nascondere... quella cosa...
Ma se si fosse ritratto ancora anche solo un poco, ad attenderlo ci sarebbe
stato il pavimento.
“Mi sento al sicuro” sussurrò il tenero samurai dall'animo a volte fin
troppo gentile per appartenere ad un guerriero. E intanto si aggrappava a
lui, Shu poteva sentire le mani dell'amico sul petto, il viso che si
strofinava contro il suo pigiama come se volesse, in quel contatto,
nascondersi dal mondo. Chissà, forse, dopotutto, era così, Shin era più
spaventato dal mondo di quanto potesse sembrare ad una prima apparenza.
“Ma cosa ti sta succedendo stanotte?” gli chiese, mesto; la pena nei suoi
confronti si faceva insopportabile, la tristezza del compagno era troppo
contagiosa per Shu, che avrebbe sempre voluto trovare, in Shin, l'amico con
cui scherzare e ridere, con cui godere delle bellezze di quel mondo che
avevano protetto.
Evidentemente, il cuore del compagno non era tuttavia così spensierato come
si sforzava di mostrare.
“Non lo so spiegare... mi sono reso conto all'improvviso di quanto fossi
teso nel corso della battaglia, ma ai guerrieri si insegna a non lasciar
trasparire le emozioni. Eppure, le emozioni ci sono... e... semplicemente...
le mie hanno finito per esplodere... e fanno male.”
“Ma perché, Shin? Abbiamo vinto, siamo tutti salvi, il Male è sconfitto...”
“Il Male sarà mai sconfitto? Sei davvero sicuro di quello che dici? E le
armature... ci hanno rivelato la loro natura ambigua... Se non fossero poi
così distanti da quel male contro cui le abbiamo usate?”
Non seppe cosa rispondere; d'altronde lui, il samurai della terra, era stato
il primo ad entrare in contatto con la più terribile possibilità, Rajura,
nel corso della prima fase di quello scontro terribile, si era divertito a
giocare con lui utilizzando proprio la doppia natura della armature dei
samurai, tentando di far crollare ogni sua certezza.
La voce di Shin lo distolse dai ricordi:
“Shu... credo di avere paura... e di averne avuta... anche nel momento in
cui eravamo prigionieri di Arago... ma quello che mi spaventa di più è la
paura che sento per il futuro... perché non so se riuscirei ancora...”
Kongo mosse veloce una mano e gliela posò sulla bocca; non sopportava di
sentirlo parlare in quel modo.
“Sei un Samurai Trooper, Shin, se dimentichi questo potrei non
perdonartelo!”
Era stato troppo duro, ma non riusciva a tollerare simili discorsi, non dopo
tutto quello che avevano passato.
“Non puoi mettere davvero in dubbio tutto” soggiunse con tono più morbido,
“proprio tu, che rappresenti la fiducia...”
“Fiducia in voi... incondizionata... fiducia nella vita... ma... non è
questo il punto...” mormorò l'altro, prendendo tra le proprie dita la mano
di Shu per scostarla con gentilezza dalle proprie labbra, “è la fiducia in
ciò che ci è richiesto che...”
“Shin... cosa posso fare per toglierti dalla testa tutte queste scemenze?”
Mantenne dolce, questa volta, l'inflessione della propria voce, avrebbe
voluto trasmettergli sicurezza anziché rimproverarlo; se guardava
attentamente dentro di sé, si rendeva conto che la pena prevaleva sulla
rabbia generata in lui dai tormenti dell'amico.
“Solo starmi vicino... non giudicarmi, ti prego, ti prometto che passerà,
farò del mio meglio affinché passi ma... non potrei sopportare la tua
ostilità nei miei confronti, solo perché ho trovato il coraggio di aprirmi
con te... solo con te, Shu... non mi sentirei di rivelare le mie debolezze a
nessun altro, non ora...”
Aveva ragione; si era fidato a tal punto di lui da aprirsi come non avrebbe
probabilmente fatto con nessuno, sperando nella sua comprensione...
“Ed io... in tutta risposta l'ho quasi aggredito... tutto perché sono
impulsivo, nonché irrimediabilmente stupido!”
Annuì, consapevole di avere assunto un'espressione talmente seria da
risultare irriconoscibile persino a se stesso, poi portò l'indice teso a
toccargli la punta del naso:
“Non... temere... nulla...”
Scandì le parole una ad una, come a volerle sottolineare ed enfatizzare,
perché giungessero alle orecchie e all'anima del compagno in tutta la loro
intensa sincerità.
E Shin reagì con una smorfia talmente buffa che Shu non resistette alla
tentazione di spostare la mano fino ai suoi capelli, arruffandoglieli con
una carezza affettuosa:
“Allora... va un po' meglio, sirenetto?”
Non appena si rese conto del vezzeggiativo cui le sue labbra avevano dato
forma, avrebbe voluto sprofondare e sfuggire all'occhiata di pura meraviglia
che Shin gli rivolse, accompagnata da un infuocarsi immediato delle guance.
Kongo deglutì e tolse con lentezza la mano, agitandosi nervosamente. E il
suo stesso viso era così accaldato che, poté immaginarlo, alla vista non
doveva apparire meno in fiamme di quello di Shin.
“Cerchiamo di dormire adesso” mugugnò, muovendosi nel tentativo disperato di
girarsi. Era perfettamente consapevole che avrebbe rischiato di rotolare a
terra con quel gesto, ma era disposto a correre il pericolo, tutto pur di
sottrarsi ad una situazione che, per lui, stava diventando insostenibile.
Grazie a chissà quale miracolo divino, si ritrovò sull'altro fianco, un
braccio che penzolava giù dal letto, un ginocchio che sporgeva oltre il
bordo.
“Spero tu non ti muova troppo mentre dormi, Shin-kun” scherzò sperando anche
in tal modo, di allentare la tensione, “se dovessi ritrovarmi per terra, te
la farei pagare cara, quindi cerca di controllare i tuoi sonni agitati.”
“Non credo che mi sarà così facile dormire...”
“Come sarebbe a dire? Volevi che dormissimo insieme per farti passare la
crisi e temi che non riuscirai a dormire lo stesso? Allora a che serve che
io sia qui se...”
Shu si interruppe di colpo nel momento in cui un abbraccio quasi violento lo
avvolse, circondandogli il busto, seguito dalla fronte di Shin che si
appoggiava alla sua schiena, la morbidezza dei suoi capelli perfettamente
percepibile anche attraverso la stoffa sottile del pigiama.
“Ti ringrazio tanto per essere qui... per essere stato così gentile con me..
Shu-kun.”
La voce di Suiko sapeva essere così amabile, tenera, come le sue mani
gentili e, in un certo qual modo, supplichevoli, ma quelle dita eleganti
bruciavano contro la pelle di Shu, accendendolo interiormente di una strana
fiamma... non sgradevole, ma sempre più ardente e lui non sapeva più come
spegnerla... e neanche se voleva farlo.
E la fiamma divampò, i suoi occhi si sbarrarono nella stanza buia, nel
momento in cui udì le successive parole del compagno:
“Ti amo, Shu...”
Non fece in tempo, tuttavia, a razionalizzare quanto aveva ascoltato, perché
un movimento inconsulto alle sue spalle lo colse di sorpresa e, l'attimo
successivo, sotto di lui si spalancò il vuoto; si ritrovò sul duro pavimento
dolorante, in una posizione scomposta, imprecando mentre intravvedeva Shin,
seduto tra le lenzuola, una mano davanti alla bocca, a scrutare nella sua
direzione con un'espressione terrorizzata.
“Scusa... Shu, scusami... io...”
Le labbra atteggiate ad un ringhio, Shu lottò per assumere una postura più
dignitosa, fulminando il compagno con i suoi occhi blu:
“Ma ti è dato di volta il cervello? Vuoi ammazzarmi?!”
Come se non avesse assolutamente sentito quel rimprovero, completamente
smarrito in un suo mondo parallelo, Suiko continuava a balbettare scuse
sconnesse:
“Mi... mi dispiace... per quello che ho detto... io...”
Gli occhi di Shu si sgranarono e lui si alzò in piedi, puntellandosi con un
ginocchio sul letto, tendendosi verso l'amico fino a spingerlo contro il
muro alle sue spalle:
“Ti dispiace per quello che hai detto? Per quello che hai detto?! Potevo
rompermi un braccio, una gamba, o addirittura la testa e tu magari, anche in
quel caso, saresti ancora lì a dispiacerti unicamente per quello che hai
detto?! E quello che hai fatto, allora?!”
Perché era così nervoso? Dopotutto non si era fatto nulla di notevole e,
effettivamente, Shin non aveva tutti i torti: l'effetto delle sue parole era
stato, in un certo senso, più distruttivo di qualunque contusione fisica.
Distruttivo, perché sconvolgente ma, lottando per arginare la propria furia,
Shu si sforzò di analizzare se stesso e ciò che scoprì fu, dovette
ammetterlo, l'aspetto più sconvolgente di tutta la questione: ciò che più lo
faceva arrabbiare era che Shin si mostrasse pentito di quella dichiarazione,
scaturita da chissà quale astruso percorso mentale.
Si immobilizzò, poi, a voce più bassa per quanto imbronciata, riprese:
“Scusami tu, adesso...”
“Shu...”
Erano ancora fermi l'uno di fronte all'altro, il viso di Shin così vicino al
suo, quegli occhi ora così immensi, spaventati... da lui, dalla sua reazione
spropositata... o forse il compagno aveva paura di se stesso, di ciò che
stava accadendo dentro di lui?
“Così come dentro di me...”
Allungò una mano, ma la bloccò poco prima che raggiungesse la guancia di
Suiko, lasciandola sospesa a mezz'aria:
“Scusami Shin-kun, davvero...”
Avrebbe voluto dire qualcos'altro, ma fu preso alla sprovvista dal gesto di
Shin che, in una mossa speculare alla sua, sollevò entrambe le mani;
tuttavia egli non si fermò e, l'istante successivo, Shu sentì la carezza di
quelle dita morbide sulle guance e poté rendersi conto che, nello sguardo
dell'amico, qualcosa era cambiato, aveva assunto una sorta di languore che
non gli aveva mai visto prima.
“Shin...” ebbe appena il tempo di sussurrare, poi le labbra dell'altro si
avvicinarono, troppo, finché non raggiunsero quelle di Kongo il quale, il
cuore che batteva all'impazzata fin quasi a volergli scoppiare nel petto,
non poté opporsi in alcun modo al primo bacio romantico della sua vita... e
lo stava scambiando con un altro ragazzo... colui che, fino a poche ore
prima, aveva considerato unicamente il suo amico del cuore.
Fu un bacio tenero, la timidezza di Shin prevalse e, quando staccò le labbra
il suo rossore raggiunse livelli così intensi che Shu temette di vederlo
andare in fiamme, i suoi occhi fuggirono verso il basso e le mani ricaddero.
A Shu sembrò fragile, indifeso e... desiderabile.
Tremavano entrambi e il silenzio che intercorse tra loro pareva non dover
mai terminare. Il samurai della terra sapeva di dover porre fine, in qualche
modo, a quel momento di stallo, Shin gli aveva mandato un messaggio fin
troppo chiaro a quel punto e già il suo corpo, dal momento stesso in cui si
erano accucciati l'uno vicino all'altro, gli aveva lanciato segnali evidenti
di come fosse ben disposto ad accogliere quel messaggio.
“Non mi resta che accettarlo” rifletté, “perché dovrebbe essere così
difficile? E' il mio migliore amico ed è un ragazzo, d'accordo, eppure... in
questo momento sento che è l'unica persona al mondo che potrei amare... e
desiderare... in questo modo...”
La sua mano corse alla guancia del compagno, forzò gentilmente il suo viso
affinché si sollevasse, ma il samurai dell'acqua oppose resistenza.
“Shin-kun, guardami...”
E, invece, il ragazzo si raccolse ancor più in se stesso, la testa quasi
scomparve tra le spalle. Shu fece una smorfia di disappunto: sapeva rendersi
spossante il gentile angioletto del loro variegato gruppo, con quell
alternarsi di esplosiva intraprendenza e snervante ritrosia.
Shu tornò all'attacco per richiamare la sua attenzione:
“Allora non ti dispiaceva davvero... quello che hai detto prima... intendo,
prima di... di buttarmi giù dal letto?”
Suiko si era rannicchiato contro il muro, facendosi talmente piccolo da far
credere a Shu di trovarsi di fronte un cucciolo indifeso, impressione
accentuata da quell'insistente rifiuto di ricambiare il suo sguardo, come se
fosse terrorizzato.
Tuttavia, finalmente parlò... e anche la voce sembrò il guaito di un
cucciolo:
“Shu-kun... non odiarmi per quello che ho appena fatto, ti prego...”
Kongo trasecolò, cos'altro si era messo in testa?
“Cosa stai dicendo?”
“So che... così... rischio di perdere la tua amicizia e... io non credo di
essere pronto a perderla... a perderti...”
“Oh, insomma” sbottò Shu, gettandosi in avanti fino ad appiattirlo contro il
muro, stanco di dover ascoltare tali idiozie senza, tra l'altro, essere
guardato in faccia. Era partito temendo quasi di aggredirlo ed invece si
ritrovò ad abbracciarlo, stringendolo forte a sé; Shin, sorpreso, sollevò il
viso, occhi e labbra aperti, ma tutto quello che riuscì ad esternare fu un
gemito di stupore.
“Mi farai diventare matto” sussurrò Shu al suo orecchio e gli rispose un
suono che somigliava a un singhiozzo. Non si sentì di chiedergli di non
piangere perché, dopotutto, era sul punto di mettersi a piangere lui stesso.
“Non potrei mai odiarti, stupido...”
“Shu... era vero... sì” mormorò l'altro, la voce spezzata, “non so spiegare
quando me ne sono reso conto ma... quando ho detto che ti amo... non l'ho
detto così per dire...”
“Non l'hai detto così per dire?” esclamò il Diamante staccandosi da lui e
fissandolo intensamente, “ci mancherebbe altro!”
Si fissarono per un lungo istante, poi Shu proseguì:
“Non si può affermare una cosa del genere tanto per dire qualcosa, no? Credo
..”
Improvvisamente fu lui a sentirsi insicuro; gli sarebbe dispiaciuto se Shin
avesse smentito la precedente confessione?
“Sì... tanto, maledizione... tantissimo!”
Abbassò lo sguardo, odiandosi, perché stava facendo sì che si invertissero i
ruoli e non sapeva se Shin, in quel momento, fosse abbastanza razionale e
controllato da trovare la capacità di fornirgli il proprio sostegno morale.
“Non si può... confessare il proprio amore... per finta... almeno non
potresti farlo tu... spero...”
Stava borbottando a voce bassissima, non era neanche certo che le sue parole
fossero comprensibili.
“Per chi mi hai preso?”
Lo strillo di Shin fu così acuto da ferirgli le orecchie e spingerlo a
scrutarlo, perplesso, in parte temendo una scenata; invece, il compagno
tornò immediatamente umile e abbassò a propria volta gli occhi, aggiungendo
con tono sommesso:
“Scusami... perdonami Shu... sono intrattabile, lo so...”
Kongo storse il naso, forse un po' aveva ragione, ma compensava l'essere
intrattabile con una tenerezza alla quale era impossibile resistere; nessuno
sarebbe stato in grado di odiare Shin, ne era certo...
“Di sicuro io non lo sono... io lo...”
“Io ti amo, Shin...”
Era riuscito a dirlo; un istante prima lo stava pensando e le sue labbra,
subito dopo, avevano formulato quella verità alla quale dovette, dopo tanto
tempo, dare finalmente ascolto. L'espressione dell'amico era impagabile, Shu
era convinto di non averlo mai visto così bello come in quel momento in cui
lo stupore e l'incredulità si mischiavano ad una gioia che, forse,
fortunatamente, riusciva a mettere a tacere, almeno per un po', drammi,
tormenti e paure.
“Vorrei renderlo felice per sempre...”
Finalmente riuscirono a sostenere reciprocamente i propri sguardi, che si
specchiarono l'uno nell'altro suggerendo ad entrambi quale dovesse essere l
espressione di ciascuno dei due, perché probabilmente non si erano mai
rivelate così simili: due adolescenti che scoprivano, per la prima volta,
cosa significasse trasformare una profonda amicizia in qualcosa di
miracoloso, scoprivano per la prima volta l'amore, quello più straordinario,
proprio perché dall'amicizia si era evoluto fino ad esplodere in maniera
sconvolgente, una notte, dopo la più spaventosa delle esperienze.
“Cosa ci sta succedendo, Shu?”
“Non farmi domande così difficili...”
Suiko si lasciò andare ad una risatina, in seguito alla quale Shu non resse
e si tuffò su di lui:
“Vieni qui, pesciolino!”
“Come mi hai chiamato?”
Non gli diede il tempo di protestare oltre, perché gli tappò la bocca con le
proprie labbra e il bacio avviato da Shu non fu timido, né casto; aveva
aspettato troppo e ora capiva che aveva desiderato quel momento fin dal
primo istante.
“Chissà” pensò mentre si dissetava del sapore dolce di quel ragazzo
adorabile, “forse è quel che ho desiderato dal giorno stesso in cui l'ho
visto per la prima volta, forse già allora, anche se non lo ricordo, mi ero
detto che lo trovavo tanto carino, ma non ero neanche in grado di pormi il
problema.”
Lo sentì tremare fin quasi a spezzarsi tra le sue braccia: la sua foga l
aveva di sicuro spaventato, ma Kongo non riuscì in alcun modo a fermarsi.
Shin impiegò un po' prima di rispondere, nei primi istanti rimase inerte,
come soggiogato, poi però, pian piano, anche lui si lasciò vincere dal
calore sempre più insopportabile che si stava diffondendo tra loro e, mentre
le lingue interagivano assaggiandosi a vicenda, sollevò le mani e le portò
tra i capelli di Shu, affondandole in essi, generando nel compagno una
scossa che attraversò tutto il suo corpo.
Il samurai della terra non aveva più motivo alcuno per nascondere quel che
accadeva al suo organismo, Shin era libero di capire, di sentire come esso
reagiva alla sua vicinanza; così, nella foga di cui era preda, senza
interrompere il bacio che andava sempre più in profondità e che stava
togliendo fiato ad entrambi, o forse solo a lui dato che Shin era stato in
grado di trovare la sua armatura ad una profondità che richiedeva un'apnea
ben più lunga e difficile, si avvinghiò a Suiko e lo trascinò giù, fino a
farlo aderire con la schiena al materasso, e si posizionò sopra di lui,
mettendo i loro corpi a stretto contatto.
Era meraviglioso intrecciare le dita ai suoi capelli, percepire le sue forme
così armoniosamente delineate, delicate ma virili a un tempo, era
straordinario godere delle carezze delle sue mani che, intanto, si erano
spostate sulla sua schiena e lo massaggiavano in un impeto di incontrollato
desiderio.
“E' tutto... confuso... strano... meraviglioso e terrorizzante... sono qui,
con il mio migliore amico, questa persona con cui scherzo quotidianamente, a
fianco della quale ho combattuto e ho rischiato più volte la vita, con la
quale ho condiviso eventi impensabili per chiunque e adesso... stiamo
condividendo anche questo... ancora non mi rendo conto se sia realtà o...”
E nonostante tutte le incertezze, lo sconvolgimento, lo stupore, gli piaceva
tanto da suggerirgli che, in realtà, non aveva mai desiderato niente di
diverso.
“Non sapevo di desiderarlo, eppure... era così... non sapevo di avere questo
sogno, ma ora che l'ho realizzato so che non ne vorrei altri... nient'altro
che questo, nessun altro che lui!”
Shin si agitò un po', mosse il capo, interrompendo il contatto delle loro
labbra, esalò un sospiro profondo tramite il quale si lasciò sfuggire un
lamento, sottile, ma non smise di accarezzargli la schiena.
“Oh, Shu... Shu...”
Era una supplica o un'invocazione?
Dal momento che tra loro si era accesa una simile scintilla, ogni
atteggiamento di Shin, di conseguenza, lo mandava incondizionatamente fuori
di testa, anche quella voce talmente tenera da avvilupparlo in un avvolgente
strato di dolcezza.
“Shin-kun, mi stai facendo impazzire, io... non mi riconosco più...”
Era vero, le proprie reazioni, sia fisiche che emotive, lo stavano
spaventando in una maniera che non avrebbe mai ritenuto possibile. Stava
compiendo gesti di cui non si sarebbe mai creduto capace, le sue mani, con
dita tremanti, cominciarono a sfilare dalle asole i bottoni del pigiama di
Shin, scoprendo, poco a poco, nuovi frammenti di pelle nuda che il raggio di
luna gli permetteva di ammirare, impreziositi da quell'alone luminoso che
sfiorava il corpo dell'amico, disegnandone le forme allettanti.
Man mano che scendeva, fino ad avvicinarsi all'orlo dei pantaloni, la sua
frenesia si accentuava e lui temette che, ad un certo punto, avrebbe
superato la soglia dell'accettabile. Separò i lembi della camicia di Shin e
questi lo lasciò fare, gli permise anche di sfilargli del tutto l'indumento
e Kongo poté ammirare le spalle tornite, il torace degno della statua di un
efebo greco; poi scorse il luccichio sulle guance, segnale inequivocabile
che l'amico stava piangendo. D'altronde, non poteva ignorare la sensazione
di bagnato che attraversava anche il proprio viso.
“Sto piangendo anch'io... siamo due bambini... due samurai che le hanno date
di santa ragione alle forze del Male... ridotti a due mocciosi piagnucolanti
senza ritegno...”
Eppure non si vergognava, nello stesso momento in cui fu sfiorato da tali
riflessioni si trovò a pensare, contemporaneamente, che non ci fosse
assolutamente nulla di male nella maniera in cui stavano condividendo quegli
attimi.
“Significa che siamo umani e che siamo tanto giovani... e pieni di
sentimenti desiderosi di manifestarsi; è una cosa stupenda, non umiliante!”
Concluse che, dopotutto, le loro lacrime, le loro emozioni, li rendevano
ancora migliori.
Cacciò ogni ulteriore ragionamento con un gesto stizzito che lo portò a
premere il viso sul petto del compagno e, l'istante successivo, si trovò a
far correre le labbra lungo ogni centimetro di quella pelle tesa e fresca.
“E' come bere acqua pulita... sei davvero nata nell'acqua, mia incantevole
sirena?”
Tenne per sé quella considerazione, anche perché la bocca era troppo
occupata ad assaggiare ogni frammento di dolcezza, inebriandosene e
godendone come non aveva mai goduto di nient'altro nel corso della sua
esistenza, neanche il più succulento dei pasti gli aveva trasmesso quel
senso di soddisfazione completa, lui che viveva il cibo come una delle
assolute priorità.
“Shu...” gemette ancora Suiko, nel momento in cui la lingua del Samurai
della terra si sostituì alle labbra in quell'esplorazione bramosa delle sue
membra nude. Si contorse, tendendosi in un modo che fece salire alle stelle
l'eccitazione di Shu il quale, nel frattempo, con i suoi baci golosi, si era
pericolosamente avvicinato ai capezzoli del compagno e, nel momento in cui
li sfiorò, cominciare a succhiarli gli venne naturale.
Suiko emise un urletto acuto, inarcando la schiena ed aggrappandosi con
maggior foga all'amico, una reazione che colpì Shu, portandolo al limite del
proprio controllo ma, al tempo stesso, lo rese curioso di scoprire quale
fosse l'espressione del volto di Shin.
Così staccò le labbra e sollevò il viso per restare, poi, completamente
incantato. Il compagno aveva gli occhi socchiusi, lucidi, in preda ad un
languore irresistibile, anche le labbra erano solo lievemente aperte e la
testa reclinata all'indietro aveva fatto spargere i capelli castani sul
cuscino, in una pioggia di fili sottili che si accendevano di riflessi d'oro
alla luce della luna.
“Shin...” mormorò, definitivamente sconfitto dalla visione che gli si
presentava davanti agli occhi. Attratto dal richiamo dell'amico, il samurai
dell'acqua condusse lo sguardo nella sua direzione e gli rivolse un sorriso
per il quale Shu si scoprì di colpo in diritto di ritenersi l'essere più
fortunato nell'universo intero.
“E' tutto mio... Non l'ho mai visto sorridere così a nessun altro, ne sono
certo...”
Si abbandonò nuovamente su di lui, fece correre le mani lungo il busto del
compagno, sempre più in basso e toccò ancora l'orlo dei pantaloni; le membra
di Shu si sciolsero, sentiva il sangue pulsargli nelle tempie e un'ondata di
calore all'inguine. Non aveva più alcuna difficoltà ad accettare quello che
riconobbe come puro e semplice desiderio... di amore e possesso; il suo
corpo desiderava ardentemente il corpo di Shin, fin dall'inizio, ma
finalmente gli parve naturale, logico.
“Come potrei desiderare qualcosa... qualcun'altro... quando ho davanti a me
la creatura più incantevole della terra, del cielo, dell'acqua... del cosmo
nella sua totalità?”
Riprese a baciarlo con ancor più intensità di prima, si strofinò contro di
lui, non riusciva e non voleva più contenersi; le sue mani si fecero strada
all'interno dei pantaloni di Shin, andando a sfiorare punti che fecero
esplodere l'amico in tremiti così violenti da far temere a Shu che sarebbe
andato in frantumi.
Per Shu, ormai, non esisteva nient'altro, se non quel corpo che si
contorceva sotto i suoi baci e le sue carezze; non si impose più alcuna
resistenza e ogni traccia di lucidità venne cancellata dall'istinto. Le
intimità di Shin erano così invitanti che la frenesia di Kongo, mentre lo
toccava, prese ad aumentare attimo dopo attimo, fino a risultare
insostenibile per il ragazzo che subiva quelle attenzioni cui non era
avvezzo.
Le mani di Shin si aggrapparono a quelle del compagno, nel tentativo
evidente di mitigarne l'euforia, il corpo di Shu si strofinava contro il suo
con una sorta di violenza, baci e lappate si erano trasformati in morsetti
che lasciavano segni rossastri sulla pelle delicata.
“Shu... Shu... per... per favore...” gemette Suiko con voce sottile e
spezzata.
Kongo lo osservò, senza tuttavia riuscire ad arrestare il proprio trasporto
che, anzi, gli occhi di Shin accesero ancora di più. Erano aperti,
grandissimi, scossi da un turbine emotivo impregnato di contrasti: piacere,
stupore, spavento, incertezza.
“Cosa c'è?” ansimò Shu; ormai, ogni volta che lo contemplava, veniva
assalito da un'ondata di affetto... di amore immenso... al quale non avrebbe
più saputo rinunciare.
Il coetaneo gli rispose con un sorriso, quel sorriso che era diventato tutto
per Shu, unito a lacrime che risaltavano sui bei lineamenti arrossati e
congestionati dalla tempesta morale di cui, certamente, anche lui era preda.
“Cerca di fare piano... Shu-kun... ti prego... sii gentile...”
Nell'esternare quella supplica, portò le dita tra i capelli dell'amico e
giocò con essi, gratificandoli di ampie carezze.
“Sono un cretino” si disse Kongo, immobilizzandosi, poi staccò le proprie
mani dalle zone pericolose nelle quali indugiavano, le portò sulle guance di
Shin e mormorò, in un soffio:
“Perdonami...”
Suiko scosse il capo in un gesto adorabile, che rischiò di far nuovamente
precipitare Shu nel baratro della perdizione, poi lo sguardo di Shin fuggì
di lato, gli occhi socchiusi, pur mantenendo le proprie dita tra i capelli
del compagno:
“Perdonami tu... perché sono un vile...”
“Ma cosa dici...” protestò teneramente Kongo rendendosi conto, una volta di
più, quanto gli facesse male sentirlo, a volte, così insicuro di se stesso
quanto si mostrava, invece, fiducioso nei confronti di coloro che amava.
La dolcezza di Shu restituì all'amico un po' di coraggio, almeno quanto
bastava per spingerlo a guardarlo di nuovo:
“E' che... non vorrei avere così paura... ma è più forte di me... non so
cosa mi accada improvvisamente... mi sento più terrorizzato di un bambino...
e so che è assurdo, con tutto quello che abbiamo passato... ma...”
Shu interruppe quel fiume di parole che andava gradualmente trasformandosi
in pianto, posando le proprie labbra su quelle del compagno, ma senza
mostrarsi invasivo, un semplice tocco, che voleva essere rassicurante. Poi,
staccandosi, aggiunse le parole atte ad infondere conforto:
“Rilassati, cucciolo... non è successo niente...”
Nel sentirsi appellare con quel vezzeggiativo, da una persona pratica e a
volte un po' rude com'era Shu, Suiko gli rivolse un'occhiata incredula, ma
non canzonatoria, anzi quasi sperduta, stravolta dalla gioia.
“Forse, la mia” sussurrò poi, “è solo paura... di correre troppo... di
illudermi troppo e...” scosse nervosamente il capo più volte, “non
fraintendermi... non voglio dire che non mi fido di te, solo che io... io...
non so... non capisco esattamente cosa mi stia succedendo... non capisco
niente!”
Era chiaramente preda di una confusione che obnubilava ogni capacità di
raziocinio, era sul punto di non sapere più cosa diceva né quel che pensava.
Shu sorrise, indulgente, il cuore e l'anima invasi da un impeto d'amore che
lo mandava al settimo cielo; i lati di sé che Shin stava mostrando solo a
lui, quel suo strato di smarrimento e innocenza tutti infantili, la
disarmante ingenuità, rendevano quella persona, già tanto speciale, ancor
più preziosa alle sue percezioni.
Gli posò di nuovo le mani sulle guance, premendo con forza, per fermare quel
viso che scappava da una parte all'altra:
“Shin-chan... smettila di fare l'isterico...”
Non infuse nella frase alcuna sfumatura di rimprovero, ma unicamente una
gentile morbidezza, senza abbandonare il proprio, protettivo sorriso.
Ottenne lo scopo e riuscì ad incrociare gli occhi bellissimi del compagno,
accesi come stelle tra le ombre della notte.
“Non c'è nulla per cui tu debba giustificarti.”
“Però...”
“Però niente... voglio solo che ti rilassi e cerchi di tranquillizzarti.”
Shin serrò un istante le palpebre, per poi riaprirle appena, lasciando
intravvedere a Shu la lucentezza delle sue iridi marine, strinse le labbra,
soffocando un singhiozzo, quindi gli gettò le braccia al collo:
“Oh, Shu... Shu! Cosa ho fatto per meritarti?”
Kongo si sentì attrarre verso il basso, mentre l'abbraccio di Shin quasi lo
soffocava. Tuttavia non poté fare a meno di scoppiare a ridere: Shin era il
ragazzo più simpatico, bizzarro e al tempo stesso volubile che avesse mai
conosciuto. Era certo che, prima o poi, un tale amalgama di elementi
contraddittori in una sola persona, avrebbe finito per condurlo alla pazzia,
ma impazzire a causa di Shin si preannunciava, al contempo, la più
inebriante delle avventure.
“Sono pronto a tutto per te, mio bel sirenetto!” pensò ridendo, a quel punto
anche di se stesso.
“Forse, dopotutto, non sono meno assurdo di lui.”
“Rilassati, sì, ma ritieniti anche mio prigioniero” gli sibilò nell'orecchio
“perché te la sei cercata, ormai non ho nessuna intenzione di lasciarti
scappare via.”
“Potrai fare di me tutto quello che vorrai solo, ti prego, con gentilezza..

Shu sgranò gli occhi, chiedendosi se avesse capito bene:
“Tutto quello che voglio? Non esagerare, potrei diventare pericoloso se ti
prendessi alla lettera!”
Non vedeva il viso di Shin, che si teneva ancora avvinghiato a lui, quasi
soffocandolo sul cuscino, ma poté udire la sua risatina. La voce di Suiko
tornò tuttavia malinconica quando parlò:
“Ho solo bisogno di un po' più di tempo... so che ti chiedo molto... ma...
io... ora... non...”
“Cosa vuoi che sia, sciocchino; ne avremo di tempo... tutto quello che
vogliamo.”
Percepì distintamente il sospiro di Shin, che si tradusse in un sussurro
intriso d'ansia:
“Lo spero...”
Ecco tornare in superficie i dubbi che avevano provocato la prima esplosione
di pianto.
“Allora... è proprio un problema per te? Il timore di dover tornare a
combattere, intendo...”
Seguì un istante di silenzio, poi Shin lo strinse più forte, sembrava voler
essere inglobato da lui, fondersi fino a scomparire:
“Non ne parliamo adesso... voglio solo godere questo momento... la tua
vicinanza...”
Shu era sollevato, perché le proprie reazioni fisiche si erano calmate,
quasi il suo stesso corpo fosse stato in grado di accontentarsi della
reciproca acquisizione di sentimenti. O, forse, anche il corpo si adeguava
ai bisogni di Shin, a quell'esigenza che diventava, per Kongo, la priorità
assoluta, esigenza di proteggerlo da ogni cosa e di vederlo sorridere il più
possibile.
“Ogni parte di me saprà gioire unicamente dei suoi istanti felici... io
stesso non ho bisogno d'altro...”
Era abituato a proteggere, lui, maggiore di quattro fratelli, era
perfettamente nella sua indole. E Shin, ormai il Diamante l'aveva compreso,
si sentiva solo, pur essendo avvezzo a nascondere le proprie debolezze o,
quanto meno, a tentare di farlo, benché spesso non ci riuscisse, per non far
preoccupare chi gli stava intorno; Shu era deciso a diventare per lui il
rifugio che il compagno, forse senza realmente saperlo, cercava da sempre.
“Non sarai mai più solo, amore mio...”
Era ancora imbarazzante, per Shu, pensare al compagno in simili termini e
infatti non riuscì a dirlo ad alta voce, ma la convinzione dal cuore non
gliela avrebbe mai più tolta nessuno,
“Cosa posso fare, in questo momento, perché tu stia bene?”
Fu il suo modo di tradurre in parole quell'ultimo pensiero che non sapeva
rendere esplicito; sperò che Shin fosse in grado di coglierne l'essenza.
Suiko sospirò di nuovo ma, questa volta, fu un sospiro di totale abbandono e
sollievo, colmo di gratitudine:
“Vorrei solo... che restassimo così... che tu continuassi ad abbracciarmi...
rimarrei così per sempre, senza avere bisogno d'altro...”
Shu deglutì:
“Mi sta bene, spero che in questo per sempre tu voglia concedermi qualche
pausa per mangiare.”
“Vedremo...” mormorò Shin e la parola uscì soffocata, perché, nel frattempo,
gli stava dando un bacio sulla spalla, per poi strofinarvi sopra il capo.
“Non istigarmi pesciolino, la prossima volta potrei non sapermi fermare. Sei
un sadico torturatore!”
“Oh, Shu, mai avrei creduto di giungere a volerti così bene!” ridacchiò il
samurai dell'acqua.
“Come sarebbe a dire?” sbottò stizzito l'amico, sollevando di scatto il viso

Shu doveva ammettere che l'affermazione del compagno l'aveva un poco ferito,
soprattutto dal momento che lui, invece, era ormai convinto di averlo amato
fin dal primo istante, di essere rimasto vittima di un inconsapevole colpo
di fulmine.
“No... intendevo che...” annaspò Shin, evidentemente turbato dallo sguardo
furioso del compagno, “non volevo dire...”
Infine sbuffò, ricambiandolo con una smorfia che voleva essere rabbiosa:
“Oh, insomma, non metterti a fare il permaloso adesso!”
“Ma tu mi offendi!”
Si fissarono per un lungo istante, poi fu Shu a rimanere sconfitto in quella
lotta di sguardi e rivolse gli occhi in basso, riprendendo con voce sommessa
le labbra imbronciate:
“E poi... sei già tornato sui tuoi passi... sei regredito al volermi bene..

“Non ci posso credere” esclamò l'altro, “da quando proprio tu ti metti a
sottilizzare in questo modo sulle parole?”
Kongo rialzò lo sguardo, ma rimase incerto:
“Da quando tu hai deciso di mettere alla prova il mio sistema nervoso.”
A sua volta anche Shin si imbronciò ed abbassò lo sguardo, mentre Shu
sbuffava:
“Siamo incorreggibili...”
“Ti amo” lo interruppe l'amico, in un soffio improvviso, senza rialzare gli
occhi, “non ho affatto cambiato idea, non pensarlo mai più.”
“Però non mi hai voluto bene da subito” piagnucolò Shu, che ancora non aveva
digerito l'offesa.
Suiko sospirò, chiuse gli occhi e si lasciò ricadere indietro sul cuscino:
“Per favore, Shu... era solo un modo di dire... non entrare in paranoia per
una scemenza simile.”
“Parli tu che di solito entri in paranoia per molto meno...”
“Stiamo ricominciando a fare i bambini...”
“Almeno sei abbastanza onesto da dirlo anche a te stesso” ribatté Shu,
ergendosi con aria supponente.
Quando guardò di nuovo il compagno, tuttavia, lo scoprì a sorridere nella
sua direzione e allora lo vide, lo percepì dentro il cuore e sotto la pelle,
il sentimento sincero di Shin, un sentimento che si chiamava amore, a tutti
gli effetti e in tutte le connotazioni che ciò poteva significare. Così ogni
dubbio scomparve, la sicurezza tornò e lo assalì persino un profondo senso
di colpa per aver interpretato male alcune sciocche parole, per aver osato
dubitare di quello spirito limpido e in grado di sapersi donare, con tutto
se stesso, se ogni inibizione veniva superata.
Ricambiò il sorriso e si accoccolò ancor più vicino a lui, chiudendolo
completamente tra sé e il muro, quasi impedendogli ogni movimento, perché
era deciso a mantenere intatto l'intento di proteggerlo.
“Anche da se stesso, se sarà necessario.”
Shin sembrò accettare di buon grado quella calorosa prigionia e si
rannicchiò, facendosi più piccolo che poté; a Shu parve, per un istante, di
stringere tra le braccia uno dei suoi fratellini. Non importava che, in
realtà, Shin fosse di qualche mese più anziano di lui, che fosse, anzi, il
più anziano del gruppo: in alcuni momenti era davvero difficile crederlo.
D'altronde, che differenza potevano fare pochi mesi? Tutti e cinque erano
nati il medesimo anno, un anno evidentemente scelto dal fato, un anno che
aveva visto venire alla luce i futuri difensori della terra e dei suoi
abitanti.
“Vogliamo provare a dormire?” sussurrò Shu, posandogli un bacio sulla nuca.
“In effetti... forse... mi è venuto un po' sonno...”
La voce del compagno confermava il senso delle parole; si era fatta flebile,
un poco assente, segno che i sensi lo stavano abbandonando, assopendosi pian
piano.
Shu non commentò e si limitò ad attendere, nutrendosi delle sensazioni
piacevoli che gli trasmetteva quel corpo completamente abbandonato,
fiducioso, nel suo abbraccio, ascoltando con tenerezza il respiro sempre più
regolare. In parte temeva che le gambe di Shin intrecciate alle sue
avrebbero potuto risvegliare istinti che, in quel momento, desiderava tenere
distanti; il suo amico aveva bisogno unicamente di tenerezza e Shu era
deciso a non dargli nient'altro che quella, finché non avesse domandato
altro, non si fosse dimostrato pronto per altro.
Avrebbe voluto addormentarsi anche lui, ma era consapevole di trovarsi in
una posizione troppo scomoda e precaria, inoltre la situazione emotiva in
cui versava gli impediva di prendere sonno, senza contare che gli sarebbe
piaciuto assaporare in eterno il diletto che gli dava il contatto con la
persona che aveva accanto: se si fosse addormentato non avrebbe più potuto
ammirarla, ascoltare il suo respiro, il battito del suo cuore delicato che,
finalmente, almeno per quella notte, trovava sollievo dai brutti ricordi.
“Però, se potessi addormentarmi, forse lo sognerei... e sarebbe bello
sognarlo...”
Anche se non immaginava come il sogno potesse rendersi più allettante della
realtà che stava vivendo.
Tuttavia, il lieve respiro, il battito del cuore di Shin, erano così
piacevoli e concilianti che da essi Shu era come cullato; non importava che
fosse scomodo, che una parte consistente della propria massa fisica
sporgesse nel vuoto, che rischiasse di venire nuovamente spinto a terra
facendosi magari anche male. In quel momento non avrebbe cambiato la propria
posizione con nessun agio al mondo.
Tutto quanto esisteva di più bello nell'universo, dal suo punto di vista,
era lì, addormentato tra le sue braccia e, considerato quanto si erano detti
la consistenza di ciò che si erano confessati, non aveva alcuna difficoltà
ad interiorizzare quel momento di tramite da un giorno ad un altro come il
più bello ed appagante della sua intera esistenza. All'euforia dovuta alla
sconfitta di Arago si era aggiunta la consapevolezza di un sentimento
rimasto fin troppo a lungo latente.
Per tutti questi motivi a Shu non sarebbe dispiaciuto prolungare quegli
istanti all'infinito.
“Sì... forse anche io... vorrei restare così per sempre...”
Mentre formulava quel pensiero, le palpebre si fecero pesanti, così come la
coscienza che cominciò, lentamente ma inesorabilmente, a scivolare nell
oblio. Ma, anche dopo che il sonno ebbe avuto la meglio, neanche per un
istante allentò la stretta protettiva su quel tesoro piombato da poco nella
sua esistenza e che, nonostante tutto, ne era diventato il frammento più
significativo.
Il silenzio scese, finalmente, tra loro due e il raggio di luna attraverso
la finestra sembrò sorridere di tenerezza a quei due ragazzini abbracciati
che più nulla, neanche il pericolo o la morte, sarebbero giunti a dividere.


***

Il ragazzo dai corti capelli corvini uscì dalla propria stanza sfogandosi in
un lungo e sonoro sbadiglio; i suoi occhi appannati ancora non riuscivano a
focalizzare quanto gli stava intorno e si avvide del giovane postosi sul suo
cammino solo quando gli andò praticamente a sbattere contro.
Questi rimase immobile, con le braccia incrociate sul petto, a fissarlo
senza apparente espressione, ma lo apostrofò con ironia:
“Buongiorno Touma, ben svegliato, all'alba di mezzogiorno.”
L'interpellato sbatté un poco le palpebre e solo dopo qualche istante fu in
grado di dare un'identità alla figura eretta e canzonatoria, anche se dalla
voce avrebbe già dovuto riconoscere il suo compagno, Seiji Date di Korin, il
fiero angelo biondo sceso sulla terra ad illuminare i suoi giorni.
“B... buongiorno... è già così tardi?”
“Ho arrotondato per difetto” sentenziò l'altro, “Fai un po' tu...”
Touma Hashiba di Tenku sbatté le palpebre, che ancora non si rassegnavano a
rimanere perfettamente aperte.
“Fatto bei sogni?” insisté il biondo con il suo tono sarcastico.
“Bei sogni dopo tutto quel che è accaduto?” borbottò Touma, voce assonnata,
massaggiandosi la nuca e stirandosi le membra intorpidite, mentre
oltrepassava il compagno per sfuggire al disagio che incuteva l'unico occhio
visibile, essendo quello destro completamente celato sotto la lunga frangia
d'oro, “sarei un folle, mi sono addormentato tardissimo.”
“Non usarla come scusa, neanche io ho dormito, lo sai, ma non per questo ho
pensato di fare il ghiro, stamattina.”
“Che posso farci se il mio corpo ha più bisogno di recupero del tuo?” sbottò
stizzito il samurai dell'aria, che cominciava ad averne abbastanza di quelle
fastidiose osservazioni.
“E comunque” continuò guardandosi intorno alla ricerca di un altro segno di
vita, “non mi sembra di essere l'unico pigro questa volta. Sembra una casa
fantasma, sono ancora tutti nel mondo dei sogni?”
“Nasti è uscita per sistemare alcune cose di famiglia, Ryo si è alzato molto
presto e si è eclissato insieme a Byakuen; credo volesse rilassarsi
osservando gli uccelli e le prime ore dell'alba sono l'ideale per farlo.”
“Osservare gli uccelli con Byakuen?” sentenziò Touma, sollevando un
sopracciglio, “l'ho sempre detto che quella tigre è strana.”
“Il solo fatto che viva con noi recitando la parte del micetto è sufficiente
a classificarla come... un po' particolare, non credi?” ridacchiò il
detentore dei poteri della luce e Touma rispose lieto a quel sorriso che,
finalmente, rendeva il suo compagno prediletto più umano... e tanto bello da
rendere quasi folle chi si lasciava intrappolare dalla sua rete.
“Non si rende conto di quanto possa diventare caldo il suo viso quando
sorride” si scoprì a pensare, contemplandolo, “se solo lo facesse più spesso

“Chi mi dà da pensare sono Shu e Shin” riprese Korin, sollevando con la mano
il ciuffo di capelli che nascondeva l'occhio destro, “non si sono ancora
visti.”
Touma era rimasto talmente soggiogato da quel gesto impregnato di
inconsapevole, struggente sensualità, che faticò a concentrarsi sulle parole
esalate dalle labbra, per quanto anch'esse in grado di attrarlo come un'ape
verso un fiore.
Rimase in assoluto silenzio a fissarlo e, quando Seiji tornò a ricambiare il
suo sguardo, restò probabilmente perplesso di fronte all'espressione da
ebete comparsa sul volto del compagno.
“Hai sentito quel che ho detto?”
“Eh? Ah... sì...”
O forse no, dopotutto? Importava realmente qualcosa?
“A volte non ti capisco” sospirò Korin, stringendosi nelle spalle e dandogli
la schiena, per avviarsi verso le scale, “vado a vedere cosa combinano, non
è da loro dormire così tanto, sono un po' preoccupato.”
“Chi? Ah... già... Shin e Shu...”
Seiji girò appena il capo e gli lanciò un'occhiata in tralice:
“Stai ancora dormendo, per caso?”
“Di sicuro sto sognando” sussurrò l'altro, convinto di dirlo unicamente a se
stesso ma senza riuscire a mantenere la riflessione al solo livello di
pensiero.
Seiji corrugò le sopracciglia, scrutandolo con sospetto e Touma scosse il
capo, per cacciare il velo di confusione che si era impadronito di lui.
“E poi sarebbe Byakuen quello strano” si limitò a commentare Seiji,
riprendendo risolutamente il proprio percorso.
Ingoiando l'imbarazzo insieme al grumo di saliva che gli si era bloccato in
gola, Touma gli tenne dietro a capo chino, certo che le sue guance fossero
diventate di fuoco ed augurandosi che nessuno potesse avvedersene, non
importava che nell'abitazione non ci fosse alcuna presenza notevole, Tenku
si sarebbe vergognato tanto da voler sprofondare anche se l'avesse visto un
insetto.
Raggiunse Seiji mentre questi stava già bussando con leggerezza alla porta
dei due compagni.
“Se dormono profondamente non ti sentiranno” osservò Touma, deciso a
riprendere il controllo di sé concentrandosi su qualunque altro argomento
gli giungesse a portata di mano.
“Dovresti entrare nell'ottica che non tutti hanno il sonno pesante come il
tuo, sai?”
Con un ringhio di disappunto, Touma si accostò al compagno e, fingendo di
non raccogliere quell'ulteriore provocazione, usò metodi più diretti,
aprendo la porta senza troppi complimenti.
La prima cosa che saltò agli occhi di entrambi fu il letto di Shu vuoto, poi
si levò un commento dalle labbra di Seiji:
“Oddio, ma guardateli! Chi l'avrebbe mai detto che il nostro rude Kongo...”
“Le persone non vanno mai giudicate dalle apparenze, io lo so bene.”
Nel lanciare quella che voleva essere una provocazione, Touma rivolse a
Seiji un'occhiata eloquente, ammiccando con un sorriso; il compagno lo fissò
qualche istante, quindi decise di fare finta di nulla e riportò il proprio
sguardo sui due amici addormentati, stretti l'uno all'altro.
Shin sembrava un bambino, quasi scompariva in quell'abbraccio con il quale
Shu pareva volerlo sottrarre al mondo intero; i due ragazzi avevano
pressoché la medesima statura, ma il fatto che il samurai della terra fosse
molto più massiccio contribuiva ad accentuare le delicate fattezze dell
altro.
“Avevo compreso che tra loro si era stabilita una simbiosi molto forte, ma
che arrivassero a tanto...”
“Probabilmente Shin non riusciva a dormire, come tutti noi e... potrebbe
avere avuto un crollo nervoso.”
Seiji di Korin annuì all'osservazione di Touma: era ormai chiaro a tutti
loro quanto Shin fosse interiormente fragile. L'esperienza che avevano
attraversato si era rivelata traumatica per tutti, ma avevano altresì il
sospetto che per Suiko fosse ancora più difficile. La sensazione che non
avesse del tutto accettato il proprio ruolo li accomunava, anche se non ne
avevano mai parlato apertamente, per non turbarlo e per rispettare il suo
bisogno di nascondere alcuni lati di sé, finché non fosse stato pronto ad
esternarli.
“Forse” sussurrò Touma, “in Shu ha finalmente trovato qualcuno cui aprire il
proprio cuore, e Shu non si è tirato indietro.”
“Io scommetto che Shu non aspettava altro” ridacchiò Seiji, mentre il
compagno si avvicinava un po' di più al letto dove giacevano i due amici.
Benché egli fosse, sul piano teorico, il più giovane del gruppo, non poteva
fare a meno di considerare quei due ragazzi addormentati tanto più bambini
di lui; d'altronde erano il più delle volte lui e Seiji le guide spirituali
e mature della squadra e, in un certo senso, avevano raccolto gli altri tre
sotto la propria ala, chi per un motivo, chi per l'altro.
Per questo la tenerezza prevalse e non poté trattenersi dall'allungare una
mano con la quale andò a sfiorare la chioma nera ed arruffata di Kongo.
Era ben lontano dall'aspettarsi quello che accadde. Shu scattò come morso da
un serpente e fece un balzo così violento che, data la posizione già
instabile nella quale si trovava, rotolò giù dal letto con un tonfo ed un
esclamazione di dolore e sorpresa. Touma si spostò appena in tempo per non
restare travolto e i suoi occhi blu, perplessi, si fissarono sulla sagoma
che si agitava nervosamente ai suoi piedi.
“Touma, maledizione” sbraitò Kongo, ripresosi fin troppo in fretta ma ancora
visibilmente scosso per quella sveglia traumatica, “hai deciso di attentare
alla mia vita?!”
“Scusa” sentenziò Tenku, contrito, massaggiandosi la nuca, “non credevo
avessi un sonno così leggero.”
“Data la posizione che aveva assunto, era sufficiente che gli soffiassi
contro per destabilizzarlo” commentò Seiji, che intanto si stava godendo la
scena ridendo sommessamente.
“E come è ovvio” borbottò Shu rialzandosi, “invece che tentare di attutire
la caduta, il signorino ha pensato bene di spostarsi.”
“Ci saremmo fatti male in due” rispose Touma, allargando le braccia con la
sua aria più innocente, “a cosa sarebbe servito?”
Kongo esplose in un ringhio e la risata di Korin si accentuò, poi i suoi
occhi si posarono su Suiko il quale, apparentemente ancora immerso nel sonno
aveva teso le proprie membra con la grazia di un felino e si era allargato
occupando tutto il letto.
“Non lo facevo così dormiglione, stai attento Touma, qualcuno cerca di
toglierti il primato.”
Tenku lanciò uno sguardo imbronciato verso il biondo Seiji, quindi anche lui
rivolse le proprie attenzioni a Shin che, di solito, tendeva ad essere
piuttosto mattiniero:
“Avrà dormito poco stanotte.”
“Certo non meno di me” sbottò Shu, accostandosi al letto. “E così, tu osi
dormire mentre io rischio la vita, dopo tutto quello che ho fatto per te!”
Ancor prima che i due compagni potessero rendersi conto di quanto stava per
fare, Shu era già balzato sul letto, addosso a Shin e ben presto le proteste
di quest'ultimo, svegliato da quel corpo massiccio piombato su di lui per
attaccarlo con l'arma del solletico, si diffusero nell'aria.
Touma e Seiji sbatterono le palpebre, confusi, ma la situazione era
destinata a degenerare; in quel momento, un'enorme sagoma bianca sfrecciò in
mezzo a loro e balzò addosso ai due corpi in lotta, generando un coro di
vivaci imprecazioni. Shin e Shu si trovarono completamente sepolti da
Byakuen; la candida tigre si era messa in testa di partecipare a quel gioco
gratificandoli, a turno, di affettuose quanto invadenti leccate.
“Ehy, Byakuen, guarda che sono geloso, cosa stai combinando?” gridò un
ragazzo dai lunghi capelli neri e dai fini lineamenti comparso sulla soglia
della stanza.
“Buongiorno” ebbe appena il tempo di mormorare Touma; Ryo Sanada di Rekka lo
oltrepassò in una lieve corsa e si tuffò nella mischia che, ormai, il letto
non poté più contenere. I tre giovani e il felino si ritrovarono tutti a
terra senza smettere di stuzzicarsi a vicenda e le urla e i ruggiti ferivano
le orecchie dei due giovani ben decisi a tenersi in disparte.
Il raggio di luna che durante la notte aveva accarezzato le confidenze di
due adolescenti, era stato sostituito dal sole, che sembrava divertirsi a
giocare con quel groviglio di mani e zampe.
Touma cercò con gli occhi il guerriero di Korin e il suo cuore esplose di
gioia nel vederlo sorridere, mentre assisteva a quello spettacolo tanto
infantile quanto gradevole a vedersi; poi Seiji si voltò, gli strizzò un
occhio e il viso di Touma si irradiò a sua volta.
Forse, in futuro, sarebbero giunti ulteriori problemi, ma in quel momento la sua vita gli sembrava bellissima e non l'avrebbe cambiata con nessun altra esistenza al mondo.