Capitolo due: Suona per
me
Subaru si rigirò nel letto
infastidito dalla luce del sole che colava nella stanza
dall’ampio finestrone che si apriva sulla parete accanto, le
coperte gli si erano arrotolate attorno alle gambe, legandole e
impedendogli altri movimenti.
Anche quella notte non era riuscito a dormire: non che di solito gli
incubi allentassero la loro morsa su di lui lasciandolo riposare
tranquillamente, ma almeno qualche ora di sonno riusciva a farla. Da
quella sera, invece, non era più riuscito a liberarsi dal
pensiero di quella lettera e della persona che l’aveva
scritta.
Trascorreva le sue notti a cercare di capire chi fosse, per dissuaderlo
da quell’amore, convinto che sarebbe stato meglio per
entrambi. A volte, quando la notte si faceva più scura e la
mente poteva viaggiare più liberamente, convinta di non
poter essere scorta in quelle spesse tenebre, si era sorpreso a
immaginare il suo volto, dandogli i tratti di una persona fin troppo
nota per lui.
Scosse la testa, come per cacciare quel pensiero, e si stese supino,
nascondendo il volto con il braccio: quando quella guerra sarebbe
terminata, quella persona avrebbe avuto tutto il diritto di ricostruire
la propria vita dalle macerie, provare a essere felice magari, lui,
invece, avrebbe potuto donargli solo dolore e miseria,
nient’altro.
Il suono stridulo della sveglia ruppe improvvisamente il silenzio. Dopo
un lungo istante di immobilità, Subaru tolse il braccio dal
volto e, con un gesto stizzito, spense l’apparecchio.
Sbuffò infastidito e si sedette sul letto, passandosi le
mani sul volto stanco, prima di mettersi in piedi. Si girò
svogliatamente verso l’ampio finestrone al di fuori del quale
si srotolava uno sconfinato cielo azzurro e terso: il sole, appena
sorto, brillava incendiando i colori, facendoli sembrare più
forti e vivi, rendendoli simili a cristalli.
Lo spettacolo di quella placida mattinata primaverile sembrò
quietare appena l’animo tormentato di Subaru. Dopo essersi
dato una lavata veloce, indossò una maglia e un pantalone
nero ed uscì dalla stanza. Già mentre scendeva le
scale poteva sentire la risata alta e squillante di Sorata: in qualche
modo ammirava quel ragazzo così forte da non lasciarsi
abbattere mai, che sapeva sempre affrontare la vita a testa alta e con
il sorriso sulle labbra. Per quanto lo avesse desiderato, lui non
sarebbe più stato capace di farlo, ormai…
Si fermò un istante sulla soglia della piccola cucina,
osservando i quattro ragazzi scherzare allegramente tra loro, immersi
in una chiara familiarità e pace. In quel momento sembrava
che nessun dolore, nessun senso di colpa potesse colpirli e ferirli.
Kamui, accortosi di una nuova presenza nella stanza, sollevò
lo sguardo nella sua direzione, incrociando per un istante il viola
terso delle proprie iridi con il verde profondo dello sguardo di Subaru.
- Buongiorno!- lo accolse il ragazzo con un sorriso.
Un sorriso ampio, gentile, più luminoso della luce del sole
che splendeva al di fuori di quella stanza e che aveva illuminato
totalmente quel volto minuto e bellissimo.
Subaru per un istante si ritrovò a trattenere il fiato,
davanti lo spettacolo di quelle iridi viola, grandi e ingenue, limpide
e scintillanti come gemme. Era sempre così: quando
incrociava lo sguardo di Kamui, si sentiva sempre strappare, trascinare
via e naufragare. Non doveva fare una bella figura standosene
lì immobile sulla soglia a osservare stupito un ragazzino,
pensò mentre distoglieva a fatica lo sguardo
dall’altro ritrovando un minimo di presenza di spirito.
Ricambiò il saluto con un piccolo cenno del capo, per poi
fare un passo avanti ed entrare nella stanza. Si avvicinò al
ripiano della cucina, prendendo la caraffa del caffè e
versandosene una generosa quantità. Mentre portava la tazza
alle labbra, osservò i riflessi scuri del liquido che
ondeggiava pigramente contro il bordo di ceramica.
Da ragazzino non aveva mai amato il caffè: era troppo scuro,
troppo amaro, troppo forte per piacergli. Aveva imparato a berlo
perché era una delle bevande preferite di Seishiro e ne
faceva uso, come per le sigarette, per sentirsi un po’
più legato a lui.
Il liquido gli scivolò caldo tra le labbra, impregnando la
bocca e facendolo rabbrividire per quel sapore amaro: nonostante tutto
non era riuscito a farselo piacere fino in fondo, considerò
arricciando appena le labbra in una smorfia.
Mentre continuava a sorseggiare il caffè, si
appoggiò con il bacino al bordo del mobile, osservando tutto
da sopra il bordo della tazza. Ma gli occhi, sfuggendo al suo
controllo, tornarono a posarsi su Kamui, attardandosi a osservare la
sua figura sottile ed elegante seduta di spalle e notando per la prima
volta che indossava già la divisa scolastica: era stato
così ammaliato dai suoi occhi d’ametista che tutto
il resto era passato in secondo piano, come se non esistesse
nient’altro che essi. Una lontana eco familiare
iniziò a vibrare malinconica dentro di lui e, per un
instante, quel cuore che era stato prostrato ed annichilito dal dolore
poté illudersi di tornare a vivere, anche se solo per
qualche attimo.
- Kamui! Yuzuriha! Sbrigatevi a finire, altrimenti arriverete tardi a
scuola!- esclamò all’improvviso Sorata, battendo
le mani, e facendolo sobbalzare.
- Sì, papà!- rispose sarcastica Yuzuriha.
- Come osi, ragazzina?- ribatté fintamente indignato il
monaco, stando al gioco e facendo sorridere Kamui.
Gli era successo ancora! Realizzò Subaru sconvolto, mentre
osservava i due ragazzi terminare la colazione in fretta. Ancora in
piedi, con la tazza tra le mani, cercava di mantenere un po’
della sua caratteristica aria distaccata, nonostante dentro si sentisse
terrorizzato.
Subaru era spaventato da se stesso, da quei sentimenti che avrebbe
dovuto continuare a provare solo per Seishiro e che, invece, stava
scoprendo di iniziare a nutrire nei confronti di Kamui. Davanti quella
scoperta non sapeva cosa fare, come comportarsi: si era abbandonato a
quelle emozioni solo una volta nella sua vita e ne aveva pagato il
prezzo in dolore e sangue. Cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto
troncare tutto prima che degenerasse, oppure andare avanti come sempre,
continuando a far finta di nulla?
Con un movimento agile, Kamui si rimise in piedi e prese la cartella
appoggiata a terra contro il muro. Si volse incrociando ancora una
volta lo sguardo con quello di Subaru, per augurargli silenziosamente
di trascorrere una buona giornata, come faceva ormai ogni mattina,
rubando solo una manciata di secondi al tempo prima di uscire di casa.
Subaru bevve le ultime gocce di caffè, riponendo poi la
tazza nel lavabo. Si sentiva disperatamente confuso e solo, in quel
momento desiderò con tutto se stesso di avere ancora la
sorella accanto: Hokuto avrebbe saputo di certo come consigliarlo.
Era pomeriggio inoltrato quando Kamui rientrò alla villa. Il
tramonto illanguidiva la luce, dandole una sfumatura onirica che
allungava le ombre e faceva quasi brillare d’oro le cime
degli alberi e le finestre dell’edificio. Il cielo era
insanguinato dalla luce del sole morente, mentre lame ambrate
all’orizzonte tagliavano le nuvole di un morbido color
lavanda.
Il ragazzo aprì la porta ed entrò nel grande
atrio, trovandolo deserto. Provò a chiamare varie volte gli
altri Draghi ma nessuno rispose: probabilmente Yuzuriha non era ancora
tornata da scuola e gli altri dovevano aver approfittato di quella
splendida giornata di calma per fare un giro in città.
Entrò in cucina e prese un bicchiere di succo di frutta dal
frigo. Aveva la villa tutta per sé, considerò
mentre sorseggiava la bevanda, cosa avrebbe potuto fare?
L’indomani era sabato e non sarebbe andato a scuola, quindi
aveva tutto il tempo per fare i compiti. Portò nuovamente il
bicchiere alla labbra e si fermò improvvisamente, con il
vetro contro la pelle senza bere, mentre una strana nostalgia si faceva
largo dentro di lui: vuotò rapidamente il bicchiere e
altrettanto velocemente uscì dalla cucina e salì
le scale diretto in camera sua.
Entrò senza chiudersi la porta alle spalle, gettò
la cartella a casaccio nella stanza e si avvicinò
all’armadio. Con mani tremanti d’emozione
aprì le ante e scostò i vestiti che aveva
ammonticchiato sul fondo, svelando la presenza di una custodia di legno
scuro. La trasse fuori e la adagiò con estrema cura sulla
scrivania, fece scattare le chiusure laterali e, piano,
sollevò il coperchio. Sorrise dolcemente nel vedere il suo
violino adagiato sul morbido velluto rosso, così lucido che
la luce riusciva a strappare allo strumento riflessi dorati. Fece
scorrere la punta delle dita sul legno chiaro e liscio, come in una
reverenziale carezza, mentre ricordi lontani e dal sapore dolce-amaro
gli ritornavano alla mente.
Aveva iniziato a prendere lezioni solo per far contenta sua madre che
preferiva vederlo impegnato in quel modo piuttosto che saperlo
chissà dove ad azzuffarsi con chiunque avesse voluto fare a
pugni con lui. Da principio non aveva amato molto quello strumento
così difficile da suonare, ma quando aveva iniziato a
strappare melodie sempre più dolci e complesse alle sue
corde, si era immerso nello studio, abbandonandosi completamente alla
musica per quietare il suo animo tormentato e trascinarlo via in un
mondo perfetto fatto di pace e serenità. Spesso la sera sua
madre si sedeva accanto a lui e lo ascoltava esercitarsi mentre
ricamava e ogni volta un sorriso soddisfatto ed orgoglioso le
illuminava il viso.
Kamui prese lo strumento in mano, togliendolo dalla custodia e
sollevandolo fin quasi all’altezza del volto. Era da tanto
tempo che non suonava più, da quando aveva lasciato casa per
giungere a Tokyo e prendere il suo posto a capo dei Draghi del Cielo. E
improvvisamente sentì il bisogno di suonare ancora una volta.
Si assicurò che le corde fossero ben tese e prese
l’archetto dalla custodia, portò il violino sulla
spalla e vi poggiò il mento sopra. Attese un attimo con
l’archetto appoggiato alle corde, come se volesse prendere
tempo per ricordare come suonare, poi si lasciò andare ed il
suo corpo si mosse automaticamente.
Le dita di Kamui correvano agili sullo strumento, mentre la mano si
muoveva rapida e decisa per sfregare l’archetto sul violino.
Il ragazzo chiuse gli occhi per concentrarsi e seguire meglio le note,
ma nel buio della sua mente si delinearono subito due stupefacenti
occhi verde veleno che incantavano chiunque ne incrociasse incautamente
lo sguardo rendendolo immediatamente prigioniero. A quelle iridi fece
seguito a poco a poco un bellissimo volto dai lineamenti gentili, puro
come la neve, illuminato da uno di quei sorrisi che ormai si concedeva
raramente di fare.
Il volto della persona che amava.
Kamui sorrise mentre la musica assumeva sfumature dolci e nostalgiche,
abbandonandosi totalmente a quell’illusione.
La sua musica si sciolse nella camera, scivolando sinuosa oltre la
porta e vibrando per i corridoi vuoti della villa, riempiendo il
silenzio della sua melodia nostalgica e dolce, arrivando alle orecchie
di Subaru che, chiuso nella propria stanza e concentrato sulla
meditazione, non si era reso conto che ci fosse qualcun altro nella
casa.
Seduto a gambe incrociate sul materasso, l’uomo rimase un
attimo in ascolto di quella melodia. Chi poteva mai suonare in quel
modo così meraviglioso? Incuriosito, scese dal letto e
uscì dalla stanza: seguendo la musica di trovò
davanti alla camera di Kamui. Sorpreso, scostò appena il
battente della porta socchiusa e sbirciò
all’interno: lo spettacolo che gli si presentò lo
fece ammutolire.
Kamui era in piedi al centro della stanza, la luce che colava
all’interno dalla finestra alle sue spalle illuminava
totalmente la sua figura, rendendola etera e irreale, i capelli
danzavano attorno al volto mentre il corpo si muoveva sensualmente
seguendo le note, l’espressione era rilassata e serena, persa
nella musica, con un piccolo sorriso sulle labbra che gli dava
un’aria felice che mai aveva visto su di lui.
Semplicemente bellissimo!
In piedi sulla soglia della porta, mezzo nascosto dalla porta, Subaru
continuava a guardare Kamui suonare il violino, sentendosi come se
fosse piombato in un magnifico sogno. In quel momento niente aveva
importanza, niente riusciva a riempire i suoi sensi e ad attirare la
sua attenzione come quel ragazzo bellissimo e irreale davanti a lui.
Continuava a restare immobile, quasi avesse paura che qualsiasi
movimento avrebbe potuto infrangere quel momento, lasciandogli in bocca
il sapore amaro di un sogno terminato troppo presto.
L’archetto sfregò ancora sulle corde, mentre la
musica scemava di intensità fino a spegnersi in
un’unica nota vibrante di malinconia. Kamui rimase un istante
fermo con gli occhi chiusi e l’archetto sospeso a
mezz’aria e a Subaru sembrò che stesse recuperando
le forze dopo l’esecuzione appena conclusa.
Il ragazzo abbassò le braccia con un sospiro, allontanando
il violino da sé, e, lentamente, sollevò le
palpebre rivelando un paio di iridi viola accese, come se un fuoco
bruciasse dietro la loro superficie cristallina, e l’uomo si
sentì annegare nelle loro profondità.
Si sentì sommergere dall’attrazione che provava
verso Kamui, così improvvisa e fisica da atterrirlo e
costringerlo a fare un passo indietro. Ma si mosse incautamente, troppo
per uno sciamano del suo calibro, producendo un lieve rumore che
svelò la sua presenza.
Kamui si volse di scatto verso la porta ed i suoi occhi si spalancarono
per la sorpresa, diventando, se possibile ancora più grandi
quando lo riconobbe.
- Su… Subaru?- esclamò mentre un tenue rossore
gli colorava le guance.
Lo sciamano entrò nella stanza mentre un piccolo sorriso gli
schiudeva le labbra.
- Non volevo spaventarti. Ero in camera mia a meditare quando ho
sentito una musica meravigliosa e non ho resistito – e il
sorriso sulle sue labbra si ampliò – Suoneresti
ancora per me?- gli domandò.
L’imbarazzo si fece ancora più largo sul volto di
Kamui, tramutando, sulle guance scarne, il rosa in porpora. La sola
idea di suonare per Subaru, di avere i suoi occhi verdi che osservavano
attentamente ogni suo movimento ed espressione lo atterriva e lo
emozionava insieme, perché in quei momenti di abbandono si
snudava completamente, lasciando defluire all’esterno
sentimenti e sensazioni che custodiva gelosamente nel profondo di se
stesso e che mai avrebbe svelato.
- Ecco… io… non…- provò a
schernirsi, ma lo sguardo dello sciamano lo intrappolò
nuovamente.
- Suona per me, Kamui, ti prego!- e la sua voce risuonò
così dolce che il ragazzo comprese chiaramente che avrebbe
fatto qualunque cosa per essa.
Kamui osservò la luce insolita che aveva acceso lo sguardo
dello sciamano e, con un sospiro, si arrese. Portò il
violino sulla spalla e sollevò l’archetto, subito
una melodia ricca e veloce, vivace, così diversa da quella
nostalgica e dolce che aveva suonato poco prima, riempì la
stanza, rapendo via la sua coscienza, portandola in un luogo lontano in
cui quegli occhi verdi, sempre persi a rincorrere ricordi legati al
Sakurazukamori, avrebbero guardato solo lui. Non il Drago del Cielo che
avrebbe dovuto guidare tutti loro alla guerra, né il
ragazzino sperduto che aveva confortato e guidato fuori dalla prigione
della sua mente in cui si era rinchiuso per sfuggire
all’orrore. In quel luogo Subaru avrebbe guardato solo lui,
Kamui.
Seduto sul letto del ragazzo, lo sciamano ascoltava l’altro
suonare rapito da quella melodia perfetta che sembrava toccare corde
dentro di lui che nemmeno sapeva di possedere, stupito da quel lieve
odore di arancia che lo aveva piacevolmente avvolto quando aveva mosso
le lenzuola.
Era lo stesso delicato profumo che aveva impregnato la sua stanza al
suo ritorno e che da giorni lo tormentava. Kamui si era legato molto a
lui, era vero, ma possibile che l’autore di quella lettera
fosse proprio lui?
Fece scorrere lo sguardo sulla figura esile del ragazzo immerso
totalmente nella melodia che stava suonando, e avvertì un
misto di paura e speranza mescolarsi dentro di lui, per poi graffiargli
il petto con i suoi artigli incandescenti.
L’archetto sfregò più energicamente
sulle corde, strappando note più alte e decise, poi, rapido
com’era iniziato, il brano si interruppe e fu come se
l’incantesimo che aveva legato Subaru a Kamui in quei minuti
si fosse spezzato improvvisamente, lasciandolo libero.
Kamui sorrise felice mentre riapriva gli occhi, la guancia ancora
poggiata sul legno dello strumento e l’archetto sollevato
sopra la testa. Si sentiva vittorioso in quel momento, come se avesse
combattuto strenuamente contro uno dei Draghi della Terra e ne fosse
uscito vincitore. Per tutto il tempo dell’esecuzione aveva
sentito lo sguardo di Subaru su di sé ed essere riuscito a
suscitare il suo interesse era un considerevole successo per lui.
Poteva sentire il sapore della speranza impregnargli la bocca. Aveva
fatto un passo avanti verso quell’uomo sempre sfuggente,
anche se piccolo, e poteva illudersi che prima o poi sarebbe riuscito
ad attirare la sua attenzione su di sé una volta e per
sempre.
Il ragazzo spostò lo sguardo sullo sciamano e sorrise
imbarazzato della sua espressione sorpresa. Com’era bello il
verde di quegli occhi in quel momento!
Subaru, risvegliatosi dalle sue riflessioni quando l’altro
aveva smesso di suonare, sostenne lo sguardo di quelle iridi
d’ametista piantate nelle sue.
L’intensità di quegli occhi era tale che gli
sembrò nascondesse un sentimento più grande di
quello che gli aveva mostrato fino a quel momento. Avrebbe dovuto
affrontarlo, scoprire se era stato lui a introdursi nella sua stanza
lasciandogli quel regalo, chiedergli spiegazioni; ma non gli
sembrò il caso, non in quel momento in cui Kamui era
così sereno e felice dopo tante sofferenze patite. Si
liberò quindi dell’espressione stupita che aveva
avuto fino a quel momento e gli sorrise dolcemente.
- Sei bravissimo!- gli disse mentre si alzava dal letto.
- Non esagerare! Non sono questo granché!- rispose il
più piccolo con un sorriso timido mentre le sue guance
tornavano a tingersi di porpora.
- Non schernirti così: ho solo detto la verità!-
il sorriso sulle sue labbra si accentuò mentre
l’espressione del viso si addolciva ancora di più.
Kamui arrossì ancora di più, adorava vedere
quell’espressione sul volto di Subaru e nascose il proprio
sotto la lunga frangetta. Lo sciamano ridacchiò
dell’imbarazzo dell’altro: era così
dolce e ingenuo Kamui! Cercava di mostrarsi forte e imperscrutabile, a
volte era molto duro con gli altri e ancora di più con se
stesso, ma era solo una maschera per proteggersi dal mondo esterno. Lui
era così, forte e fragile al tempo stesso e gli faceva
tenerezza per questo! Per un istante Subaru si vide mentre allungava
una mano verso di lui e gli accarezzava una guancia. Istintivamente
indietreggiò di un passo, come per proteggersi da quel
ragazzo e dallo strano potere che aveva su di lui.
Doveva uscire da quella stanza. Immediatamente.
- Spero che suonerai ancora per me!- gli disse già sulla
soglia della stanza.
Kamui sollevò di scatto la testa verso di lui, sorpreso da
quella richiesta e, quando incrociò nuovamente gli occhi
verdi dell’uomo, avvertì la propria
volontà ridursi a zero dalla loro malia. Sussurrò
un assenso tra le labbra, ancora incantato dallo sguardo di Subaru. Lo
sciamano uscì dalla stanza e lui rimase a osservare la porta
vuota a lungo, come se potesse ricomparire da un momento
all’altro se lo avesse desiderato un po’
più intensamente.
Si girò, poi, verso la finestra sentendosi stupidamente
felice per aver avuto Subaru così vicino quel pomeriggio.