Capitolo quattro: Sospensione
Qualcosa lo stava accarezzando
delicatamente. Sentiva delle dita scivolare leggere e gentili sui suoi
tratti, ricalcandone ogni linea, prima di infilarsi tra i suoi capelli
e scorrere tra le ciocche.
Subaru si sentiva bene in quel momento. Era da tanto, troppo tempo che
non provava un simile senso di pace, di benessere. Quelle mani lo
toccavano con riguardo, come se fosse qualcosa di prezioso che si
sarebbe potuto rompere se l’avessero accarezzato con
più forza.
Non riusciva a ricordare di aver provato qualcosa di simile prima di
quel momento. Non riusciva a ricordare di aver mai provato qualcosa di
simile: era la prima volta che Seishiro lo trattava in quel modo dolce
e delicato, di solito restava sdraiato nella sua parte di letto a
fumare, come se l’amplesso appena concluso avesse soddisfatto
completamente il suo desiderio di avere un contatto con lui. E Subaru
aveva cercato di farsi bastare quelle poche attenzioni che riusciva a
carpire, ma doveva ammettere che farsi coccolare in quel modo era anche
meglio.
Rimase a lungo immobile, fingendo di dormire per poter continuare a
godere indisturbato di quelle premure, perché aveva la
strana, opprimente sensazione che quella bolla dorata in cui era
avvolto si sarebbe infranta in mille schegge acuminate se avesse aperto
gli occhi. Tuttavia voleva aprire gli occhi e cogliere a piene mani
quel momento di dolcezza più unico che raro del suo compagno.
Mentre un sorriso felice gli tendeva irresistibilmente le labbra,
Subaru socchiuse gli occhi, il desiderio di vedere il volto di Seishiro
che cresceva dentro di lui ogni istante di più.
Ma quando, nella luce del mattino, si delineò il viso di
Kamui, appena illuminato da un velo di porpora sulle guance, ogni
traccia di felicità sul suo viso evaporò.
Dov’era Seishiro? Perché Kamui era nel suo letto?
Cosa aveva fatto? Fece scorrere uno sguardo sempre più
sconcertato sul ragazzino disteso accanto a lui, chiaramente nudo sotto
le coperte che lo nascondevano fino ai fianchi. Incrociò lo
sguardo intimo che gli stava rivolgendo, il sorriso caldo che gli
schiudeva le labbra e le tante piccole macchie rossastre che ornavano
la sua pelle lattea, e intuì quell’inequivocabile
verità che aleggiava su di lui e che si rifiutava di vedere:
aveva passato la notte con Kamui, aveva fatto l’amore con lui
nonostante non fosse la persona che amava, approfittando meschinamente
del suo innamoramento e dell’adorazione sconfinata che il
ragazzo nutriva nei suoi confronti.
Si sentì male davanti quegli occhi che lo stavano guardando
mostrando per la prima volta tutto l’amore che provavano,
soprattutto perché in quel momento desiderava profondamente
di stare tra le braccia di Seishiro e non tra quelle di Kamui.
Notando la delusione che aveva invaso il volto di Subaru quando lo
aveva trovato accanto a sé, Kamui ritrasse la mano che
ancora teneva intrecciata ai capelli dell’altro, mentre
qualcosa si annodava dolorosamente dentro di lui. Fin dal primo istante
in cui si era abbandonato a quell’uomo, aveva in qualche modo
saputo che sarebbe finita così, ma non per questo faceva
meno male. Si era illuso, convincendosi di avere una speranza con lui,
e che in qualche modo la presa di Sakurazukamori sul suo cuore avesse
iniziato ad allentarsi. E ora scopriva, nel modo più atroce
possibile, che per lui non c’era alcun posto, che mai
c’era stato e mai ci sarebbe stato.
- Subaru?- bisbigliò incerto, sperando che la sua voce
risultasse abbastanza ferma.
Lo sciamano sembrò riscuotersi al suono della sua voce e per
la prima volta in quella mattina spostò lo sguardo su di
lui, il verde dei suoi occhi si rispecchiò nei suoi pieno di
sensi di colpa e rimorsi, togliendogli anche le ultime fragili speranze
che gli restavano.
- Kamui… io… non volevo…-
provò a spiegarsi, ma due dita sottili e tremanti premute
contro le sue labbra lo bloccarono.
- Non togliermi anche questa illusione, ti prego!- lo
implorò la voce tremula del ragazzo.
Quelle parole, pronunciate con quel tono rassegnato e spezzato, e il
viola scheggiato di lacrime di quegli occhi, colpirono Subaru con la
violenza di un pugno in pieno stomaco. Ancora disteso di fianco sul
letto, senza riuscire a parlare né a muoversi,
osservò Kamui rimettersi in piedi a fatica, trattenendo a
stento i lamenti provocati dai suoi muscoli doloranti, e raccogliere i
vestiti sparsi disordinatamente sul pavimento.
Con tutta la rapidità che gli concedeva il suo corpo
provato, il ragazzo si rivestì e uscì dalla
stanza senza rivolgergli nemmeno una parola.
Che si era aspettato? Cosa si era azzardato a desiderare in quel
momento?
Subaru osservò a lungo la porta chiusa, mentre un senso di
dolore e angoscia gli riempiva il corpo, mordendo e bruciandogli la
carne.
Con un pesante sospiro si sdraiò supino, chiudendo
immediatamente gli occhi per non dover guardare oltre quella maledetta
mattina. Solo allora si rese conto che la sua pelle, le lenzuola, tutto
in quella stanza era impregnato del delicato profumo di Kamui.
Cosa aveva fatto?
Urlò nella sua mente e batté un pugno rabbioso
sul materasso.
Rapidamente, Kamui percorse il corridoio fino alla propria camera,
ignorando le furiose proteste del suo corpo per lo sforzo a cui si
stava sottoponendo. Doveva allontanarsi il più possibile da
quella stanza per impedirsi di commettere una delle idiozie che gli
stavano affollando il cervello. Sperava ardentemente di non incontrare
nessuno dei suoi compagni per non dover dare alcuna spiegazione: era
certo che non sarebbe riuscito a far finta di nulla e a mentire in quel
momento.
Raggiunse la sua camera e si chiuse la porta alle spalle, addossandosi
contro il legno. Rimase immobile a fissare il vuoto
all’interno, fino a quando qualcosa non si spezzò
dentro di lui: un dolore sordo lo sommerse e gli occhi gli si
riempirono di lacrime brucianti. Si portò le mani sulla
testa, chinandosi in avanti come per nascondersi, scivolando con la
schiena lungo la superficie del battente fino a ritrovarsi seduto a
terra, con le gambe piegate contro il petto e la fronte poggiata contro
le ginocchia.
Non sapeva più cosa gli facesse più male, se il
corpo in cui sembravano essersi conficcati decine di aghi o il cuore
che si era accartocciato su se stesso.
Le lacrime scorrevano bollenti sulle guance scivolando via dalle
palpebre chiuse, come lame affilate che incidevano la carne. Kamui
digrignò i denti sotto le labbra aperte, nel tentativo di
bloccare all’interno della propria bocca quell’urlo
disperato che premeva contro i denti, ma che comunque vibrava sul fondo
della gola, simile al verso agonizzante di un animale sul punto di
morire. Le dita intrecciate ai capelli premevano sulla cute della nuca
mentre cercava di trattenersi il più possibile e il suo
torace esile era scosso pericolosamente da violenti singulti silenziosi.
Era possibile provare un dolore simile senza venirne spezzati?
Sentiva ancora sulla pelle la sensazioni delle mani e della bocca di
Subaru, del morbido languore che gli aveva sciolto i muscoli e le ossa
sotto i suoi tocchi delicati, resa ancora più straziante
dalla consapevolezza che non era lui quello che aveva baciato e
accarezzato. L’aveva amato con
un’intensità che toglieva il respiro e faceva
dolere il petto tanto era profonda e appassionata, che,
però, non era destinata a lui: era con Sakurazukamori che
Subaru aveva fatto l’amore, non con lui.
Perché lo sciamano doveva amare in quel modo
l’uomo che l’aveva tradito e aveva ucciso sua
sorella? Perché non poteva semplicemente odiarlo e passare
oltre come tutte le altre persone?
La stretta dei suoi denti si fece così serrata da farsi
sanguinare le gengive. La risposta a quelle domande la conosceva bene,
perché era incisa a fuoco anche sulla sua anima. Quando si
amava in quel modo totale che coinvolgeva mente, corpo e spirito non si
poteva più tornare indietro, nemmeno il tempo avrebbe mai
potuto cancellare il solco che Subaru aveva scavato quella notte dentro
di lui. Vivere in funzione di qualcuno per il quale non si è
niente era la peggiore condanna che un essere vivente avrebbe potuto
avere.
Il dolore, davanti a quelle immagini, divenne così violento
da divorare ogni cosa dentro di lui e Kamui sperò davvero
che qualcuno lo colpisse per farlo svenire, per non dover sopportare
ancora una simile agonia. E il suo corpo, sfinito e dolorante,
sembrò avere pietà di lui e della sua sofferenza:
lentamente il mondo scivolò via dai suoi sensi, lasciandolo
sprofondare in un sonno pesante e oscuro, privo di sogni.
A ogni passo che faceva, Subaru si sentiva sempre più male:
sentiva un peso premergli continuamente sul petto e quella sensazione
di soffocamento che provava ogni volta che Kamui era lontano, ora si
era trasformata in un vero e proprio nodo che gli aveva serrato
strettamente la gola.
I rapporti tra loro si erano irrimediabilmente guastati, trasformando
quell’affetto reciproco nella fredda cortesia di due estranei
ed era facile capire di chi fosse la colpa. Era come se un muro
invisibile si fosse innalzato tra loro e nessuno dei due fosse in grado
di valicarlo. Appena percepiva il suo arrivo, Kamui accampava stupide
scuse e scappava via, quasi non riuscisse a sopportare nemmeno la sua
presenza. La prima volta che era accaduto, Subaru aveva sentito
qualcosa contorcersi dentro di sé, prima di urlargli
disperatamente di rincorrerlo e fermarlo, ma si era sempre trattenuto
perché non sapeva cosa dirgli, le parole sembravano
congelate in gola.
Quegli occhi viola avevano smesso di seguirlo: non lo avvolgevano
più con la calda intensità del loro affetto e
quella mancanza era come un pugno gelido che serrava le sue viscere.
Ricordava ancora il brivido gelato che gli era scorso lungo la schiena
quando, per caso, era riuscito a incrociare il suo sguardo: quelle
iridi lavanda avevano perso la loro nitidezza e morbidezza, diventando
due lame acuminate e gelide che sembravano perforare e sezionare
l’anima, abissi inanimati e senza fondo in cui restare
eternamente prigionieri. Era stato terribile vedere quello sguardo sul
volto delicato di Kamui.
Per la prima volta da quella maledetta mattina si era domandato cosa
avesse fatto a quel ragazzo!
Il senso di colpa era devastante, come un tarlo che lo rodeva pian
piano, inesorabile, tormentandolo continuamente con il ricordo degli
occhi ametista pieni di lacrime e del suo sorriso tremante. Eppure non
riusciva a rinnegare quella notte: il suo corpo ricordava perfettamente
quello di Kamui. Ricordava la particolare sfumatura di viola che
avevano assunto i suoi occhi e la dolcezza delle sue labbra di rubino,
la morbidezza e il calore della sua pelle, i baci e le carezze incerte
come se avesse paura di toccarlo. Il suo profumo d’arancia
stranamente più intenso sulla gola, i suoi gemiti e i suoi
sospiri che si scioglievano incandescenti nell’aria prima di
colare su di lui come metallo arroventato, il movimento liquido e
sensuale di quel corpo esile che incontrava il suo…
… ricordava tutto quello e ogni volta lo desiderava di
più!
Si era scoperto a bramarlo con una fame quasi disperata e
ciò lo spaventava perché non era in grado di
comprendere l’estensione e la complessità del
sentimento che provava per Kamui. Ricordava che era stato facile capire
di essere innamorato di Seishiro: lui gli piaceva molto e i segnali tra
loro erano stati inequivocabili. Invece, se si fermava a studiare
ciò che provava per quel ragazzo, scorgeva solo una massa di
sentimenti confusi e ribollenti che sfuggivano completamente a
qualsiasi razionalità.
Scosse la testa esasperato da se stesso: aveva rifiutato Kamui
perché nonostante tutto amava ancora Seishiro, e allora
perché la sua assenza era diventato un vuoto gelido che lo
stava riempiendo un centimetro dopo l’altro?
Perché averlo vicino e dannatamente fuori portata gli faceva
così male? Perché le sue notti erano un
susseguirsi di sogni in cui riviveva ogni istante di quella in cui
aveva fatto l’amore con Kamui?
Era forse una punizione per il suo egoismo?
Non sapeva più come fare per sciogliere quel garbuglio di
emozioni che si era annodato dentro di lui. Non riusciva più
a capire cosa volesse e cosa no.
Fino a quando non aveva conosciuto Kamui tutto nella sua vita era stato
chiaro e semplice: inseguire Seishiro e dimostrargli di essere
diventato abbastanza forte da meritare di essere ucciso da lui. Non
desiderava altro, nemmeno vendicare sua sorella aveva più
senso arrivati al punto cui erano giunti i suoi sentimenti.
Poi aveva incrociato lo sguardo di Kamui e tutto il suo universo era
annegato in un oceano viola e tempestoso che aveva ribaltato la sua
esistenza e sconvolto tutte le sue certezze. Da quel momento in poi si
era sentito come se camminasse sul bordo di un precipizio, sempre in
bilico tra salvezza e dannazione.
Prese una sigaretta dal pacchetto poggiato sul comodino e la
portò alle labbra, la accese sperando che, come ogni altra
volta, riuscisse a calmarlo e a fare chiarezza con se stesso.
Inspirò una boccata di nicotina, chiudendo gli occhi e
lasciandosi andare all’illusorio senso di rilassamento che
sembrava stesse iniziando a serpeggiare lungo i suoi centri nervosi.
Mentre rimetteva a posto l’accendino e le sigarette, le sue
dita sfiorarono qualcosa di rigido che frusciò
impercettibilmente, abbassò lo sguardo e vide il foglio
della lettera di Kamui piegato a metà.
Lo osservò a lungo, mordendosi il labbro inferiore,
combattuto dal desiderio e dalla paura di leggerla, perché
temeva quelle emozioni che avrebbe provato nuovamente. Nonostante
l’indecisione, la sua mano si sollevò e prese la
lettera dal comodino. In piedi, davanti la finestra, osservò
per qualche istante la grana finissima della carta bianca che sembrava
animata da piccoli riflessi dorati sotto la luce, così
simile alla consistenza della pelle di Kamui sotto le sue dita, e, a
quel pensiero, un lampo gli trafisse violentemente le viscere.
Se non lo amava allora perché provava quella girandola di
emozioni al solo pensarlo? Si chiese, mentre apriva la lettera,
svelando la scrittura che correva in colonne ordinate da destra a
sinistra. Con la punta dell’indice accarezzò i
caratteri, provando la sensazione che il loro colore nero sul fondo
bianco della carta fosse come quel dolore senza fondo che aveva
intaccato l’animo candido di Kamui.
Piano lesse nuovamente quella breve dichiarazione d’amore,
assaporandola parola dopo parola e sentendola scorrere come miele caldo
nel suo petto, mentre il cuore aumentava sempre di più i
battiti. Ritrovò gli stessi sentimenti di quella prima volta
in cui l’aveva letta, delicati e fragili e tanto, tanto
tristi, e li sfogliò uno a uno riscoprendoli.
Mentre leggeva si sentiva come avvolto da una morbida coperta calda e
gli sembrò quasi che il tempo che per lui si era congelato
al momento dell’assassinio di sua sorella, riprendesse
faticosamente a scorrere.
La verità era davanti a lui come una fiammella che si
muoveva incerta investita dai venti del dubbio: avrebbe dovuto solo
sollevare le mani e afferrarla. E allora perché non lo
faceva? Cos’era che lo tratteneva ancora?
Era l’immagine di Seishiro a bloccarlo, erano quei sentimenti
che sentiva di provare ancora per lui a frenarlo, era la paura di
lasciarsi andare nuovamente a farlo arretrare.
Accettare quello che provava per Kamui avrebbe significato gettarsi il
passato alle spalle, voltare pagina e ricominciare daccapo, e lui non
era sicuro di essere pronto. Continuare a crogiolarsi
nell’amore che lo aveva legato a Seishiro era rassicurante,
perché gli consentiva di continuare a camminare per quella
strada che aveva imboccato anni prima e di cui conosceva
l’inizio e la fine, la cui unica conclusione era la morte per
mano della persona che diceva di amare. Prendere coscienza di quei
nuovi sentimenti gli avrebbe imposto di seguire una nuova strada,
insicura e friabile, di cui non riusciva a scorgere l’esito e
che non sapeva dove l’avrebbe condotto.
Sollevò lo sguardo davanti a sé e
incrociò il proprio riflesso sui vetri.
Aveva ventiquattro anni, era un uomo ormai, eppure continuava a
conservare le vecchie insicurezze, era sempre lo stesso ragazzino di
quando aveva quindici anni. In questo Kamui era molto più
maturo di lui. Si studiò a lungo, come se cercasse qualcosa
nei tratti del suo volto. Cos’era diventato a causa di
Seishiro? Una persona svuotata e disillusa, un vigliacco che scappava
da se stesso e faceva soffrire la persona a cui teneva maggiormente.
E quella consapevolezza, l’aver ammesso di tenere a Kamui, lo
colpì come una frustata.
Per un istante l’immagine del ragazzo nudo e bellissimo come
l’aveva visto quella mattina in cui era scappato da lui si
sovrappose a quella di Seishiro, accendendolo di quel desiderio che non
era mai riuscito a reprimere. Sollevò le mani, premendo i
palmi sulla superficie del vetro, come se avesse potuto in quel modo
bloccare quell’illusione.
Lo desiderava e su questo non poteva più mentire, ma
possibile che fosse solo una questione fisica? Chiuse gli occhi e
premette la fronte contro la finestra, stringendo i denti nel disperato
tentativo di capire. Nel buio della sua mente presero vita e sfilarono
decine di ricordi legati a momenti passati insieme a Kamui, alcuni
sereni altri dolorosi, ma sempre irrinunciabili. Li osservò
uno a uno, concentrandosi completamente su quella creatura unica e
meravigliosa, sulla sua delicata bellezza e sulle espressioni che
complesse si alternavano sul suo volto.
Fu allora che comprese.
Non era solo una questione di attrazione fisica che lo spingeva verso
di lui, ma c’era qualcos’altro di più
vasto e confuso, che gli faceva paura. Se avesse accettato quel
qualcosa tutto sarebbe andato a posto dentro di lui, lo sapeva, ma come
avrebbe potuto fare?
Una scossa improvvisa di terremoto lo fece cadere in ginocchio, subito
seguita da una strana vibrazione nell’aria. Subaru la
conosceva, era la sensazione empatica che collegava i Draghi del Cielo
avvertendoli quando veniva eretta una barriera. Si concentrò
per scoprire quale tra i Draghi l’avesse innalzata e con gli
occhi della mente vide Kamui ferito e sanguinante, inginocchiato e con
i palmi delle mani aperti e protesi davanti al viso.