La casa del sole


- Attento!- esclamò Stephen prendendo Connor al volo prima che potesse cadere.
Da quando erano scesi dall’auto quell’impiastro non aveva fatto altro che sbandare e cadere. La parte peggiore erano state le scale. Connor rideva ed ad ogni passo barcollava pericolosamente, rischiando continuamente di ruzzolare giù per le scale. Alla fine aveva dovuto caricarsi metà del suo peso addosso, facendosi passare un braccio attorno alle spalle e sorreggendolo per la vita. Un’intensa scarica di piacere che lo aveva attraversato quando aveva avvertito il calore di quel corpo sottile contro il proprio.
Come aveva potuto un contatto così banale come quello elettrizzarlo fino a quel punto?
Alla fine erano riusciti ad arrivare fortunosamente indenni davanti la porta del suo appartamento. Aveva poggiato Connor contro il muro, osservandolo mentre muoveva la testa da un lato all’altro e canticchiava una canzone ad occhi socchiusi, le braccia penzoloni lungo i fianchi e le ginocchia appena piegate.
Stephen scosse la testa esasperato: come aveva fatto a perdere la testa per un simile idiota ancora doveva capirlo!
Aprì la porta di casa e, tenendolo stretto per un braccio, lo trascinò all’interno. Non fece in tempo a richiudere il battente alle sue spalle che Connor perse l’equilibrio, indietreggiando di alcuni passi, prima che le gambe cedessero sotto il suo peso. Stephen prontamente gli passò le braccia attorno alla vita, reggendolo e facendogli poggiare la schiena contro il proprio torace. Dopo qualche istante di silenzio, Connor sollevò la testa e, fissandolo da sotto in su, iniziò a ridere divertito da quanto era appena accaduto.
Stephen digrignò i denti nel tentativo di mantenere il controllo.
- Rimettiti dritto!- ringhiò cercando di sollevarlo.
Dopo essere scivolato con i piedi alcune volte, puntellandosi maggiormente contro il torace del ragazzo più grande con la propria schiena, Connor riuscì a rimettersi dritto ed a voltarsi verso Stephen, innocentemente divertito dalla sua irritazione. Solo che dopo qualche istante le gambe gli cedettero nuovamente e lui, istintivamente, per non cadere, si aggrappò alle spalle dell’altro passandogli le braccia attorno al collo. I loro corpi erano schiacciati l’uno contro l’altro, mentre pochi centimetri separavano i loro volti; poteva sentire distintamente il respiro caldo di Connor scivolargli sulle labbra e le guance, portando con sé un forte odore di alcool. Stephen pregò anche in lingue che non sapeva di conoscere per poter riuscire a mantenere il proprio controllo. Era una situazione così eccitante ed al limite quella, che sarebbe stato fin troppo facile cedere ai sensi, averlo li, in quel momento, e perderlo la mattina dopo. Non poteva farlo. Non voleva farlo. Lui voleva che Connor fosse pienamente cosciente di accettarlo o respingerlo.
Poi qualcosa gli sfiorò il viso, si volse per vedere cosa fosse ed ogni parola gli morì in gola. Connor lo stava guardando con un’espressione così dolce da poter sciogliere ogni resistenza, un piccolo sorriso gli schiudeva le labbra evidenziato da quelle deliziose fossette sulle guance, mentre quegli occhi neri lo stavano guardando con incantato stupore. Aveva staccato la mano sinistra dalla sua spalla e gli stava ricalcando i tratti del volto con le punte delle dita, in un gesto delicato come se lo stesse accarezzando con una piuma.
Stephen si morse il labbro inferiore quando sentì il corpo dell’altro spingersi contro il proprio fino a modellarsi completamente su di esso. Il volto di Connor si era fatto così vicino che gli sarebbe bastato chinare appena la testa per poterlo finalmente baciare. La sua mano si era fermata nuovamente sulla propria guancia e gli stava accarezzando lo zigomo con il pollice, sembrava bruciargli la pelle con il suo calore.
- Bellissimo…- sussurrò Connor sulle sue labbra guardandolo negli occhi con un’intensità tale da incendiargli il sangue nelle vene.
Ognuna di quelle lettere si sciolse come metallo arroventato su di lui, aumentando la sua eccitazione fino a renderla incontrollabile.
No. No. No. NO!!
Non poteva fargli una cosa simile, non in quel momento in cui non poteva fargli nulla!
Chiuse gli occhi sperando che allontanando la visione del suo bellissimo volto così vicino avrebbe potuto riprendere il controllo. Respirò a fondo per qualche istante prima di risollevare le palpebre ed allontanarlo da sé.
La nota di delusione che vibrò sul fondo di quegli occhi neri lo fece vacillare per un istante. Ma lui deglutì nuovamente recuperando un altro po’ di lucidità, ripromettendosi che una volta sobrio gli avrebbe insegnato a non giocare con il fuoco.
Lo trascinò quasi di peso lungo il breve corridoio e gli ritornò in mente quel dettaglio che fino a quel momento aveva trascurato. Lui possedeva un solo letto e nessun divano. Ergo avrebbero dovuto dormire insieme. Un gemito frustrato gli vibrò in gola. Come avrebbe fatto a dormire accanto all’unica persona in tutto il mondo capace di sconvolgere i suoi sensi senza fare niente di particolare? Forse avrebbe fatto meglio a chiamare Abby e dirle di venirlo a prendere. Però l’idea di lasciarlo in quello stato da solo con lei non gli piaceva…
Fu Connor a decidere per entrambi. Appena vide il letto si liberò della presa di Stephen e si lasciò cadere sul materasso a peso morto.
- Letto!- sospirò soddisfatto muovendo sensualmente le anche per mettersi comodo.
Stephen incrociò le braccia al petto e strinse forte le mani a pugno contro il costato per trattenersi. Come faceva? Come riusciva ad essere così sensuale facendo dei movimenti così normali?
- Togliti quella roba di dosso prima di addormentarti!- lo rimproverò indicando lo spolverino e le scarpe che ancora indossava, sperando che la voce fosse abbastanza ferma.
Connor si sollevò sui gomiti e lo fissò per qualche istante senza capire.
- Giusto!- annuì alla fine ridendo.
Si mise a sedere sul materasso e si slacciò le scarpe da ginnastica lasciandole li dove cadevano, quindi si tolse lo spolverino nero che lanciò sul pavimento. Si fermò un attimo a fissare i propri vestiti con una buffa espressione indecisa, prima di assentire con un cenno deciso della testa come se avesse trovato un qualche accordo con la propria mente. Afferrò i bordi del golfino smanicato e lo sfilò con un movimento fluido, lanciandolo sopra lo spolverino. Quindi aveva iniziato a lottare con i bottoni nel tentativo di slacciarli, quando la camicia fu slacciata la lasciò ricadere lungo le braccia con un movimento delicato delle spalle e gettò anch’essa sul mucchio di vestiti.
Connor guardò la canottiera bianca che indossava e decise che andava bene. Si lasciò ricadere all’indietro, poggiando i piedi sulle lenzuola e piegando le ginocchia, portò le mani alla cintura slacciandola prima di sbottonare i propri pantaloni. Puntando i talloni fece leva per sollevare il bacino, con le dita agganciò il bordo dei jeans e li fece scivolare lungo le gambe lunghe e snelle, per poi lanciarli via.
Quindi si infilò sotto le coperte ed si voltò per cercare Stephen. Lo trovò poggiato con la schiena contro l’armadio, le braccia così strette contro il torace da provocargli dolore, la linea della mascella tesa e gli occhi sgranati.
- Non vieni anche tu?- gli chiese allegramente mentre spostava le lenzuola dall’altro lato per fargli posto.
Stephen aprì la bocca per dire qualcosa, ma nessun suono ne uscì. Sentiva ogni sua cellula urlare indignata, implorarlo di fare suo quel corpo che gli si stava offrendo in un modo così sfacciato. Si morse forte l’interno della guancia ed il dolore gli fece recuperare quel tanto di autocontrollo necessario a prendere gli abiti che usava per dormire e rinchiudersi in bagno.
Stephen aprì il rubinetto dell’acqua fredda ed infilò la testa sotto il getto. Doveva calmarsi. Doveva rallentare e sbollire, solo a mente fredda sarebbe riuscito a ragionare. Ma come si poteva calmare con quel Connor così sensuale sotto le coperte? Gemette ancora di insoddisfazione ed aumentò l’intensità del getto. Quando si sentì più calmo sollevò la testa ed osservò il proprio volto gocciolante e teso riflesso nello specchio. Doveva resistere e la mattina successiva quel piccolo provocatore lo avrebbe ripagato di quella notte infernale. Solo allora si decise ad uscire dal bagno. Si asciugò il volto ed indossò il pantalone nero di una vecchia tuta ed una t-shirt bianca bucherellata. Impugnò la maniglia ed inspirò prima di aprire la porta e rientrare nella stanza. Connor gli dava le spalle, giaceva immobile sul fianco sinistro; dal respiro profondo e regolare sembrava essersi addormentato. A piedi nudi si avvicinò al letto ed osservò il viso rilassato dal sonno del più piccolo. Evidentemente l’alcool aveva finalmente fatto effetto. Si distese supino, si coprì con il lenzuolo fino alle anche e chiuse gli occhi.
Dopo alcuni minuti di immobilità e silenzio, avvertì il corpo sottile e caldo di Connor poggiarsi contro il proprio fianco, la sua gamba scivolare tra le proprie, incastrandole, sfregando con il ginocchio, in un gesto fintamente casuale, il suo sesso già eccitato e scivolando lungo il polpaccio con le dita del piede. Un braccio del ragazzo gli circondò il torace per poggiare la mano sulla sua spalla sinistra. Le sue labbra stamparono un bacio tanto leggero quanto incandescente sulla pelle del suo collo, facendolo rabbrividire violentemente.
- Ti amo Stephen!- bisbigliò Connor, accarezzandogli l’orecchio con il suo respiro caldo ed umido.
Per poi muoversi contro il fianco di Stephen portando una metà del suo corpo su quell’altro, strofinandosi su di lui con una cocente carezza, mentre le sue labbra avevano iniziato a percorrere la sua guancia e la sua mandibola con tanti bacetti e morsi. Stephen artigliò le lenzuola, imponendosi di stare fermo, di non fare nulla, ripetendosi nella mente che era ubriaco, che non sapeva cosa stesse facendo in quel momento.
Girò la testa verso di lui ed il volto dell’altro era vicino al proprio, troppo. Connor gli accarezzò il naso con il proprio, in un gesto gentile e delicato, quasi infantile, dannatamente erotico, con quelle labbra sempre troppo vicine alle sue e sempre fuori portata.
Lottando contro se stesso, Stephen lo allontanò, fissandolo in quelle iridi d’ossidiana, ansimando per lo sforzo a cui si stava sottoponendo.
- Smettila sei ubriaco!- sbottò sperando di apparire severo.
- Perché non vuoi credermi?- protestò Connor imbronciandosi.
- Sei ubriaco!- ripeté sentendo la sua volontà sbriciolarsi, sperando di convincere se stesso e, soprattutto, l’altro.
- Ti amo! – insistette Connor cocciutamente – Perché sei sempre sicuro e deciso. Perché nonostante il tuo caratteraccio sai essere molto gentile, ed io adoro quando ti preoccupi per me. E poi sei tanto, tanto sexy, sai? – si fermò un istante ed il suo sguardo si fece triste – E’ perché ti piace Abby che non vuoi che ti baci?- .
Come poteva sperare di resistere davanti quella confessione sconclusionata? Come poteva resistere davanti quel musetto triste?
Sospirò sapendo di avere già partita persa contro di lui.
Spingendolo per la nuca, spostò Connor verso di sé mentre lui, nel contempo, sollevava la testa per poter baciarlo. Un bacio lento, dolce, umido, con cui cercò di trasmettergli quello che provava per lui e che, sapeva, non sarebbe riuscito ad esprimere a parole.
Quando avvertì i polmoni in fiamme e che il suo corpo stava cominciando a reagire, si allontanò da quelle labbra poggiando la propria fronte contro quella dell’altro.
- Hai capito?- un sussurro caldo che si sciolse sulle labbra del più piccolo.
Connor parve riflettere un attimo, per poi annuire con un cenno convinto della testa mentre sul suo volto esplodeva un sorriso che illuminò i suoi occhi. Stephen sorrise sghembo: adorava quando sorrideva in quel modo.
- Un altro!- chiese Connor avvicinando il proprio volto a quello del più grande per cercarne le labbra.
Stephen dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per girare la testa.
- Domani!- disse tra i denti.
- No! Ora!- protestò infantilmente ancora Connor cercando di riavvicinarsi.
Il più grande gli fermò il volto con la mano e, mettendo duramente alla prova il proprio traballante autocontrollo, gli carezzò le labbra con un bacio veloce.
- Domani mattina te ne darò quanti ne vuoi, ma adesso prova a dormire un po’.- gli promise guardandolo negli occhi.
Connor sembrò soddisfatto da quell’assicurazione perché gli sorrise ancora prima di poggiargli la testa sulla spalla e circondargli la vita con un braccio, chiudendo subito gli occhi, come un bambino a cui i genitori avevano promesso che l’indomani l’avrebbero portato al Luna Park se avesse fatto il bravo. Stephen sorrise dolcemente poggiando la guancia contro la fronte di Connor, aumentando appena la stretta del braccio con cui gli stava abbracciando le spalle.
Era bello addormentarsi così.