Note: Oh, finalmente sono riuscita a ritornare con una fic su Primeval. Mi mancavano questi due tesssorii *__* Ho preso un po’ di tempo per scrivere questa fic, nonostante l’idea mi ronzasse da un po’ in testa, perché non sapevo come buttarla giù di preciso. Poi mi sono messa al computer, con un bel sottofondo musicale, e la storia man mano ha iniziato a prendere forma ^__^ C’è voluto un buon lavoro di limatura, ma spero che vi piaccia come è piaciuta a me scriverla ^O^
Ringraziamenti: Ringrazio Myriam Malfoy: Ti ringrazio per aver letto entrambe le fic che ho scritto su Primeval, me molto molto contenta ^O^ e ti ringrazio anche per il commento (me arrossita ^//^) Anch’io detesto Abby ed Helen Cutter: la prima è una “so tutto io!” che tratta sempre Connor come un deficiente, l’altra è vissssidaaaa!! Ma come ha fatto Stephen a finire con lei? >__< Spero comunque che anche questa fic ti piaccia come le altre ^^ Un ringraziamento speciale va alla mia kohai Ichigo che mi ha gentilmente fatto da beta e che, quindi, ha avuto la santa pazienza di correggere questa shot ^^’’ Non so davvero come ringraziarti ^O^ Come anche ti ringrazio per aver letto ‘La casa del sole’ ed aver lasciato un commentino ^^’’’ e sono contentissima che ti sia piaciuta, nonostante non conoscessi né il telefilm né i protagonisti (inchino ^^). Ringrazio bels90 e vampira che hanno inserito "La casa del sole" tra i preferiti e tutti coloro che hanno anche solo letto le due fic precedenti (inchino) me molto contenta ^O^
Adesso però vi lascio alla lettura, un bacio enorme ed alla prossima gente \-__^/

Lucchetto

Abby, con le braccia incrociate al petto, stava osservando con sospetto Connor che saltellava attorno al professor Cutter nel vano tentativo di farsi consegnare un’arma. In quell’ultimo periodo era più esagitato e fuori di testa del solito e questo significava solo guai. Per lei.
- Strano…- borbottò soprappensiero, assottigliando lo sguardo.
- Cosa?- le chiese Stephen che, alle sue spalle, stava chiudendo il vano del pick-up.
- Connor! – rispose voltandosi verso di lui – Ultimamente sembra strano…- e storse le labbra in una smorfia dubbiosa.
Stephen inarcò entrambe le sopracciglia perplesso, mentre caricava il fucile sulle sue spalle.
- Abby non so se te ne sei accorta, ma Connor è strano!- rise sarcastico.
- Beh, più strano del solito! – insistette lei. – Si sta comportando in modo troppo eccentrico anche per lui: ha sempre la testa tra le nuvole, spesso l’ho trovato a ridere da solo e poi riceve strane telefonate - concluse con un tono indagatore.
- Strane telefonate?- stranamente Stephen sembrava molto divertito da quella conversazione.
- Sì. Appena squilla il suo cellulare lui si precipita a rispondere e poi, se è chi stava aspettando, si rinchiude in bagno. Quando gli chiedo chi era lui inizia a balbettare frasi senza senso e non mi risponde. Non l'aveva mai fatto prima! Quando chiamavano i suoi amici ero costretta a sentire le loro bestialità per tutta casa!- e spalancò le braccia come per rafforzare la sua preoccupazione.
Stephen sollevò pigramente lo sguardo verso il cielo nuvoloso, come se stesse riflettendo su quanto le aveva appena detto l’amica. Un po’ gli dispiaceva prenderla in giro così, ma non poteva fare altrimenti… Quella era una cosa che riguardava solo lui e Connor, apparteneva soltanto a loro.
- Magari ha solo trovato una ragazza…- ipotizzò, poi, mentre uno strano sorriso gli schiudeva le labbra.
Abby lo fissò come se non avesse nemmeno considerato una simile eventualità. Connor aveva davvero trovato una ragazza disposta ad uscire con lui? Una piccola risata le grattò la gola al solo pensiero.
- Vorrei proprio conoscere la ragazza che ha il coraggio di stare con un tipo come Connor!- esclamò mentre cercava di immaginarla.
Uno strano lampo attraversò le iridi azzurre del ragazzo, prima che Cutter facesse loro segno di andare. Il tempo che impiegarono a raggiungere gli altri, Stephen lo utilizzò per studiare Connor. Ancora non riusciva a comprendere come le persone non fossero capaci di andare oltre il suo aspetto di adolescente stralunato, come non sapessero scorgere il ragazzo dolce, ingenuo e pasticcione che si nascondeva sotto la maschera da buffone che indossava quotidianamente. Ma almeno quella situazione gli consentiva di poterlo avere tutto per sé, senza doversi preoccupare di eventuali spasimanti e, quindi, senza dover fare continuamente i conti con la gelosia. Per esperienza personale sapeva che le persone potevano tradire chi affermavano di amare, che l’amore poteva mutare, sfiorire, che bastava volgere lo sguardo altrove perché qualcun altro prendesse il proprio posto nel cuore della persona amata. Anche lui aveva tradito qualcuno senza pensarci due volte, perché credeva di amarla ed era sceso a qualunque compromesso per poterla stringere tra le braccia; ma ora che sapeva cosa volesse dire amare davvero comprendeva quanto labile fosse stato quel sentimento che aveva provato, cosa fosse veramente sentire una persona come il centro esatto del proprio mondo e temere a ogni passo di perderla. Anche se non gliel’aveva mai detto, Stephen era davvero innamorato di Connor e il possesso che sentiva nei suoi confronti era qualcosa di così potente da destabilizzarlo, da annebbiargli la mente e compromettere tutte le sue capacità di ragionamento, rendendolo consapevole di poter commettere qualsiasi cosa pur di averlo accanto a sé.
Connor sollevò la testa incrociando lo sguardo di Stephen e gli sorrise. Un crampo strinse violentemente le viscere del ragazzo più grande: voleva baciare quelle labbra, assaggiare quel sorriso per scoprire se fosse dolce come appariva, come ricordava. Si limitò invece a sfiorarlo con la spalla mentre gli passava accanto, sentendo i suoi centri nervosi sfrigolare per quella fugace carezza, rimandando ogni pensiero che riguardava loro due a dopo, quando avrebbero concluso quella missione e sarebbero stati finalmente soli.
Era possibile desiderare una persona sempre più, come se il fuoco che alimentava quel sentimento non scemasse mai d’intensità, ma divampasse, invece, a ogni minimo contatto, ogni secondo di più, sempre più inarrestabile, bruciando completamente il suo corpo?
Stephen non lo sapeva, non conosceva la risposta a quella domanda, sapeva solo che mai aveva provato qualcosa di simile, nemmeno per Helen. Era come se tutto il proprio corpo e la propria mente si fossero concentrati esclusivamente su Connor, come se trovando lui avesse trovato il fine ultimo della sua esistenza, la pentola d’oro ai piedi dell’arcobaleno. E, di conseguenza, voleva che l’attenzione del più piccolo fosse tutta su di sé, che amasse solo lui. Un sentimento simile faceva paura, pensò puntando il fucile davanti a sé, perché, nonostante il loro amore fosse così giovane, era già troppo vasto e pesante.
Premette leggermente il grilletto e la deflagrazione per un attimo coprì il rumore dei suoi pensieri.
Eppure non aveva mai desiderato nient’altro intensamente!
Stephen ripose l’ultimo fucile nella rastrelliera applicata sul fondo del pick-up e li ricoprì con il telone blu, che fissò poi ai ganci metallici con i legacci. L’anomalia si era richiusa senza produrre troppi disastri, sospirò mentre chiudeva lo sportello del rimorchio. Velocemente aggirò l’auto e si sedette al posto di guida; infilò la chiave nel quadro, ma prima di mettere in moto spostò lo sguardo sul sedile del passeggero e sorrise: Connor stava dormendo profondamente con la testa piegata sulla spalla e il volto girato verso di lui. Alcune ciocche di capelli gli erano scivolate sul viso e le labbra erano schiuse contro il respiro calmo e profondo.
Stephen aveva visto dormire Connor parecchie volte, ma si stupiva sempre dell’alone di quiete che ostentava il suo volto rilassato, così in contrasto con l’esuberanza che mostrava da sveglio.
Come attratto da un’irresistibile forza magnetica, Stephen si sporse fino a toccare il volto di Connor con il proprio. Rimase immobile per un lungo istante, inspirando profondamente il suo odore d’arancia, prima di annullare definitivamente la distanza tra loro. Sfregò la guancia contro quella del fidanzato, sospirando appena quando avvertì la serica consistenza della sua pelle contro la propria: spostando, poi, la testa di lato appoggiò la fronte contro il suo collo, ricoprendogli di baci leggeri la gola. Con gli occhi chiusi e la bocca piena del suo sapore dolce, immaginò che il compagno si svegliasse per quelle carezze esplicite, che lo guardasse con i suoi occhi neri grandi e ingenui, per poi abbandonarsi a lui con il suo caratteristico morbido languore, lì, in quella scomoda macchina, dimenticando tutto il resto del mondo.
Nemmeno quando frequentava ancora Helen Cutter si era ritrovato in quella situazione di costante desiderio! Aveva sempre in mente Connor, le sue labbra dolci, il suo corpo candido e la morbidezza della sua pelle: il desiderio di lui gli scorreva costantemente come fuoco liquido nelle vene, mentre quell’odore d’arancio gli impregnava i polmoni stordendolo…
… Come riusciva a resistere e a stargli lontano?
Sfiorando la sua pelle con le labbra, risalì lungo il collo e la mandibola, fino ad arrivare alle labbra di Connor. Quelle labbra appena schiuse contro il respiro calmo sembravano chiamarlo in un tacito invito. Stava per baciarlo, quando il suono di un clacson risuonò all’improvviso alle sue spalle, facendolo sussultare.
Si volse di scatto, ancora mezzo intontito dalle emozioni che avevano sconvolto i suoi sensi per quella vicinanza con il proprio compagno addormentato, ritrovandosi davanti il pick-up del professore. Nick Cutter si sporse dal finestrino, scrutandolo incuriosito, mentre Abby cercava di sbirciare da sopra le spalle del professore con un’espressione sospettosa in volto.
- Qualche problema?- gli chiese il docente con un ghigno divertito.
Stephen dovette deglutire un paio di volte prima di riuscire a ritrovare un po’ di quella presenza di spirito che, parecchie volte, lo aveva salvato dall’essere scoperto dopo che era uscito dal letto di Helen.
- Connor si è addormentato!- cercò di giustificarsi.
Cutter sollevò un sopracciglio perplesso, prima di rispondere.
- Allora noi andiamo avanti, ci vediamo in facoltà!- e gli strizzò l’occhio con irriverente complicità, prima di ritornare nell’abitacolo e rimettere in moto il veicolo.
Nick Cutter sapeva qualcosa di loro, realizzò Stephen mentre osservava l’altro pick-up allontanarsi accompagnato da una grossa nuvola di polvere. Per un istante pensò che fosse stato Connor a dirglielo, ma sapeva quanto quel ragazzo fosse ingenuo su certi argomenti e, onestamente, non ce lo vedeva a parlare col proprio professore di quello che facevano sotto le coperte…
Riportò lo sguardo sul fidanzato e, osservando la sua espressione pacifica, si disse che non gli importava nulla se gli altri sapevano o no. Anzi, quella sensazione solleticava il suo lato più possessivo, perché chiarire che Connor era già impegnato, avrebbe tenuto alla larga eventuali spasimanti.
Un inquietante ghigno malizioso gli schiuse le labbra mentre un’idea, sempre più seducente, si faceva largo nella mente.

Qualcosa di morbido e appena umido gli stava piacevolmente toccando il volto. La coscienza di Connor si stiracchiò pigramente, irresistibilmente attratta da quelle attenzioni, prima di riemergere con calma dall’oblio del sonno.
Quando il ragazzo riuscì infine ad aprire gli occhi, la prima cosa che vide fu una zazzera di capelli color cannella che gli solleticavano il viso. Gli ci volle qualche istante per comprendere che qualcuno gli stava baciando la gola e che quel qualcuno era Stephen.
- Ciao!- miagolò, sollevando le mani e intrecciando le dita ai suoi corti capelli sulla nuca.
Stephen tracciandogli una lunga striscia umida sulla gola, prima di sollevare il volto e portarlo all’altezza di quello dell’altro. Lo scrutò a lungo, compiacendosi della sua espressione serena, addolcita da quel sorriso felice e dalle fossette che lo caratterizzavano.
- Ben sveglio!- ridacchiò il ragazzo più grande, prima di baciarlo.
Stephen era puntellato con una mano sullo schienale accanto alla testa del compagno e l’altra sul sedile tra le sue gambe schiuse, per mantenere l’equilibrio e non gravargli sul fisico esile. Connor, nonostante fosse ancora assonnato, gli circondò le spalle con le braccia e se lo tirò addosso.
Erano nel parcheggio della facoltà e avrebbero già dovuto essere nello studio del professore, ma, in quel momento, l’unica cosa importante per Stephen era Connor, piacevolmente abbandonato sotto di lui, che rispondeva al suo bacio con la solita, candida passionalità. Sembravano esistere soltanto loro in quel momento, tutto il resto del mondo era stato cancellato dalle loro menti. Era incredibile l’effetto che aveva su di lui anche solo baciare quel ragazzo! Considerò irrazionalmente il più grande. Ogni volta si sentiva strappare dal suo corpo per poi ritrovarsi a fluttuare in un indefinito nulla dorato, dove l’unica cosa reale erano le labbra e le mani di Connor che assaltavano i suoi sensi.
Stephen si allontanò da lui, ritrovandosi nuovamente immerso nelle iridi nere e liquide del compagno, che parevano guardare solo e soltanto lui. Sollevò la mano e tracciò in punta di dita il contorno del volto di Connor, sorridendo quando questi emise un verso compiaciuto simile al ronfare di un gatto. Quel ragazzo aveva qualcosa di felino che gli faceva perdere completamente il controllo!
Stephen si chinò nuovamente sulle labbra del compagno che, così rosse e umide, schiuse contro il respiro appena affrettato, sembravano attrarlo come il canto ipnotico di una sirena. Sapeva che non sarebbero potuti andare oltre qualche carezza un po’ più spinta, ma il suo corpo non sembrava volere dargli retta: le mani si erano insinuate sotto il bordo della camicia di Connor, iniziando a esplorare tutta la pelle che riusciva a raggiungere, beandosi della sua morbidezza e del suo calore, facendo gemere e sospirare il corpo sotto di lui.
Connor, stuzzicato da quelle dita che gli scivolavano leggere e fresche sulla pelle, ansimava e si inarcava, invitando inconsapevolmente il compagno a continuare, a spingersi fino in fondo, a prenderlo lì in quello scomodo pick-up. Le mani di Connor scorrevano sulla schiena del compagno, tastando e accarezzando tutta la pelle che riuscivano a raggiungere, beandosi della compattezza di quel corpo perfetto.
Con un gesto impaziente Stephen gli scostò lo scollo della maglietta, baciandone e mordendone la pelle, fermandosi di tanto in tanto per bearsi dei versi che Connor emetteva: sarebbe potuto venire solo ascoltandoli! Erano suoni deliziosi, che si miscelavano sensualmente a parole sconnesse e sospiri smozzicati che avevano un effetto devastante su di lui. Stephen non aveva mai ascoltato nulla di più sensuale! Una melodia divina che avrebbe continuato a udire ancora, ancora e ancora, mai sazio di quei suoni che stavano riempiendo lo stretto abitacolo, strisciando negli angoli, continuando a risuonare, eccitandolo sempre di più. Stephen avrebbe continuato a tormentare quel corpo solo per poter udire quei versi rotolare dalle labbra rosse di Connor, per poi sciogliersi infuocati su di lui.
Risalendo lungo la linea della gola e della mascella, coprendole con piccoli e rapidi baci, allontanandosi e lasciandosi rincorrere per un attimo da quelle del compagno, prima di ritornare sulla sua bocca morbida. Connor sollevava la testa, inseguendolo, per strappargli un contatto più soddisfacente di quei bacetti che bruciavano come fuoco sulle sue labbra, baciandolo sul mento, sugli angoli della bocca, provocandolo, in questo modo, fino a quando l’altro non gli bloccò la testa tra i palmi delle mani, per poi baciarlo con tutta la passione che provava in quel momento.
Il rimbombo di alcuni passi nel vuoto del garage si infiltrò nella bolla dorata che aveva avvolto i due amanti, infrangendola e riportandoli bruscamente alla realtà. In fretta si allontanarono l’uno dall’altro, continuando, però, a mantenere un contatto visivo, come se una forza invisibile e irresistibile avesse legato i loro occhi e nessuno dei due riuscisse a staccare lo sguardo incredulo da quello ugualmente stupito dell’altro.
Quando furono certi che nessuno stava dirigendosi nella loro direzione, Stephen avvicinò il proprio volto a quello del fidanzato, poggiando la fronte sulla sua, le labbra così vicine da respirare l’uno il fiato dell’altro, le loro mani intrecciate e le dita che continuavano ad accarezzarne la pelle dei dorsi. Stephen socchiuse gli occhi e, per un lungo istante, si godette quella vicinanza: sembrava che in quel momento non esistesse null’altro che il ragazzino che stringeva tra le braccia, il suo odore, il suo calore, la sua presenza avevano monopolizzato tutti i suoi sensi e annullato il resto delle sue percezioni.
- È meglio andare…- disse il più grande a fatica, dopo aver riacquistato un minimo di lucidità.
Connor annuì di malavoglia, attardandosi ancora un attimo sulle labbra del compagno, prima di scivolare via dalle presa che l’altro aveva ancora sul suo volto. In quel momento non aveva alcuna voglia di uscire da quell’auto: avrebbe dato di tutto per poter dilatare quell’attimo all’infinito e restare ancora con Stephen. Era insensato da parte sua, lo sapeva, ma Connor aveva paura. Quando si svegliava da solo nel suo letto, provava sempre la sensazione che tutto fosse stato frutto della sua immaginazione, che niente di tutto quello che si erano detti e che avevano fatto fosse reale. Solo quando Stephen era accanto a lui e lo stringeva tra le braccia si sentiva sicuro di non aver sognato.
Connor osservò il compagno uscire dall’abitacolo e precederlo nell’ampio atrio del parcheggio. Lo seguì per un po’, in silenzio, sentendo a ogni passo una profonda urgenza montare dentro di lui.
- Stephen!- lo richiamò di puro istinto.
Atterrito, il ragazzo ascoltò l’eco della sua voce rimbalzare nell’oscurità, prima di affievolirsi e spegnersi. Connor si morse il labbro inferiore indeciso su cosa fare: dopo aver sbrigato le solite formalità con il professor Cutter, entrambi sarebbero stati liberi fino all’indomani e avrebbe tanto voluto chiedergli di passare la serata insieme, ma la voce sembrava non volere uscire dalla gola. Nutriva verso l’altro ancora un certo irrazionale timore di sbagliare, di sentirsi rifiutare. Stephen si volse e lo guardò con un’espressione interrogativa.
- Niente!- rispose alla fine il più giovane, con un sorriso tirato e scuotendo la testa.
Stephen rispose con un’alzata di spalle, prima di voltarsi e riprendere a camminare. Solo quando fu certo che nessuno potesse vederlo, l’uomo lasciò scivolare un sorriso languido sulle labbra: Connor era così ingenuo che gli si leggeva in viso tutto ciò che provava, ma la cosa più bella era scoprire che lo stesso desiderio che provava lui, animava anche quelle iridi nere e senza fondo. Il pensiero di quella pelle alabastrina, di quelle labbra cremisi e di quel corpo flessuoso, aveva il potere di accedergli completamente i sensi, rinfocolando dentro di lui quel moto di possesso che provava nei confronti di quel ragazzino.
Si morse il labbro cercando di controllare quel violento desiderio del proprio compagno che aveva già iniziato a scorrergli nelle vene insieme al sangue, e poi prese la sua decisione.
Connor stava salendo l’ultima rampa di scale che conducevano alla mensa, quando il cellulare gli vibrò nella tasca dei pantaloni. Lo prese trovando un messaggio: “Stasera a casa mia, solito orario!” e sorrise divertito davanti quel messaggio ruvido e scarno, così tipico del suo compagno, mentre un calore zuccherino gli colava nel petto, facendogli tremare appena le membra di sottile anticipazione al pensiero di poter passare tutta la notte con lui.

In ritardo come al suo solito, Connor bussò alla porta dell’appartamento di Stephen: aveva passato il pomeriggio a scrivere una tesina per un esame che avrebbe dovuto sostenere a breve e aveva perso la cognizione del tempo. Il professore sembrava averlo preso di mira per chissà quale motivo, forse solo per il suo carattere un po’ eccentrico, e quindi avrebbe dovuto impegnarsi il doppio rispetto alla norma. Non che per uno con il suo quoziente intellettivo fosse un problema, ma le tesine non si scrivevano certo da sole!
Non ebbe tempo di bussare una seconda volta, che il compagno aprì la porta di scatto, fulminandolo con l’acciaio dei suoi occhi. Il più piccolo deglutì a vuoto sotto quello sguardo seccato.
- E… ecco… s… scusa se ho… ho tardato, ma c’era traffico. U… un autobus si è rovesciato e…- si affrettò a mettere insieme una scusa plausibile.
Stephen inarcò elegantemente un sopracciglio perplesso ed esasperato.
- Entra, Connor!- sospirò scostandosi dalla porta.
Il ragazzo sorrise contento di essere scampato all’ennesimo paternale, e trotterellò nell’appartamento senza, però, notare il ghigno rapace che aveva chiuso le labbra dell’altro.
Stephen lo osservò attentamente mentre si liberava di guanti, cappello e cappotto che abbandonò, poi, sull’attaccapanni. Fece scorrere lo sguardo sulla sua figura sottile, sentendo l’eccitazione iniziare a fluire dentro di lui per l’aspettativa.
- Vai a farti una doccia, io intanto preparo!- disse, mentre si avvicinava e la sua voce suonò bassa e roca.
- Davvero?- domandò il più giovane, sollevando uno sguardo sorpreso e grato su di lui.
Stephen sorrise, mentre gli avvolgeva la vita con un braccio e se lo stringeva contro.
- Sembri molto stanco! – spiegò, ridisegnandogli i tratti del volto con la punta dell’indice – Hai bisogno di rilassarti un po’!- e gli baciò la punta del naso.
- Grazie!- gli rispose Connor con un sussurro basso che colò bollente su di lui facendolo rabbrividire.
Connor, poi, con uno dei suoi caratteristici movimenti languidi, sollevò le braccia incrociandole dietro il collo dell’altro e, alzandosi sulla punta dei piedi, lo baciò. Avrebbe tanto voluto approfondire il tutto, magari riprendere da dove si erano interrotti quel pomeriggio, invece Stephen lo allontanò da sé, spostandolo con un movimento gentile e gli sollevò il volto con le dita avvicinandoli.
- Prima vai a lavarti, ok?- gli disse, come se stesse parlando ad un bambino, ma con un sottofondo nella voce che fece annuire immediatamente il più piccolo.
Stephen allora gli sorrise, uno di quelli rari, dolci e caldi che sembravano illuminargli anche gli occhi e che rivolgeva solo a lui. E Connor ogni volta che li osservava sentiva sempre qualcosa sciogliersi dentro di lui. Si staccò dal fidanzato ed entrò nel piccolo bagno: sorrise riflettendo che Stephen non sembrava il tipo che potesse avere simili premure per il proprio fidanzato, era troppo riservato e brusco, invece riusciva sempre a sorprenderlo, anche se poi era subito pronto a schernirsi. Per arginare quel senso di emozione che lo aveva colto, aprì il rubinetto della doccia e infilò la mano sotto al getto per testarne la temperatura: pensandoci bene, dopo la giornata che aveva trascorso, aveva proprio bisogno di una doccia calda…
Sentendo lo scroscio attutito dell’acqua della doccia, il sorriso sul volto di Stephen si allargò ancora di più, assumendo quasi una sfumatura oscena. Aveva fatto dei progetti per lui e quel piccolo provocatore e, di certo, non prevedevano i vestiti, ghignò, mentre ultimava i preparativi per la serata.
Connor intanto era uscito dal box doccia e, dopo aver preso l’asciugamano che Stephen gli aveva sistemato sulla lavatrice, si rese conto che aveva dimenticato di lasciargli anche un cambio. Si sfregò rapidamente il telo addosso per asciugarsi, tamponando poi i capelli, attardandosi un attimo davanti allo specchio per gettarli indietro, legando infine l’asciugamano in vita. Aprì la porta del bagno con l’intenzione di chiedere all’altro di prestargli un pigiama, ma la voce gli morì in gola davanti allo spettacolo che gli si presentò davanti.
Stephen era seduto al centro del letto, con la schiena contro la testiera e gli occhi chiusi sul volto rilassato, come se nessun pensiero potesse turbarlo: le lenzuola carezzavano le sue membra nude, coprendolo solo fino al ventre. Connor deglutì a vuoto quando il compagno sollevò la testa e schiuse le palpebre, piantando gli occhi azzurri e intensi nei suoi e, sorridendo malizioso, gli fece cenno con un dito di avvicinarsi. Incantato da quella visione, muovendosi come un automa, Connor si avvicinò al letto, fermandosi solo quando sentì la sponda contro le ginocchia. Lentamente il più grande sollevò le mani e le poggiò sui suoi fianchi, spostandolo delicatamente verso di sé. Connor assecondò quei movimenti, poggiando il ginocchio sinistro sul materasso e salendo sul letto, lasciandosi guidare da quelle mani grandi e calde, fino a quando non fu seduto a cavalcioni di Stephen. Rabbrividì avvertendo il corpo del compagno sotto di lui e la morbidezza delle lenzuola contro la pelle.
Stephen sorrise dell’innocente desiderio che stava animando i suoi occhi neri in quel momento e gli passò le braccia attorno alla vita, stringendoselo contro, gioendo nel sentire le sue mani poggiarsi sulle proprie spalle e le ginocchia stringergli i fianchi nel tentativo di sostenersi.
Connor non era bello, non nel senso comune del termine, ma su Stephen aveva un effetto devastante. C’era qualcosa in lui, nel suo aspetto, nel suo modo di fare che lo attraeva irresistibilmente, confondendogli i sensi, legandolo sempre più. Si sentiva come una falena che si avvicina alla fiamma, disposta a bruciare ancora, ancora e ancora in essa, ma per nulla capace di allontanarsi e privarsi di quel calore abbagliante.
Sollevò la testa baciandolo, sentendosi sciogliere per la passione con cui Connor lo cercava, perdendosi completamente in quel contatto morbido e avvolgente, sentendo un lampo di desiderio trafiggergli le viscere. Con le labbra, Stephen scese lentamente a baciargli la gola, mentre il compagno inclinava istintivamente la testa all’indietro per lasciargli maggior spazio.
Stephen non si era mai sentito così, non aveva mai provato una tale calma. I suoi incontri con Helen erano sempre caratterizzati dall’impazienza, dalla fretta di bruciarsi in quegli amplessi clandestini senza concedersi il tempo di attardarsi in nient’altro; adesso, invece, era come se volesse prendersi tutto il tempo che desiderava per godere del compagno. La sua bocca scivolava piano sulla pelle di Connor baciando, mordendo e lappando, un centimetro dietro l’altro, come se volesse mangiarlo. E quel corpo alabastrino tra le sue mani sospirava e gemeva, inarcandosi elegante e flessuoso contro di lui.
In punta di dita, come se Connor fosse troppo fragile da spezzarsi sotto una presa più salda, scivolò lungo la linea dei fianchi, godendo della morbidezza e del calore della pelle, fermandosi sul bordo spugnoso del telo che ancora gli avvolgeva la vita. Con movimenti troppo rapidi, che tradivano tutta la sua impazienza, e incespicando con le dita, sciolse il nodo e lo sfilò via con malagrazia, compiacendosi, così, della visione di quel corpo completamente nudo.
Connor, accarezzandogli con lievi tocchi delle mani le spalle e il collo, era risalito, intanto, fino al suo volto, prendendolo tra i palmi, sollevandolo verso il proprio, perdendosi un istante negli abissi cobalto delle sue iridi, baciandolo. E le mani di Stephen erano scivolate ancora una volta lungo la sua schiena per prepararlo, trasformando lentamente il disagio in piacere. Il corpo del più giovane, sotto le carezze delicate di quelle dita, prese a cercare quello del compagno, sfregandosi su di lui in lunghe, cocenti sfioramenti pelle contro pelle, portando entrambi alla follia.
- Stephen…- sospirò Connor con un tono di voce così basso e zuccherino che infranse gli ultimi barlumi di lucidità dell’altro in decine di frammenti incandescenti.
Il più grande chiuse gli occhi cercando di mantenere disperatamente quel poco di controllo che ancora gli restava e di ignorare i movimenti di Connor su di lui, ma quando avvertì il calore ustionante del corpo dell’altro avvolgere sempre più il proprio, ogni traccia di razionalità dentro di lui si polverizzò, lasciando che il desiderio gli si sciogliesse nel sangue, raggiungendo ogni cellula del suo corpo.
Sollevò le palpebre sentendosi bruciare la pelle e l’anima dall’intensità che accendeva in quel momento lo sguardo di Connor. Ogni volta che facevano l’amore era così: il volto di quel ragazzo mutava, la sua pelle candida si accendeva di un lieve bagliore opalescente, come se emettesse luce propria, mentre i suoi occhi diventavano oscuri abissi senza fondo animati da mortali scariche elettriche. E ogni volta ne veniva sempre più irretito. Connor era il suo paradiso personale, un universo perfetto in cui sensazioni, suoni e odori si mescolavano squassandolo e trascinandolo via.
Pur con i sensi confusi, Stephen riuscì a ritrovare un po’ della sua presenza di spirito e, muovendo a tentoni la mano sul materasso, trovò e prese quello che, poco prima, aveva nascosto sotto il cuscino. Connor aveva chiuso gli occhi e inclinato un po’ la testa indietro, completamente perso nel piacere, quindi Stephen sfruttando il momento, con un movimento rapido gli chiuse l’oggetto attorno al collo. Il gelo improvviso del metallo sparò sulla pelle arroventata del ragazzo un brivido che strisciò lungo ogni suo centro nervoso, diramandosi e moltiplicandosi, increspandogli la pelle e contraendogli i muscoli in spasmi in cui freddo e piacere si mescolavano piacevolmente, trasportandolo verso l’apice di quell’amplesso.
Distesi di fianco sul letto, stretti l’uno all’altro, cercavano di ricordare come si facesse a respirare. Connor, a occhi chiusi e il respiro spezzato tra le labbra gonfie, si beava del calore del corpo di Stephen steso dietro di sé, della sensazione del suo torace contro la sua schiena, del suo viso poggiato contro il collo e del respiro caldo che gli scivolava sulla pelle sudata facendolo rabbrividire. Il compagno gli aveva avvolto i fianchi con le braccia, stringendolo possessivamente a sé, incastrando sensualmente le loro gambe.
A Connor sembrava di essere avvolto da una bolla dorata, che tutto il resto del mondo fosse evaporato, lasciando reale e immediato solo Stephen e le innumerevoli, dolci sensazioni che sapeva sempre suscitargli dentro. Con un piccolo sorriso sulle labbra, Connor sollevò stancamente la mano sinistra, portandola al collo dove qualcosa stava premendo leggermente sulla sua pelle. Sotto le dita trovò una sottile maglia di metallo ormai tiepido, ne seguì gli anelli con i polpastrelli fino a incontrare un piccolo oggetto quadrato chiuso sulla maglia. Svogliatamente socchiuse le palpebre e abbassò un po’ la testa, trovando una catena costituita da dei piccoli ed eleganti anelli uniti gli uni agli altri e chiusa da un minuscolo lucchetto.
Perplesso forzò la stretta del compagno su di sé e si volse verso di lui.
- E questo?- chiese tenendo il piccolo lucchetto tre il pollice e l’indice.
Con indolenza Stephen si mosse sulla sua pelle, baciandogli la spalla e il collo, fermandosi con la bocca sull'orecchio come se stesse cercando le parole giuste, respirando profondamente l’odore di arancia dell’altro.
- Perché sei solo mio!- un bisbiglio lieve contro la sua pelle, ma pronunciato con tale letale forza da far rabbrividire il più piccolo.
Connor si accoccolò maggiormente in quell’abbraccio, rannicchiandosi contro quel corpo forte e rassicurante, intrecciando, poi, le sue mani con quelle che l’altro teneva sul suo ventre, pronunciando un “sì!” così morbido e sicuro da tranquillizzare all’istante Stephen.
C’era tutta una vita in mezzo e nessuno, nemmeno lui, conosceva cosa li attendeva nel futuro, poteva solo immaginare e rabbrividire di paura e apprensione al solo pensiero. Stephen aumentò la stretta sul compagno, avvolgendolo completamente con il proprio corpo, promettendo a se stesso che avrebbe fatto di tutto perché Connor non scivolasse mai via dalle sue braccia.
Il suo posto era lì, accanto a lui, con lui, nessun altro avrebbe mai potuto averlo, perché quel ragazzino era solo e unicamente suo.