La casa del
sole
Connor si svegliò a causa di una lama di
luce che lo aveva colpito al volto. Mugugnò infastidito,
sistemandosi meglio sul fianco e portandosi il lenzuolo leggero che lo
copriva fin sopra la testa. C’era troppa luce li e proveniva
dalla parte sbagliata, considerò confusamente. Sentiva la
bocca felpata ed impastata dall’acido di tutto quello che
aveva bevuto. Un leggero odore di menta gli solleticava piacevolmente
le narici. Sentiva le braccia indolenzite per la posizione e le stese
aspettandosi di trovare il solito vuoto, invece furono accolte da una
superficie orizzontale e morbida, rivestita di stoffa fresca e liscia.
Perplesso allungò le gambe che riuscirono a stendersi in
tutta la loro lunghezza senza incontrare l’ostacolo del
bracciolo. Allora sollevò le palpebre e, dopo essere stato
abbagliato per un istante da un mare di luce bianca, riuscì
a distinguere un cuscino accanto al proprio ed un mucchio di lenzuola
arruffate. Quello non era il divano di Abby sul quale dormiva da un
mese, era un letto vero quello!
Provò a sollevare la testa per scoprire dove fosse, ma
un’ondata di nausea lo sommerse strizzando e rivoltando le
sue viscere, mentre un’emicrania gli esplose violenta nel
cervello, impedendogli ogni movimento.
- A quanto pare la scorsa notte hai esagerato, eh?!- lo
canzonò la voce ironica e fuori campo di Stephen.
- Non urlare, ti prego!- guaì Connor premendosi due dita
sulla tempia.
Gli sembrava che qualcuno avesse iniziato a suonare un tamburo da
guerra al centro del suo cervello, mentre una mandria di cavalli
imbizzarriti correva da un lato al lato del suo stomaco, scalciando ed
impennandosi. Per un istante gli parve anche di scorgere il maestro
Yoda che scuoteva rassegnato il suo testone verde.
Poi, finalmente, realizzò chi avesse
parlato e scattò a sedere, ma proprio in quel momento il suo
stomaco decise di eseguire una spettacolare capriola ed una sapore
acidulo gli risalì fino alla bocca facendogli storcere le
labbra in una smorfia disgustata e sofferente.
- Se devi vomitare il bagno è quello!- lo informò
la voce severa di Stephen indicandogli la porta bianca che si apriva
sulla parete di fronte al letto.
Tenendosi la testa con entrambe le mani, Connor sollevò lo
sguardo su Stephen, trovandolo in piedi accanto al letto con una tazza
di ceramica bianca in mano. Perché era con lui invece che
con quel ragazzo che aveva incontrato la sera prima?
- Dove sono?- Chiese a fatica cercando di guardarsi intorno.
- A casa mia! – gli rispose il più grande con un
tono ovvio – Ho avvertito io Abby che sei qui con me, era
molto preoccupata per te!- e gli porse la tazza con il caffè.
Connor annuì mentre prendeva la tazza dalle sue mani e la
portava alle labbra, mandando giù un piccolo sorso di quel
liquido amaro e caldo che stranamente sapeva di birra. Cercò
di ricordare cosa fosse accaduto la notte precedente, ma ad un certo
punto tutto iniziava a sfumare. Dopo aver lasciato che i tecnici del
Ministero portassero via il cadavere di Tom, aveva vagabondato un
po’ per la città cercando di convincersi che le
parole del professor Cutter erano vere e che stava facendo la cosa
giusta a continuare ad indagare sulle anomalie. Alla fine, verso sera,
aveva deciso di andare a ‘La casa del Sole’ per
annegare il dolore ed il senso di colpa che lo stavano soffocando in
una buona pinta di birra. Non aveva fatto in tempo a sedersi che quel
tipo di cui non ricordava nemmeno il nome si era accomodato accanto a
lui ed aveva iniziato a corteggiarlo sempre più
spudoratamente. Lui aveva deciso stare al gioco, di lasciarsi andare,
anche se per lui sarebbe stata la prima volta, sperando che una notte
di sano sesso non gli avrebbe permesso di pensare a nulla…
Peccato che dal quinto boccale non ricordasse più nulla e
che non sapesse come Stephen lo avesse trovato. Sbirciò il
volto severo dell’amico da sopra il bordo della tazza
sperando che non gli facesse troppo domande. Sospirò e
poggiò i polsi sulle gambe che aveva incrociato sul
materasso.
- Ieri ho incontrato un amico. Abbiamo iniziato a chiacchierare ed
abbiamo perso la cognizione del tempo, così…-
provò a giustificarsi.
Stephen si accigliò davanti quella risposta.
- Ma davvero? Magari un amico grande e grosso che ti guardava come se
fossi qualcosa da mangiare e che non ti ha detto nemmeno come si
chiama, eh?!- sputò con tono fintamente casuale.
Connor sussultò come se lo avessero frustato. Stephen
sapeva, aveva scoperto tutto. Abbassò la testa per non
leggero quello che c’era in quel momento nei suoi bellissimi
occhi azzurri, ed arrossì fino alle orecchie rendendosi
conto per la prima volta che indossava soltanto la biancheria intima.
- Ma cosa…?!- e sollevò lo sguardo di scatto
verso l’altro in cerca di una spiegazione, mentre decine di
immagini roventi si riversavano confusamente nella sua mente.
Stephen lo osservò severo per qualche secondo, prima che un
un’espressione maliziosa gli accendesse lo sguardo.
- Tranquillo, non ti ho fatto nulla! – e con un movimento
sinuoso si sedette sulla sponda del letto, di fronte a lui – Non
ancora, almeno!- aggiunse con un sorriso osceno.
Se possibile Connor arrossì ancora di più, non
tanto per quello che aveva detto, quanto per il tono
che aveva usato, così denso e caldo, più carico
di promesse di un intero discorso. Cercò di distogliere lo
sguardo, ma il più grande, prevenendolo, gli prese il mento
tra il pollice e l’indice, bloccandogli la testa. Per un
istante troppo lungo le iridi azzurre di Stephen scandagliarono il suo
volto alla ricerca di chissà cosa, mentre con il pollice gli
accarezzava il labbro inferiore.
Solo alla fine di quell’attento esame, Stephen si decise ad
annullare la distanza tra loro ed a cercare la sua bocca con la
propria. La mano con cui lo teneva fermo scivolò dietro la
sua nuca per spingerlo sempre più contro di sé.
L’altra si infilò sotto le lenzuola che ancora
coprivano Connor, accarezzandogli una gamba mentre con il polso
scostava la stoffa, scoprendolo.
Connor sorpreso non reagì subito, ma, quando il calore di
quel corpo e di quella bocca sciolsero le sue resistenze,
portò le proprie mani sul volto dell’altro,
cercandolo con una passione uguale se non superiore. Se quello era veramente
baciare allora lui non lo aveva mai fatto: le poche esperienze che
aveva avute se paragonate a quello, sembravano quei bacetti innocenti
che si scambiano i bimbi.
Totalmente coinvolto nel gioco delle loro lingue, si lasciò
stendere supino, mentre Stephen si portava su di lui, abbracciandogli
forte le spalle per non permettergli di allontanare da sé.
Stephen scese a baciargli il mento e Connor inclinò la testa
all’indietro in un sensuale invito, per poi ridisegnare la
linea della sua mascella con la punta della lingua, strappandogli un
sospiro più pesante.
Stephen accarezzò il torace di Connor da sopra la stoffa,
facendolo rabbrividire e gemere, mentre con la punta del naso scivolava
lungo la sua gola, respirando quanto più possibile
l’odore di vaniglia di quella pelle. Il più
piccolo inarcò la schiena cercando un contatto maggiore con
quelle mani grandi e calde, sollevando le anche strofinò
involontariamente il proprio bacino contro quello dell’altro.
Stephen sospirò sulla pelle umida di baci della sua gola,
poggiando la fronte contro la sua spalla. Sollevata appena la testa
poggiò la sua bocca sull’orecchio di Connor,
mordendone il lobo e lambendone la conchiglia. Il più
giovane gemette più forte per poi nascondere il proprio
volto contro il collo dell’altro: non capiva
perché, ma non riusciva a controllare le reazioni del
proprio corpo, e questo lo metteva decisamente a disagio. Stephen
sorrise divertito sentendo il calore della pelle delle sue guance
attraverso la stoffa della maglia.
- Che succede, non dirmi che ti vergogni? La scorsa notte non mi
sembravi così timido!- lo prese bonariamente in giro,
parlando direttamente nel suo orecchio.
La stretta sulle sue spalle si fece più forte mentre Connor
tentava di soffocare il gemito che gli era nato sulle labbra quando
quel respiro umido e caldo gli aveva accarezzato l’orecchio
prima di infiltrarsi al suo interno e raggiungere il cervello per farlo
vibrare impazzito. Solo dopo recepì le parole che aveva
pronunciato Stephen ed allontanò la propria faccia dal suo
nascondiglio per poter sbirciare il volto dell’altro.
- Che… che ho fatto?- gli chiese quasi spaventato.
Il sorriso divertito di Stephen si trasformò in un ghigno
rapace.
- Mi hai provocato per tutto il tempo, mi hai quasi fatto impazzire!
– bisbigliò provocante al suo orecchio –
Se gli effetti sono quelli, credo che ti farò ubriacare
più spesso!- rise felino allontanandosi per osservare
l’espressione sul volto dell’altro.
Connor dilatò gli occhi, boccheggiando alla ricerca di
qualcosa di sensato da dire. L’espressione di Stephen si
addolcì: come avrebbe fatto a non divorarlo in un sol
boccone con quell’espressione da cucciolo smarrito che aveva?
Spinse il volto in avanti, annullando la distanza tra loro e catturando
la sua bocca con la propria. Connor sotto la promessa di quel corpo
caldo e la dolcezza di quelle labbra, accantonò in qualche
angolo della sua mente l’imbarazzo: era quello che
desiderava, che aveva sempre desiderato.
- Sei troppo vestito per quel che mi riguarda!- scherzò
Stephen infilando le mani sotto il bordo della sua canottiera.
- Spogliami tu!- sospirò morbidamente Connor inarcando la
schiena e sollevando le braccia sopra la testa, abbandonandole tra le
lenzuola sfatte.
Stephen deglutì a vuoto mentre un velo nero calava sui suoi
occhi oscurandogli per un istante la vista. Mai, mai si era ritrovato
in un simile stato pietoso per così poco. Quel miscuglio
letale di candida ingenuità e sfrontata
sensualità che stava mostrando Connor lo stava portando
letteralmente al limite.
Con gesti che tradivano tutta la sua urgenza, Stephen lo
svestì dei pochi indumenti che indossava e si concesse un
istante per osservare quel corpo nudo abbandonato sotto di
sé tra le lenzuola. La pelle candida e vellutata che si
confondeva con il biancore delle coltri, che ne lambivano il corpo come
soffici sbuffi di panna. Le membra affusolate ed eleganti, dalla
muscolatura snella ma compatta, come quelle di un grosso felino. Le
uniche cose che risaltavano erano il nero dei capelli sparsi tra le
lenzuola e di quelle iridi nere che sembrava volersi fondere con
l’azzurro dei suoi occhi, ed il rosso sangue di quelle labbra
gonfie di baci appena schiuse contro il respiro affannato.
Così bello da divorare la ragione e spezzare qualsiasi
volontà.
- Anche tu sei troppo vestito!- gli fece notare Connor.
Con un sorriso sensuale Stephen si sollevò sulle ginocchia e
portò le mani al bordo della sua t-shirt, iniziando a
sollevarla, improvvisando un lento spogliarello a beneficio di Connor,
compiacendosi degli sguardi sempre più intensi che il
più piccolo faceva scorrere su ogni centimetro della pelle
che denudava.
- Volevo farlo io!- protestò Connor appena fu completamente
nudo.
Stephen scosse la testa divertito prima che si allungasse verso il
comodino accanto al letto, tendendo e mettendo in mostra la muscolatura
allenata del suo dorso e delle sue braccia. Tirò fuori da un
cassetto un barattolo di plastica opaca e riportò la sua
attenzione su Connor, che aveva seguito incuriosito ed attento ogni suo
gesto.
- La prossima volta!- gli promise mentre si distendeva su di lui,
facendo combaciare ogni più piccola parte del proprio corpo
con quello del più piccolo.
Connor gemette forte sentendo la pelle di Stephen stendersi calda e
morbida sulla sua, avvolgerlo completamente come una coperta. Era
così strano sentirlo in quel modo, con
ogni centimetro del proprio corpo e della propria mente. Poteva sentire
ogni rientranza e rilievo del suo corpo, i suoi muscoli perfettamente
delineati, il respiro che contraeva e rilassava il suo torace, il
battito furioso del sangue nelle vene. Agendo di puro istinto gli
abbrancò il bacino con le gambe e le spalle con le braccia,
stringendolo forte a sé, fino a quando si sentì
impregnato da quell’odore fresco di menta che lo aveva
cullato per tutta la notte il suo sonno.
Connor gemette lascivamente quando Stephen iniziò a
frizionare il suo corpo con il proprio torace ed il proprio bacino,
succhiandogli la pelle sensibile dietro il suo orecchio.
Le dita imbrattate di lubrificate di Stephen scivolarono lungo la
schiena inarcata di Connor, ricalcando con il dorso della mano la curva
delicata della sua spina dorsale, prima di scorrere tra i glutei.
Connor era così perso nel gioco di sensi in cui aveva
coinvolto i loro corpi, che riuscì ad entrare nel suo corpo
senza strappargli alcun lamento. Muoveva le dita sfilandole e
reinserendole, ruotandole ed allargandole, strappando gemiti e sospiri
a quelle labbra che non avevano riposo.
Connor si contorceva, cercando un contatto maggiore con quelle dita,
toccando il corpo di Stephen con lunghe, bollenti carezze pelle contro
pelle, facendolo ansimare sempre più pesantemente.
Quando ritenne che fosse pronto, Stephen sfilò le dita dal
suo corpo, guadagnandosi un sospiro contrariato dall’amante
che lo fece sorridere.
- Connor! – lo chiamò serio tra gli affanni
– Adesso devi cercare di rilassarti, più sarai
teso più ti farà male. Mi hai capito?- .
Il più piccolo lo fissò per qualche istante con
un’espressione vacua, come se non riuscisse a capirlo, per
poi annuire con un cenno della testa. Stephen iniziò a
penetrarlo mentre cercava di distrarlo con un bacio. Lo sentiva
tendersi e contrarsi tra le sue braccia, soffiare tra i denti quando il
dolore diventata troppo forte per poi inghiottire grossi bocconi
d’aria quando questo iniziava ad allentare la sua presa su di
lui. Carezzava ogni centimetro della sua pelle che riusciva a
raggiungere e baciare quelle labbra tese nella speranza di distrarlo.
Lentamente iniziò ad avvertire quel corpo cedere attorno a
lui. Connor sollevò le palpebre bruciandogli la pelle e
l’anima con il nero liquido ed incandescente dei suoi occhi
e, rispondendo ai bisogni del proprio corpo, sollevò il
bacino e ruotò le anche nella speranza di convincere
l’altro ad iniziare a muoversi.
Stephen quasi urlò a causa di quel movimento. Prese alcune
ampie boccate d’aria prima di iniziare a muoversi in lui.
Ogni sua spinta era accompagnata dalle mani di Connor che accarezzavano
le sue spalle, la sua schiena, fino ai fianchi ed alle natiche,
facendolo inarcare e sospirare per quei leggeri brividi che gli
sciabordavano fin dentro le ossa.
Tutti i suoi sensi erano aggrediti da Connor. Non esisteva
null’altro oltre il corpo bollente di Connor che stringeva il
proprio e la sua voce che ripeteva il proprio nome come una sensuale
litania. Niente, nemmeno il tempo aveva importanza, in quel momento
esistevano solo loro due stesi su quel letto.
Connor aveva la fronte appoggiata contro la spalla sudata di Stephen e
si aggrappava a lui con la forza delle sue mani e delle sue gambe.
Stephen lo stringeva contro di sé, sollevandolo appena dal
materasso, per poterlo avere sempre più a fondo,
strappandogli urla sempre più alte.
La loro corsa verso l’apice culminò, avvolgendoli
in un piacere intenso ed ammaliante.
Dopo rimasero stretti in quell’abbraccio che li aveva uniti
per tutto il tempo dell’amplesso, ancora immersi in quel
morbido nulla infranto solo dal ritmo furioso dei loro cuori e dei loro
respiri. Stephen cingeva i fianchi del più giovane con le
braccia, poggiando la testa sul suo petto e riposando, mentre Connor,
abbandonato nel senso di spossatezza che lo aveva colto, carezzava ad
occhi chiusi ed in silenzio la pelle sudata del suo amante.
Stephen, dopo alcuni minuti, si issò sulle braccia e si
stese accanto a Connor, voltando la testa per osservarlo: i capelli
sparsi disordinatamente attorno alla testa, gli occhi chiusi ed le
labbra schiuse contro il respiro ancora troppo veloce.
- Tutto bene?- gli chiese accarezzandogli la guancia con il dorso delle
dita.
Connor schiuse le palpebre e si volse verso di lui, il nero dei suoi
occhi era liquido ed intenso.
- È… – e deglutì a vuoto
come per forzare il nodo che gli impediva di parlare –
… è stato devastante!- esclamò
genuinamente sorpreso.
Stephen lo fissò con le sopracciglia inarcate per un istante
prima di scoppiare a ridere: aveva reagito esattamente come si era
aspettato.
- Ehi! Che hai da ridere?- gli chiese Connor indispettito sollevandosi
sul gomito e colpendolo con uno schiaffo scherzoso sulla spalla.
Stephen, dopo essersi calmato, si volse verso di lui ed un lampo
divertito illuminò l’azzurro liquido dei suoi
occhi. Connor non ebbe il tempo di comprendere che si sentì
strattonare per il polso e crollò sul petto
dell’altro. Subito le braccia del più grande gli
strinsero forte la vita per impedirgli di allontanarsi.
- È che sei così dolcemente ingenuo…-
soffiò sulle sue labbra con un sorriso sghembo.
Perché lo stava fissando con quello sguardo così
intenso? Connor si sentiva nudo in una maniere
molto più intima dell’essere disteso in un letto
con lui senza vestiti, e, imbarazzato, nascose la testa contro il suo
collo, facendo sorridere l’altro. Era di quello che stava
parlando. Di quel candore abbagliante che riusciva a fargli perdere
completamente la testa e che lo attraeva come una falena verso la
fiamma. Sperò davvero che non cambiasse mai.
Incorniciandogli il volto con entrambe le mani lo costrinse a
guardarlo, portando il suo viso contro il proprio, assaporando ogni
attimo di quella breve attesa, prima che la propria bocca ritornasse su
quella dell’altro. Sentiva quelle labbra vellutate e dolci
modellarsi sulle sue, combaciare perfettamente, come se fossero state
create unicamente per quello.
Quando dovette allontanarsi per respirare, Connor poggiò la
testa sul suo torace, trovandolo ampio, caldo, comodo. Con un sospiro
soddisfatto chiuse gli occhi lasciandosi cullare da quella sensazione
di benessere che provava.
L’ultima cosa che avvertì prima di addormentarsi
furono le braccia di Stephen che si chiudevano attorno a lui per
stringerlo maggiormente a sé.