Note:
Questa fic è una continuazione di ‘Tre passi verso
di te’. Ho immaginato che dopo essersi chiariti, Colby e
Charlie avessero bisogno di un po’ di tempo da soli, solo per
loro, da qualche parte, per ritrovarsi, senza scocciatori che potessero
interromperli. Spero di non aver esagerato con il miele e di essere
riuscita a mantenere i personaggi IC
^^’’’ Il titolo è quello della
canzone di Max Pezzali, l'ho usato solo perchè volevo dare
l'idea del bisogno profondo che hanno di insieme in un luogo solitario
per potersi ritrovare e riscoprire ^^
Dediche: Dedico questa fic alla mia sensei Akane:
spero che ti piaccia sensei ^^ ad Arwen88: Figurati
non mi irrito per così poco, le critiche quando sono
costruttive sono sempre bene accette -__^ Allora… Quando ho
scritto quella fic non mi sembrava che i periodi fossero
così lunghi e difficili da seguire, quindi l’ho
fatta leggere ad una mia amica (senza dirle che la fic era mia ^^) e mi
ha detto che per lei era così. Forse sono stata contagiata
da Glenn Cooper, l’autore de ‘La Biblioteca dei
Morti’: scrive dei periodi lunghi mezza pagina, quasi!
^^’’’ Comunque sì, puoi
sperare in una lemon… anzi in più di una!!!
Questo è solo l’inizio ^O^ Bels90:
Sono contenta che il ‘Terzo passo’ ti sia piaciuto,
spero che ti piaccia anche questa fic ^^ La canzone che mi hai
consigliata è bellissima, perfettamente adatta, grazie!!!
Ringraziamenti: Ringrazio ArabaFenica, Bels90,
Eli1414, Lilly86, Love90,
Malena, OnlyAShadow e Rose
che hanno inserito 'Tre passi verso di te' tra i preferiti e tutti
coloro che hanno anche solo letto (inchino!). Ringrazio coloro che
leggeranno e commenteranno questa fic.
Adesso vi lascio alla lettura, al prossimo capitolo gente ^O^
Nient’altro che noi
Prima parteL’auto
si fermò
sul sentiero sterrato di fronte al piccolo chalet che avevano
affittato. Charlie scese dall’auto e si guardò
intorno: erano circondati da abeti e querce a perdita
d’occhio e da un profondo, rilassante silenzio, rotto a
tratti solo dal cinguettio di alcuni uccellini in lontananza e dal
fruscio di qualche animale che si muoveva nel sottobosco. Il rumore
secco di una seconda portiere chiusa lo fece voltare. Colby era dietro
di lui, dall’altro lato dell’auto, e gli sorrideva
tranquillo. Sì, avevano avuto decisamente
un’ottima idea a partire per quel fine settimana. Colby era
stato dimesso dall’ospedale la settimana prima, ed essendo
ancora in malattia aveva proposto al suo compagno di partire, di andare
da qualche parte insieme, solo loro due per ricucire i fili lacerati
della loro relazione e ricominciare insieme. Charlie era riuscito a
strappare all’università solo quel finesettimana
all’università, dal venerdì sera alla
domenica pomeriggio, ma sarebbero stati tre giorni pieni solo di Colby
e davvero non riusciva a pensare ad una prospettiva migliore.
Il poliziotto aprì il bagagliaio e tirò fuori i
loro borsoni, quindi, aiutato dal compagno, portò tutto
dentro lo chalet. Era anche meglio di come lo aveva descritto la
commessa dell’agenzia di viaggio. L’unico materiale
usato era il legno che conferiva a tutto un classico aspetto rustico.
Il soffitto era costruito con grossi tronchi, come anche i muri
esterni, mentre il pavimento ed i tramezzi erano stati realizzati con
lunghi pannelli rettangolari di legno scuro e lucido. Al pianterreno si
trovavano un piccolo salotto, ed una cucina con una porta che dava sul
retro, una piccola scala sulla sinistra portava al piano superiore ed
alle camere.
Colby avvolse con un braccio la vita di Charlie e se lo
trascinò contro.
- Portiamo i borsoni in camera e poi prepariamo la cena, ok?- gli
propose, per poi dargli un bacio veloce sulla guancia.
Il matematico annuì per poi osservare il compagno che saliva
le scale. Un crampo di aspettativa e desiderio gli aveva contorto le
viscere a quelle parole. Da quando Colby era tornato un uomo libero non
erano mai andati oltre i baci e qualche carezza un po’
più spinta, quasi come se fossero ritornati agli inizi della
loro storia. E quel viaggio era stato fatto anche per quello,
per concedersi il tempo e la possibilità di reintrodurre la
componente fisica nel loro rapporto. Un sospiro eccitato
vibrò spezzato tra le labbra di Charlie al pensiero di poter
fare nuovamente l’amore con Colby. Scosse la testa, facendo
ondeggiare i ricci scomposti davanti la fronte e cercando di scacciare
i pensieri roventi che gli si stavano affollando nella mente; quindi si
caricò la propria sacca in spalla e seguì il
proprio compagno.
Charlie sorrise soddisfatto prima di raggiungere Colby che si trovava
già nella loro camera.
- Ti sei già sistemato?- chiese entrando e vedendo che il
compagno aveva già indossato una comoda tuta sformata.
- La valigia non l’ho disfatta, ho solo preso qualcosa di
comodo!- rispose mentre, di spalle, piegava accuratamente i vestiti che
aveva indossato durante il viaggio.
- Perché?- domando ancora il matematico, quasi ingenuamente,
dopo aver poggiato il borsone sul letto ed aperto la cerniere.
Colby si voltò verso di lui e, sorridendo sghembo, gli
circondò con le braccia la vita, tirandoselo contro fino a
quando non lo sentì completamente contro di sé.
- Non avremo alcun bisogno di vestiti in questi giorni…- gli
spiegò prima di mordergli la mandibola.
Charlie sospirò compiaciuto, inarcandosi contro di lui e
stringendo forte la stoffa della sua maglietta tra le dita.
Voltò, quindi, la testa di lato, cercando con la propria
bocca quella di Colby.
Avvertirono quella corrente elettrica che li aveva spinti uno fra le
braccia dell’altro e che aveva caratterizzato fin
dall’inizio la loro storia, tornare a spirare sempre
più forte ad ogni bacio e carezza. Un desiderio fisico e
spirituale dell’altro che stava diventando sempre
più violento ed incontrollabile, e che li spingeva a
cercarsi ancora, ancora ed ancora.
Colby si allontanò dalle labbra del suo professore,
poggiando la propria fronte contro la sua, beandosi del suo volto
piacevolmente rilassato, su cui aveva già iniziato a
strisciare il piacere, e dei suoi occhi neri e liquidi. Erano stati
momenti come quello, in cui il centro del mondo per lui era solo ed
unicamente Charlie, ad essergli mancati di più, in prigione.
Quella mancanza si era mutata presto in un dolore sordo e profondo,
come se qualcosa stesse scavando una galleria dentro di lui, e che,
solo ora che poteva stringerlo nuovamente tra le sue braccia, si stava
lentamente colmando.
- Vado a preparare la cena: ti aspetto giù, ok?- disse Colby
baciandogli poi la punta del naso.
- Ti raggiungo subito…- sospirò il professore
cercando una volta ancora le sue labbra per un bacio.
Colby sorrise contro le sue labbra sentendo quel fastidioso pizzicore
sul fondo dell’anima sparire: ora andava davvero tutto bene.
Rimasto solo nella camera, Charlie osservò il proprio
riflesso nello specchio sopra la cassettiera. Era sempre lui, con il
suo aspetto arruffato da matematico ed il colorito pallido; eppure,
allo stesso tempo, era diverso dal se stesso di qualche anno prima. Lo
poteva notare negli occhi neri e lucidi, ancora liquidi di quel piacere
che lo aveva colto ai baci di Colby, nelle guance colorate da un
leggero velo di porpora e nelle labbra gonfie ed arrossate dai baci. Ma
non era una questione solamente fisica, era un qualcosa di
più sottile e complesso che vibrava sul fondo della sua
anima. Forse per un uomo di trent’anni come lui, che aveva
fatto tutte le sue esperienze, era ridicolo dire una cosa simile, ma
Charlie si sentiva adulto, finalmente sicuro nei sentimenti,
più di molti suoi colleghi che, pur essendo sposati,
saltavano da una relazione all’altra, senza comprendere nulla
né di se stessi né degli altri.
Scosse la testa, divertito dai propri insoliti pensieri: in quel
momento aveva voglia di Colby, di stare con lui, non c’era
spazio per nessun altro pensiero. Si liberò delle scarpe da
ginnastica e scese al piano di sotto. Sbirciò nella piccola
cucina e si incantò ad ammirare la sua figura imponente e
solida che si affaccendava per prendere dal congelatore la cena
precotta da riscaldare. Una vampata risalì dalla punta dei
suoi piedi, investendolo in pieno, accendendo tutti i suoi sensi,
immaginandosi a stringe con le sue braccia quelle spalle ampie e
muscolose, mentre Colby lo possedeva. Rabbrividì mentre si
allontanava da lui, sperando di riprendere un po’ di fiato e
schiarirsi le idee.
Rientrò nel piccolo salotto e, mentre si guardava intorno
alla ricerca di qualcosa che potesse distrarlo, notò un
piccolo impianto stereo con accanto una discreta raccolta di cd, sulla
mensola d’angolo. Si avvicinò e prese a caso una
delle custodie, la voltò ed iniziò a scorrere i
titoli sul retro. Non conosceva quelle canzoni, ma c’era
qualcosa in quei titoli che attirava irresistibilmente la sua
curiosità. Quasi senza pensarci, aprì la custodia
ed inserì il cd nello stereo, subito una melodia sensuale e
dolce si sciolse nella stanza. Charlie chiuse gli occhi e si
abbandonò alle note sensuali che gli accarezzavano
l’udito, perdendo presto la coscienza del tempo e dello
spazio. Per questo sobbalzò colto di sorpresa quando un paio
di braccia muscolose gli strinsero la vita ed un torace ampio e comodo
si schiacciò contro la sua schiena. L’odore
familiare di Colby gli solleticò le narici ed i suoi sensi
si quietarono immediatamente, iniziando, poi, a vibrare per ben altre
sensazioni, quando il poliziotto iniziò a muovere il bacino
a tempo di musica, trascinando anche il suo, in una danza lenta e
sensuale, in un morbido, cocente sfiorarsi dei loro corpi. Quando
l’agente aveva sentito la musica provenire dal salotto, aveva
lasciato le vaschette di cibo surgelato sul lavandino e si era
avvicinato, scorgendo Charlie in piedi davanti lo stereo con una
bellissima espressione persa sul viso. Non era più riuscito
a resistere al bisogno che aveva di lui e si era avvicinato al compagno.
Colby avvicinò le labbra all’orecchio del suo
professore, cantando con un tono di voce basso e roco la canzone,
sfiorando quella pelle sensibile ad ogni nota, facendolo rabbrividire.
Una sensazione bollente e dolce si fuse all’interno di
Charlie, sciogliendolo fin dentro le ossa, sentendo quel respiro caldo
e quella voce languida scivolare nel suo orecchio, arrivando a
vezzeggiare il suo cervello, ormai ridotto ad una massa tremolante.
Come ci riusciva? Come poteva Colby avere un simile potere su di lui,
riuscire a ridurlo in un simile stato con qualche blanda carezza?
Voleva baciarlo. Voleva baciarlo, perdersi completamente in lui,
bruciare fino a che di lui non sarebbe rimasto nient’altro
che cenere ardenti.
Forzando la stretta del compagno su di lui, Charlie si volse,
gettandogli le braccia al collo, cercando subito la sua bocca con la
propria, continuando a muoversi con lui, su di lui, in quella danza
erotica. Non era un bacio di quelli che si erano scambiati fino a quel
momento e lo compresero immediatamente. Quel bacio assaltava i loro
sensi e divorava la ragione per la sua intensità, era
intriso di tutta la passione accumulata e che ora voleva essere
soddisfatta. Le mani cominciarono a scorrere sui loro corpi,
infilandosi sotto i vestiti cercando e saggiando quanta più
pelle possibile dell’altro.
Quando si allontanarono per respirare e si guardarono negli occhi,
avvertirono distintamente qualcosa spezzarsi tra loro, il desiderio
riversarsi dentro di loro come l’acqua spumeggiante che
erompe da una diga all’improvviso, ed incendiare i loro corpi.
Si avventarono l’uno sull’altro, i vestiti vennero
strappati di dosso, i baci divennero simili a morsi, mentre le mani
premevano e graffiavano sulla pelle che veniva man mano denudata.
Quando furono nudi, i loro corpi presero a premersi sempre di
più l’uno contro l’altro, cercandosi,
sfiorandosi in cocenti carezze che parevano bruciare la pelle.
La mente di Colby era completamente invasa dalle sensazioni che,
violente, stavano esplodendo al suo interno. Riusciva a percepire
soltanto Charlie, il suo corpo premuto contro il proprio, la sua pelle
sudata che scivolava lenta e rovente sulla propria, le sue braccia
aggrappate alle proprie spalle e le dita che tastavano, premevano e
graffiavano, il suo odore che gli tagliava la gola ed i polmoni.
Le mani di Colby, con i palmi e le dita ben aperte, presero a scivolare
lungo tutta la schiena sottile di Charlie, scendendo giù,
sempre più giù, attardandosi un attimo a
giocherellare con le natiche, prima di iniziare a prepararlo con
estrema cura. Sentiva il corpo di Charlie tremare, inarcarsi e gemere
tra le sue braccia, minando, così, sempre più il
suo autocontrollo, ma sapeva bene che doveva
resistere e dargli tempo, perché era da tanto, troppo tempo
che non facevano l’amore ed il suo compagno avrebbe provato
dolore come le prime volte. Charlie allontanò appena le
labbra dalla pelle del compagno, piantando il proprio sguardo liquido e
rovente nel suo.
- Prendimi!- bisbigliò in un gemito, prima di ritornare
sulle sue labbra.
Un sussurro che si sciolse come metallo arroventato su Colby e che
infranse le sue ultime resistenze. Sfilò le dita da lui e
gli prese i fianchi per guidarlo mentre, a tentoni, indietreggiava fino
a raggiungere il divano dove si lasciò cadere portando con
sé il suo professore. Continuando a baciarlo ed
accarezzarlo, Charlie si sedette a cavalcioni del suo bacino, con le
gambe piegate sui cuscini, accanto ai suoi fianchi.
Colby scivolò con le labbra a baciargli la gola, mentre gli
sollevava i fianchi e lo guidava su di sé, sentendo un
calore zuccherino sciogliersi nel suo cervello. Il professore
gettò la testa all’indietro, spalancando gli occhi
e la bocca in un grido muto. Quando il dolore scemò, Charlie
poggiò la fronte contro quella del compagno, immergendosi
nei vortici azzurri delle sue iridi, iniziando ad inseguire le ondate
di piacere dettate dai suoi lombi, strappando profondi gemiti al
compagno ed a se stesso.
Colby catturato dalla visione di quel corpo alabastrino e sinuoso che
si muoveva sul proprio, si riappropriava di tutte quelle sensazioni che
Charlie scatenava dentro di lui, sfogliandole ed assaporandole una ad
una, fino a quando non si perse completamente
nell’abbacinante biancore del piacere.
Dopo giacquero a lungo distesi sul divano a rincorrere il respiro
spezzato, l’uno sull’altro, abbracciati, ancora un
po’ increduli di essersi ritrovati. Disteso sul corpo forte
del compagno, con la testa poggiata sul suo petto, Charlie era intento
dal ascoltare il battito del suo cuore che andava a normalizzarsi,
accarezzandogli la pelle sudata con il proprio respiro, facendolo
rabbrividire. Colby con le testa poggiata sul bracciolo e gli occhi
chiusi, cercava di afferrare le ultime scie di piacere, mentre la sua
mano giocherellava distrattamente con quella di Charlie e
l’altra gli stringeva il fianco.
Le labbra del compagno che gli stavano baciando il petto lo riscossero
dallo stato di torpore che lo aveva colto. Colby sollevò
stancamente le palpebre ed abbassò la testa, godendo della
visione di quel corpo nudo disteso sul proprio e della sensazione di
quelle labbra ancora rosse sulla sua pelle. Con la mano libera gli
sollevò il mento, avvinando il suo volto al proprio,
cercando subito la sua bocca.
- Finalmente!- sospirò ad occhi chiusi, cercando ancora la
sua pelle con le labbra e con le mani.
Era quello che maggiormente gli era mancato in prigione: avere tutti i
sensi aggrediti da Charlie, quei momenti di morbidezza dopo aver fatto
l’amore, sentirlo fare le fusa tra le sue braccia. Lo
circondò con le braccia, premendogli appena le mani sulla
schiena e se lo tirò contro, facendolo distendere
completamente su di sé, per poterlo sentire con ogni parte
del suo corpo.
- Ti amo Charlie!- disse guardandolo intensamente negli occhi.
Qualcosa esultò dentro il matematico
nell’ascoltare delle parole. Da quando era ritornato sembrava
che a Colby non bastasse mai ripeterle, come se volesse convincerlo
della veridicità sei suoi sentimenti. Un piccolo sorriso
scivolò sulle sue labbra mentre chinava la testa su di lui.
- Ti amo anch’io Col!(Grazie sensei ^O^)- e gli
baciò una guancia.
- Col?- domandò perplesso
l’agente sentendo come l’altro l’aveva
chiamato.
Charlie riportò lo sguardo nel suo, il nero di quelle iridi
sembrava traboccare di tutti i sentimenti che provava per lui.
- Sì, perché non ti piace?- rispose mettendo su
un finto broncio.
In quel modo lo chiamava solo il suo perfetto ed irritante fratello
maggiore (non so che Colby ha davvero un fratello maggiore, ma
passatemela per favore ^^) e soltanto per sottolineare quali differenze
ci fossero tra loro. Quand’era in Afganistan molti suoi
compagni di squadra avevano provato a chiamarlo Col
e con tutti aveva chiarito quanto odiasse
quell’abbreviazione. Eppure sulle labbra di Charlie aveva
assunto tutt’altro suono, così intimo, dolce,
caldo ed invitante… Sembrava promettere chissà
quali delizie!
- Affatto!- bisbigliò prima di baciarlo nuovamente.
Il momento fu, però, disturbato dallo stomaco di Colby che
iniziò a protestare per il lungo digiuno. Charlie gli
scoccò un’occhiata divertita, mentre un sorrisino
gli incurvava irresistibilmente le labbra.
- Riscaldo la cena!- disse prima di baciarlo rapidamente sulla labbra e
sollevarsi.
Colby lo osservò attentamente mentre si muoveva nella stanza
alla ricerca dei suoi boxer, per poi infilarsi il suo maglione.
Ghignò divertito: gli stava talmente grande che lo copriva
fino alle ginocchia. Charlie vedendo la sua espressione
sbuffò e svelto entrò in cucina.
Colby attese qualche istante prima di sollevarsi ed indossare a sua
volta i boxer, per poi raggiungere il proprio compagno. Appoggiato allo
stipite della porta, lo osservò mentre infilava la cena
ormai scongelata nel microonde, quindi gli si avvicinò,
voltandolo ed abbracciandolo per la vita e stringendoselo contro. Non
riusciva a togliergli le mani di dosso, a stargli lontano, a non
sentirsi i polmoni impregnati del suo odore.
Charlie, ridacchiando, gli passò le braccia attorno al collo.
- Tra quanto si mangia?- chiese l’agente mentre lo baciava
sotto l’orecchio.
- Una… una decina di minuti…- riuscì a
rispondere tra un sospiro e l’altro.
- Allora ho tutto il tempo di sprimacciarti per bene!-
ghignò Colby prima di assaltagli il collo con tanti baci
umidi e scherzosi, facendolo ridere di divertimento ed eccitazione.