NOTE: Il
titolo è ripreso dall’omonimo film del 2002 (lì il titolo era in
francese, qui in inglese, ma si scrive uguale, tranne che per un
accento) con Vincent Cassel e Monica Bellucci e anche qui, come lì,
l’andamento del racconto non è cronologicamente lineare: la prima scena
è, infatti, temporalmente la terz’ultima, dalla seconda scena in poi la
storia riprende un andamento cronologicamente lineare, fino alla
penultima scena (il monologo di Danny).
Mac,
con i due monologhi interiori - subito prima dell’evento (che non ti
anticipo) e subito dopo - apre e chiude il racconto secondo una
struttura simmetrica e, in qualche modo, circolare.
Il
riferimento alla vicenda di Clay Dobson è alle puntate “Dieci anni
dopo” e “La carta vincente”, credo della terza stagione di CSI NY,
mentre il richiamo agli alberi di Natale si riferisce alla puntata “Due
anni in più”, della quinta stagione, mi pare.
Il
profumo dei cedri allude alla missione in Libano del giovane marine
Taylor.
Alla
fine, le parole di Danny riecheggiano, leggermente, la canzone
Preghiera in gennaio di De André, mentre le prime due righe del
monologo finale di Mac (“Ho sempre saputo”, etc…) sono una citazione
dall’ultima scena del film American Beauty.
Ovviamente,
ciò che è scritto, i giudizi e i pensieri dei personaggi, non
rappresentano in alcun modo la mia personale opinione sui fatti
raccontati.
Irreversible
Ecco,
sono qui.
Chiudo
a chiave la porta dietro di me e, in silenzio, mi guardo intorno.
Sfioro
con la punta delle dita le mie fotografie, gli oggetti che raccontano
la mia vita e che oggi saranno testimoni della mia morte.
Mi
siedo dietro alla scrivania, ripetendo lo stesso gesto che
meccanicamente ha accompagnato tutte le mie giornate per tanti anni.
Il
mio ufficio, il mio lavoro, la mia vita; tre cose che, troppo spesso,
ho fatto coincidere e sovrapporre tra loro.
Follemente.
Insensatamente.
Ora
lo comprendo appieno.
Ho
avuto bisogno di tornare qui stamattina - in questo luogo simbolico,
che tanto ha rappresentato per me - per trovare la forza.
Per
confermare la mia volontà.
Per
accentuarne la motivazione.
Qui
è cominciato tutto; qui tutto finirà.
Ne
ho avuto bisogno perché la mia ultima notte è stata orrenda: sebbene
m’illudessi di avere fermamente deciso, invece il mio cuore era
dilaniato dall’incertezza.
Ho
tentennato e dubitato, cercando una possibile salvezza.
Poi,
in me si è fatta strada la convinzione che non ho alternative.
No,
non ce ne sono.
Ho
sperato di riuscire a fronteggiare il dolore e la vergogna, ma è
impossibile venirne fuori e adesso me ne rendo conto.
Ogni
uomo ha un punto di rottura, e io ho raggiunto il limite massimo di
sopportazione, al di là del quale sento che non c’è più via di uscita.
Sono
all’ultimo atto della mia vita.
Non
ho altra soluzione per mettere a tacere questa sofferenza, questo
disagio insopportabile: non riuscirei a vivere sapendo quale giudizio
ha di me la società, costretto a tollerare risatine di scherno,
occhiate allusive, insinuazioni, volgari doppi sensi. Perdendo il
rispetto e la considerazione della gente, che per me hanno sempre
contato più di ogni altra cosa.
Ho
compiuto il mio cammino.
Fino
a poche ore fa mille pensieri, mille progetti turbinavano nella mia
mente sconvolta, finché non ne è rimasto, fermo e saldo, uno solo.
L’unico
possibile.
Guardo
fuori dalla finestra, per l’ultima volta.
La
sorte ha stabilito che non vedrò di nuovo il sole, perché una fitta
coltre grigiastra di nebbia e smog lo nasconde al mio sguardo. Ho il
cuore greve e gli occhi mi si riempiono di lacrime. Non riesco più a
trattenerle.
Sto
pensando a te, Danny.
Ebbene
si, questo sciagurato, questo infelice sulla soglia del suo destino non
concepisce dolcezza maggiore che pensare a te!
Tutto
è effimero, tutto passa e il tempo distrugge ogni cosa; ma che importa
se io ho avuto te, se ho stretto la tua anima tra le braccia del mio
cuore, se ti ho sentito balbettare il mio nome contro le mie labbra
dischiuse?
Tu
mi hai amato.
Io
continuo ad amarti.
E
che importa se Lindsay è tua moglie? Tua moglie! Un legame terreno…che
conta agli occhi degli altri, della società…
È
peccato sognare di strapparti a lei e a tua figlia.
Lo
so, e per questo mi punisco.
Ma
che importa se io il tuo amore l’ho gustato fino in fondo? se ne ho
assaporato goccia a goccia tutta l’amara dolcezza?
Danny,
io oggi ti precedo; chissà, forse un giorno io e te ci incontreremo di
nuovo. Ci rivedremo. E allora, forse sarà per sempre.
Dio,
ho del coraggio! Almeno, ho sempre pensato di averne.
E
invece in questo momento il terrore mi serra la gola.
Quando
tiro fuori la pistola e la appoggio sulla scrivania, la mia mano trema.
La
tua pistola, Danny.
Che
strano destino il mio…bizzarro fino in fondo, beffardo fino all’ultimo
istante!
È
passata tra le tue mani, tu l’hai tenuta contro il tuo corpo per
giornate intere.
Tu
l’hai pulita, caricata, preparata affinché potesse darmi la morte.
Da
te proviene l’arma che mi ucciderà, dalle tue mani, nelle quali ho
desiderato mettere la mia vita, e che adesso, senza volerlo, renderanno
possibile la mia morte.
Morire…che
pensiero strano, quasi irreale.
Cosa
significa, in fondo, morire?
Io
ora sono qui, vivo e pieno di forza.
Tra
un minuto non ci sarò più.
Tutto
sarà finito.
L’ho
vista tante volte la morte, l‘ho sfidata, l’ho sfiorata.
Ho
sentito il suo alito gelido sul viso e non avrei mai pensato che mi
avrebbe colto così. Senza difese.
Eppure
nemmeno ora mi rendo veramente conto di cosa vuol dire…forse è
impossibile…
Morire,
essere sepolto nella terra fredda, oscura.
Non
sentire più nulla.
Non
respirare, non avvertire il calore del sole sulla pelle, non godere del
sapore del cibo, non provare più desidero, né paura, né speranza.
Ora
capisco che, se fosse solo per me, forse non avrei il coraggio di farlo.
Ma
ci sei tu, Danny.
E
Lindsay.
E
Lucy.
Io
ho turbato la pace della vostra casa, ho seminato il germe del dubbio
tra di voi, che non lo meritavate.
È
giusto che uno di noi tre scompaia.
E
quello non posso che essere io, che non ho nulla da perdere se non la
mia stupida vita inutile. E la mia solitudine.
Devo
farmi da parte per la vostra felicità.
O,
almeno, per la vostra serenità.
Mio
Dio!
Fino
a poco fa ero deciso.
E
invece, ora che tutto si fa così insopportabilmente vivo intorno a me,
le lacrime mi appannano la vista.
Io,
Mac Taylor, ho paura.
Non
pensavo che questa sarebbe stata la mia sorte!
Signore!
Ti prego…so che chi crede in Te mi condannerà, che non vorrà giacermi
accanto nemmeno nella morte. Ma, Ti prego, perché non posso confidare
che in Te, dammi la forza.
E
abbi pietà della mia anima disperata.
È
giunta l’ora.
Nel
corridoio sento le voci di Sinclair e di Gerrard; stanno arrivando.
Quell’imbecille all’entrata deve averli avvisati subito della mia
presenza. Sinclair sarà furioso…forse teme che voglia rimangiarmi la
promessa che mi ha strappato ieri. No, non resterà deluso. Non tradirò
la mia parola. Me ne andrò via.
Se
esitassi anche solo un altro minuto tutto potrebbe cambiare.
Tutto
sarebbe perduto.
Respiro
profondamente.
Afferro
la pistola.
La
mia mano non trema più, adesso.
Non
esiterò.
Il
freddo della canna contro la tempia mi fa trasalire e mi mozza il fiato.
Mio
Dio, quanto è difficile…
Il
mio cuore si spezza.
Com’è
duro bussare alla fredda porta della morte!
Ecco,
stanno tentando di aprire.
È
finita.
Addio,
Danny.
Addio.
Il
mio ultimo pensiero è tuo.
***
Vivere
nella menzogna.
Vivere
nella verità.
Cosa
significa, vivere nella verità?
Per
la maggior parte delle persone, vivere nella verità vuol dire non
mentire, non nascondersi, non ingannare chi ti è vicino.
Al
contrario, da quando si era innamorato del suo capo, Danny Messer
viveva nella menzogna: raccontava a Lindsay di turni straordinari
inesistenti, di nuove indagini particolarmente complesse, di una
maggiore presenza al lavoro che la sua recente promozione al grado di
sergente gli imponeva.
Lui
e Mac finivano per rifugiarsi in qualche anonimo motel dove nessuno
avrebbe potuto riconoscerli; dove bastava allungare una mancia e non
chiedevano nemmeno i documenti d’identità. Dove, allungandone un’altra
più consistente, il portiere di notte si voltava al loro passaggio e
fingeva di guardare la tv, mentre salivano in camera.
Posti
dozzinali, a volte squallidi, del tutto indegni di loro.
Intanto,
sembrava l’unica scelta possibile data la situazione: casa di Danny,
ovviamente, era verboten, essendoci Lindsay e la bambina. E casa di
Mac? Lui non aveva mai voluto, per non rischiare che qualcuno dei
vicini o il portiere - che già sapeva malignavano alle sue spalle nel
vederlo sempre rincasare tutto solo - s’insospettissero per quelle
strane e ripetute visite notturne.
Andarsene
in giro insieme, poi, era un piacere che non avevano mai potuto
concedersi: troppo grande il rischio di incontrare qualcuno di
conosciuto nei posti dove gli sarebbe piaciuto andare. Del tutto
esclusi i locali gay, per ovvi motivi.
Quindi,
a Danny non rimaneva che aspettare Mac ascoltando la radio stravaccato
sul letto, in una stanza di periferia, quella notte come molte altre
notti.
A
dire la verità, una parte di lui non trovava neppure tanto malvagia
quella soluzione; in quelle camere banali, senza alcuna bellezza,
esistevano soltanto loro due. Non erano distratti da nulla e da nessuno.
Vivevano
solo l’uno per l’altro, consumando, in quelle poche ore rubate, tutta
la loro vita segreta. Con un’intensità insospettabile per chiunque non
fosse tra quelle quattro mura.
E
quelle poche ore rubate erano per entrambi una boccata d’ossigeno,
indispensabile per sopravvivere. Per continuare a mandare avanti
un’esistenza fatta di menzogne, di apparente serenità, di convenzioni
borghesi perfettamente rispettate.
In
realtà, di tormento, e, soprattutto per Mac, di rimpianti per le ore
trascorse lontani, per tutto il tempo irrimediabilmente perduto e le
mille occasioni di felicità che non avrebbero mai colto insieme.
E
quanta fatica costava loro, al lavoro, mantenere un atteggiamento
neutro - anzi, amichevole - che non lasciasse trasparire alcun
mutamento dei sentimenti che provavano l’uno per l’altro! Qualche volta
era una vera tortura, specialmente per Danny che, giovane e impulsivo,
con i suoi slanci improvvisi aveva rischiato più di una volta di
tradirli.
Per
Mac no - e Danny lo prendeva in giro per quello - per Mac pareva una
passeggiata nascondere le emozioni; il suo viso sembrava fatto apposta
per non lasciare trasparire ciò che si agitava dentro di lui.
Era
sempre stato così.
Danny
ne era convinto.
Invece
Danny si sbagliava di grosso, e ora è troppo tardi per capirlo.
Del
resto, rifletteva Danny Messer quella notte, se qualcuno avesse
scoperto la vera natura dei loro rapporti, o anche solo sospettato
qualcosa, le vite di entrambi sarebbero andate in frantumi.
Lui
aveva molto da perdere: una moglie (che gli era cara e che, comunque,
soffriva a ingannare in quel modo subdolo) e una figlia, che era la
cosa più importante della sua vita.
E
Mac, invece, cosa aveva da perdere?
Teoricamente,
molto di meno: non una moglie, né una compagna, né l’affetto di un
figlio. In pratica, qualcosa senza cui, forse, non sarebbe nemmeno
riuscito a sopravvivere: la sua credibilità, la sua reputazione
immacolata. Magari addirittura il suo lavoro, cui tanto aveva
sacrificato.
Danny
sospirò, cercando una posizione più comoda, e cambiò stazione radio.
Fortunatamente,
non gli riusciva di pensare troppo a lungo a quanto fosse sottile e
fragile la lastra di ghiaccio sulla quale, da mesi ormai, lui e Mac
stavano danzando il loro amore. In fondo, per come era fatto lui,
quella era una situazione persino eccitante; la clandestinità, proprio
così, lo eccitava da morire.
Danny
Messer era un ragazzo semplice, riusciva a vedere il lato positivo di
quei momenti ed era deciso a goderseli fino in fondo, senza pensare più
di tanto al futuro. Nel fondo della sua coscienza si era convinto che,
se e quando il problema si fosse posto, lo avrebbe affrontato.
E,
nel frattempo, meglio godersi quella inaspettata, e incredibile,
passione.
***
“Spogliati!”
disse Mac a Danny.
Glielo
disse senza toccarlo, senza nemmeno sfiorarlo, anzi rimanendo distante
da lui, appoggiato alla parete, con le braccia incrociate.
Quella
parola, spogliati, Danny l’aveva sentita molte volte da Mac ed era
diventata una sorta di gioco tra di loro. La formula magica che segnava
l’inizio.
Ogni
volta, Mac non lo seduceva con le carezze, né con i complimenti, né con
le preghiere, ma con una sola parola, pronunciata a voce bassa, eppure
in tono deciso, quasi autoritario.
Era
un ordine.
Anche
se accompagnato da uno sguardo carico di emozione, traboccante di
evidente desiderio.
Era
un ordine.
E
Danny provava sempre un sottile piacere nell’obbedirvi.
Lo
fece anche quella volta; lo fece con naturalezza, lentamente. I suoi
gesti erano semplici e non affettavano alcuna artificiosa sensualità.
Mentre lasciava cadere per terra gli abiti, avvertiva su di sé lo
sguardo dell’altro, il quale lo fissava con intensità tale che quasi
Danny poteva sentirne il tocco sulla pelle nuda.
Mac
non l’aveva ancora neppure sfiorato, eppure Danny si sentiva turbato
come se già si fossero accarezzati a lungo.
Rimase
per qualche istante, completamente nudo, in piedi in mezzo alla stanza,
di fronte a Mac che - completamente vestito invece - non smetteva di
fissarlo.
L’assoluta
disparità della situazione tra loro non solo non lo imbarazzava ma,
anzi, gli regalava una folle eccitazione, come, del resto, leggere il
desiderio negli occhi del compagno.
Mac
pronunciò il suo nome. Danny.
Poi,
si staccò dal muro e gli si avvicinò lentamente.
I
suoi occhi verdi splendevano nella penombra, animati da lampi di
intensa passione.
Quegli
occhi che a Danny facevano paura, a volte, come gli avrebbe fatto paura
fissare una valanga che rischiasse di travolgerlo senza lasciargli
scampo.
I
suoi occhi, di solito impenetrabili, spesso taglienti.
Adesso,
invece, velati. Come drogati.
Si
fronteggiarono in silenzio per un istante.
Un
lungo istante sospeso, in cui fioriva l’attesa.
Poi,
Mac lo baciò.
Danny
sentì i suoi denti sulla gola, dove palpitavano le vene, mentre lo
baciava tenendogli le mani intorno al collo. Un bacio lungo,
appassionato.
Un
bacio per tutti i baci perduti nelle ore di lontananza.
Senza
smettere, Mac lo sospinse con decisione verso la parete più vicina, lo
fece girare su se stesso e lo costrinse con il viso contro il muro. Si
appoggiò completamente su di lui. Danny sentiva il suo respiro caldo
sul collo e dietro le orecchie e tutto il suo corpo solido e forte
premere contro di lui.
Il
ragazzo era percorso da piccoli brividi mentre le mani lisce e agili
dell’uomo lo toccavano, carezzevolmente, dappertutto.
Mac
s’inginocchiò dietro di lui, gli baciò i piedi e fece scorrere le mani
su e giù per le gambe e il sedere. Cominciò a leccargli, salendo, le
cosce, le natiche, bagnandole, allargandole, bagnandole ripetutamente
di saliva.
La
sua lingua penetrante era un meraviglioso strumento di tortura.
Le
sue dita, che la seguirono, fecero trasalire Danny e gli strapparono un
gemito di piacere. Le sue dita erano sicure e calde, mentre gli
aprivano la carne.
Quanto
avrebbe resistito Danny così? Certo non voleva che tutto finisse troppo
presto…
D’improvviso,
si voltò di scatto sottraendosi alle carezze dell’altro. Cogliendolo di
sorpresa, lo baciò a sua volta con violenza, infilandogli la lingua in
bocca prepotentemente. Con gesti frettolosi, quasi febbrili, gli
sbottonò la camicia e la fece scivolare sul pavimento. Facendolo,
continuava a baciarlo e, insieme, a spingerlo verso il letto.
Mac
ridacchiava, piacevolmente sorpreso dalla sua iniziativa, finché le sue
gambe non urtarono contro la sponda del letto; si sbilanciò, perse
l’equilibrio e per Danny fu sufficiente una lieve spinta per farlo
cadere pesantemente sul letto, di schiena, con un mugolio misto di
disappunto, sorpresa ed eccitazione.
Danny
gli montò sopra, seguitando a baciarlo, sentendo sotto la punta delle
dita sensibili la sua pelle fremere a ogni carezza. Gli slacciò la
cintura, tirò giù la lampo e con un gesto deciso mandò i pantaloni e i
boxer a far compagnia alla camicia, sul pavimento.
Scivolò
sul letto, finché con la bocca non incontrò il suo pene. Allora,
cominciò a baciarlo tutt’intorno e Mac sospirò. Si sollevò appena per
guardarlo, gli mise una mano sulla testa e la spinse giù, così che la
bocca cadesse sul suo sesso. Danny chiuse gli occhi, serrò le labbra
alla base del pene e cominciò a compiere la sua magia, tormentandolo
dolcemente con la punta della lingua, facendogli sentire appena appena
i denti dove la carne era più sensibile.
“Non
posso vederti in faccia” pensava, quasi accecato dalla violenza delle
sensazioni che stava provando “ma riesco benissimo a immaginare
l’espressione di godimento sul tuo viso, sento i tuoi gemiti, vedo come
le tue dita stringono convulsamente il lenzuolo … solo io riesco a
sconvolgerti così, lo so. Lo sento. Solo io ho il potere di abbattere
tutte le tue difese, solo con me ti lasci andare del tutto.
Dove
sono finiti ora la tua freddezza, il tuo apparente distacco?
Soltanto
io ho il privilegio di vederti in questo stato…”.
A
quel pensiero, Danny fu preso da una tenerezza struggente:
d’improvviso, s’interruppe, provocando un mugolio di disapprovazione
nell’uomo che fino a un istante prima stava deliberatamente cercando di
fare impazzire, si levò e risalì fino a trovarsi di nuovo faccia a
faccia col compagno. Lo baciò ancora; la sua lingua, la sua bocca
ancora impregnata del sapore di lui.
***
Per
il sergente Anthony Di Maio e l’agente Nestor Garcia della polizia di
New York quello era un turno di notte come gli altri.
Stavano
cercando due rapinatori seriali evasi il giorno prima dal carcere di
Rikers Island e una soffiata li aveva condotti nel Queens, fino alla
hall ricoperta di moquette blu avio del piccolo Motel Jamaica.
Quando
entrarono, la loro preoccupazione principale era di scovare quei due in
fretta e riportare a casa la pelle.
Mentre
Garcia si guardava intorno per una rapida ricognizione della sala,
peraltro a quell’ora di notte deserta, il sergente si avvicinò al
portiere, si qualificò a voce bassa e gli domandò, sbrigativo, in quale
camera si fossero registrati poco prima due uomini.
Quello
esitò un attimo prima di rispondere, pensando alle mance che quei due
non gli avrebbero più sganciato.
Di
Maio iniziava a spazientirsi; certo non voleva passare tutta la notte
in quel dannato posto! Batté con violenza il pugno sul bancone e ripeté
la richiesta, accompagnandola questa volta con una più esplicita
esibizione del suo distintivo.
L’uomo,
fissando principalmente la pistola che il poliziotto portava alla
cintola, cedette e rivelò l’informazione, non prima di avere
mentalmente considerato che, in effetti, quei due della stanza numero
21 avevano un’aria strana, troppo circospetta.
Insomma,
pareva proprio che avessero qualcosa da nascondere.
Garcia
estrasse l’arma dalla fondina e cominciò a salire le scale; il sergente
Di Maio intimò al portiere di non allontanarsi e di chiamare subito la
polizia se avesse visto i due uomini lasciare l’hotel nei minuti
successivi.
Un
turno come gli altri, certo.
Ma
ciò che stavano per scoprire avrebbe avuto conseguenze irreparabili.
Per
molte persone innocenti.
***
Quando
il suo desiderio divenne intollerabile, Mac si spostò di lato e
rovesciò Danny sul letto; l’aria era piena dei loro gemiti, del loro
ansimare pesante. Era come se stessero lottando nella stanza buia e il
letto scricchiolava ritmicamente seguendo i loro movimenti.
Mac
teneva Danny stretto a lui, accarezzandogli la schiena, le spalle, il
collo.
Lo
fece sdraiare sullo stomaco e scivolò verso il basso, strofinandogli
addosso il bacino. Danny teneva gli occhi chiusi per godere più
profondamente di ogni carezza e già fremeva d’impazienza al pensiero di
ciò che sarebbe accaduto di lì a qualche momento.
Mac
gli circondò la vita con le mani e lo sollevò leggermente per poterlo
penetrare.
Tenendolo
per i fianchi, forzò la sua stretta apertura spingendosi con violenza
dentro di lui, tanto che al ragazzo sfuggì un grido strozzato di
piacere-dolore.
Seguitò
a spingere, sollevando il suo corpo ritmicamente verso di lui. Poi,
iniziò a muoversi avanti e indietro. Avanti e indietro. Immergendosi e
ritraendosi.
Danny
mugolava, ansante, quasi sopraffatto dal piacere.
Era
talmente eccitato da quei colpi vigorosi che, senza nemmeno
accorgersene, stava mordendo il copriletto grigio …
Mac
aumentò il ritmo delle spinte e Danny gemette più forte; poi, gli
infilò una mano tra le gambe e serrò le dita alla base del suo sesso
eretto. Cominciò ad accarezzarlo, imprimendo alla sua mano la stessa
velocità dei suoi colpi.
Quello,
per Danny, fu il colpo di grazia.
All’improvviso,
Danny e Mac sentirono un rumore, nello stesso momento.
Colpi
violenti contro la porta della stanza e grida concitate.
Mac
si alzò in fretta e fece solo in tempo a raccattare la camicia, che la
porta fu sfondata con un calcio talmente violento che schegge di legno
dello stipite volarono intorno.
Due
poliziotti in uniforme blu, pistola spianata, irruppero nella camera,
gridando il nome di persone che i detective, ovviamente, non
conoscevano.
Si
fermarono di colpo, impietriti.
Fissarono
prima i due colleghi e, subito dopo, si scambiarono uno sguardo
sconcertato.
I
quattro uomini si fronteggiarono in silenzio per un istante che sembrò
a tutti loro interminabile.
Era
chiaro che li avevano riconosciuti.
Così
come era chiaro che la situazione in cui li avevano involontariamente
sorpresi lasciava ben poco spazio all’immaginazione.
Il
più anziano dei due, col grado di sergente, ordinò in tono brusco
all’altro di uscire.
Rimase
qualche secondo immobile di fronte a Mac che, in piedi, stringeva a sé
i vestiti spiegazzati nel tentativo di coprirsi almeno un po’.
Danny,
invece, era come inebetito, imbambolato per lo shock.
“Fuori
di qui!” gridò Mac al sergente, non appena ritrovò una parvenza di
fiato per parlare.
Anche
il secondo poliziotto, dopo avere chinato la testa e borbottato
qualcosa di incomprensibile, lasciò in fretta la stanza.
Mac
si rivestì alla velocità della luce e, quando ebbe finito, si fermò a
fissare Danny che, invece, stava immobile, seduto sulla sponda del
letto. Ancora bagnato, tremava leggermente, non tanto per la paura,
quanto per il trauma di essere stato interrotto nel bel mezzo del
godimento più intenso.
L’altro
lo afferrò per le spalle e lo scosse energicamente.
“Danny!”
quasi gridò “Danny!”.
“C-cosa…cosa
dobbiamo fare?” balbettò questi, sconvolto e incapace di ragionare in
maniera lucida.
Mac,
invece, sembrava avere già ripreso - almeno esteriormente - il
controllo di sé, sebbene il suo cuore martellasse così furioso da
dargli l’impressione di poter schizzare fuori dal petto da un istante
all’altro.
“Danny!”
ripeté, senza guardarlo negli occhi, incapace ormai di avvicinarglisi
di nuovo.
“Ascoltami…
io cercherò di raggiungere quei due, devo parlare con loro … sistemerò
le cose …”
Danny
Messer annuì lentamente. Piano piano, mentre l’eccitazione gradualmente
sbolliva, stava cominciando a realizzare l’enormità di ciò che era
appena accaduto.
“Vedrai,
sistemerò tutto io!” disse di nuovo Mac.
In
realtà, Danny in quel momento avrebbe desiderato più di ogni cosa
stringere a sé il compagno; il fatto che Mac riuscisse o meno a
risolvere la questione era infinitamente meno importante di un solo,
fuggevole, abbraccio. Aveva un bisogno disperato del suo calore, delle
sue rassicurazioni, e gli si fece più vicino, tendendo un braccio verso
di lui.
Ma
Mac non fu capace a dargli niente di tutto ciò.
Si
allontanò da lui, sottraendosi alla sua stretta.
Danny
assunse un’aria sconfitta e gli rivolse uno sguardo che era una muta
domanda.
“Tu
va’ a casa” fu la secca risposta del tenente.
La
sua voce era fredda, straordinariamente controllata.
Afferrando
la giacca, gli disse ancora, in tono asciutto, come se la cosa a stento
lo riguardasse: “Mi raccomando, Danny, non dire niente a Lindsay … hai
capito? Non dirle niente!”.
Il
giovane annuì. “Ma …” azzardò timidamente.
“Fa’
come ti dico!” ribadì Mac, con un tono che non ammetteva repliche e che
Danny Messer aveva imparato a conoscere molto bene nel corso dei suoi
anni alla Scientifica di New York.
“Vediamoci
domani. Ti chiamerò io. Ma, prima di allora, Lindsay non deve sapere
nulla. Ok?”.
Danny
fece ancora una volta di sì col capo e aprì la bocca per dire qualcosa.
Però,
prima che una sola parola gli uscisse dalle labbra tremule, Mac Taylor
aveva già raccolto tutte le sue cose ed era scattato fuori dalla
stanza, senza posare sul ragazzo nemmeno un ultimo sguardo.
***
Danny
Messer era sconvolto e in preda al panico. Col respiro affannoso e le
mani tremanti aveva guidato come un pazzo nel cuore della notte per
tornare a casa da Lindsay.
Lindsay,
sua moglie, che, ignara, l’aspettava nel loro letto.
Tuttavia,
quando l’aveva scorta dormire tranquilla, con le braccia incrociate
dietro la testa come faceva di solito, le labbra semi-aperte e
l’espressione serena, chissà perché il tumulto della sua anima si era
placato.
Danny
Messer viveva nella menzogna.
Forse,
ora era giunto il momento di ricominciare a vivere nella verità, come
aveva, in fondo, sempre desiderato. Come sapeva essere giusto.
Certo,
molti avrebbero sofferto per quella rivelazione.
Alcuni
ne avrebbero riso, altri sarebbero stati crudeli, non poteva ignorarlo.
Ma
non ne valeva forse la pena, pur di non essere più costretto a dire
bugie, ad ingannare le persone cui voleva bene? Per vivere appieno i
suoi sentimenti e dare veramente corpo alle sue speranze?
Mentre
si spogliava e s’infilava nel letto accanto a Lindsay, Danny Messer non
era più preoccupato o spaventato; anzi, il suo giovane cuore impetuoso
quasi gioiva…
Mentire
era sempre stato difficile per lui, nascondere le sue emozioni quasi
impossibile; adesso, forse, avrebbe potuto smetterla.
Ah,
non essere più costretto entro i lacci delle menzogne!
Respirare
liberamente, uscire allo scoperto, rivelare senza paura i suoi
sentimenti!
Le
possibili conseguenze negative sul suo lavoro non lo preoccupavano
affatto, anzi forse non ci aveva nemmeno pensato lucidamente; gli
interessava soltanto fare finalmente chiarezza, allontanare da sé ogni
ipocrisia e smetterla di ingannare Lindsay, sperando che prima o poi
lei lo avrebbe perdonato.
Aveva
deciso.
L’indomani
sarebbe andato a parlare con Mac.
Poi,
avrebbe raccontato a Lindsay tutta la verità, prima che lei lo sapesse
da qualcun’ altro.
Quella
notte, Danny Messer riuscì persino ad addormentarsi senza troppe
difficoltà.
***
Vivere
nella verità.
Vivere
nella menzogna.
Dopo
avere cercato inutilmente di raggiungere i due colleghi, Mac Taylor
aveva guidato senza meta fino all’alba, confuso e smarrito.
Mac
Taylor, che aveva lottato e spesso rischiato la vita per ristabilire la
verità, da quando si era innamorato del suo giovane collega viveva
nella menzogna.
E,
cosa singolare per uno come lui, quello era l’unico modo in cui potesse
vivere; non ne avrebbe immaginato, né sopportato, uno diverso.
La
menzogna era ormai sovrapposta così perfettamente alla sua vita che, in
effetti, era diventata essa stessa in qualche modo “vera”, o almeno
reale; la verità la riservava unicamente ai momenti che trascorreva da
solo con Danny.
Mac
Taylor pensava che, nella situazione in cui erano, vivere nella verità,
senza mentire a se stessi, fosse possibile solo a patto di vivere senza
un pubblico, esclusivamente per sé e per la persona che amava.
Sapeva
che, nel momento in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, siamo
costretti a recitare una parte, a fingere per adattarci alle
aspettative di chi ci guarda e ci giudica.
E
nulla di ciò che facciamo possiede più verità.
In
fondo, era proprio quello che rendeva ai suoi occhi il rapporto con
Danny tanto speciale: il fatto di poterlo (e doverlo) vivere soltanto
per se stesso e per lui.
Nel
silenzio, ignorati da tutti e, quindi, profondamente e assolutamente
liberi.
Ma,
adesso, nulla di ciò che era esistito fino a poco prima aveva più senso.
Era
tutto finito.
L’incantesimo
si era spezzato per sempre.
Per
Mac Taylor la porta della sua intimità era stata irrimediabilmente
forzata: tutti avrebbero saputo, osservato - chi da vicino, chi da
lontano - commentato e giudicato. Il momento che aveva temuto fin dalla
prima volta che aveva stretto Danny tra le braccia, che l’aveva
baciato, che aveva fatto l’amore con lui, era, infine, arrivato.
Cosa
avrebbe dovuto fare? Come potevano uscire da quella situazione folle e
disperata a un tempo?
L’eventualità
che lui e Danny, prima o poi, potessero essere scoperti l’aveva
tormentato sin dall’inizio della loro storia. Quasi ogni notte, può
dirsi, rigirandosi nel suo letto solitario si era chiesto con angoscia
cosa sarebbe accaduto se la loro relazione fosse venuta alla luce.
La
famiglia di Danny sarebbe andata in pezzi: senza dubbio, infatti,
Lindsay l’avrebbe lasciato e, forse, gli avrebbe persino impedito di
vedere Lucy. Per come la conosceva, sapeva che non avrebbe mai
accettato - né tanto meno perdonato - un tradimento del genere.
Con
un uomo.
E,
per di più, con un uomo che lei stessa ammirava, che aveva sempre
considerato un caro amico, oltre che il suo capo.
No
- rifletteva angosciosamente Mac Taylor - non solo non avrebbe mai
perdonato Danny ma, ne era certo, avrebbe riservato a lui il suo odio
più profondo: lo avrebbe accusato di avere sedotto suo marito, un uomo
sposato, e di avere tradito vigliaccamente la sua fiducia senza pensare
al dolore che avrebbe arrecato a Lucy, una piccola bambina innocente.
E
il dramma era che Mac Taylor sarebbe stato perfettamente d’accordo con
lei.
La
sua integrità era compromessa, per sempre.
E
poi? Senza dubbio avrebbero avuto guai in ufficio e la sua stessa
squadra sarebbe letteralmente saltata per aria; forse, nessuno si
sarebbe più fidato di lui, tutte le persone cui voleva bene lo
avrebbero giudicato con severità, magari addirittura odiato. Guardato
con disprezzo o, peggio, con scherno.
Non
avrebbe potuto continuare a lavorare con loro.
Era
sull’orlo di un precipizio, stava per perdere tutto ciò che aveva
costruito negli anni, tutto ciò cui si era aggrappato dopo la morte di
Claire e che aveva costituito per molto tempo la sua unica ragione di
vita.
Stima,
amicizia, affetto…ogni cosa si sarebbe sgretolata miseramente.
E
per colpa sua.
Già,
si era scavato la fossa con le sue mani, questo era chiaro.
Ne
era valsa la pena? Si domandò, ricacciando indietro le lacrime.
La
risposta stava lì, davanti a lui, chiara e brillante. Animata da
bagliori di pura luce.
Si,
ne era valsa la pena.
E
allora? Perché tanto dolore?
Soffriva
per Danny, se ne rendeva conto.
Per
quel ragazzo biondo dall’aria scanzonata che possedeva ciò che a lui
mancava: gioventù, irruenza, leggerezza. Che lo aveva amato
disinteressatamente, senza ansie, senza aspettative. Che, con grazia
inconsapevole, gli aveva concesso di provare ancora una volta
sensazioni che credeva perdute per sempre.
E
che, nello momento, aveva bisogno di ciò che lui stesso rappresentava:
stabilità, forza, carisma.
Assumere
su di sé la responsabilità di tutto faceva parte del suo carattere,
l’aveva sempre fatto. E anche ora non poteva fare a meno di incolpare
se stesso per ciò che era accaduto con lui.
Aveva
molta più esperienza, era un uomo fatto, come aveva potuto spingersi
tanto oltre? Come aveva potuto sperare che la cosa non venisse fuori?
Folle,
insensato, incosciente!
Si
era lasciato travolgere dall’intensità dei sentimenti che provava per
Danny e, per una volta nella vita, aveva scelto di infischiarsene delle
possibili conseguenze.
Proprio
così, lo aveva deciso e ne era stato immensamente felice, come da anni
non gli era più accaduto.
E
adesso la vita gli aveva presentato il conto; un conto terribilmente
salato.
Che
era giunto il momento di saldare.
Nella
sua mente sconvolta iniziò a farsi strada adagio - come una lama
tagliente nella carne viva - un’idea.
Meglio,
un piano.
Una
volta presa la sua decisione, una triste serenità s’impossessò di lui.
Avrebbe
rinunciato per sempre a Danny, l’avrebbe salvato dal suo amore e da
tutte le sue terribili conseguenze. Avrebbe salvato la sua famiglia e
lasciato che Lucy crescesse con entrambi i genitori.
La
prima cosa da fare era parlare con il capitano Sinclair: doveva
parlarci prima che lo scandalo si diffondesse, prima che il
pettegolezzo giungesse alle orecchie di Lindsay.
Andare
da quel bastardo sarebbe stato umiliante, inutile nasconderselo.
Certamente
gli avrebbe chiesto molto per mettere a tacere lo scandalo, cogliendo
al volo l’occasione - che lui stesso, del resto, gli aveva servito su
un piatto d’argento - per fargliela pagare, come già aveva tentato di
fare in passato senza successo.
La
sua carriera era finita, questo era poco ma sicuro. Poteva scordarsi
qualsiasi futura promozione.
Forse
Sinclair gli avrebbe tolto il comando della sua squadra; forse lo
avrebbe addirittura degradato, oppure gli avrebbe affiancato qualcuno
dei suoi tirapiedi.
Non
importava.
Sarebbe
stato difficile, doloroso, ma non importava.
Erano
sacrifici che avrebbe accettato pur di evitare che la vita di Danny,
Lindsay e Lucy andasse in frantumi per colpa sua.
***
Bussando
alla porta dell’elegante ufficio del capitano Brigham Sinclair, Mac
Taylor si sentiva come un condannato a morte al quale, davanti al
plotone schierato, non sia stato concesso neppure di avere bendati gli
occhi.
Sapeva
quanto quel figlio di puttana lo detestasse, ancora di più dopo che lui
- alcuni anni prima - era riuscito a capovolgere a suo vantaggio una
situazione in apparenza compromessa, ritorcendogli contro i suoi
subdoli trucchetti da politicante.
Quella
volta Mac se l’era cavata brillantemente.
Oggi
invece, comunque fosse andata, si presentava lì da perdente.
Chinare
il capo davanti a quel bastardo, implorarne perfino l’aiuto, erano
gesti cui pensava che niente e nessuno l’avrebbero mai convinto.
Adesso, al contrario, era disposto a soffocare la rabbia, a
sottomettere il suo leggendario orgoglio in nome di un amore al quale
aveva già scelto di rinunciare per sempre, di cui mai più avrebbe
assaporato la squisita dolcezza.
Quando
sentì la voce di Sinclair che gli diceva di entrare, Mac Taylor trasse
un respiro profondo, chiamò a raccolta tutta la sua forza di volontà
(che, invero, era molta) e la sua pazienza (che, invece, non era mai
stata abbondante) e avanzò nell’ufficio, chiudendo dietro di sé la
porta a vetri.
Immaginava
che quella volpe intrigante avesse già saputo tutto, sebbene fossero
passate solo poche ore, e l’espressione che aveva dipinta sulla faccia
- quell’odioso sorrisetto beffardo - confermò il suo convincimento.
“Oh,
Taylor, a cosa devo l’onore di una tua visita così di buon’ora?” disse
invece il capitano, accomodandosi di nuovo dietro la scrivania, sulla
poltrona da cui si era alzato per un istante all’ingresso del collega.
Ecco,
allora voleva divertirsi a torturarlo - pensò Mac - fingendo di non
conoscere il motivo del loro incontro.
Ma
lui era deciso a negargli almeno quel piccolo godimento.
Mac
Taylor incrociò le braccia e fissò negli occhi il superiore.
“Andiamo,
Sinclair” esclamò “lei sa perfettamente perché sono qui…”
“Oh
già” fece l’altro, come fingendo di essersi improvvisamente ricordato
di un’inezia senza importanza “perché ti sei portato a letto un tuo
sottoposto, un uomo…”
Puntò
le mani sulla scrivania e si alzò di nuovo in piedi. Poi girò intorno
al tavolo e venne a trovarsi esattamente di fronte a Mac, a pochi
centimetri dalla sua faccia.
“e
perché siete stati così imbecilli da farvi scoprire…” concluse,
sferzante.
Mac
non rispose, serrò i pugni e abbassò lo sguardo, sopraffatto dalla
vergogna. Pieno di rabbia impotente.
“Mio
Dio, Taylor, ma come ti è saltato in mente?” ridacchiò l’altro,
beffardo e sprezzante insieme “da uno come te non me lo sarei mai
aspettato, ma si sa che le apparenze, spesso, ingannano…”
Rise
e la sua risata ebbe un suono terribilmente stonato.
“ e
in questo caso tu e…come si chiama? Ah, si Messer…ci avete ingannato
tutti, compresa la sua bella moglie!”.
La
soglia di sopportazione di Mac era già stata abbondantemente raggiunta
e superata; il riferimento a Lindsay fu la goccia che fece traboccare
il vaso. Avrebbe voluto spaccargli la faccia, ma si morse le labbra e
riuscì ancora a trattenersi, facendo appello alle ragioni più profonde
del supplizio al quale si stava volontariamente sottoponendo.
“Capitano”
disse poi, sforzandosi di conservare un tono calmo “lei deve impedire
che la cosa venga fuori. Danny e Lindsay hanno una bambina piccola e se
lo scandalo si diffonde sarà una tragedia per tutti loro”.
“Una
bambina piccola?” gli fece eco Sinclair “beh, poteva pensare a lei
prima di finire nel tuo letto! La faccenda non mi riguarda”.
“Anzi”
proseguì, spietato “se i giornali scandalistici si divertiranno con
questa notizia, io mi vedrò costretto a tutelare l’onorabilità del
Dipartimento e Messer, tanto per cominciare, si giocherà la promozione
a sergente”.
Bastardo.
Aveva capito che lo teneva in pugno e stava alzando la posta.
Si
era illuso di cavarsela con meno, ma evidentemente era stato troppo
ottimista.
Mac
deglutì, trattenendo a stento la rabbia.
“Cosa
vuole che faccia per mettere a tacere lo scandalo?” sputò fuori con
sforzo.
Ciò
che non si aspettava di udire fu ancora una volta la sgradevole risata
del capitano il quale, evidentemente, se la stava proprio godendo.
“Mettere
a tacere lo scandalo?” rispose con, nella voce, esagerato stupore e
falsa indignazione “Non posso crederci! L’integerrimo tenente Taylor
che chiede a me di insabbiare una notizia per salvare il culo a lui e
al suo giovane amante!”.
“Basta,
la prego…” la voce di Mac a questo punto tremava di collera e
disperazione; stava vedendo crollare miseramente sotto i suoi occhi il
piano col quale aveva sperato di salvare sia lui che Danny.
“Deve
fare qualcosa, il pettegolezzo danneggerà tutto il Dipartimento, a
partire da lei!”.
“Mi
dispiace” ribatté Sinclair, trionfante “tu sarai anche un eccellente
investigatore, ma di politica non hai mai capito niente”.
“Davvero
lascerà andare in frantumi la famiglia di Danny e Lindsay?” azzardò
ancora Mac, sperando di fare leva sull’ultimo barlume di umanità del
suo capo.
Ma
quello scosse la testa.
“Come
ti ho già detto, la cosa non mi riguarda” ripeté. Ora la sua voce era
gelida e tagliente. “Se lo scandalo dovesse estendersi troppo - come
molto probabilmente sarà - non potrò fare altro che proteggere il
dipartimento e…”
“Cosa
vuole da me?” sospirò a quel punto Mac, arrendendosi.
Sinclair
scosse di nuovo il capo.
“Ah
Taylor, Taylor…proprio non riesci a capire, eh? io non voglio nulla da
te perché tu ormai non hai nulla da offrirmi. Sul serio ti eri illuso
di venire qui a negoziare con me? Nella posizione in cui sei non puoi
negoziare assolutamente nulla! Tu sei finito. E la colpa è solo tua!”.
Mac
incassò il colpo e tacque; il suo istinto gli suggeriva che quella
disgustosa conversazione non era ancora finita.
Infatti,
il capitano - dopo averlo fissato per qualche secondo, godendosi
l’umiliazione che gli aveva inflitto e consapevole di essere riuscito a
ferirlo molto più di quanto avesse mai ritenuto possibile - calò il suo
asso.
“Ok”
disse, infatti, con un sorriso viscido che puzzava di falso lontano un
miglio “voglio venirti incontro in nome della tua brillante carriera e
dei tuoi passati successi”.
Mac
attese il colpo, serrando le labbra.
E
il colpo arrivò, sonoro come una sberla in piena faccia.
“Le
tue dimissioni” riprese Sinclair in tono piano.
“Domattina.
Già firmate. Sulla mia scrivania” aggiunse secco dopo un istante.
Mac
abbassò lo sguardo.
Dimettersi?
Era peggio di quanto pensava. Quel bastardo ne stava approfittando alla
grande.
“Fallo
e io considererò l’idea di parlare con Di Maio e Garcia per convincerli
a tenere la storia per loro”.
“E
se io non accettassi?” ribatté Mac, chiamando a raccolta tutte le
scarse energie che gli erano rimaste.
“Allora,
non appena lo scandalo si sarà diffuso all’interno del Dipartimento - e
ti assicuro che sarà mia cura far sì che ciò accada il prima possibile
- avvierò una procedura disciplinare contro te e Messer. Arriveremo
davanti a un giudice interno e tutti si divertiranno a sentir
raccontare nei minimi dettagli la relazione impropria del tenente
Taylor con il suo sottoposto…”
“Lei
sa che non può mandarci via per una cosa del genere…” replicò Mac,
indignato.
“Certo”
fece l’altro, conservando il suo tono imperturbabile, conscio della
posizione di vantaggio in cui si trovava “la questione potrebbe anche
risolversi a vostro favore in udienza, ma, prima che ciò accada, sarete
sputtanati per sempre…e tu diventerai per tutti quello che si scopa i
suoi agenti in uno squallido motel del Queens!”.
Mac
imprecò mentalmente.
Dimettersi
o, peggio, essere coinvolto in un’azione disciplinare per condotta
inappropriata non solo avrebbe distrutto la sua carriera, ma avrebbe
gettato discredito su tutta la sua squadra. Forse sull’intero
laboratorio.
Il
lavoro scrupoloso di anni sarebbe stato messo in discussione per
quell’unico dannato scandalo. Chissà se - come era accaduto quando era
saltata fuori la corruzione dell’agente Dean Truby e quel bastardo di
Clay Dobson aveva sfruttato la cosa a suo vantaggio per ottenere la
libertà, uccidendo poi altre donne - anche adesso qualcuno dei tanti
delinquenti che lui e i suoi avevano contribuito a mandare in galera
non sarebbe riuscito ad approfittarne per spuntare una revisione della
condanna. Per uscire e continuare a commettere reati.
Il
suo errore, la sua leggerezza avrebbero finito per mettere in
difficoltà tutti i suoi amici e, come se non bastasse, lo avrebbero
reso indirettamente responsabile di ulteriori crimini.
No,
non poteva permetterlo.
Non
l’avrebbe permesso.
Mentre
confusamente tentava di trovare una soluzione, annaspando nella paura e
nell’angoscia, d’improvviso comprese qual era l’unica possibile via e
tutto dentro di lui divenne chiaro e silenzioso.
Si
era illuso si poterne uscire rinunciando semplicemente all’uomo che
amava.
Ora
si rendeva conto che avrebbe dovuto rinunciare a qualcosa di ancora più
prezioso.
“Ha
vinto” disse tuttavia, chinando il capo “domattina me ne andrò”.
Con
gesti lenti, carichi di drammatica solennità, si sfilò la pistola dalla
fondina, staccò il distintivo dalla cintura e li appoggiò, uno accanto
all’altro, esattamente al centro della scrivania di Sinclair.
“…e
adesso chiami quei due” aggiunse. La sua voce era spenta.
La
voce di un uomo vinto.
Il
capitano Sinclair annuì e, premuto un tasto del telefono sulla
scrivania, ordinò alla segretaria di chiamare immediatamente nel suo
ufficio il sergente Anthony Di Maio e l’agente Nestor Garcia.
***
Risentire
la voce di Danny per la prima volta dopo ciò che era accaduto la notte
precedente fu per Mac Taylor doloroso come una staffilata. E ancora di
più lo fu leggere la gioia nelle sue parole, per quella telefonata,
insieme a una sincera preoccupazione per lui e allo struggente
desiderio di rivederlo.
Tentando
di non pensare alle emozioni che stava scatenando in quel momento nel
cuore del ragazzo, e che la sua voce rivelava completamente, Mac tagliò
corto e con modi sbrigativi gli diede appuntamento a casa sua per
quella sera.
Ciò
che avrebbe dovuto fare gli ripugnava, era contrario alla sua stessa
natura.
Mentire.
Ingannare.
Tradire
la fiducia di chi innocentemente aveva scelto di mettere la sua vita
nelle tue mani.
Si,
gli avrebbe fatto male. Gli avrebbe spezzato il cuore.
Ma
il dolore più straziante Mac Taylor lo aveva riservato a se stesso.
Non
appena girò la chiave nella serratura e apri la porta del suo
appartamento, subito si rese conto che c’era qualcuno ad aspettarlo:
Danny Messer, che aveva usato per la prima - e ultima - volta le chiavi
che lui stesso gli aveva dato mesi addietro. Moriva dalla voglia di
rivedere Mac, aveva passato la giornata diviso tra il desiderio di
chiamarlo e il timore della sua possibile reazione negativa e, quando
aveva ricevuto la sua telefonata, ne era stato talmente felice da non
aver fatto caso né al suo tono strano, né alle sue frasi smozzicate.
Il
fatto che gli avesse chiesto di vedersi da lui - evento di per sé unico
- gli era sembrato un buon segno; forse, aveva pensato, ciò che era
accaduto la notte prima era stato anche per lui non già il dramma che
avevano inizialmente creduto, bensì l’occasione per vincere la paura e
l’inerzia e fare ciò che, altrimenti, non si sarebbero mai decisi a
fare.
Uscire
allo scoperto, dire finalmente la verità.
Danny
Messer pensava questo e non poteva aspettare: per almeno un’ora, aveva
camminato nervosamente per il salotto di Mac. Avanti e indietro.
Contando i minuti che colavano via con una lentezza esasperante.
Si
era tolto la giacca e, come faceva sempre quando era libero dal
servizio, anche la pistola, che aveva appoggiato sul cassettone
nell’ingresso.
Quando
vide entrare Mac, senza dargli il tempo di dire nulla, gli si avvicinò
e lo strinse forte a sé. L’altro fu colto di sorpresa ed esitò un
istante; la dolcezza, il calore di quell’abbraccio stavano per
sciogliere il grumo di dolore e di rabbia in cui da alcune ore si era
trasformata la sua anima.
Dio!
Quanto avrebbe desiderato abbandonarsi completamente tra le sue
braccia! Lasciarsi andare, annegare in quel miele, chiudere per una
volta ancora tutto il mondo fuori da quella stanza…
Ma
non poteva.
Con
uno sforzo tremendo, si svincolò e respinse Danny, che lo guardò
sbigottito.
Respirando
profondamente per calmare i palpiti del suo cuore, Mac mise alcuni
passi tra di loro; tracciò una linea ideale che non doveva lasciargli
oltrepassare di nuovo, altrimenti, ne era certo, avrebbe ceduto.
Se
Danny lo avesse toccato ancora, se soltanto si fosse avvicinato troppo
a lui o lo avesse sfiorato, Mac sapeva che tutta la sua determinazione
sarebbe svanita in un solo istante.
E
quell’istante avrebbe segnato la rovina sua, di Danny e della sua
famiglia.
Perciò
doveva evitarlo a tutti i costi.
“Mac”
esclamò Danny, meravigliato per il suo comportamento scostante “cosa ti
prende?”.
Il
tenente sollevò una mano verso di lui per impedirgli di avvicinarsi
un’altra volta.
“Danny,
stammi lontano…è finita!” disse, severo.
Quelle
parole fecero sgranare gli occhi blu cielo del ragazzo e disegnarono
una smorfia di dolore sulle sue labbra sottili.
“Cosa?”
esclamò, incredulo. Tutte le illusioni che aveva coltivato, i suoi
sogni, tutti i suoi desideri si stavano infrangendo contro un muro di
freddezza, contro un’ostilità inaspettata.
“Hai
sentito” ribatté Mac, senza guardarlo in faccia “restituiscimi le
chiavi, noi due non ci rivedremo mai più. Né per lavoro, né per…” esitò
un istante, cercando la parola adatta, che non riuscì a trovare
“…altro”.
Danny
fece un passo verso di lui, mentre le ultime sillabe di quelle odiose
parole si spegnevano, e disse: “Non riesco a crederci, non è
possibile…io ti amo, dannazione! Ti amo! E so che anche per te è lo
stesso…”.
Alle
sue accorate parole risposero prima un silenzio gelido, e poi una frase
che fu anche più devastante.
“Amore?”
replicò l’uomo, con noncuranza “per favore, Danny, non usare paroloni
che con noi non hanno niente a che vedere…Amore è ciò che io ho provato
per Claire, ciò che tu provi per Lindsay e per Lucy, non certo quello
che c’è stato tra me e te!”.
Il
giovane lo fissava senza riuscire a parlare, annichilito da
quell’improvviso dolore.
“Tra
noi è stato” infierì Mac “come dire? Un diversivo, un piacevole
passatempo che non si ripeterà mai più”.
“Perché
dici queste cose? perché mi stai facendo questo?” rantolò Danny, con
gli occhi pieni di lacrime.
“Non
puoi prendertela” ribatté Mac seccamente “se per la prima volta sono
sincero con te!”.
Danny
gli si avvicinò ancora. Adesso era solo a un passo da lui.
Tra
loro, poche decine di centimetri e una distanza incolmabile.
“Se
davvero non mi ami, se non mi hai mai amato, voglio che tu me lo dica
guardandomi negli occhi. Solo allora me ne andrò e tornerò da Lindsay!”
gemette disperato.
“Io
non ti devo nessuna spiegazione” rispose Mac, senza tuttavia avere il
coraggio di guardarlo. Le sue parole risuonavano distaccate, ma il tono
tradiva il tumulto del suo cuore.
Danny
allora lo afferrò per le braccia e gli impose di fissarlo. Dritto negli
occhi.
“Allora?”
insisté, le labbra tremanti, ormai prossimo al pianto “dimmi la
verità!”.
Mac
Taylor era famoso per la sua capacità di celare le sue emozioni,
rendendo l’espressione del viso imperturbabile; una qualità che gli era
stata utile molto spesso mentre interrogava un sospettato.
E
quella volta fu costretto a superare se stesso.
Fissando
Danny Messer in volto, sibilò la sua risposta.
“Se
proprio vuoi saperlo, mi sono divertito molto a venire a letto con
te…tutto qui. Non avrai mica creduto che io potessi sul serio perdere
la testa per un uomo? E, per di più, per uno come te?”.
“Va’,
torna a casa da tua moglie!”.
Il
pugno che Danny sferrò a Mac in pieno viso, con tutta la sua forza,
cancellò il falso sorriso che il tenente stava cercando disperatamente
di inventarsi, mentre dentro di sé moriva.
Gli
fece sanguinare la bocca e lo gettò in ginocchio.
E
nel dolore gli regalò il sollievo di non essere più costretto a mentire
a Danny guardandolo negli occhi. Insieme alla consapevolezza di
avercela fatta.
Rialzandosi
a fatica, lo vide gettare con rabbia le chiavi per terra, raccattare la
giacca e andare via sbattendo violentemente la porta d’ingresso.
Si
asciugò il sangue che gli colava da un angolo della bocca col dorso
della mano e rimase, immobile, in piedi al centro della stanza.
Il
suo sguardo velato dalle lacrime si posò sulla pistola che Danny aveva
dimenticato: con un sorriso carico di amarezza, pensò che, alla fine,
la sorte lo stava aiutando.
L’oscurità
premeva contro le finestre.
L’oscurità
premeva dentro il suo cuore, contro la sua carne.
Mac
Taylor desiderò che l’oscurità autunnale sfondasse i vetri e si
riversasse nella camera, sommergendolo come nell’inchiostro. Che
l’oscurità che aveva dentro spaccasse la superficie della sua anima e
si confondesse con essa.
Soffocando,
annegando tutto il suo dolore.
***
All’improvviso,
un rumore secco mi fa sobbalzare. È uno sparo, lo riconosco.
Proviene
da…
Prima
che la sua eco maligna si sia spenta nelle mie orecchie, il mio
cervello ha già capito. Il mio cuore ha accelerato furiosamente il suo
ritmo.
Non
posso, non voglio crederci.
Eppure
dentro di me so che è così.
Una
folle speranza mi spinge a correre a perdifiato verso l’ufficio di Mac.
Dio
mio, ti supplico…fa’ che non sia così, fa’ che io mi sbagli.
Ti
prego, non farlo morire…no…no…
Nel
breve tempo che le gambe impiegano a percorrere affannosamente i pochi
metri che mi separano dal luogo in cui, adesso, batte il mio cuore,
tutti questi pensieri si affollano nel mio cervello sconvolto.
Ti
prego, Dio, fa’ che sia ancora vivo…che io possa parlargli solo
un’ultima volta!
Le
urla di chi è arrivato prima di me spengono la mia speranza e mi
mozzano il respiro.
Lindsay
è al mio fianco; ha capito e già singhiozza, stringendomi convulsamente
il braccio.
La
guardo in faccia e non provo che rabbia e disgusto.
La
nausea mi rivolta lo stomaco.
Con
una violenza che la sconcerta, mi strappo via dalle sue braccia e trovo
il coraggio di entrare.
Ma
oltrepasso la soglia e mi basta sentire l’orrendo rumore delle gocce
che cadono spietatamente sul pavimento per capire che non ho la forza
di muovere un altro passo. Quel suono mi trapana il cervello.
Non
ce la faccio.
Non
ho il coraggio di guardare per l’ultima volta il tuo viso.
L’odore
del sangue mi riempie le narici.
Del
tuo sangue.
Un
conato di vomito mi scuote lo stomaco. In bocca, l’acido del fiele.
Le
ginocchia cedono, si piegano.
Sarebbe
stato meglio di no: sul pavimento lucido spicca una chiazza rosso vivo.
Il
disgusto mi soffoca, devo distogliere lo sguardo.
Gli
altri intorno a me sono silenziosi, come impietriti.
Sinclair,
Gerrard, Jo, Adam…sembra non riescano nemmeno a respirare.
Il
tempo si è cristallizzato in muto sgomento.
L’orrore
è troppo grande.
È
finita. Insieme a te è finito il nostro mondo come lo abbiamo
conosciuto in tutti questi anni.
Non
resisto; vincendo il malessere che mi taglia le gambe riesco ad
allontanarmi senza guardare nessuno.
I
miei occhi sfuggono quelli di Lindsay che, invece, mi cercano
disperatamente.
Ho
bisogno di aria.
Ho
bisogno di silenzio.
Ho
bisogno di capire.
Apro
l’uscita di sicurezza e mi ritrovo solo in cima alla scale esterne; un
vento tagliente sibila intorno a me, ma io a stento me ne accorgo.
Spalle contro la porta di metallo gelato, cerco di ricordare come si fa
a respirare normalmente.
Il
cuore martella impazzito nel petto, il sangue rimbomba nelle orecchie,
il respiro va e viene.
Non
riesco a capire.
Perché?
Solo ieri mi avevi detto che era tutto finito…se penso che forse
intendevi dire questo mi si ghiaccia il sangue nelle vene.
Finito?
Mi hai detto che era stato un errore, che dovevo tornare da Lindsay,
che avremmo ripreso la nostra vita di prima, come se fosse possibile!
Sei
stato odioso.
Mentivi.
Ora
lo comprendo.
Avevi
già deciso e io non sono riuscito a capirlo.
Invece
di darti addosso, invece di aggredirti, accecato dalla rabbia, avrei
dovuto leggere in fondo al tuo sguardo e, forse, vi avrei scorto la
disperazione che oggi ha guidato la tua mano…
Dannazione!
Imbecille che sono! Come al solito non sono riuscito a capire niente di
te…maledetta la tua faccia impassibile, maledetti i tuoi occhi stregati!
Hai
fatto di tutto perché io non riuscissi a comprendere; e magari non ti
ci è voluto neanche molto. Tu sei…tu eri il migliore in questo.
E
io solo un ragazzo superficiale, un idiota che si era illuso di avere
penetrato il tuo mistero.
Quanto
deve esserti costato…
Mi
si ferma il cuore al solo pensiero di cosa devi avere passato stanotte,
completamente solo contro tutto il mondo e con il mio disprezzo - con
tutto l’odio che ti avevo gettato in faccia - a farti da unica
compagnia.
Non
riesco a crederci.
Non
riesco a credere che non ci sei più.
Che
non sarai mai più con me. Come capo, come amico, come amante.
Come
l’amore della mia vita sbagliata.
Il
dolore lacerante mi ha aperto gli occhi brutalmente.
Ora
è tutto chiaro.
Il
tuo piano.
Il
tuo tentativo.
Il
tuo sacrificio fatto per amore mio, di Lindsay, di Lucy.
Anche
ora, come sempre tra noi, hai deciso tu: tu hai iniziato, tu hai
condotto e adesso tu hai apposto l’ultimo sigillo.
Questo
mi ha travolto in te e alla tua decisione mi sono appoggiato. Troppo,
lo capisco solo ora.
La
tua forza ha eluso la mia.
La
tua fermezza mi ha schiacciato.
La
tua volontà mi ha riempito.
E
ti ho lasciato solo a decidere.
Hai
forzato il mio desiderio, mi hai strappato il cuore dal petto e,
nonostante tutto, io ti amo ardentemente.
Con
tutta la mia anima spezzata.
Con
il mio respiro vacillante e i miei sensi confusi.
Perché
ho capito.
Ti
ringrazio, Signore, perché nel dolore ho capito.
Perché
hai fatto si che i miei occhi si aprissero alla verità.
Si,
Mac, tu non lo hai fatto per odio.
L’hai
fatto per amore.
Non
perché odiavi la tua vita.
Ma
perché amavi me più di essa.
So
già cosa diranno i benpensanti, gli ipocriti: che hai sbagliato, che
sei un codardo, che ti aspetta l’Inferno.
No,
non ci sarà questo per te. Lo so. Lo sento.
La
misericordia di Dio ti spalancherà le porte del Cielo! Lì è il posto
per quelli come te, che hanno vissuto con il cuore puro e l’anima
rivolta alla verità.
Tu
non sei un codardo, nessuno potrà neppure pensarlo! Hai avuto un
coraggio che io non avrò mai. Hai preferito la morte all’odio e
all’ignoranza della gente.
Sento
che sto cedendo.
La
fragile superficie delle cose si è frantumata in schegge di dolore.
Gli
occhi mi si riempiono di lacrime. Finalmente i singhiozzi sgorgano dal
mio petto e mi travolgono come l’acqua di un fiume in piena.
Non
capisco più niente.
Non
sento niente.
Solo
sofferenza.
Tutto
intorno a me perde i contorni, si fa sfocato.
Nulla
ha più importanza.
Solo
il dolore che irrompe dentro di me, mi schianta, mi porta via la pelle
e danza sulle mie ossa scarnite la sua danza disperata.
Non
riesco a respirare, né a fermarmi.
Ho
il terrore che il cuore non regga a tutto questo strazio.
Mi
manca la terra sotto i piedi.
Sto
per precipitare.
All’improvviso
la porta di apre.
È
Lindsay.
Ha
gli occhi asciutti, ma rossi e gonfi.
Senza
dire niente, mi tira su, mi stringe tra le braccia.
Poi
mi accarezza, appoggia sulle mie labbra tremanti le sue e mormora
parole che non capisco. Confonde il suo fiato con il mio, le lacrime
con le mie lacrime.
Vorrei
mandarla via, ma non ci riesco.
Non
sono forte come te.
Non
lo sono mai stato e certo non lo sarò adesso.
So
che lei è l’unica persona che può starmi vicino: lei curerà le mie
ferite senza sapere mai cosa le ha provocate veramente, né perché siano
tanto dolorose. Mi aiuterà, anche se so che non è giusto. E che non lo
merito.
Ma
scommetto che tu questo lo avevi previsto, non è vero?
Io
ho bisogno di lei, di quel pezzetto di tempo bagnato di felicità che è
stata la mia vita insieme a lei e a Lucy prima di avere te.
Da
solo non ce la faccio.
Lo
so.
Perché
so anche che non riuscirò a lasciarti andare mai. Mai del tutto,
dovessi vivere altri mille anni.
Ciò
che sono stato accanto a te è il succo della mia stessa carne.
Scomparirà
solo quando scomparirò io.
Tra
i singhiozzi che non si fermano, riesco solo a pensare che hai vinto tu.
Anche
stavolta.
***
Ho
sempre saputo che ti passa davanti agli occhi tutta la vita
nell’istante prima di morire.
Ebbene,
prima di tutto quell’istante non è affatto un istante.
Si
allunga per sempre come un oceano di tempo.
Per
me fu il profumo dei cedri a Maaser-Al-Shouf, una torrida primavera di
quasi trent’anni fa.
Fu
Claire vestita di bianco, che mi sorrideva sull’altare…Oh! Claire…
Fu
andare in giro con mio padre, la mattina dopo Capodanno, per le strade
del nostro quartiere, a Chicago, per controllare che in nessun cortile
ci fosse un albero di Natale più alto e bello del nostro.
Diciassette
Natali.
Diciassette
vittorie.
Dio
Santo, papà, quanto mi sei mancato in questi lunghi anni…
Ho
sempre voluto tanto assomigliarti, per questo mi sono arruolato tra i
marines che ero ancora un ragazzo. Per mantenere una promessa fatta a
te ho scelto il lavoro che poi è diventato la mia vita, nella città che
la mia vita ha distrutto dieci anni fa.
Ero
sicuro che tu dall’alto mi guardassi e fossi fiero di me!
Però
avrei voluto che tu mi fossi accanto, a gioire dei miei successi! Del
matrimonio con Claire, del mio lavoro…
Ora,
invece, sono sollevato al pensiero che tu non possa vedere ciò che
forse accadrà domani. Ciò che non sono stato in grado di evitare del
tutto e che già sta cominciando ad accadere.
È
colpa mia, lo so.
Credi
che non lo sappia?
Ho
commesso un terribile errore, ho rovinato la mia vita e rischiato di
rovinarne altre tre.
Mio
Dio, papà, che vergogna!
So
che da vivo non mi avresti mai perdonato: tuo figlio, il tuo unico
figlio, l’unico figlio del Maggiore Mckenna Boyden Taylor sr.
dell’esercito degli Stati Uniti, diventato un finocchio, una checca, un
ciucciacazzi.
Un
pervertito.
Come
altro mi chiameranno?
Quale
altro squallido nome daranno al mio puro amore?
Amore,
si.
Lo
ammetto.
È
stato questo.
È
stato amore.
Sarebbe
stata un’attenuante? Non lo so. Certo non mi avrebbe risparmiato le
critiche, le battute pesanti, le risatine dietro le spalle.
E,
soprattutto, l’odio di Lindsay.
Si,
papà, da vivo non mi avresti mai perdonato.
Forse,
ora che ci incontreremo riuscirai a capire.
Forse
non te ne importerà niente, perché per chi è oltre nulla di ciò che
accade su questo sudicio granello di sabbia che rotola nell’universo
conta più.
Presto
lo saprò.
Ho
bisogno di te…
Mi
accoglierai?
E
tu Danny, cosa pensi adesso che siano lontani come non lo siamo mai
stati? Cosa si agita nel tuo cuore? Riuscirai ad andare avanti?
Perdonami
per l’immenso dolore che ti ho dato.
Per
non avere avuto il coraggio di lottare.
Per
non essere stato forte come tu volevi che io fossi.
Come
tu avevi bisogno che io fossi.
Perdonami
per avere deciso da solo per tutti e due.
Per
averti salvato da me, spezzandoti il cuore.
Perdonami
per tutto questo e per tutto ciò di cui mi accuserai e che ora non
riesco nemmeno a immaginare.
Per
il resto, dimenticami.
Dimentica,
Danny, le mie labbra premute contro le tue.
I
nostri respiri confusi, le risate soffocate, il profumo del caffè nel
cuore della notte.
Quegli
istanti sospesi prima di un bacio.
La
tenerezza.
L’abbandono.
Tu
puoi farlo: sei vivo e ai vivi è concesso dimenticare.
Io
non posso farlo.
Io
non voglio farlo.
FINE