*Eccoci qua finalmente. La serata al locale ha lasciato il segno anche se sembra non sia successo niente di particolare, ma Tommy ormai ha capito la strada che finirebbero per intraprendere e come sempre quando arriva a quel genere di cose, lui scappa terrorizzato. Vediamo di capire il motivo per cui lo fa o almeno iniziare a capirlo. Un giorno nelle tenebre di Tommy, come reagirà Giulio ritrovandosi un Tommy che si isola e non reagisce a nulla? Lo lascierà a sé stesso o prenderà tutto nelle sue mani? Le canzoni per questo capitolo sono due, la Requiem capirete leggendo il motivo, mentre la seconda è più per le parole che si adattano allo stato d'animo di Tommy. Buona lettura. Baci Akane*

13. FRA CALCI E CAREZZE


/Requiem - Mozart/

"il mio dentro è fuori, la mia sinistra è destra
il mio sotto è sopra il mio nero è bianco
trattengo il respiro e chiudo gli occhi e aspetto ma non ci sono luci
niente ha più senso"
/Nothing makes sanse anymore - Mike Shinoda/


Tommy non aveva la minima intenzione di rivederlo, non era nemmeno andato a lavoro inventandosi un’influenza inesistente, ma quando il mattino si ritrovò sveglio a l’una del pomeriggio, capì che era venuto a portare fuori Eric.
Ebbe uno strano moto di ribellione misto a contentezza ed odiandosi per questo prese la colazione ed il pranzo portatogli da Giulio e li buttò nell’immondizia, poi si accese una sigaretta e rimanendo nudo come se non fosse nemmeno al mondo, senza neanche aprire le finestre per far entrare il sole di quella inaspettatamente bella giornata, aprì lo stereo a tutto volume facendo andare il disco da chiusura, quello che metteva quando stava male.
La Requiem di Mozart fece il suo ingresso delicato e tragico.
“Un giorno mi ucciderò con questa.” Pensò deciso realizzando che non ricordava quando aveva mangiato l’ultima volta.
L’avrebbe lasciato in pace che lo volesse o no.
Doveva farlo.
Tanto sarebbe andata comunque male, lo sapeva, perciò era meglio prevenire la sofferenza per tutti e farne a meno. Non avrebbe mai dovuto permettergli di entrare nella sua vita, non sapeva come aveva potuto accettarlo, ma da quando si era eccitato guardandolo l’altra sera aveva capito che continuando non avrebbe preso una bella strada.
Doveva fermarsi prima della caduta inevitabile. Aveva fatto la cosa giusta!

Non aveva fatto nulla, era rimasto steso sul divano insieme ad Eric a fumare e bere un po’ di ottimo rum invecchiato, non aveva intenzione di fare nulla, voleva riaddormentarsi e consegnare Eric a Tesoro per farglielo portare in giro un’oretta, evitandole le pulizie per quel giorno. Non voleva che l’aria pulita e la luce di fuori entrasse, non si sentiva dell’umore.
Il telefono gli vibrava da una vita, quando la porta si aprì da sola, pensando che fosse già Tesoro e sentendo il cane che uggiolava indecente, non si girò nemmeno a guardare. La salutò muovendo il bicchiere del rum che reggeva anche la sigaretta dicendo che non si sarebbe alzato.
- Ti prego, portalo tu, oggi non mi serve altro! - Esclamò ignorando il fatto che la musica era forte e che lui era completamente nudo, i capelli ricci un cespuglio selvaggio sulla fronte, un braccio alto oltre la testa, l’altro a penzoloni di lato.
Improvvisamente però la musica venne abbassata, il bicchiere e la sigaretta strattonati di mano e le finestre vennero spalancate brutalmente.
- Cos’è questo stile suicida? - tuonò gelido la voce profonda di Giulio che andava in camera mentre Tommy si tirava su shoccato sul divano stropicciandosi gli occhi accecati dalla luce a cui non aveva avuto accesso per quasi due giorni interi.
- Che cazzo vuoi? - Miagolò cercando di fare il sostenuto, non sapendo come sentirsi nel ritrovarselo lì e nel mostrarsi in quelle condizioni, cioè nudo e sciupato.
Giulio tornò lanciandogli dei vestiti da indossare che lui ignorò facendoli cadere a terra come se non avesse le braccia..
- Lo sai cos’ho! - Rispose secco. Tommy con un moto d’ira si alzò in piedi rimanendo nudo davanti a lui che gli fissava gli occhi per non distrarsi, ma nel movimento brusco la testa iniziò a girargli e a tuonargli. Aveva bevuto rum, sia pure buono e per quello non difficile da reggere, e fumato a stomaco vuoto. Uno stomaco vuoto da due giorni.
- No che non lo so, non leggo nel pensiero. - Barcollò ma si raddrizzò subito cercando di non fargli capire che era troppo debole anche per litigare. In quel momento Tommy non mascherava con atteggiamenti e modi effemminati. In quel momento non era nemmeno femminile, era piuttosto maschile.
Giulio non notò subito il suo stato, rimase sorpreso per un momento ma lo gestì bene.
- Vestiti che sei tardi per la lezione. - Tommy sbuffò, se stava immobile forse la testa smetteva di girargli..
- Senti, lasciami in pace! Ormai non hai bisogno di me ed io non voglio ballare! Ridammi le chiavi e tanti saluti! - Voleva urlare ed essere più convincente, ma la debolezza gli impediva di tirare fuori una forza che non aveva ed era molto seccato dal dover fare quei discorsi che nemmeno coi suoi non ragazzi aveva mai dovuto fare. Certo perché non ne aveva mai avuti!.
Giulio rimase impassibile trovando strano che non urlasse come un isterico, gli riprese i boxer da terra e glieli spinse contro il petto.
- Ho detto: VESTITI! - ripeté brutale e ravvicinato, lo sguardo di chi non ammetteva repliche, Tommy indietreggiò quasi cadendo non riuscendo a porre nemmeno un minimo di resistenza, si sentiva sempre più debole e la vista si appannava di continuo, era difficile rimanere su in quelle condizioni, nonostante l’ira che lo prendeva da dentro rimescolandolo. Voleva fare il pazzo perché si sentiva fuori di sé a quel che Giulio stava osando fare, ma era frustrato all’idea di non riuscire fisicamente a farlo. Voleva sedersi, ma se si sarebbe seduto avrebbe perso decisione nelle risposte e già così non sembrava molto sicuro visto che non riusciva ad urlare.
- Nemmeno mio padre mi ha mai detto cosa fare, non inizierai di certo tu! Vattene! - Ringhiò Tommy strofinandosi le tempie e la fronte che gli battevano sempre più forte, a quel punto Giulio capì che stava male ma non mollò la presa, si avvicinò ulteriormente a lui e si fece guardare in faccia mettendosi sulla sua direzione di sguardo che Tommy voltò prontamente.
- Ed infatti è questo il tuo problema! Nessuno ti ha mai insegnato a stare dritto, perciò non riesci a starci da solo! - Tommy pensando che si riferisse al fatto che fisicamente barcollava, provò a spingerlo perché così non respirava proprio, ma le sue mani si scontrarono con un muro di cemento armato che non si spostò di un millimetro, al contrario finì in controbalzo all’indietro come una piuma che sbatte contro una parete e vola via da dove è venuta.
Tommy stava cadendo ma non voleva dargliela vinta, in qualche modo, anche se era confuso per via della testa che faceva festa da sola, non voleva. Sgusciò via mentre sentiva le ginocchia piegarsi, mosse un passo poi in mezzo alla stanza finì dritto verso il pavimento, sarebbe caduto di faccia se Giulio non l’avesse retto prontamente mettendogli un braccio per avanti, intorno al torace. Lo sorresse di peso senza metterci molta forza vista la leggerezza di Tommy, poi lo accompagnò sul divano, ad un metro da loro, e lo fece sedere, poi lo stese sollevandogli i piedi sul bracciolo.
Eseguì come se non fosse molto sorpreso, come se se l’aspettasse.
- Da quanto non mangi? -
Tommy era un cadavere, al momento, e nemmeno sentiva bene la sua voce che gli arrivava ovattata. Lo sentì che gli metteva sopra una coperta mentre i cani rintanati in camera per la paura delle urla accorrevano a vedere cosa era successo.
Tommy si ritrovò con due lingue lunghissime a lavargli totalmente la faccia e aprendo mezzo occhio controllò che una delle due non fosse di Giulio. Lo vide trafficare in cucina e si accorse che l’aveva coperto e steso, per un momento si chiese come era arrivato lì, ricordava il buio ad un certo punto, poi si era come disconnesso anche se non era completamente svenuto. La mente si era staccata.
- Merda. - Mormorò seccato.
- Via, via! - Esclamò Giulio poco dopo mandando via i cani che tornarono in giro per la casa più sereni sentendo che i toni si erano calmati.
Giulio si accucciò davanti a lui, gli prese la nuca con una mano e gliela sollevò porgendogli un bicchiere alla bocca.
- Bevi. - Comandò. Tommy scosse il capo sentendo di poter vomitare se avesse bevuto qualcosa, ma Giulio ebbe la meglio e finì per fargli bere acqua e zucchero. Tommy sentì un primo conato di vomito che però non fuori uscì, così bevve ancora e nonostante gli facesse sinceramente schifo, accettò di buon grado sentendo che lentamente andava già meglio.
La Requiem di sottofondo rispecchiava un momento quasi tragico e solo lì Giulio notò cosa ascoltava, prima aveva registrato vagamente un’opera al buio con puzza di fumo e alcool e chiuso che gli era andato al cervello facendolo infuriare.
- La Requiem di Mozart? - Chiese stupito.
- Sono pur sempre il figlio di un riccone! La cultura ce l’ho! Magari ho solo quello, ma ce l’ho! - Giulio si trovò a ridere alla battuta involontariamente sdrammatizzante.
- Non è il tuo stile! - Tommy ridacchiò mentre Giulio gli rimetteva giù la testa e rimaneva accanto a lui ad osservarlo come se non si fossero appena urlati contro, come se il suo mancamento avesse cancellato tutto.
- Nemmeno ballare, ma a quanto pare è importante che lo faccia. -
Giulio voleva soffocarlo con un cuscino, ma resistette alla tentazione ed al contrario si mise a carezzargli il viso e sistemargli quel disastro che aveva per capelli.
- È per la disciplina. Adempi a dei compiti, a dei doveri, porti a termine i tuoi programmi, devi essere preciso, puntuale, eseguire, ascoltare. Questo ti dà disciplina che ti serve perché non ne hai mai avuta, perciò sei alla deriva. E poi hai una guida in quel settore, me. Altra cosa che ti è mancata. Fra l’altro quando otterrai risultati, e li otterrai perché sei portato per il ballo, sarai fiero di te, finalmente. Quando ti verrà bene qualcosa sentirai una sensazione che non hai mai provato. È importante che tu ti impegni in qualcosa, dammi retta e sforzati anche se non vuoi e non capisci. -
Tommy era stanco in quel momento ed aveva appena le forze per sentire che belle erano le sue dita fra i capelli. Chiuse gli occhi e sollevò faticosamente una mano carezzandogli il viso.
- Sei troppo buono per me, non ti merito. Io sono distruttivo, passo dei periodi così dove non esco di casa e non mangio per giorni. -
- L’ho capito. Per questo sono venuto. Non mollerò ancora. - Rispose baciandogli la fronte dolcemente. Quel gesto riempì di un calore interiore Tommy che si ritrovò con delle stupide lacrime dietro agli occhi che strinse forte per non piangere.
- Tutti han sempre mollato con me.
- Io no. -
- Non capisco perché lo fai. -
- Perché sento di doverlo fare. - Ma non era una risposta, non per Tommy. Che però accettò finalmente il suo aiuto.

Alla fine Tommy si lavò e si vestì ed accettò di ingurgitare qualcosa di dolce e sostanzioso. Convinto di essersela cavata con poco seguì Giulio a casa sua dove lo fregò facendogli una zuppa di cereali e farro per ricevere in un solo piatto più proprietà nutritive possibili, era quella già pronta di sua madre che gli portava i set di barattoli mono porzione da congelare e mangiare in comodità.
Giulio ne aveva scongelato uno al microonde e tempo dieci minuti obbligava Tommy a mangiare ancora.
Lo fece lamentandosi come se lo fustigasse e lo fece più lento del passio, ma alla fine mangiò.
- Non posso muovermi, se alzo un dito vomito! - Esclamò Tommy scontroso tutto scivolato in avanti sulla sedia mentre si massaggiava la pancia che si sentiva gonfia come un cocomero, anche se poi non lo era.
Giulio, severo, gli mise una tazzina di caffè.
- Tutto il tempo che perdiamo ora lo recuperiamo la prossima lezione. - Tommy alzò gli occhi al cielo sbuffando.
- Vuoi uccidermi, dì la verità! - Si lagnò ancora gettando la testa all’indietro e penzolandola molle.
- Certo, in realtà sono un serial killer, tu sei la mia vittima zero, volevo ucciderti anni fa, ma non ho mai avuto il coraggio, ora mi sono allenato in tutti questi anni in giro per il mondo e sono pronto per te! - Tommy fece il broncio seccato dall’essere preso in giro.
- Eddai, dammi mezz’ora almeno per digerire, no? Cosa faremo oggi? - Chiese con la voglia di fare di un condannato a morte.
- Ci muoveremo in modo armonioso e a ritmo con la musica. - Tommy lo guardò accigliato. - Non scherzo, prenderemo confidenza con la musica! - Poi cercando di dargli la carota oltre che il bastone, vedendolo girovagare pigramente nel salone guardando la libreria con libri, CD, film e vinili, gli chiese:
- Che musica ti piace di più? Su cosa preferisci ballare? - Se lo si faceva su qualcosa che piaceva, lo si faceva più volentieri all’inizio.
Tommy con la tazzina in mano alzò le spalle svogliato.
- Mina. -
- Mina?! - Giulio era convinto d’aver capito male, poi Tommy si girò con un sorrisino, ma era serio nella risposta e lo capì dalla linguaccia che gli fece, apparentemente di nuovo di buon umore.
- Non insultare la mia regina! - Esclamò tornando a fare l’effemminato di proposito. Giulio rise e scosse il capo.
- Solo Mina? -
- Vari cantautori italiani, soprattutto se vecchi! - Giulio chiuse gli occhi shoccato e si coprì il viso con una mano con fare aggraziato e Tommy gli tirò un calcio mutando completamente la versione da depresso a selvaggio ad ammalato e poi ancora a normale, se poi di Tommy una versione normale esisteva.
Giulio ormai era abituato, ma gli girava la testa ogni tanto a vedere come mutava di ora in ora.
Lo osservò immergersi nei suoi vinili, interessato.
- A te invece piace il rock, vedo. Però balli letteralmente di tutto! - Giulio annuì.
- Un vero ballerino è in grado di ballare di tutto. La mia base è classica, ma ho subito imparato il contemporaneo. -
- Mi ricordo come volteggiavi dicendo di essere Nureyev... - Evocò improvvisamente Tommy ridacchiando mentre sollevava gli occhi in alto in mezzo ai vari ricordi che aveva con lui. Giulio lo accompagnò mentalmente in quei giorni di bambini, quando da più piccoli giocavano ad essere una famiglia e si davano casti baci sulla bocca.
- Come ci veniva su di fare marito e moglie anche se eravamo due maschietti? - Chiese divertito, sedendosi sulla poltrona in attesa che il signorino digerisse. Tommy rise aggrappandosi a quei bei ricordi per tornare ‘su’ senza l’aiuto di qualche sostanza specifica, non era facile, ma immaginava di non potergli chiedere la grazia di una piccola innocente canna o qualche pillolina.
Non voleva esserne dipendente, le usava solo quando usciva o se proprio non riusciva a tornare in piedi quando aveva i suoi momenti.
- Che vuoi, quando è destino è destino, no? Non lo dici sempre? - Giulio aveva quella convinzione  Tommy lo scimmiottò mentre lui fece per dargli un calcio immaginario che non lo prese perché non erano vicini.
Dopo aver controllato ogni angolo della sua libreria, Tommy decise di sedersi già stanco senza fare nulla.
- Non lo so, da piccoli non hai freni e convenzioni, fai quello che senti di fare. Ci volevamo bene, vedevamo i tuoi genitori volersi bene e volevamo essere come loro. Io pensavo ‘sarò come loro e non come i miei!’ - Si spense un momento ricordandolo, gli occhi persero un po’ di luce e poi divennero malinconici cadendo nel tranello che si era messo da solo. - Quando ve ne siete andati mi è crollato il mondo, eravate la mia unica fonte di normalità e affetto, sono stato così male che non ho voluto cercare nessun altro per non rischiare di stare di nuovo così male. - Giulio si sentì colpire con un pugno sordo allo stomaco, sapeva d’averlo ferito andandosene, non che poi fosse stato fatto di proposito, ma era successo. Però sapere che quello era precisamente l’episodio scatenante della sua fobia ai legami era terribile.