***
Dentro
era buio
neanche
uno spiffero un taglio di luce
una
lampada spenta oscillava da sola in cantina...
***
Il
vento che sferzava le strade di Tokyo era intenso e feroce, costringeva
le persone a camminare curve, per ripararsi dalla furia degli elementi
e a correre per rifugiarsi in fretta nelle proprie case, alla fine di
una giornata nella quale non restava ormai alcuna traccia dell'estate
appena trascorsa, particolarmente afosa.
Touma
Hashiba arrestò per un attimo i propri passi e il suo viso sbucò dal
pesante cappotto che lo riparava, per posarsi sul cielo plumbeo che
prometteva pioggia. Sbuffò e dalle sue labbra uscì una nuvoletta di
gelo.
“L'autunno
è proprio arrivato sembra”.
Non
che gli dispiacesse la carezza, per quanto violenta, del vento, gli
dava la sensazione di trovarsi immerso nel suo elemento in maniera
totale; perché lui lo viveva ancora il legame con il suo elemento,
ormai lo avevano compreso, lui e i suoi compagni, che la scomparsa
delle yoroi non aveva cancellato del tutto quello che erano e lo
scontro con il demone che aveva messo in pericolo il padre di Ryo ne
era stata la traumatica conferma. La conclusione che ne avevano tratto
e sulla quale già da tempo riflettevano aveva finito per acquisire
ovvietà: non loro dipendevano dalle yoroi, ma le yoroi li avevano
scelti in quanto latori delle doti richieste... nel bene e nel male.
Rabbrividì,
forse per un improvviso accentuarsi del gelo intorno a sé ma non ne era
convinto; la verità era che non sapeva come reagire ad una tale
rivelazione... nessuno di loro lo sapeva. Troppo facile lasciarsi
prendere dall'euforia; in realtà erano terrorizzati, a loro eredità le
yoroi avevano lasciato ulteriori confusioni e domande alle quali
trovare una risposta era davvero troppo difficile. Neanche la sua tanto
decantata mente geniale riusciva ad elaborare spiegazioni e pareri
rassicuranti che sottraessero i compagni allo smarrimento nel quale si
trovavano chiaramente immersi, neanche lo spirito illuminato di Seiji
ne era in grado... e se non era in grado lui... che era la sua
sicurezza... la loro sicurezza... forse risposte reali non esistevano
o, forse, le uniche plausibili erano troppo orribili anche solo per
poterle prendere in considerazione.
Riabbassò
il viso e lo rintanò tra le spalle, di nuovo al riparo del cappotto,
abbandonandosi ad un nuovo sospiro e ricominciando a camminare; uno di
loro destava in lui le maggiori preoccupazioni, l'amico che aveva,
all'improvviso, deciso di trasferirsi definitivamente a Tokyo, con la
scusa di prepararsi ad entrare in una valida università... e aveva
scelto per sé quell'appartamento a detta di Seiji davvero troppo grande
per un ragazzo dell'età di Shin. Un appartamento immenso per una
persona sola, una persona tra l'altro senza troppe pretese né vizi.
Touma
si scoprì a ridacchiare tra sé: glielo avrebbe fatto confessare prima o
poi... perché quell'appartamento così grande? Qual era il secondo fine?
Cosa sperava il loro dolce guerriero dell'acqua?
E
soprattutto avrebbero cessato, prima o poi, i suoi compagni di essere
così ciechi? Avrebbero intuito anche loro, come aveva intuito lui, cosa
Shin si aspettava, cosa sperava gli chiedessero?
“E
perché quel testone non lo dice apertamente che ci vorrebbe tutti lì, a
vivere con lui?”.
Probabilmente
Shin non aveva mai dimenticato le loro promesse di adolescenti
entusiasti, quando vivevano di sogni... e sognavano che un giorno
avrebbero condiviso lo stesso tetto e non si sarebbero separati più.
Cosa spingeva a rinunciare ai sogni quando ci si amava a tal punto? E
nonostante l'amore... perché certe promesse erano come dimenticate,
messe da parte sotto le montagne di fango che ammucchiavano
disillusioni e paure?
Era
sempre più convinto che fosse necessaria una decisiva chiacchierata a
cinque, ma qualcosa li bloccava e, doveva ammetterlo, li spaventava...
li spaventava il pensiero di ritrovarsi tutti assieme, ecco la
principale causa di quella rinuncia. Poteva sembrare assurdo, era certo
che fosse difficile trovare nel mondo un gruppo di persone legato da un
amore così intenso come era il loro ma... potevano la paura, la
confusione, le tante incertezze che li opprimevano, essere più forti
dell'amore?
Evidentemente
al momento era così ed ancora più complicato si stava rivelando sondare
le autentiche motivazioni. Se solo tentava di concentrarsi una in
particolare, immediata, torreggiava sulle altre possibili: ogni volta
che si riunivano o decidevano di farlo, accadeva qualcosa di terribile
o venivano separati a forza, come se qualche volontà misteriosa avesse
deciso che non meritavano di stare insieme e così uno o più membri del
gruppo finivano per trovarsi in pericolo, ogni volta una nuova tragedia
li attendeva dietro l'angolo.
Nel
frattempo, i suoi passi l'avevano condotto alla meta. Doveva confessare
a se stesso che quasi non provava più a non lasciarsi scappare lo
shinkansen diretto a Osaka; i fine settimana a casa di Shin erano
diventati un rituale al quale non avrebbe mai rinunciato, perché la
compagnia di quel ragazzo così tenero ed affettuoso era un nutrimento
per l'anima. Inoltre si rendeva conto di quanto lo stesso Shin ne
avesse bisogno, nonostante fingesse di fare il duro, di rimproverarlo,
di lamentarsi per la sua invadenza; ormai da un po' Touma si era reso
conto che Shin attendeva e apprezzava quei fine settimana almeno quanto
lui.
Soprattutto
era convinto che Shin meno degli altri andasse lasciato solo, perché la
solitudine lo logorava, lo annullava persino, lo faceva sentire inutile
e vuoto... e lo rendeva fragile, quella fragilità subdola e crudele che
si nasconde spesso dietro un'apparenza di sole e sorrisi, la fragilità
di chi, per non essere di peso, la nasconde persino a se stesso. E dopo
anni di legame simbiotico ed esperienze condivise, Touma era in grado
di scorgerla e capirla quella vulnerabilità così sfuggente, anche se
questo non significava saperla lenire, non significava riuscire a
salvarlo ed era per lui stesso dolorosa, opprimente; quando Shin non
riusciva più a nasconderla essa vibrava intorno a lui e aggrediva anche
i cuori di chi lo circondava, immergendoli nel buio più fitto. La
malinconia di Shin era contagiosa quanto i suoi momenti più positivi...
sempre più radi, sempre più forzati, sempre più autoimposti e Shin era,
nonostante tutto, troppo limpido per poter simulare davvero fino in
fondo una serenità che probabilmente non aveva mai conosciuto per
quanto si fosse a lungo impegnato a costruirla attorno e dentro di sé.
Sollevò
lo sguardo facendolo correre lungo la facciata della palazzina,
soffermandosi su quella che sapeva essere una delle finestre
dell'appartamento di Shin; le persiane erano aperte, ma dietro i vetri
regnava il buio. Il cuore di Touma si strinse; si disse che era
stupido, che in fondo Shin poteva essere in un'altra stanza della casa,
eppure non riusciva a dominare la tristezza che scese, intensa, dentro
di lui.
La
persiana di una finestra a pian terreno sbatté con forza contro il
muro, facendolo sussultare; qualcuno aveva dimenticato di chiudere bene
una delle cantine e il vento indomabile si era infiltrato all'interno,
a provocare chissà che danni. Touma si avvicinò, sperando quanto meno
di poter accostare; una lampada spenta oscillava con un suono stridente
che si ripercosse sui suoi nervi, facendoli fremere e un'inquietudine
senza nome si fece strada nel suo animo, un gemito che suggeriva
abbandono e solitudine.
Fece
qualche passo indietro, desideroso di sottrarsi a quella vista, a quel
pianto, ma non servì a molto, ormai era rimasto dentro di lui. In
fretta imboccò la scalinata esterna, il desiderio di incontrare Shin si
faceva sempre più intenso.
Prima
di pigiare il campanello appoggiò un attimo l'orecchio alla porta e lo
colpì il silenzio che regnava dall'altra parte, così in contrasto con
l'inferno elementale che sembrava essersi scatenato per le strade di
Tokyo. Si lasciò andare all'ennesimo sospiro e suonò, rimanendo poi
immobile in attesa; Sapeva che Shin lo stava aspettando, aveva
telefonato prima di recarsi a casa sua, con molto poco anticipo, come
era di prassi, tanto il tollerante Suiko era rassegnato a sottostare ai
ritmi dell'invasore. Lasciò che un piccolo sorriso gli piegasse le
labbra, solitamente Shin sfoderava la sua lingua tagliente senza
risparmiargli critiche... e facendolo anche divertire, irritare la
fochetta permalosa e adorabile per ingaggiare agguerriti duelli verbali
era da sempre uno dei passatempi prediletti di Touma. Poi il sorriso
scomparve al ricordo del tono con cui la voce del compagno, questa
volta, aveva risposto dall'altro lato del ricevitore... un semplice,
cupo: “Va bene, ti aspetto...” e aveva riattaccato, senza neanche
dargli il tempo di chiedere cosa non andasse.
Impose
al sorriso di tornare nel momento in cui la porta cominciò ad aprirsi,
ma non riuscì assolutamente a conservarlo quando i suoi occhi
incontrarono quelli di Shin... o meglio, quando cercarono di
incontrarli, perché Shin non li sollevò affatto, li teneva bassi e il
loro smeraldo prezioso era come offuscato e spento.
“Ciao,
Touma...”.
Un
saluto appena sussurrato prima di scomparire dalla soglia, lasciando
aperto per consentirgli di entrare, con una sorta di malsana
indifferenza. Il guerriero del cielo mise piede all'interno e si trovò
avvolto da un'oscurità quasi solida che lo soffocava, la tentazione di
tornare sui propri passi, a godere della carezza del vento, lo aggredì
intensa.
Ovviamente
non lo fece, non sarebbe fuggito... fuggire dal luogo in cui Shin
viveva... non era neanche da prendere in considerazione.
“E'
andata via la corrente?”.
La
domanda gli salì spontanea alle labbra, mentre gli occhi tentavano di
non staccarsi dalla schiena di Shin, quasi temesse di perderlo, di
vederlo scomparire in quella tenebra.
“No...
non credo... io... mi ero addormentato...”.
Touma
aveva la sensazione che Shin faticasse persino a parlare; altro che
addormentato... da tempo non lo ingannava più. Era probabile, invece,
che fosse rimasto tutto il giorno da solo a piangere, era in grado di
riconoscere quei momenti sempre meno rari ed erano uno dei motivi che
lo spingevano a tornare ancora, se possibile sempre più spesso e che lo
facevano stare sempre più male quando giungeva l'ora di lasciarlo solo
per un'altra settimana.
In
pochi passi fu al suo fianco, la sua mano si infilò sotto il suo
braccio e rimase sconvolto dai tremiti che scuotevano il corpo
dell'amico.
“Shin-chama...”
cantilenò insinuante, sperando che l'ironia servisse a dare una scossa
o anche solo una piccola distensione all'organismo di quel ragazzo
palesemente teso, “cosa c'è che non va?”
“N...
nulla...”.
***
… e
le gambe bellissime e forti tremavano
e
niente sembrava più come prima...
***
Shin
gli sfuggì, si sottrasse al contatto, Touma lo seguì nel corridoio e lo
vide infilarsi oltre la porta che dava nella camera; quando lo
raggiunse lo trovò seduto sul letto, ad abbracciare se stesso fino a
rendersi così piccolo da dare l'idea che volesse scomparire. Il primo
istinto di Tenku fu quello di arrampicarsi su quel letto, di essere lui
a donargli quell'abbraccio, ma qualcosa nell'atteggiamento di Shin lo
convinse che, forse, non l'avrebbe accettato... qualcosa in Shin
respingeva, manteneva le distanze e faceva male, troppo... lo
spaventava.
“Posso...
accendere la luce?”
“Preferirei
di no...”
Touma
sbuffò e fece di testa sua, allungò una mano sul muro, trovò
l'interruttore e l'istante successivo la lampada dal soffitto diffuse
un'illuminazione delicata e tenue... troppo tenue... aveva sperato in
qualcosa di meglio.
“Dovresti
cambiare la lampadina...”
“Touma,
spegni...”
Non
era un ordine, pareva più una supplica esternata con quella vocina
sottile che nei momenti di tristezza risuonava come un guaito di agonia.
Shin
aveva appoggiato una guancia sulle ginocchia e Touma fu nuovamente
colpito dai brividi che lo scuotevano. Aveva freddo? Eppure non faceva
nulla per ripararsi, indossava dei calzoncini cortissimi che lasciavano
scoperte le gambe eleganti e forti, ma vulnerabili così esposte al
gelo, incapaci di dominare i tremori intensi che da esse si diramavano
a tutto il corpo.
“Invece
non spengo, non ti è mai piaciuto il buio e io sono venuto a trovare un
amico per fare qualcosa insieme a lui e non per...”
“Nessuno
ti ha chiesto di venire se per te è un peso!”
Touma
sobbalzò a quel tono che non si era aspettato; ammutolì, lo fissò a
bocca aperta ed occhi sgranati e, ancora una volta, quello che lesse in
quel volto lo spaventò. Dov'era Shin? Dov'era il loro cucciolo
premuroso ed empatico, un po' buffone, il ragazzo dalle battute salaci
e dal sorriso aperto generato soprattutto dal desiderio... di cosa? Di
vivere per gli altri? Di non farli preoccupare e di sostenerli con la
sua calda, avvolgente presenza? Di vegliare su di loro con la
discrezione di chi a volte, forse, temeva di essere addirittura di
troppo e di doversi impegnare al massimo per non deludere, per non
ferire.... anche a costo di lasciare che ferissero lui? Dal desiderio
di sacrificarsi, di donare se stesso immolando la propria anima ad
un'abnegazione che a volte rasentava l'auto annullamento?
Quello
era sempre stato Shin... e gli sembrò improvvisamente così ingiusto...
non si era mai reso conto di quanto terribile fosse la situazione del
più dolce tra i suoi compagni, di quanto il ragazzo avesse costruito da
sempre, intorno a sé, una gabbia che lo intrappolava e nella quale più
si dibatteva in preda alla confusione morale, più se ne trovava
invischiato.
Shin
era lì, era sempre lì, ma non ce la faceva più a nascondere quanto gli
facesse male ciò che stava accadendo a tutti loro, quanto avrebbe
desiderato, come tutti loro, che ogni cosa tornasse come prima... ma
era davvero possibile?
Lo
stesso Touma si struggeva in quel desiderio, eppure...
“I
noi stessi di un tempo... sembrano così lontani adesso...”
Mentre
quella considerazione restava pensiero, le sue labbra formularono altre
parole:
“Vuoi
che me ne vada?”
Poi
avrebbe voluto mordersi la lingua, avrebbe voluto ritrattare la durezza
con la quale erano uscite, soprattutto perché lo vide tremare più
forte, farsi ancora più piccolo... un pesciolino minuscolo che temeva
di vedersi crollare addosso tutta la vastità del tetto d'acqua sopra di
lui.
Touma
credette di udire un suono levarsi da quell'esserino indifeso, forse
una parola, ma troppo flebile.
“Che
cosa hai detto?” chiese morbidamente, non avrebbe più commesso errori,
solo tenerezza, solo considerazione e tutto il potere dell'affetto che
provava per il suo Shin dall'animo troppo sensibile.
Un
nuovo sussurro, ancora difficile da udire, perché il vento che ululava
all'esterno rendeva ancor più ardua l'impresa, ma Touma si concentrò
tutto su di lui, su quello che al momento era il centro del suo mondo e
comprese ogni parola.
“No...
non voglio...”.
Touma
fece qualche passo in avanti:
“Non
vuoi che me ne vada?”
L'altro
gli rispose nascondendo la bocca nella manica del pigiama, cosicché la
voce ne uscì soffocata e ancor più dimessa:
“Non...
non vorrei... ma... temo di non essere molto di compagnia stasera e...
mi dispiacerebbe... crearti problemi...”
Touma
alzò gli occhi al cielo con un lamento esasperato e decise che non si
sarebbe più fatto remore; l'istante successivo era seduto sul bordo del
letto e aveva avvolto Shin nelle proprie braccia, combattendo contro il
suo irrigidirsi, contro tutta la resistenza che gli opponeva, ma poi il
ragazzo si abbandonò e a Touma parve così piccolo... Shin-chama... di
qualche mese più anziano di tutti loro... ma tanto emotivo e tenero da
stimolare più di ogni altro la tendenza a volerlo proteggere... persino
da se stesso.
Lo
sfogo venne così improvviso e violento da far temere a Touma che quelle
membra, troppo delicate per appartenere a qualcuno che era stato un
guerriero, andassero in frantumi senza che lui riuscisse a trattenerle
insieme; ormai sapeva che le esplosioni emotive di Shin potevano
rivelarsi tanto più incontrollate quanti più sforzi il ragazzo faceva
per arginarle, allora scoppiava a piangere con la stessa disperazione
di un bambino smarrito e terrorizzato dal mondo... e ogni volta era
sconvolgente.
Lo
strinse più forte, cullandolo e accarezzandogli i capelli, posandogli
baci sulla nuca, sussurrando a tratti parole con le quali sperava di
accarezzare anche il suo animo.
***
...pensa
se fosse possibile alzarsi e volare lontano da qui
pensa
se fosse così...
***
Shin
aveva pianto fino ad esaurire tutte le lacrime che ancora gli
restavano; perché Touma era perfettamente consapevole che non erano
state le prime quel giorno e il solo pensare che si era trovato a
versarne altrettante, e forse di più, in completa solitudine gli faceva
stringere lo stomaco come in una morsa.
Alla
fine davvero doveva averle esaurite, Tenku percepiva tutta la
stanchezza di quella figurina ora raccolta sul letto, la testa poggiata
sulle sue cosce mentre lui non aveva ancora smesso di passargli le dita
tra i capelli. Non avevano più parlato, Touma era convinto di dover
lasciar prima sfogare tutto il pianto, di dover solo recare conforto
silenzioso permettendo semplicemente all'amico di aggrapparsi a lui;
avrebbe atteso il momento giusto per cominciare a parlare... ma non era
così facile coglierlo.
Le
folate di vento sovrastavano il silenzio che intercorreva tra loro; ad
un ululato più forte Shin sobbalzò.
“Ti
fa paura il vento?” chiese Touma, senza alcun intento canzonatorio, si
sentiva un po' come un padre che stava proteggendo il proprio figlio
dagli incubi... o come un fratello maggiore... lui che del gruppo era
il più piccolo.
La
vocina di Shin si fece udire, titubante:
“Non
paura... mi mette tristezza stasera... sembra il grido di una creatura
in agonia...”
Lo
accarezzò con più decisione e si trovò sommerso da una serie di
tormenti che si rincorrevano nella sua testa:
“Sei
tu la creatura in agonia? E' il tuo stesso grido che senti? O il
nostro... quello di noi Troopers che ci stiamo sgretolando sotto il
peso della nostra confusione, della nostra incapacità di ritrovarci
tutti insieme a stringerci in unico abbraccio?”
“Touma...”
“Dimmi,
Shin-chama...”
“Hai...
sentito i ragazzi? Come stanno?”
Il
cuore di Tenku perse un battito; ecco il fulcro di tutto quanto, il
centro di tutti i problemi e l'incapacità di affrontarli... la lotta
per trovare le parole giuste, quelle che non avrebbero causato
ulteriore sofferenza ad un cuore spezzato... ma esistevano parole
simili in una situazione come la loro?
“Io...
ecco... stanno...”
Non
poteva dire che stavano bene, non era vero e Shin avrebbe sofferto in
qualunque caso: sia nel sapere che stavano bene senza di lui, sia nel
sentirsi dire che erano a pezzi... come lui.
“Non
lo so Shin... è difficile capirlo... credo che, più o meno, siamo tutti
nella stessa condizione, non pensi?”
“Mi...
mi dispiace...”
Touma
si morse le labbra; perché Shin non li cercava? Perché Ryo e Shu non
cercavano lui? Seiji era l'unico tra loro che tentava, in qualche modo,
di mantenere i contatti, sapeva che Shu e Ryo avevano preso a
frequentarsi abbastanza regolarmente... un po' come lui e Shin... Shu
si prendeva cura della solitudine di Ryo così come Touma si prendeva
cura di quella di Shin ma... quella distanza tra loro che erano sempre
stati così uniti, in una simbiosi perfetta... che stava accadendo?
Cos'era accaduto?
“A
me dispiace per te adesso...”
La
testolina rossa posata sulle sue gambe si scosse, con un lieve fruscio
di capelli:
“Non
devi... davvero... non c'è nessun motivo per cui si debba stare male
per me...”
Quanto
odiava simili affermazioni Touma, qualunque senso si volesse conferire
ad esse erano troppo dure, troppo crudeli, nessuno avrebbe dovuto
rivolgerle a se stesso; quanto poteva far male la fiducia tradita? E
quanto ad una persona che dalla fiducia nei confronti del prossimo,
aveva da sempre tratto nutrimento, stimolo... forse l'unica ragione per
camminare e lottare nel mondo? Il samurai del cielo strinse le labbra
per trattenere un'imprecazione, una risposta rabbiosa:
“Il
motivo c'è eccome, ed è che ti voglio bene, razza di scemo senza
speranza, perché devi dubitarne? Perché devi volerti così male da
credere di non meritare il nostro amore?”
Lo
vide rannicchiarsi, farsi ancor più minuscolo, la voce ridotta ad un
pigolio debole debole:
“Non...
è che ne dubito... so che mi vuoi bene...”
“Non
solo io Shin... anche Seiji... anche Ryo e Shu te ne vogliono...”
Quando
gli rispose il silenzio Touma comprese di aver colto nel segno; Shin
forse voleva disperatamente credere a quell'ultima affermazione, perché
era nella sua natura credere nel prossimo, credere ciecamente
soprattutto nei suoi affetti ma gli era sempre più difficile, con ogni
evidenza non sapeva più a cosa appigliarsi per continuare a credere.
“Shin...
ti prego... non puoi pensare che non ti vogliano bene... qual è il
problema? Da quanto tempo non parli con Shu e Ryo?”.
“Credo...
di avere perso il conto... non lo so... da... da tanto tempo...”
“Ed
è evidente che hai bisogno di sentirli, chiamali, non è così
complicato!”
Un
altro sussulto, tremiti più violenti e il volto di Shin si nascose:
“Penso...
di avere paura... loro non hanno bisogno di me... e...”
“Perché
non hanno bisogno di te? Perché non ti cercano? Avanti, Shin,
razionalizza la situazione, sappiamo come è fatto Ryo, lui non cerca
nessuno a meno che non siamo noi ad andarlo a stanare dai suoi monti,
non perché non ci ami, ma perché non è mai stato abituato a farlo,
senza contare che è terrorizzato dall'idea di crearci problemi, mentre
Shu... Shu è spaventato almeno quanto te e non sa come comportarsi...
e... e...”
Si
bloccò, rendendosi conto che si stava infervorando troppo in quel
discorso ma non poté impedirsi di concludere, con una certa foga:
“E
siete tre inguaribili idioti, ecco la verità!”
Uno
Shin nel pieno delle sue forze e delle sue facoltà mentali, a quel
punto, si sarebbe tirato su, avrebbe afferrato un cuscino per
sbatterglielo sulla faccia e avrebbe formulato la risposta più
tagliente che la sua testolina vispa gli avesse suggerito; ma quel
piccolo, adorabile monello dalla lingua lunga sembrava essere stato
trascinato via dall'abisso oscuro di un mare in tempesta, lasciando,
sua unica traccia, il ragazzo sofferente e spento che giaceva tra le
braccia di Touma, bisognoso di comprensione e di coccole, come un
cucciolo abbandonato. E forse, dopotutto, era davvero un cucciolo
abbandonato.
“Non
da me” si trovò a pensare accentuando la stretta, “da me mai...”
“Touma...”
Quando
si sentiva chiamare così, con quel tono che sembrava lo squittio di un
topolino in trappola, Tenku lottava tra la tentazione di afferrarlo e
soffocarlo nel suo abbraccio e l'istinto di piangere, perché vederlo in
quello stato era troppo... il suo Shin... faceva male in maniera
insopportabile.
“Cosa...
cosa cucciolo?”
“Per
favore... chiudi la luce?”
Ancora?
Voleva ancora immergersi nel buio?
“Perché
vuoi stare al buio? Fuori è già tanto buio... e fa freddo... anche qui
dentro fa freddo... se chiudiamo la luce, sembrerà ancora più buio e
freddo...”
“Ne
ho bisogno... alla luce ho più paura, perché vedo la realtà... al buio
posso ancora sognare...”
“Shin...”
sospirò Tenku.
“Mi
sento più libero al buio... e più protetto...”
“Shin...”
“Touma...
ti prego...”
Accompagnando
il gesto con un nuovo sospiro, Tenku allungò la mano a cercare uno
degli interruttori della camera, che si trovava sul muro vicino al
letto e subito la stanza piombò nell'oscurità.
“Ti
senti meglio adesso?”
Se
anche la risposta di Shin fosse stata affermativa, lui non poteva dire
lo stesso, quel buio era come una stretta maligna che gli rendeva
difficoltoso persino respirare... era come... capirlo fu terribile...
era come l'acqua, come l'oceano laddove era più scuro, profondo e
freddo... quell'abisso dal quale risalire era difficile.
“E'
lì che vuoi restare, Shin? Nell'abisso?”
Pose
la domanda con un fremito, in realtà non avrebbe voluto porla ad alta
voce ma era uscita ed era così sconvolgente che, mentre parlava, gli
occhi di Touma si sgranarono su quella densa tenebra, come alla ricerca
di uno spiraglio di luce... purtroppo introvabile.
“E'...
tutto tranquillo... immobile... immutabile... nell'abisso...”
“Shin...”
Era
troppo, non era accettabile tutta quella sofferenza, non era il suo
Shin quello... il suo Shin non poteva essersi ridotto a tanto, non lo
meritava, non era giusto!
“Perché
vuoi farti del male a tal punto?”
Lo
sentì muoversi, il volto di Suiko risalì fino a posarsi sul petto di
Touma, le dita fini ma forti si aggrapparono alla sua schiena:
“Voglio
solo sognare... di non essere qui, in questa stanza... vorrei poter
andare lontano, vorrei... poter volare... ed essere libero...”
“Shin...
per poter volare devi allontanarti dal fondo... devi lasciare
l'abisso...”
“Ma
io non so volare, Touma... posso solo sognare di farlo... e ho bisogno
dell'abisso per riuscire almeno a sognare...”
***
...stringimi
le mani fuori batte il vento
vieni
alla finestra che stanotte cambia il tempo...
***
Una
folata di vento più forte strappò la persiana ai fermi che la tenevano
aperta facendola sbattere violentemente; tutti e due sussultarono e
Touma si rese così conto di quanto i loro nervi fossero provati. Ma lui
era più saldo in quel momento e Shin aveva bisogno di aiuto, sarebbe
rimasto lucido.
Il
compagno si avvinghiò a lui, Touma era turbato da quella vulnerabilità
che rasentava quella di un bambino traumatizzato; Shin si era dunque
trasformato in quello?
Lo
strinse a sé e lo cullò:
“Ssht...
è solo il vento...”
Sembrò
calmarsi ma quel che udì dalla vocina sempre un po' infantile lo
sconvolse, lo fece sentire ancora più male:
“Tu
non mi lascerai, vero, Touma?”
“Piuttosto
mi faccio trascinare via dal vento insieme a te, cucciolo”.
“No...
non farlo... non potrei mai perdonarmi...”
“Ma...
il vento mi appartiene... come può farmi paura?”
“Io
a volte ho paura dell'acqua... di come può diventare distruttiva... e
nera... e nonostante mi spaventi tanto, vorrei che mi portasse via con
sé... in fondo le somiglio...”
Touma
imprecò, si mosse con violenza, tanto che Shin si ritrasse e nel buio
il compagno poté scorgere i suoi occhi così espressivi e intensi, ora
colmi di tristezza e paura... non gli occhi luminosi del suo Shin. Gli
afferrò le mani... erano così fredde... come pezzi di ghiaccio.
“Adesso
basta Shin, devi smetterla, non so ancora come, ma ti costringerò a
smetterla con queste sciocchezze, dovesse essere l'ultima cosa che
faccio!”
Lo
trascinò con sé fuori dal letto e, anche se il giovane Mori tentò di
sottrarsi, la presa di Tenku sulle sue mani si mantenne salda.
“Touma,
cosa...”
Si
divincolò ancora e Touma accentuò la stretta:
“Non
ti lascerò Shin, fattene una ragione, a costo di farti male, ho
promesso che non ti avrei lasciato e non voglio lasciarti crogiolare in
questa tua autodistruzione!”
Lo
condusse, ignorando la sua tensione, fino alla finestra, aprì la
vetrata e lasciò che folate di vento gelido li sferzassero entrambi;
Shin indietreggiò, ma Touma lo riportò in avanti.
“Non
sfuggirmi, Shin!”
“Non...
voglio fuggire da te... ma... il vento è freddo...”
“Anche
dentro fa freddo... il freddo della prigionia, della paura... Quello
che senti adesso è vita e libertà!”
Suiko
non tentò di fuggire ancora, ma si avvicinò di più a lui,
raccogliendosi contro il suo corpo, in cerca di riparo:
“Anche
quel che c'è la fuori mi fa paura... comunica tanta rabbia, tanta
disperazione...”
Touma
si impose di ammorbidire il tono della propria voce, anche se doveva
tenerla alta per farsi udire al di sopra del grido del vento:
“E'
il tuo stato mentale che riflette tutto questo!”
Con
la mano andò a catturare il viso di Shin che si rifugiava contro il suo
petto, nascondendosi completamente, lo spinse a sollevarsi:
“Guarda
il cielo, assapora il profumo dell'aria... il tempo sta cambiando...
tra poco giungerà la pioggia... pioggia e vento saranno insieme,
proprio come noi adesso”.
Chinò
il capo ad incontrare i suoi occhi e li trovò, grandi, bellissimi pur
nella loro tristezza, vide le sue labbra schiudersi:
“To...
Touma...”
***
...stringi
le mie mani non aver paura
lascia
indietro il fondo dove l’acqua è fredda e scura...
***
“Devi
tornare alla superficie, dove l'acqua è più limpida, dove essa si
incontra con il cielo; lì c'è la vita, e ci siamo noi. Come hai detto
tu, sul fondo c'è buio e immobilità...”
“E...
freddo... tanto freddo... ma anche questo vento è così freddo... Almeno
laggiù c'è pace...”
“No
Shin, c'è la morte dell'anima, quella non è pace, non ti salverà il
buio, non ti salverà l'immobilità, ti porterà solo a spegnerti, sempre
di più, e io...”
Touma
tacque per un attimo, il tempo che gli servì per ricatturare lo sguardo
di Shin che ricominciava a fuggire, per tenere saldamente il suo corpo
che nuovamente voleva allontanarsi ed in effetti dall'impeto di quella
fuga vennero entrambi ritrascinati verso l'interno della stanza. Perché
faceva così? Perché era così simile ad un animaletto traumatizzato che
alla vita preferiva l'annullamento di sé nell'illusoria sicurezza della
propria tana?
Lo
riafferrò, lo attirò per un polso contro di sé, gli posò due dita sotto
al mento e lo fissò con fermezza; erano lontani dalla finestra, quindi
poté rendere la voce più bassa e carezzevole:
“Io
non voglio che tu ti spenga... come faccio senza di te, senza il mio
compagno di battibecchi e scontri verbali?”
L'altro
scosse il capo arretrando ancora, con una risatina amara; evidentemente
neanche l'ironia, neanche appellarsi ai loro ricordi di un tempo in cui
la loro innocenza ammantava anche un fato crudele di una parvenza di
felicità, erano in grado di risvegliare un solo frammento del suo Shin.
Gli
prese anche l'altro polso, rese ancor più ferma la sua presa, lo attirò
contro di sé, facendo aderire il suo petto al proprio; il viso di Shin
riprese a fuggire, in un soffio si levarono le sue nuove parole, come
le precedenti intrise d'angoscia, di tutto ciò che di più crudele
poteva rivolgere a se stesso:
“Ti
fai solo del male a restare con me, dovresti andartene, davvero”.
Touma
imprecò tra i denti e rimase così interdetto che senza avvedersene
allentò la presa, consentendo a Shin di sfilare le mani dalle sue; poi
lo vide arrampicarsi ancora sul letto, lo vide raccogliersi su un
fianco e dargli le spalle.
Una
mano di Touma si sollevò a scostarsi un ciuffo dalla fronte, ma più che
altro per spazzare via il velo di confusione che era calato sulla sua
mente; era vero che lo smarrimento di Shin lo contagiava, era vero che
penetrava nel cuore e nell'anima proprio come quell'abisso oscuro nel
quale la loro fochetta si trovava immersa. Era per questo che Shu si
era allontanato? Per questo non aveva il coraggio di cercarlo? Forse
Shu, da quello Shin irriconoscibile e senza più luce, era spaventato?
Touma
scosse il capo, non era una giustificazione quella, proprio in nome del
loro amore ciascuno di loro avrebbe dovuto lottare per salvare gli
altri... e Shin doveva chiaramente essere salvato, non da un nemico,
non dal dolore fisico delle battaglie, ma dalla propria perdizione,
doveva essere sottratto all'abisso e riportato alla superficie, doveva
essere riscaldato e protetto da tutto quel freddo che aveva dentro. A
cosa sarebbe servito il loro amore, altrimenti?
Fece
qualche passo, rimase immobile per qualche istante, le gambe appoggiate
al letto, ma non si decideva a fare altro; le braccia abbandonate lungo
i fianchi rimase ad osservare quel piccolo involucro di disperazione
che proprio non riusciva a fondere con il ragazzino incontrato per la
prima volta poco più di due anni prima, con quel sorriso che portava il
sole e che nel giro di poco era diventato il compagno di monellerie di
Shu e Ryo.
Sbagliava,
ne era consapevole perché, già allora, Shin non era semplicemente
quello, già allora avrebbero dovuto capirlo molto di più; ma quel
piccolo testardo faceva di tutto per non farli preoccupare, per far
credere loro che andasse tutto bene... che lui stesse sempre bene e che
non ci fosse altro sotto quel sorriso, quella disponibilità, quella
discreta presenza piena di premure.
Si
chinò appena, con un sospiro e allungò una mano a sfiorare la chioma
rossiccia, solitamente in ordine e invece in quel momento scarmigliata,
sparsa sul cuscino e intorno al viso seminascosto. Touma sorrise
intenerito: se li stava facendo ricrescere di nuovo... non glielo aveva
chiesto Shu, un po' di tempo prima?
A
quel tocco Shin fremette, come per ritrarsi e il sorriso scomparve
dalle labbra di Tenku, che si strinsero in una linea dritta e decisa,
mentre la sua mente lavorava, frenetica:
“Scordatelo
che ti lascio solo, ho già commesso quest'errore in passato, mi sono
ripromesso allora che... che avrei innalzato il mio punto di vista
sempre di più per voi... solo per voi... e tu, Shin, hai bisogno di
me...”
Si
chinò di più, portò le mani avanti, cercando quelle del compagno, che
intanto faceva di tutto per nasconderle; ma le trovò, strinse forte i
suoi polsi e con l'imposizione del gesto lo fece voltare in posizione
supina. Shin si agitò con un piccolo lamento, i suoi occhi erano
aperti, grandi, sul soffitto e come odiava Touma quella patina opaca
che distendeva un velo sulla loro antica vitalità.
“Si
legge sul tuo volto il bisogno d'amore che hai, Shin... perché non
impari a chiederlo?”
Lo
sentì sussultare e finalmente immobilizzarsi, mentre il volto smagrito
si voltava a fissarlo, le labbra un poco schiuse, come se lui stesso
fosse sconvolto da quella rivelazione. Touma spostò le mani, cercò di
intrecciare le sue dita a quelle di Shin ed ottenne una diversa
reazione: ebbe la sensazione che questa volta il compagno vi si
aggrappasse, per sfuggire a quel gorgo che lo stava risucchiando.
Lo
attirò verso l'alto, lo fece mettere seduto e si accomodò al suo
fianco, sul bordo del letto, rendendo ancora più saldo l'intrico delle
loro dita, simili, lunghe e fini, delicate ma forti, temprate da anni
di addestramento nelle loro discipline.
Testardo,
il visetto che sapeva risultare adorabile in ogni sua manifestazione
sfuggì, rintanandosi tra le spalle, imbronciato:
“Non...
ho bisogno di nulla...”
Ancora
tentava di rendersi credibile con quell'atteggiamento da ragazzo
grande, responsabile e maturo in grado di cavarsela da solo che,
tuttavia, non aveva mai ingannato del tutto nessuno? Touma diede uno
strattone alle sue mani, lo portò più vicino a sé e fece aderire le
loro fronti:
“Shin-chama...”
L'altro
tentò invano di abbassare il volto, i suoi capelli solleticarono le
guance di Touma, mentre il broncio si faceva più accentuato... o era
più l'espressione del cucciolo che nasconde una richiesta di coccole
dietro alla ritrosia?
“Tou...
Touma...”
“Smettila
di crogiolarti in quell'abisso, smettila di ricercare l'acqua laddove è
fredda e buia, ritrova la sua limpidezza.... che è anche la tua!”
Il
capo di Shin si scosse.
“Non
ho niente di limpido” squittì.
“E'
la paura che ti fa parlare così... tu hai tanta paura... e forse anche
io ne ho un po', sai? Ce l'abbiamo tutti... ma...” strinse le dita di
Shin così forte che l'altro sussultò, “ma io sono qui... e non ti
lascio... voglio che tu non mi lasci... aggrappati alle mie mani, Shin,
sentile... ed andrà tutto bene, te lo prometto”.
***
...e
ti aprirò il mio cuore come una casa al mare
se
tu vorrai restare...
***
Tutto
ciò che Touma ottenne fu un abbandonarsi delle membra di Shin contro di
lui; il ragazzo più anziano si lasciò cadere in avanti ed il suo viso
scomparve contro il petto di Tenku, che si sentì solleticare il mento
da quella massa abbondante di capelli spettinati. Ciò non gli impedì di
allargare le braccia per accoglierlo meglio, richiudendole poi intorno
a lui, affondando in quegli stessi capelli il proprio volto, esalando
un sospiro che conteneva in sé pena, disperazione, ansia, paura e...
tanta nostalgia... non delle battaglie, no... dalle yoroi avrebbe
continuato a fuggire, così come da un passato di guerra e dolore... ma
nostalgia di Shin, delle sue risate, dei loro battibecchi, delle sue
scaramucce con Shu e delle loro coccole... nostalgia di quello che
erano stati, tutti insieme, quando il calore tra loro leniva ogni
sofferenza e rendeva tutto più leggero e sopportabile.
Si
ritrovò quasi senza accorgersene ad accarezzargli la testa, affondando
le dita nei serici fili rossastri, percependoli come sempre morbidi,
preziosi nella loro fine sottigliezza sotto i polpastrelli e la sua
mente tornò a quando quei gesti era Shin a distribuirli a tutti... una
carezza per ognuno di loro, tra i capelli o, nel caso di Seiji, sulla
guancia sapendo quanto lo infastidisse che la sua chioma d'oro venisse
tormentata in qualunque modo. E Shin lo sfiorava altrove, con tutta la
naturalezza che gli era propria, senza mai chiedere né pretendere
nulla... neanche quello che effettivamente desiderava da sempre... un
gesto simile che troppo spesso gli mancava.
Coccolare
per colmare il proprio bisogno di coccole... questo era Shin... dare
amore per sentirlo e viverlo dentro di sé, fare del proprio meglio per
rendere gli altri felici perché questa era la sua felicità; ma se
coloro che più desiderava rendere felici non lo cercavano più, non si
aggrappavano più a lui... in mancanza di tutto questo... cosa restava
ancora ad una persona come Shin?
Il
nulla... lo sapeva Touma... senza il suo nido d'amore intorno Shin era
il nulla... e la famiglia d'origine, con ogni evidenza, non era più
sufficiente a colmare quel suo bisogno di dare amore, troppi frammenti
del suo cuore, in quel momento, stavano mancando.
La
testolina arruffata si mosse, era così strano vedere i capelli di Shin
conciati in quel modo che Touma fu colto dal desiderio quasi
insopprimibile di passare tra essi un pettine, ma forse solo perché
stimolavano la voglia di prendersi cura di loro... coccolarli... come
il loro proprietario. Suiko gettò indietro lentamente la testa e i loro
occhi si incontrarono; in quelli di Shin vi era uno strano languore, in
qualche modo dava la sensazione di trovarsi in un altro posto, di non
essere del tutto consapevole di ciò che stava accadendo.
Ma
certo che era in un altro posto: era nel suo abisso di acqua fredda e
scura nel quale poteva sperare, almeno, di non provare nulla. L'unico
sollievo che evidentemente era in grado di concepire in quel momento di
disperazione.
In
quel volto dall'espressione vacua che lo guardava dal basso in alto, le
labbra sussurrarono piano:
“Ho...
sonno...”
L'impulso
mosse una mano di Touma, che affondò in quei capelli, lasciando
un'ampia carezza nello spingerli un poco indietro; quando staccò la
mano essi ricaddero sulle tempie e sulla fronte in una pioggia d'oro
rosso e lucente. Nonostante tutto erano sempre belli, solo quelli di
Seiji risultavano altrettanto preziosi alla vista e al tocco.
“Se
vuoi dormire, pesciolino...”
Non
fece in tempo a finire, perché la voce di Shin gli parlò sopra,
improvvisamente spaventata e colma di urgenza:
“Tu
resti qui? Anche se mi addormento?”
Gli
occhi di Touma si strinsero, così come le labbra e il cuore, mentre
un'aura di cupezza scendeva intorno a loro poi, in un sospiro che
conteneva rassegnazione, continuando ad accarezzare:
“Sei
tu a dover restare, Shin... resta con noi... con me...”
I
due oceani di smeraldo si sgranarono di più, intrisi di emozioni che
potevano significare qualunque cosa, perché in Shin le emozioni non si
presentavano mai da sole, indipendenti l'una dall'altra, si miscelavano
in un amalgama spesso incontrollato, caotico, che gettava quella povera
anima ora terrorizzata in una confusione ancor più distruttiva.
Il
capo di Suiko si reclinò ancora mestamente, scivolando di più contro il
suo petto:
“A
cosa può servire... uno come me?”
Touma
ringhiò, fu sul punto si scuoterlo, se non si fosse trattenuto con
tutto se stesso l'avrebbe probabilmente schiaffeggiato, perché una
frase del genere non poteva assolutamente accettarla, non da Shin, non
dal loro folletto dispettoso e pieno di vita... com'era sempre stato...
e come sembrava non essere più.
Si
fermò, perché percepì il singhiozzo, l'unico, che scosse un attimo le
spalle del compagno, mentre scivolava di più contro di lui, la testa
ora completamente in grembo, un pugno chiuso davanti alla bocca, le
gambe raccolte sul petto: di nuovo l'immagine di un cucciolo smarrito
nella propria paura del mondo.
E
allora Tenku non fece nulla e sospirò, lasciandosi sfuggire solo poche
parole rassegnate, sussurrate a fil di labbra:
“Uno
come te... Shin... non può andarsene senza lasciare un vuoto
incolmabile...”
Sperò
che le sue parole sortissero qualche effetto, che risultassero almeno
un poco convincenti, ma non ottenne risposta; scrutò in basso, a
contemplare quel corpicino più piccolo e indifeso che mai. Sembrava
ancora più piccolo di quando piccolo lo era davvero, nel corso del loro
primo anno di conoscenza.
“Stai
dormendo?”
Gli
rispose un lieve mugolio; se non stava dormendo c'era molto vicino. E
allora Touma non volle impedirglielo... dormire così, tra le braccia di
qualcuno, gli avrebbe forse portato un sonno senza incubi. Perché il
samurai dell'Etere era convinto che i sogni di Shin, da tempo, non
vedevano più la luce, non erano più luminosi di quell'oscuro fondale
nel quale si trovava costantemente immerso. Non era vero che riusciva
ad avere bei sogni in quella tenebra; forse li cercava, vi si
aggrappava, annaspava per raggiungerli, ma gli era impossibile.
Almeno
finché lui era lì, forse sarebbe riuscito a donargliene qualcuno, a
cullare qualche bel sogno, così si ritrovò ancora a parlare,
sommessamente, come se cantasse una ninnananna, ricreando per lui ciò
che Shin maggiormente amava.
“Io
ho bisogno di te, sai, Shin-chama? Anche gli altri hanno bisogno di
te... e tutti rivorremmo vedere il tuo sorriso... i ragazzi non sanno
come chiedertelo... ma ce la faremo, sapremo ancora venirci tutti
quanti incontro. Sai, io ci credo che un giorno vivremo tutti
insieme... e magari avremo anche una grande casa in riva al mare e
nessuno nasconderà più niente a nessuno, nessuno abbandonerà nessuno, i
nostri cuori saranno aperti, proprio come la nostra casa, proprio come
il mare e non ci faremo più del male a vicenda... io ci credo...
davvero. Però vorrei che anche tu ascoltassi queste parole, che le
capissi... Shin-chama... ascolta te stesso, ascolta noi, i nostri
cuori... il mio... cerca di capire quanto ci amiamo... e quanto amiamo
te...”
Un
piccolo movimento, le membra del giovane Mori si agitarono e le labbra
emisero un sottile lamento; Touma lo sentì aggrapparsi maggiormente a
lui e gli passò una mano sulle guance trovandole umide. Perché il dolce
Shin piangeva così tanto? Come poteva essere accaduto proprio a lui?
Come poteva essere avvenuta nel suo cuore una metamorfosi così
sconvolgente? Cosa gli avevano fatto le yoroi, a lui... e a tutti loro?
***
...dentro
era buio e la solitudine prende alla schiena
e
ti inzuppa alle ossa una fredda foschia
e
gli occhi i tuoi occhi amarissimi asciutti pregavano
lasciami
solo un minuto vai via...
***
Il
viso di Tenku si abbassò, ricadde mesto sul petto, mentre un fosco
pensiero si faceva strada in lui:
“Era
dunque meglio non conoscerci affatto? Non ci sarebbero state le yoroi,
niente combattimenti, niente Troopers... e niente noi... l'unica cosa
davvero bella. Ma, forse... così bella non era se ha portato a
questo... se ha rovinato il carattere meraviglioso di Shin... se ci ha
resi tutti così infelici... se ha reso così infelice il nostro
rapporto... era meglio non conoscerci, Shin-chama?”
Non
glielo chiese, ma lo domandò a se stesso e per lui era così ovvia la
risposta... lui senza di loro perdeva ogni senso... niente sarebbe
stato meglio... erano stati loro a farlo nascere davvero, a fargli
capire il significato dell'avere una famiglia, dello stare insieme,
dell'essere speciali gli uni per gli altri, lui che era sempre stato
speciale senza volerlo davvero in un vuoto affettivo che non si colmava
mai. Ma se adesso tutto finiva, se gli altri non si cercavano più, se
Shin affogava in un oceano di solitudine, cosa ne sarebbe stato di lui?
Cos'altro poteva fare se non perdersi insieme a loro?
Mentre
Shin scivolava lentamente nel sonno, un'opprimente ondata di solitudine
sorprese Touma, proprio come una pioggia ghiacciata, proprio come
l'acqua quando è tanto fredda, così come era freddo il corpo di Shin
mentre lo accarezzava. Il gelo del compagno si trasmetteva a lui e
risaliva provocandogli brividi incontrollati lungo la schiena; si
scoprì a tremare, era troppo freddo... Shin era troppo freddo e,
istintivamente, lo strinse più forte, come a volerlo riscaldare, ma
nessun calore sembrava riuscire a penetrare quel gelo. Era davvero come
se Shin fosse immerso nell'acqua, ma non quella cristallina, pura, era
una fonte di tenebra e gelo innaturale che penetrava fin nelle ossa e
faceva tremare Touma, perché fluiva in lui, in una simbiosi che, lo
sapeva, non si era mai del tutto estinta.
E
allora perché proprio Shin, così sensibile, empatico, intuitivo, perché
proprio lui quella simbiosi non la percepiva più? Perché percepiva solo
quel blocco di ghiaccio che si formava intorno al cuore stringendolo,
soffocandolo come una morsa?
Intorno
al cuore di Shin come a quello di Touma in quel momento e davanti agli
occhi di Tenku si formò una nebbiolina inattesa e fastidiosa, la patina
inconfondibile delle lacrime che offuscavano ancor più il mondo intorno
a lui già così impenetrabile, diventato troppo difficile da comprendere.
Posò
ancora la mano sulla testolina rossa arruffata, compiva quel gesto
quasi ossessivamente, aveva persino paura ad averlo tra le braccia
così, immobile: razionalmente Shin stava solo dormendo e lui era una
persona razionale... lo era sempre stato...
Scosse
il capo, a chi voleva darla a bere? Era un genio no? E 'genio' e
'razionalità' non erano due parole fatte apposta per andare d'accordo;
lui non era razionale, era una mente impazzita che si ingarbugliava su
se stessa in un intrico che neanche la sua tanto decantata saggezza
sapeva più sciogliere.
Tutto
era silenzio, era buio, era freddo... ed era solitudine. Una parte di
lui avrebbe voluto scuotere quell'esserino scivolato nell'oblio, perché
non voleva più sentirsi così solo, voleva che Shin continuasse a
parlargli, forse per rassicurarlo, perché potesse essere certo che...
era ancora lì con lui... che Shin non se ne stava andando del tutto.
Quasi temeva di vederlo svanire, come spuma di mare che si dissolveva
nell'aria... nel suo abbraccio che non riusciva più a trattenerlo.
Bastò
quell'immagine a far crollare l'ultimo residuo di autocontrollo e,
mantenendo un braccio saldo intorno alle spalle di Shin, si portò
l'altra mano al volto, chiusa a pugno, premendo il polso contro un
occhio nel vano tentativo di arrestare le lacrime ormai prive di argine.
Un
movimento sul suo grembo lo spinse a spostare la mano dal volto per
riportare la propria attenzione su quel povero ragazzo triste che aveva
ripreso a tremare e ritrovò i suoi occhi ora aperti, appena visibili
nella penombra della stanza ma ben evidente era la loro strana luce...
inquietante era la giusta definizione? Inquietante poteva essere una
parola che si addiceva a Shin? Purtroppo era così; ciò che gli stava
accadendo lo rendeva quasi spaventoso alle percezioni di Touma, perché
non riconoscere qualcuno che si ama, vederlo smarrirsi in se stesso,
veder svanire una creatura dolcissima e bella per lasciare il posto ad
una maschera di paura e smarrimento, vedere due occhi nei quali un
tempo fluttuava il mare riscaldato dal sole mutarsi in pozze di
oppressione... e distanza... distanza da tutto, anche da se stesso...
certo che era inquietante, era spaventoso, inaccettabile per Touma.
Perché in quegli occhi si sarebbe smarrito lui stesso, le proprie
convinzioni crollate, i propri appigli, tutto ciò che restava delle
loro sempre più vacillanti, misere certezze.
Erano
svegli quegli occhi vacui o galleggiavano nel limbo di un eterno
incubo? Erano sempre così belli ma tanto struggenti da far male al
cuore nella loro amarezza; e non c'erano neanche più le lacrime a dare
un'illusione di, seppur triste, luminosità. Asciutti, baratri senza
fondo di vuoto e nulla, lo fissavano ma davano la sensazione di non
guardarlo realmente.
“Cosa
stai guardando? Cosa vedi?”
Non
poté fare a meno di chiederglielo, ma l'espressione di Shin non mutò,
il suo corpo arretrò, si staccò con una sorta di solenne e spaventosa
calma da lui e strisciò a ritroso, fino alla sponda opposta del letto:
“Lasciami
solo... non devi restare qui, Touma... allontanati da me...”
Le
palpebre di Tenku sbatterono più volte, le sopracciglia si inarcarono
in un moto di stupore e incredulità; non poteva volerlo davvero, non lo
voleva davvero neanche quando si lanciavano nel pieno delle loro
scaramucce verbali e Shin faceva il finto seccato nel vedere la propria
casa invasa da un perenne ritardatario che non brillava certo per
educazione e formalità... quella stessa casa che in realtà il piccolo
Shin sognava popolata, chiassosa, messa sottosopra dal gruppetto di
coinquilini più variegato, assurdo ed innamorato che si potesse
immaginare.
Non
glielo avrebbe permesso, qualunque cosa avesse detto o fatto, Touma non
se ne sarebbe andato.
“Più
fai così, più mi convinci che voglio restare, sai pesciolino?”
Nell'udire
quel nomignolo che raccontava di antichi scherzi tra amici, di coccole
e affettuose schermaglie, di giorni che mai, come in quel momento,
erano apparsi così lontani, non tanto in un arco effettivo di tempo, ma
nello spirito, perché tra quella sera terribile che stavano vivendo e
quel passato risalente a pochi mesi prima sembrava essersi aperto un
varco incolmabile, quasi si trattasse di due differenti esistenze...
quasi loro stessi fossero attori diversi che recitavano un nuovo
copione... nell'udirlo e legarlo a tutti quei ricordi, qualcosa si
trasformò nell'atteggiamento di Shin. Touma rivide negli occhi il
lucore delle lacrime, infelice, angoscioso ma un segno di vita che gli
giunse gradito, vide nuovamente un tremito scuotere le spalle
irrobustite dal nuoto che mantenevano intatta la loro grazia innata,
anche se quel corpo che il contatto con l'acqua aveva temprato, stava
nuovamente perdendo il proprio vigore. Ogni volta che giungeva a
trovarlo, Shin gli appariva più magro... era forse illusione? O davvero
il vivere da solo, lontano dalla famiglia che si prendeva cura di lui,
immerso in una tristezza crescente, lo consumava giorno dopo giorno?
Ancora
la paura di vederlo scomparire aggredì Touma in una maniera così
violenta che si gettò in avanti, allungando le braccia e afferrandolo.
Intravvide appena i suoi occhi che si sgranavano, un attimo prima di
stringerlo fortissimo a sé, premendogli il viso contro la propria
spalla e non potendo a sua volta nascondere un singhiozzo nel tuffarsi
nella nuvola rossa dei suoi capelli.
***
...pensa
potessimo nascere ancora pensa se fosse così
l’aria
è freschissima fuori di qui...
***
Tornare
indietro, ad un punto in cui il declino ancora non era cominciato,
tornare e cambiare ciò che a un certo punto era risultato sbagliato...
Qual
era precisamente quel punto? Il momento esatto in cui la sua memoria
doveva fermarsi e cominciare a cancellare, soprattutto dalla mente di
Shin, ciò che era andato storto?
Forse
la litigata terribile di qualche mese prima, quella che aveva visto
Shin in preda ad un esaurimento nervoso senza precedenti? Era lì che la
sua indole così straordinaria si era avviata verso il tracollo?
Touma
scosse il capo mentre Shin, arrendevole, fin troppo passivo, si
abbandonava alla sua stretta, come una bambolina priva di consistenza;
e nonostante si lasciasse andare con tutto il proprio peso, a Touma non
era mai perso così leggero, forse perché, in quel momento, sostenerlo
era per lui lo scopo centrale della sua esistenza? Forse perché sentiva
di volergli tanto bene da potergli donare qualunque cosa, la sua vita,
la sua anima stessa, pur di veder tornare anche un solo sprazzo della
loro piccola peste, Shin dalla lingua troppo lunga e dalla battuta
sempre pronta, espressa con il suo trillo da uccellino e che non si
poteva fare a meno di trovare adorabile, disarmante... anche quando
veniva voglia di ucciderlo per la sua insolenza. Quanto rivoleva quel
Shin, Touma, quanto gli mancavano i loro duelli verbali... e gli ultimi
risalivano solo a pochi giorni prima... ma Shin da tempo, ormai, era
fin troppo arrendevole, non era più lo stesso.
La
sua mente tornò a quella lite e scosse ancora il capo; certo, era stata
terribile, ma il declino di Shin era cominciato prima. Quello era stato
il culmine, il punto di non ritorno... loro errore non essersi resi
conto del progressivo accrescersi dei suoi atteggiamenti malinconici,
così evidenti a rifletterci col senno di poi.
“Ci
perdoni, pesciolino, se siamo stati così ciechi?”
Glielo
sussurrò piano, nell'orecchio e i tremiti del compagno si accentuarono,
si divincolò, Touma si vide spinto via dalle sue mani che sapevano
diventare tanto energiche, persino pericolose nei momenti di
disperazione, quelli in cui Shin rischiava di perdere il controllo di
sé:
“Non
voglio questo, è colpa mia, di nessun altro, solo mia, io non voglio
farvi del male!”
Non
era stato un grido rabbioso quello del samurai del Torrente; somigliava
più a un lamento d'agonia che scese nel cuore di Touma fino a fargli
male e non lo convinse affatto ad arrendersi, rese anzi ancor più salde
le sue reazioni.
Testardamente
lo raggiunse di nuovo, catturò un suo avambraccio e lo attirò ancora
verso di sé, fissando quegli occhi ora immensi, improvvisamente
regrediti a quelli di un bimbo in cerca di aiuto; ma almeno erano più
riconoscibili, almeno in essi c'era qualcosa del piccolo Shin.
Si
era aspettato una resistenza da parte sua, invece il Torrente fu scosso
da un sussulto, lo guardò ancora, implorante e nel momento in cui
l'altra mano di Touma si levò a sfiorargli una guancia, le palpebre si
strinsero e una pioggia irrefrenabile e intensa di lacrime prese a
scorrere sul viso del ragazzo. Eccolo che di nuovo riusciva a
piangere... meglio così... meglio di quell'assenza di tutto, di quel
nulla, di tutto quel vuoto.
***
...stringimi
le mani
fuori
passa il vento
vivi
ogni minuto come fosse tutto il tempo...
***
Il
corpo di Touma si mosse al di fuori del suo controllo, non aveva
preventivato niente, non sapeva cosa avrebbe fatto. Ma scese dal letto,
le mani strette intorno a quelle di Shin e se lo trascinò dietro,
ancora una volta tentava di strapparlo al torpore, a quel letto che
stava diventando immagine stessa dell'abisso di tenebra.
Dove
l'avrebbe condotto?
Appena
mise i piedi a terra Shin barcollò, colto alla sprovvista
dall'iniziativa di Touma o forse... forse... indebolito dal suo stesso
dolore?
Il
samurai dell'Etere lo raccolse tra le sue braccia e lasciò che si
appoggiasse contro il suo petto mentre, in quello stesso istante, il
fischio del vento si levò di nuovo in un urlo più acuto. Le mani di
Shin si sottrassero a quelle di Touma con una certa violenza e se le
portò alle orecchie, rannicchiandosi contro il compagno con un mugolio
soffocato dal maglione pesante di Tenku.
“Non
è niente, cucciolo... il vento non è un nemico, sai?”
“Lo
so...” vocina ancora incerta e attutita da quella posizione raccolta,
“sono io... io che...”
Poi
il capo di Shin si mosse, il suo viso si sollevò di colpo e Touma
rivide quello sguardo, in esso affondò, era come un'onda tanto bella ma
scura che lo travolgeva portandolo via con sé.
“Sono
io, Touma... che non capisco nulla... di me... del mondo... di noi...”
“Devi
solo tornare a vivere... ad amare la vita come solo tu sai fare...”
“Ma
non la capisco più...” lo interruppe la voce sottile, rassegnata,
accompagnata da un sospiro.
Le
mani di Touma raggiunsero il viso di Shin e lo tennero fermo:
“Tu
stai scappando, Shin-chan, non la capisci più perché non sai più
accettarla... è vero... non tutto è bello come forse l'avevi sognato...
non è così?”
“To...
Touma...”
“Eppure...”
Touma abbassò le mani, con una prese di nuovo quella di Shin, “eppure
io sono convinto che se la sappiamo ascoltare, se le corriamo incontro,
la vita può riservarci ancora tante sorprese bellissime... se siamo
insieme... questa è la condizione essenziale... e lo capirete, lo
capirete tutti, devo farvelo capire!”
“Io
lo so, Tou-chan... lo so... io con voi... per voi... andrei in capo al
mondo...” poi il volto di Shin fuggì, si riabbassò, la sua voce si fece
spenta e dimessa, “o, forse, un tempo l'avrei fatto... non rivoglio le
yoroi... non rivoglio la lotta... non so se sarei ancora in grado di...
di venirvi dietro in questo se...”
Quanto
dovevano essere dolorose quelle confessioni per il piccolo Suiko, che
sempre aveva dato tutto se stesso, senza risparmiarsi? Quanto doveva
sentirsi in colpa nell'ammettere la propria stanchezza, le proprie
paure, quanto doveva essere difficile per lui accettare quei dubbi... e
rivelarli... e quindi sentire di meritare...
“Quindi...
è giusto così... credo... Touma... non sarei più degno di voi... sono
un vile... troppo debole per essere degno di voi... devo... imparare a
vivere da solo...”
Sentire
di meritare l'abbandono... ecco una parte della terribile realtà nella
quale affogava il cuore di Shin, quel cuore così emotivo e speciale
senza sapere di esserlo, perché si riteneva costantemente in difetto,
soprattutto se metteva a nudo le proprie debolezze, temeva che nessuno
le avrebbe mai potute accettare, proprio perché lui stesso era il primo
a non accettarle. E non aveva capito nulla. Non aveva capito che lo
amavano semplicemente perché era Shin e che, nonostante tutto,
nonostante i dubbi, le paure, anche nonostante i difetti di cui nessuno
era privo, lo amavano perché era speciale?
E
poi Touma lo sapeva, ne era certo, che alla fine Shin sarebbe sempre e
comunque tornato da loro, qualunque cosa fosse accaduta, qualunque
tentennamento avesse potuto frenarlo. Ma dopotutto perché porsi
problemi inutili?
Ancora
le mani di Touma salirono sulle guance di Shin, lo guardò fissamente,
quasi severo:
“Non
mi convincerai e non convincerai nessuno di noi a non avere fiducia in
te, sai?”
Percepì
il suo tremito sotto i polpastrelli, perché era evidente, Shin era il
primo a non avere fiducia in se stesso, l'aveva persa fino all'ultima
goccia man mano che le proprie incertezze e le proprie ombre, che prima
nascondeva anche a sé, erano risalite in superficie come una marea
distruttiva. Era il primo a non accettarsi, a disprezzarsi nel vedersi
ridotto ad un piccolo bambino spaventato e quell'immagine di sé gli
faceva temere che avrebbe rifiutato qualunque cosa, qualunque
conflitto, preferendo nascondersi ed attendere passivo l'annullamento
della propria meravigliosa essenza.
Continuò
a parlargli, con tono più gentile:
“Le
yoroi non torneranno, Shin... devi smetterla di porti problemi che non
hanno più motivo d'essere... non devi più avere paura di loro...”
“Forse...
non se ne andranno mai... del tutto...”
La
voce tremò, sull'ultima sillaba vibrò un tenue singhiozzo.
“Cosa
intendi dire?”
“Non
lo senti il loro spettro che aleggia su di noi? Non lo senti cosa ci
stanno facendo, ancora?”
Touma
deglutì, l'inquietudine tornò al suono di quella voce che si era fatta
quasi spettrale nella sua sottigliezza, la delicatezza della voce di
Shin ridotta ad un sussurro spaventato e spaventoso che gelava il
sangue.
Ma,
in quel momento, Touma capì quale significato avesse il discorso di
Shin: non riuscivano a stare insieme a causa delle yoroi. Dopo averli
condannati a sacrificare la loro adolescenza sull'altare della lotta
contro il male, adesso che finalmente avrebbero potuto vivere in pace,
le yoroi li condannavano a non coltivare il loro legame perché...
Perché?
Dovevano
smetterla di usare le yoroi come alibi, dipendeva da loro, unicamente
da loro.
“Basta
volerlo, Shin e le cancelleremo, dobbiamo smetterla di avere paura di
loro, di temere che ci accada qualcosa se noi restiamo insieme,
dobbiamo smetterla di attribuire il nostro legame solo a loro e di
farci del male, a volte sembra che... che...”
Si
interruppe, esitando sulle ultime parole che Shin pronunciò al posto
suo, con calma apparente che era soprattutto rassegnazione, ammissione
di un tormento che lo dilaniava:
“Che
ci stiamo auto punendo... perché il nostro legame, consolidatosi con le
yoroi, non può essere positivo se le yoroi non lo sono...”
“Ma
il nostro legame... è indipendente da loro...”
Touma
non ne poté fare a meno, la sua voce vacillò, si fece lamentosa,
frustrata, perché quel discorso aveva preso una piega che non gli
piaceva affatto.
Shin
interruppe ogni contatto, si portò le mani al petto e indietreggiò, il
volto basso, a Touma sembrò dissolversi lentamente nella tenebra della
stanza:
“Ne
sei proprio sicuro? Loro sono scomparse... e guarda cosa è successo a
noi... ma va bene così, giusto? Sono scomparse... lo desideravamo... io
lo desideravo tanto...”
Un
impulso irrazionale spinse Touma a fare un balzo in avanti, prima che
l'amico potesse svanire del tutto, temeva che sarebbe stato troppo
tardi se non l'avesse fatto, se non l'avesse afferrato in tempo. Così
il suo pugno si chiuse, ferreo, sul polso smagrito dell'altro ragazzo,
che si trovò trascinato ancora verso il compagno, piombando contro il
suo petto dove, senza poter resistere oltre, senza alcun preavviso,
contraddicendo con il tono apparentemente dimesso e calmo di poco
prima, scoppiò in un pianto irrefrenabile.
“Non
ci capisco più nulla, non capisco me, non capisco noi, non so cosa
fare, né cosa voglio, Touma, aiutami!”
Aiutarlo...
non era forse l'unico scopo della sua esistenza da quando era entrato
in quella casa le cui mura trasudavano smarrimento, terrore,
disperazione? Era questo il punto, perdendo ogni certezza Shin aveva
perso la fiducia, in qualunque cosa potesse ancora fargli amare la
vita, potesse ancora farlo sperare, fargli pensare che qualcosa di
positivo era venuto dal loro passato... e uno Shin senza fiducia... non
poteva essere più Shin, giusto? Lui che della fiducia rappresentava
l'essenza, lui che era la fiducia, quella stessa fiducia che lo rendeva
così aperto alla vita, all'amore, che lo portava a credere che la
purezza del suo cuore, che la purezza dell'acqua, appartenesse a tutti,
ad ogni aspetto dell'esistenza. Crescere, scoprire le ambiguità delle
yoroi, aveva significato per lui entrare a contatto con le ambiguità
che caratterizzavano tutto il reale e anche lui stesso e allora...
Riportare
indietro il suo Shin... come se non aiutandolo a trovare ancora fede
nella vita, se non facendogli capire quanta bellezza ci fosse nel mondo
pur nelle sue contraddizioni? L'aveva trascinato di nuovo verso la
finestra rimasta aperta, il vento li aggrediva, apparentemente
impietoso ma Touma sapeva che il vento era dalla loro parte, che suo
intento era dare un suggerimento a lui e scuotere il piccolo essere
sperduto tra le sue braccia, che si rannicchiava contro il suo corpo
alla ricerca di calore morale.
Insegnargli
a vivere di nuovo... era questo il modo per aiutarlo? Ne sarebbe stato
in grado? Lui, insegnare a vivere a Shin? Non era sempre stato il
contrario, in fondo? Non era sempre stato Shin, da quando si
conoscevano, a trascinarlo nel vortice della vita? Shin e i ragazzi...
ma soprattutto Shin, che sapeva cogliere il bello in ogni cosa, che
sapeva accettare la vita, proprio perché era convinto che tutto, anche
il male più profondo potesse essere convertito al bene, al bello, alla
purezza? Perché grazie alla fiducia sperava, credeva, lottava affinché
il peggio si mutasse in meglio, accettando le accuse di ingenuità che
gli venivano rivolte con una scrollata di spalle ed un sorriso
birichino.
Come
poteva insegnare di nuovo a vivere ad una persona del genere, proprio
Touma, che di cogliere la vita al pieno non era mai stato capace finché
i ragazzi non gli avevano aperto nuove strade e spalancato le porte
della piena esistenza?
Una
ventata più forte gli colpì il volto come uno schiaffo e lui colse il
messaggio, lo sentì gridare dentro di lui:
“Il
cuore, Touma, se ti hanno insegnato ad aprirlo, allora usalo! Non farti
domande, lascia che ti guidi!”
Smise
di pensare; l'istinto, nel suo caso, rifletteva la voce del cuore.
Staccò Shin da sé e, ignorando i suoi occhi sgranati per lo stupore, lo
spinse in avanti, fino a farlo appoggiare con il busto alla finestra,
in piena balia dell'aria tempestosa dell'esterno che prometteva
pioggia. Poi, per evitare che fuggisse, si incollò alle sue spalle e lo
abbracciò da dietro, abbassando il capo sulla sua spalla:
“Respira
Shin, e vivi, non scappare dalla vita che ti sta chiedendo di amarla
ancora!”
***
...stringi
le mie mani non aver paura
per
poter volare basta un soffio d’aria pura...
***
Ignorò
i tremiti, i primi tentativi di divincolarsi, poi Shin, come
rassegnato, si lasciò andare a quell'abbraccio e sembrò accogliere la
carezza gelida del vento.
“Insegnami,
Touma...” supplicò in un singhiozzo, “aiutami a farlo”.
“L'hai
sempre saputo meglio di me come si fa, pesciolino” sorrise il guerriero
dell'aria, rendendo ancora più affettuoso il proprio abbraccio.
Shin
scosse il capo:
“Io
non so più fare niente da solo...”
“Piccolo
sciocco, è solo perché non riesci più ad amarti...”
Forse
non poteva spiegargli come tornare a volersi un po' di bene, forse
poteva solo dimostrargli di volergliene tanto e allora il dolce Suiko
bisognoso d'affetto, sentendosi amato, avrebbe ricominciato ad amare un
po' se stesso... forse era quella la strada... e forse doveva smetterla
di porsi tante domande.
Il
cuore... lasciarsi guidare dal cuore...
Per
fargli sentire l'amore, era necessario che Shin ricominciasse a credere
in qualcosa... in qualcuno...
“Tu
ti fidi di me, pesciolino?”
Lo
spaventò l'esitazione, ma poi comprese che era dovuta allo stupore;
Shin voltò un poco il capo, nel tentativo di incontrare i suoi occhi.
Touma lo lasciò libero di girarsi del tutto perché, se voleva fiducia,
anche lui si sarebbe fidato: Shin non avrebbe più tentato di scappare.
Vide
il suo capo abbassarsi in un cenno di assenso e la sincerità si accese
negli occhi di mare; la sincerità, Shin non avrebbe mai potuto perderla.
“Ricordi
quando compresi che dovevo innalzare il mio punto di vista? Che dovevo
guardare tutto dall'alto per vedere il mondo sotto un'altra
prospettiva?”
Annuì
ancora e Touma scorse persino un lampo di curiosità nelle sue iridi
finalmente più brillanti; risvegliare la sua attenzione era già un tale
successo che Tenku ne fu quasi esaltato e allora scostò del tutto le
tende, lasciò che il vento li avvolgesse attraverso la grande finestra,
si sporse sul vuoto e trascinò Shin con sé, facendolo affacciare con il
busto oltre la ringhiera. Suiko emise un piccolo strillo, perché
l'impeto di Tenku era stato tale che probabilmente il compagno aveva
avuto la sensazione di precipitare.
In
realtà Touma lo teneva saldamente, mentre i loro sguardi si immergevano
nel paesaggio devastato dalla furia naturale, le luci di Ueno
somigliavano ad un tappeto di stelle caduto dal cielo... o, da un altro
punto di vista, pensava Touma, magari il mondo si era davvero
capovolto... più nulla l'avrebbe stupito.
Non
importava, il vento, le luci, la notte della metropoli, loro due
aggrappati alla ringhiera, ad abbracciare con lo sguardo quell'universo
che si stendeva ai loro piedi, sulle loro teste e tutto intorno a loro,
l'abbraccio del tutto, della vita che respirava... e li desiderava.
E
Touma non poté fare a meno di sorridere a quella vista, a quell'invito,
mentre con un balzo, l'urlo spaventato di Shin nelle orecchie, si
arrampicava sulla balaustra e lì restava in piedi, sferzato dal vento
che non faceva vacillare il suo equilibrio. Tenku forse non esisteva
più nel mondo, ma dentro di lui era vivo, dentro lui era il guerriero
dell'Etere che dominava l'essenza del cielo e dell'aria.
“Touma,
sei impazzito? Scendi!”
Shin
lo guardava con due occhioni da bimbo spaventato, era chiaro cosa
pensava: non erano più samurai, non era più il caso di lanciarsi in
simili peripezie spericolate.
Tutto
perché Shin voleva anche negare ciò che invece si era dimostrato reale:
i loro poteri erano intatti, l'ultima dimostrazione risaliva a quel
giorno da incubo nel quale avevano salvato la vita del padre di Ryo. Ma
Shin questo non voleva accettarlo, perché collegava quei poteri al
negativo, ai ricordi più spaventosi che le yoroi avevano loro lasciato.
Aveva
ragione dopotutto; anche Touma lottava giorno per giorno per
dimenticarli, per rinnegare, ma in quel caso... perché per una volta
non accettare che i poteri appartenevano a loro, non alle yoroi, che
potevano essere doni, non condanne?
Un
dono... per alleviare qualche peso dal cuore di un amico... un dono per
mostrare ad un amico, che non credeva più in nulla, qualcosa di
bello... la bellezza del mondo.
Le
sue labbra si piegarono in un ghigno, mentre il volto si reclinava, a
cercare quello di Shin:
“No
che non scendo, anzi... verrai qui anche tu!”
Shin
non ebbe il tempo di razionalizzare ciò che Touma aveva detto, solo
emise un'esclamazione di spavento e sorpresa quando la mano di
quest'ultimo gli afferrò il braccio e lo trascinò con forza e
convinzione verso l'alto e si trovò costretto ad assecondare
l'imposizione gestuale di Tenku. I suoi piedi nudi, uno dopo l'altro,
raggiunsero il bordo della balaustra e lui barcollò, sbilanciato,
incapace di controllare il proprio corpo a causa della sorpresa, ma le
mani sicure di Touma lo sorressero, il compagno lo teneva vicino a sé,
ben saldo.
“Touma,
cosa... cosa...” annaspò Shin, gli occhi sgranati nel vuoto.
Ne
avevano fatte di cose folli quando combattevano come Troopers, erano
stati costretti a farle, ma Shin voleva dimenticare tutto quello, Shin
voleva essere un ragazzo normale, non gli importava nulla di quelle
capacità... e faceva di tutto per dimenticarle... al punto che
probabilmente lo terrorizzavano.
“Pesciolino,
rilassati... ti fidi di me o no?”
“Non
è questo il punto!” strillò la vocina ora esasperata.
Touma
lo sentiva vacillare alla violenza del vento, ciò nonostante allentò un
po' la presa, sapendo che non l'avrebbe comunque mai lasciato cadere.
“Non
voglio fare niente di brutto, Shin-chama, abbandonati a me, lasciati
andare!”
Shin
tremò, mentre restava in bilico nel vuoto, il corpo di Touma si staccò
sempre più dal suo, ma le loro mani restavano intrecciate:
“Non
aver paura, stringi le mie mani, come io stringo le tue, non devi aver
paura se... se uno di noi è con te!” La voce di Touma riusciva ad
essere tanto alta da sovrastare l'urlo del vento. “Non dovrai mai avere
paura se ci sarò io!”
Il
samurai dell'aria scrutava il viso dell'amico e fu lieto di scorgere un
brillare di lacrime diverso dai precedenti: quelle erano lacrime di
commozione, di gratitudine, forse di speranza. La successiva reazione
gli riscaldò il cuore ancora di più; Shin si abbandonò contro di lui,
senza tremare, con la calma che sapeva mostrare un tempo nei momenti in
cui erano insieme. Shin non disse nulla ma ogni suo gesto,
l'atteggiamento, parlavano: si stava affidando a lui con tutto se
stesso, si stava ponendo totalmente nelle sue mani ed era così
maledettamente da Shin... dallo Shin cui era avvezzo, che Touma se ne
sentì confortato.
Il
vento tacque, come per miracolo, in quel momento di unione profonda,
tanto che a Tenku bastò sussurrare, le labbra vicine all'orecchio del
compagno:
“Questo
è il mio Shin...”
Gli
risposero un lieve strofinarsi del naso di Suiko contro il suo petto ed
un sottile mugolio e Touma non poté fare a meno di ridacchiare con
dolcezza... Shin-chama... l'anziano dei Troopers... non lo si sarebbe
detto, assolutamente e in momenti come quello, addirittura, diventava
talmente poco credibile un tale ruolo da risultare paradossale.
Gli
passò una mano tra i capelli e non resistette: dovette posargli anche
un bacio sulla nuca, a suggello di tutto l'affetto di cui il suo cuore
traboccava.
“Io
l'ho sperimentato in passato, Shin-chama... di come la risposta a tutti
i nostri dubbi e paure, a tutto il nostro rifiuto della vita, sia
semplicemente l'abbandono... abbandonarsi ad essa... senza chiedersi
più nulla... può sembrare spaventoso, ma quando trovi il coraggio di
buttarti, allora vorresti urlare per la gioia che ti dà... è stato
l'abbandonarmi a voi che mi ha dato la possibilità di capirlo, sai?”
Il
viso di Shin si levò con un lieve fruscio e i suoi occhi erano così
belli adesso, erano... gli occhi di Shin? Era ancora possibile vederli
in tutto il loro splendore, specchi di quanto di più limpido e vero
potesse esistere?
“Un
salto nel vuoto... che però ti mette in contatto con le bellezze del
mondo...”
E
ad una folata improvvisa, che sembrava giunta come messaggera, i piedi
di Touma lasciarono la balaustra, le mani che restavano saldamente
intrecciate a quelle di Shin.
“Touma!”
Mentre
l'aria priva di appigli li catturava, lo strillo di Shin raggiunse le
sue orecchie e gli occhi che aveva momentaneamente chiusi si
riaprirono, in tempo, per vedere quelli dell'amico, per un attimo
enormi, poi serrati, in preda ad un'evidente ondata di panico.
“Non
aver paura, ci sono io pesciolino”.
Parole
carezzevoli scivolarono nell'orecchio di Shin e, nel frattempo, Touma
lo strinse fortissimo; intorno a loro si diffuse un vago senso di
avvolgente protezione, una sensazione ben nota, che anche Shin non poté
fare a meno di riconoscere. Infatti fece rispuntare i propri occhi che
aveva nascosto nel petto di Touma e si guardò un poco intorno
incuriosito. Il samurai dell'Etere sorrise; anche lui l'aveva
riconosciuto... e l'aveva voluto, consapevolmente, nonostante tutti i
tentativi fatti per dimenticare, per fuggire... fuggire dalle loro
stesse capacità, dai doni legati al loro ruolo di Troopers... doni o
condanne... ma in quel momento ne aveva bisogno, sentiva che era la
cosa giusta da fare.
La
bolla di energia richiamata dai suoi poteri li circondava, guscio
trasparente, meno consistente di un velo al tocco, appena visibile agli
occhi come una muraglia di vetro leggero lievemente tinto di blu e li
teneva sospesi nell'aria, al di sopra delle strade, dei tetti della
città, di quelle formichine immerse nel buio, piccole persone come loro
nella vastità del tutto.
Shin
non tremava più, i loro occhi si incontrarono... il suo Shin... gli
occhi grandissimi di un bambino ingenuo e fiducioso nella sua
curiosità... un po' dello Shin che aveva sempre conosciuto era tornato
presente in quegli occhi... non del tutto ma... era così bello
ritrovarlo.
“Perché,
Touma? Cosa...”
“Non
mi hai detto, prima, che vorresti volare?”
Le
ciglia di Suiko vibrarono, le palpebre si chiusero e si aprirono, le
labbra tremolarono come per dire qualcosa, ma non venne fuori nulla e
Touma ridacchiò di fronte a quell'espressione così... così da Shin...
nei suoi momenti più adorabili.
“Visto
che è facile? Basta volerlo... e lo possiamo fare...”
Un
sussulto delle spalle e il samurai del Torrente liberò un singhiozzo,
strinse le labbra, socchiuse gli occhi, poi distolse lo sguardo, mentre
scuoteva un poco il capo:
“Ma
questo è... è...”
Anche
Touma scosse il capo, sorrise:
“E'
ciò che abbiamo dentro... non lo dobbiamo a niente, se non a noi, che
ci siano le yoroi o meno... noi abbiamo il potere del cuore e questo
niente e nessuno potrà cancellarlo. Non è negativo, non questo.
Dobbiamo superare la paura che abbiamo di questi doni, perché in questo
modo è di noi stessi che abbiamo paura, non di ciò che non c'è più”.
Ci
credeva davvero?
In
quel momento sì. I dubbi sarebbero tornati, avrebbe ancora dovuto fare
i conti con i tormenti che dilaniavano l'animo a tutti loro, ma in quel
momento sì, credeva a quanto aveva detto, ci credeva per Shin, per
quella creatura meravigliosa, tanto emotiva e fragile, che aveva
bisogno di tornare a credere in qualcosa... di tornare a credere che i
loro cuori fossero ancora pieni di bellezza, che quei loro poteri erano
figli dell'amore e non della distruzione.
***
...spalancherò
il mio cuore che sia amicizia o amore
ti
potrai abbandonare...
***
Gli
posò due dita sotto al mento e glielo sollevò:
“Mi
fai vedere i tuoi occhi, pesciolino?”
Il
compagno non oppose resistenza e si lasciò guidare, ma mentre le sue
iridi brillavano di lacrime di commozione a stento trattenute chiese,
in un soffio:
“Perché?”
“Lo
sai che mi è sempre piaciuto guardarli”. Poi Touma ridacchiò appena e
aggiunse: “Anche quando ti prendo in giro”.
Accompagnò
le parole con un buffetto sul naso che si era arricciato in un piccolo
broncio.
“Bentornata
fochetta...”
Shin
sfuggì al suo tocco accentuando il suo broncio ed emettendo un lamento
di finta esasperazione... ma anche un sorriso gli sfuggì e Touma si
sentì trionfante. Lo sguardo di Shin ora puntava oltre la parete di
energia, ed era sognante... non perso nell'incubo ma su un sogno che lo
stava riconnettendo con la vita. Touma vide le sue labbra muoversi
appena e anche se il sussurro fu poco più di un soffio, ne intuì
l'essenza:
“E'...
così bello il mondo da quassù...”
Il
guerriero dell'aria si trovò a pensare quanto invece fosse bello il suo
compagno... ogni tanto gli capitava che simili pensieri lo
sfiorassero... quanto i suoi nakama gli sembrassero belli, tutti...
perché lo erano per lui, erano belli dentro di lui, era bello respirare
la loro essenza e percepire dentro di sé le loro preziose vite.
E
amava Shin... o per meglio dire... forse non sapeva dare un nome a ciò
che esattamente provava... non era amicizia... no... l'amicizia... un
legame saldo, uno tra i più preziosi quando è sincera, di sicuro...
eppure... il sentimento che gli faceva battere il cuore non era
amicizia... forse non era neanche amore...
Un
loro insieme?
No...
ancora sfuggiva l'essenza di ciò che lo legava a Shin... ed agli
altri... quelle parole sfioravano il significato senza centrarlo in
pieno... e neanche la parola famiglia era sufficiente...
Era
diverso in qualche modo da ciò che provava per Seiji ma al tempo stesso
simile...
Forse,
semplicemente, non esisteva la parola adatta... forse bastava accettare
che... era sentirsi una cosa sola con loro, era avere in sé parte del
loro cuore, perderne un frammento significava ammalarsi gravemente. Non
aveva probabilmente neanche senso porsi tante domande; erano una cosa
sola e tanto bastava: i ragazzi vivevano dentro di lui.
Forse
per questo gli venne tanto naturale compiere qualcosa che... non
sarebbe stata da lui... qualcosa nella quale non si sarebbe mai
riconosciuto... ma che con loro era così naturale... con loro ogni cosa
che faceva era naturale, quasi ovvia e scontata... e mai sbagliata se
permetteva che fosse quel legame a guidarlo.
Si
accostò di più a Shin, mise del tutto a contatto i loro corpi mentre
gli faceva ancora sollevare il viso e... posava le proprie labbra sulle
sue, senza pensarci, senza nessuna riflessione, senza complessi né
turbamenti morali, non ce n'era bisogno perché... erano tutti lì in
fondo, non era un bacio tra Touma e Shin, nessuno mancava in quel
bacio. Era forse per lo stesso motivo che, dopo alcuni istanti di
sorpresa rigidità, a Shin risultò così facile abbandonarsi e
accettarlo, Touma percepiva la sua gratitudine in ogni vibrazione delle
sue membra gentili, nella tenera risposta delle sue labbra morbide e
arrendevoli... nel sollevarsi delle sue mani che cercarono i suoi
fianchi per aggrapparsi ad essi, strette in pugni convulsi e disperati
nel loro bisogno di stringere, di abbracciare e di amare.
Alla
fine, continuarono a tenere gli occhi fissi l'uno in quelli dell'altro;
Shin probabilmente, com'era suo solito in quei momenti per lui
imbarazzanti, avrebbe voluto fuggire con lo sguardo, ma Touma
continuava a tenergli il volto e non gli permetteva di interrompere
l'incanto.
“Non
c'ero solo io in questo bacio, Shin... c'eravamo tutti... c'erano
Seiji, Ryo... e Shu...”
Una
lacrima sfuggì al controllo di Suiko e scivolò lungo la sua guancia.
“Lo
so...” mormorò con voce incrinata. “Li ho... li ho sentiti...”
Con
un pollice Touma asciugò la lacrima e gli diede un nuovo bacio, molto
più innocente, sulla nuca, quindi lasciò ricadere le mani e a quel
punto Shin, che ancora teneva i suoi fianchi, le dita aggrappate alla
felpa, rese ancora più energico l'abbraccio, lasciandosi letteralmente
cadere contro il compagno, che lo accolse avvolgendolo, accettando
volentieri di sostenere tutto il suo peso.
“Grazie
Touma... grazie...”
“Grazie
a te pesciolino... per essere ancora qui...”
Poi,
a voce ancora più bassa, forse neanche udibile dal ragazzo stretto a
lui, aggiunse, senza poter trattenere un moto di tristezza:
“E
resta... non andartene mai Shin... sii più forte della tua... della
nostra tristezza...”
***
...stringo
le tue mani tra le mie
ti
aspetto nel mio cuore
che
adesso fuori piove
e
si può respirare...
***
“Non
vorrei... più tornare...”
“Basta
volerlo... e lo possiamo rifare, ogni volta che vogliamo...”
Touma
cullava ancora Shin tra le proprie braccia, fingendo di ignorare il
sospiro che emise nell'udire le sue parole. Nonostante tutto, Shin non
riusciva a crederci fino in fondo, era così evidente... e Touma avrebbe
desiderato prolungare quegli istanti di sollievo il più possibile,
magari non farli finire mai.
Sapeva
che sarebbero dovuti rientrare prima o poi, che avrebbe dovuto lasciare
ancora Shin da solo in quel grande appartamento tra Ueno ed Akihabara,
smarrito tra le tante solitudini della giungla urbana, mai silenziosa,
mai isolata ma nella quale ci si poteva sentire più abbandonati e vuoti
che in mezzo ad un deserto. E Shin era abituato ad un altro mondo, la
realtà della Tokyo mai ferma, mai silenziosa, doveva sembrargli così
diversa e distante dalla sua Hagi, perla del sud in riva al mare, dove
il ritmo del quotidiano era ancora, almeno in parte, a misura umana, a
misura della vita e dell'anima.
Shin
non si era mai tirato indietro, era aperto al mondo e alle novità, il
suo carattere socievole lo trascinava, fiducioso, verso ogni
esperienza. Ma Shin amava la sua famiglia e il suo delizioso paese,
temeva la solitudine più di ogni altra cosa. E come si poteva non
temerla a Tokyo, che nella sua confusione alimentava il senso di
solitudine?
Senza
contare che, a Tokyo, Shin si era trovato distante da coloro cui in
realtà aveva tentato di avvicinarsi, più ancora di prima, perché la
distanza del cuore è tanto più terribile di quella fisica.
Touma
scosse un poco il capo, mentre affondava di più il viso nei suoi
capelli: la distanza del cuore non c'era, era illusoria... i loro cuori
non sarebbero mai stati divisi, il loro cuori erano uno, grazie a
questo avevano superato tante battaglie, grazie a questo avevano
sconfitto la Kikutei oscura... un unico cuore... che si era ammalato...
ma non frantumato... e solo la volontà comune avrebbe potuto guarirlo.
Erano
inginocchiati sul tappeto di energia ai loro piedi adesso, ma era come
se l'aria stessa li cullasse, in un lieve dondolio sopra i tetti di
Ueno e percepiva l'immobilità di Shin, quasi il ragazzo avesse il
timore che, solo muovendosi appena, avrebbe spezzato l'incanto.
Allora
fu Touma a muoversi, gli posò le mani sulle spalle e cercò di staccarlo
da sé, ma non si era aspettato la resistenza che il compagno oppose a
quel tentativo; Suiko strinse i pugni sul tessuto della sua felpa ed
affondò ancor più il viso nel suo petto, sembrava terrorizzato all'idea
di interrompere il contatto.
“Vuoi
proprio perderti lo spettacolo, pesciolino? Non lo trovavi bellissimo?”
Allora,
lentamente, il viso di Shin riemerse dal suo abbraccio e, cosa che
allargò non poco il cuore di Touma, stava sorridendo... il sorriso
sincero e buono di Shin, imbevuto di tristezza ma non meno vero... ed
era un sorriso.
Il
samurai dell'Etere non volle chiedersi se quella tristezza sarebbe
prima o poi scomparsa, non voleva chiedersi nulla, solo immergersi in
quegli istanti, vivere solo di presente, della bellezza di
quell'abbraccio, di quegli occhi e di quel sorriso.
“Sono...
diventato patetico... vero, Touchan?”
Sorrideva
sempre, anche se la voce uscì incrinata e Touma si trovò ad asciugare
nuove lacrime con le dita, mentre scuoteva il capo:
“Sei
solo una persona che ama troppo...”
Senza
dargli il tempo di replicare, Touma lo tenne per una mano, facendolo
alzare in piedi e riportandolo in prossimità della parete della sfera;
i loro sguardi vennero nuovamente calamitati dall'universo intorno e
sotto di loro. L'aria sembrava essersi fatta più leggera e dolce.
Le
loro mani restavano intrecciate e Touma percepiva chiaramente anche
l'intreccio dei loro cuori: era vero, non si erano mai separati,
semplicemente attendevano... di poter battere ancora tutti insieme...
di poter rendere ancora le loro pulsazioni un unico battito.
“Ci
stiamo... solo attendendo... sai Shin?”
Lo
disse quasi distrattamente, serio, lo sguardo fisso sulle luci sotto di
lui, ma avvertì gli occhi di Shin che si levavano a guardarlo
attentamente, così proseguì, senza mutare espressione:
“I
nostri cuori... non si sono mai separati... si stanno aspettando... e
non possono fare altro che ritrovarsi, non importa quanto tempo ci
vorrà, nostro destino è stare insieme, non può esistere altro futuro
per noi...”
Si
voltò di scatto, acchiappando anche l'altra mano di Shin, sollevandole
entrambe davanti a sé, ora guardava lui, puntò i propri occhi cobalto
in quelli smeraldini del compagno, con determinazione:
“Quindi
non ci provare, non lasciarti andare, non perderti, perché ci dobbiamo
ritrovare, ci ritroveremo tutti! Il mio cuore ti aspetta, quelli dei
ragazzi anche, dipende anche da te, dipende da tutti noi, Shin-chama,
non deluderci, non deludermi!”
Quegli
occhi così grandi, così vivi, gli occhi di Shin, colmi di gratitudine e
amore, tutto ciò di cui quel ragazzo speciale si nutriva da sempre,
tutto ciò che dentro di lui esisteva ancora ma che la tristezza
soffocava. Eppure Shin era lì, Shin non se ne sarebbe mai andato, non
li avrebbe mai lasciati. Ora Touma lo sapeva e si sentì sollevato, la
fiducia in lui era molto più forte della paura di perderlo, del terrore
di vederlo affogare in se stesso, in solitudine... perché la solitudine
sarebbe stata sconfitta, da tutti loro.
Una
fitta pioggerella aveva cominciato a cadere, non penetrava all'interno
della loro protezione, ma bastava il suo ticchettio perché lo sguardo
di Shin mutasse, ogni singola goccia sembrava riflettersi nella
trasparenza dei suoi occhi e Touma ringraziò mentalmente il cielo che
permetteva ai loro due elementi di fondersi nella bellezza del mondo.
Gli
occhi cobalto di Tenku si persero lontano, laddove un'ombra si
allungava, beffarda; strinse le labbra, la sfidò con lo sguardo:
“Vieni
pure... vincerò la paura... la vinceremo tutti... ti attraverseremo e
ci ritroveremo al di là, nella luce, insieme per sempre...”