2. QUINDICI ANNI
"E' passato tanto tempo da quando ho visto il tuo viso
Sono stato dappertutto cercando di sostituire
Tutto ciò che avevo finchè i miei piedi sono diventati insensibili
Pregando come uno sciocco che si è dato alla fuga
Il cuore batte ancora ma non funziona"
/Feel again - OneRepublic/
Tommy si mise le mani
sulla bocca ed indietreggiò teatralmente shoccato, ma non stava
fingendo, era davvero il suo modo di fare esagerato.
- Ma cosa sono,
quindici anni? - Giulio ancora perso ad osservare e mettere i rimanenti
tasselli al posto giusto, mentre sovrapponeva i vari ricordi di quel
bambino eccentrico ma simpatico con cui aveva passato intere giornate a
giocare insieme, annuì basito.
- Credo proprio di
sì... ci siamo trasferiti una quindicina di anni fa, ormai. Ma sei
ancora qua tu! - Tommy si sentiva orribile ed inadeguato e mentre non
aveva la minima idea di come muoversi da lì in poi visto che sapeva di
essere nel peggio di sé e di non poterlo conquistare in quelle
condizioni, si sentì stringere dalle sue forti braccia possenti in un
abbraccio pieno e sentito ed anche prolungato.
Fra le sue braccia si
sentì staccare la spina per qualche istante, mentre tornava piccolo a
quegli splendidi e spensierati giorni, quelli in cui avere un amico
aveva rappresentato la parte migliore della propria infanzia solitaria.
In quell’abbraccio
ricordò tutto in una volta quanto aveva sofferto nel salutarlo e nel
non vederlo più e si rese conto che forse quel bambino nella sua intera
vita era stata la presenza più bella e significativa.
Ed ora quella presenza
era di nuovo nella sua vita e lo stringeva forte senza paura,
nonostante le condizioni in cui l’aveva visto la sera prima e quelle di
ora ancora peggiori.
Sentì immediato
salirgli il nodo da dentro, uno di quei nodi devastanti che non aveva
mai liberato, l’ultima volta che l’aveva fatto era stato proprio quando
lui se ne era andato.
Riprovare le stesse
identiche emozioni dopo tutti quegli anni e tutte le esperienze fatte
nel mezzo, fu semplicemente shoccante e si ritrovò a piangere senza
poterlo evitare.
Quando Giulio lo sentì
scuotersi, capì che stava singhiozzando e che aveva nascosto il viso
contro il suo collo, come se si vergognasse di quella debolezza fuori
programma.
Non sapeva niente di
lui, l’ultimo ricordo che aveva di quel bambino, il suo migliore amico
d’infanzia, era lui che piangeva disperato col moccio al naso. In quel
momento aveva realizzato, anzi, tutti e due probabilmente, anche se
ognuno in modo diverso, quanto il mondo poteva essere crudele e la vita
anche peggio.
Una miriade di ricordi
collegati uno all’altro si scatenarono in un istante e Giulio capì che
non poteva separarsi da lui in quel momento, ma che doveva solo
continuare a stringerlo mentre i loro cani saltellavano intorno a loro
impazziti perché non capivano cosa succedeva e cosa facevano.
Il silenzio accolse
quell’abbraccio strano e sentito, nessuno dei due disse nulla, si
strinsero per minuti interminabili fino a che Giulio non sentì Tommy
smettere di piangere. Appena si sciolsero, Tommy si girò e si infilò
gli occhiali arancioni sperando che coprissero sufficientemente le
condizioni terribili del suo viso già terribile. Si strofinò e si pulì
il naso per poi girarsi e sentirsi ancor più inadeguato di prima.
Tornò a guardarlo, lui,
il suo sorriso bianco e quel suo sguardo splendido e penetrante, i suoi
capelli perfetti, il suo corpo perfetto, i suoi vestiti perfetti, la
sua voce perfetta. Lo guardò di nuovo e riuscì anche a sentirsi peggio
nel capire quanto peggio di lui fosse, quanto inadeguato, quanto
osceno, addirittura.
Il panico lo invase
insieme all’odio cronico verso sé stesso e quando lo sentì parlare
nemmeno capì cosa gli diceva, l’impossibilità nel rispondergli, nello
stargli ancora davanti, gli fecero prendere il cane, salutarlo in
fretta e furia e con un pietoso ‘devo andare’, avviarsi quasi correndo
verso casa.
Mentre pensava di aver
appena fatto la figura peggiore della sua vita e perso l’occasione
migliore che mai sarebbe tornata e che l’avrebbe rimpianto per sempre,
mentre si insultava ferocemente, arrivato presto davanti al portone del
suo palazzo si accorse di aver perso le chiavi.
- Merda! Sei un idiota,
Tommy! - Così iniziò a prendere istericamente a calci il portone come
se questo gli permettesse di aprire tutte le porte. - Fanculo, fanculo,
fanculo! - La voce acuta, il cane lì vicino che piangeva per la sua
reazione esagerata che però non sentiva perché scappando si era rimesso
le cuffie ed aveva alzato il volume della sua musica assordante.
Musica interrotta con lo sfilare di uno degli auricolari che venne via contro la sua volontà.
Tommy si girò astioso
con gli occhi lucidi di nervoso per divorarsi chiunque osasse dirgli
qualcosa, ma si fermò subito rivedendo così presto quegli occhi da cui
era scappato come un adolescente.
- Penso che se provi
con queste hai più successo! - Disse Giulio ironico porgendogli le
chiavi che pendevano dall’indice. Tommaso lo fissò come se avesse
davanti il suo nemico giurato e prendendo le chiavi cercando di
recuperare l’ennesima faccia persa con lui nell’arco di alcune ore, le
prese e con un - grazie. - a denti stretti aprì il portone sperando di
poter sparire sul serio.
Sgusciò dentro ma non
sentì il tonfo della chiusura dietro di sé, anzi, sentì una manata che
bloccava il portone, così si girò sbuffando vistosamente. Giulio stava
entrando dietro di lui ed il panico salì ancora di più. Molto di più.
Davvero di più.
Tanto che quando lo
vide arrivargli davanti all’ascensore dove si era piazzato, mentre i
cani si salutavano di nuovo come se non si vedessero da quindici anni
invece che da quindici secondi, a pugni stretti lungo i fianchi e
sguardo indispettito e contrariato, disse:
- Che c’è del concetto devo andare che ti turba? -
- Che problemi hai? Non
ci vediamo da quindici anni, voglio parlare un po’ con te, sono felice
di vederti, stavi piangendo e scappi! Ricordo che eri eccentrico, ma
crescendo sei anche impazzito, forse? - Giulio non le mandava a dire,
era sempre molto sicuro di sé e parlava guardando dritto negli occhi.
Tutto l’opposto di Tommy che se poteva evadeva gli sguardi, specie se
così magnetici.
- Senti, non mi vedi in
che condizioni sono? Mi vergogno a farmi vedere così! Lascia che mi
sistemi e se vuoi questo pomeriggio quando sarò di nuovo splendido ci
vediamo per un caffè e ricordiamo insieme tutti i baci che ci siamo
dati! Adesso io mi sento una merda ambulante! - Si guardò bene dal
dirgli che la botta emotiva ricevuta l’aveva schiacciato al suolo come
niente era stato capace fin lì. Dirgli che voleva essere bello per
stare davanti a lui era una cosa da personaggio che faceva ridere,
Giulio non lo prese sul serio, ma gli diede tempo di riprendersi e
gestirsi meglio. Non poteva scoppiare a piangere ogni volta che parlava
con lui, ora che sapeva chi era, e sentiva giusto giusto quella stupida
voglia di piangere.
Giulio lo guardò nel
viso scrutando i suoi lineamenti graziosi e delicati, le sopracciglia
arcuate e curate ma non troppo sottili.
- Ma ti preferisco
così| - Disse sfacciato allentando la tensione con un’altra battuta
Tommy scoppiò a ridere isterico e nervoso.
- Sei il primo che mi
preferisce vestito che nudo! - Ed in un attimo mise in chiaro la
propria natura sessuale, non che fosse difficile da capire visto il
modo di parlare e di muoversi. Giulio rise con una risata semplicemente
splendida che gli sciolse le budella, poi mettendogli una mano sulla
spalla lo guardò deciso e magnetico:
- Torno qua oggi
pomeriggio verso le tre, va bene? Ti basta per recuperare il tuo
splendido aspetto? - Disse scimmiottandolo di proposito. Tommy lo
spinse e si infilò di corsa nell’ascensore tirando Eric che si lamentò
della separazione dal suo amico ritrovato.
- Ultimo piano. -
- Campanello? -
- C’è solo una porta. -
Da lì Giulio capì che i suoi ricchissimi genitori probabilmente gli
finanziavano anche la casa, visto che con lo stipendio di un cubista
non ci si poteva permettere l’attico solitario di un palazzo in zona
vip di Milano.
- Ci sarò. - Rispose
deciso Giulio seguendo quella spinta indomabile a non permettergli di
scappare. Non sapeva perché, ma non l’avrebbe mollato di nuovo. Non
esisteva proprio. Ancora meglio se era quel ballerino di ieri sera.
“E perché sarebbe meglio?” Si chiese mentre andava a casa.
Aveva passato molti
anni a girare il mondo, facendo quello che aveva sempre sognato, ovvero
ballare. Dopo aver raggiunto gli obiettivi desiderati ed averli
conquistati con fatica, lui era lì di nuovo a casa, o meglio nel
quartiere d’origine dove aveva vissuto per i primi dieci anni della sua
vita. Non era stato possibile tornare nella sua vecchia casa, ma aveva
voluto lo stesso quartiere. Era una zona VIP, ovvero c’erano solo case
e palazzi di lusso per gente benestante, da lì se ne erano dovuti
andare quindici anni prima, ma lì ora ci era voluto tornare come se
sentisse che dopo aver cercato sé stesso in giro per il mondo, in
realtà il suo vero Io fosse rimasto dove era nato.
Un’idea strana portata dall’arte in qualche modo.
Se cerchi te stesso e
non ti trovi girando il mondo, fermati e torna indietro, torna alle
origini perché forse è lì che hai lasciato quel pezzo di te che ti
manca e che stai cercando.
Se lo era scritto quando gli era venuto in mente e si portava quel biglietto nel portafogli sempre con sé.
Adesso poteva
permettersi una casa in quel quartiere ed aveva voluto prenderne una in
affitto, sarebbe rimasto fino a che non avrebbe trovato le proprie
risposte.
Così era tornato lì
dopo quindici anni e, sempre dopo quindici anni, ritrovava la stessa
persona che aveva lasciato in lacrime, la prima che indirettamente
l’aveva fatto soffrire. Non era stato l’andarsene da lì ma il lasciare
Tommy, il suo primo e vero amico.
Non era tornato
sperando di ritrovarlo. Ora nell’epoca dei social avrebbe potuto se
avesse voluto, la verità è che non ci aveva più pensato crescendo,
mentre lottava strenuamente per la sua vita e le sue conquiste.
Dopo il fallimento dei
suoi genitori avevano patito molto ed ottenere tutto quello che con il
tempo aveva avuto era stato un’impresa non da poco.
La vita l’aveva allontanato da Tommy ed ora l’aveva riunito.
Quell’incontro lo vedeva come la volontà del destino, Giulio era fatalista e si fidava dei segni del destino.
Sentirsi incompleto nel
realizzare il suo sogno di girare il mondo ballando con una grande
compagnia artistica era qualcosa di impossibile, eppure al limite della
depressione aveva voluto fermarsi e capire cosa non andasse, cosa
cercasse, cosa gli mancasse dopo aver ottenuto faticosamente tutto,
dopo aver sofferto per ottenerlo.
Tornare a casa dopo quel pensiero e ritrovare proprio Tommy, ritrovarlo senza cercarlo, senza volerlo, senza pensarci.
Come non credere alla volontà del destino?
“E così è gay, eh? Beh
del resto era lui che insisteva tanto per giocare a marito e moglie e a
lui piaceva fare la moglie. Siccome era un po’ più piccolo di me mi
andava bene, sentivo di dover essere la parte forte della coppia che
proteggeva quella più fragile. Pensa te come eravamo impostati già da
piccoli.”
Giulio ricordò con un
dolce sorriso i baci innocenti che si scambiavano da piccoli, quando
intorno ai cinque-sei anni facevano il gioco della famiglia in modo
tanto innocente. Arrossì sfiorandosi le labbra.
“Forse ero segnato
anche io, non solo lui... mi piaceva giocare così con lui e crescendo
non ho mai sentito di dover essere il tipico uomo alpha a tutti i
costi. Anche se poi lo sono diventato per naturale attitudine e per la
mia mania di nascondere le imperfezioni.”
Giulio rimase il resto
della giornata a pensare a loro ed al proprio lato omosessuale che
aveva sempre saputo di avere dentro di sé, nonostante l’avesse ignorato
per comodità. Ora tornava e ritrovava Tommy, chiaramente gay. Fra
l’altro lo incontrava in un locale gay di quel tipo a fare il cubista
mezzo nudo.
“Se non è destino
questo... magari lui che ci è già passato potrà aiutarmi in questo
percorso di accettazione di quel lato che non ho mai voluto vivere
realmente. Potrebbe essere una guida in questo mio momento di
smarrimento. Sarebbe bello se fosse lui, visto quello che ci ha legato
da piccoli.”
Giulio non aveva la minima idea di quel che era realmente Tommaso.
Appena chiusa la porta
dietro di sé, Tommy lasciò il guinzaglio del cane che iniziò a
girovagare per casa come un’anima in pena in attesa che gli togliesse
tutta l’imbracatura. Al momento per il suo padrone era più importante
nascondere il viso fra le mani come se questo potesse cancellare quanto
appena successo.
Il cuore aveva iniziato
a galoppargli dal primo istante in cui aveva riconosciuto il tipo del
locale e ancora non accennava a smettere, peggio ancora nel realizzare
che quello era Giulio. Quel Giulio!
Il panico lo colse e
rimase appoggiato alla porta col viso nascosto, rigido come un cadavere
ad ansimare mentre in litania ripeteva dei tragici - Oh Dio Dio Dio
Dio! -
Quando sollevò lo
sguardo realizzò che il tempo stava tragicamente scorrendo e
guardandosi intorno capì di essere nei guai fino al collo.
Mettendo da parte i
propri problemi esistenziali, realizzò di avere problemi ben più grossi
che quelli con sé stesso. Infatti percorrendo con lo sguardo
l’appartamento sporco ed in disordine che sembrava abitato da un’orda
di cinghiali, al ‘Dio’ iniziò a sostituire - Cazzo sono nella merda,
sono nella merda, sono nella merda più merda che c’è! -
E così togliendosi
giacca, cuffia e scarpe iniziò a correre per casa alla ricerca del
telefono imprecando isterico, gli ci volle un po’ prima di ricordare
che era ancora nella tasca della giacca gettata all’ingresso. Per
ritrovarlo aveva messo ancora più in disordine il resto della casa.
- Dov’è dove cazzo è il
suo fottutissimo numero cazzo?! - Scorse la rubrica venti volte prima
di ricordarsi che aveva messo il numero della domestica nelle chiamate
veloci, così correndo per casa col cane che gli andava dietro affinché
gli togliesse la pettorina ed il guinzaglio, prese la linea.
- EHI SENTI TESORO HO
BISOGNO CHE VIENI SUBITO SUBITISSIMO TI PREGO TI PAGO IL DOPPIO MA HO
BISOGNO CHE VIENI ADESSO E PULISCI E SISTEMI PERCHÉ FRA UN PAIO DI ORE
VIENE UN GNOCCO DA PAURA A CASA MIA E PURTROPPO SA DOVE ABITO E QUINDI
MI CAPITERÀ QUA MA È TUTTO IMPRESENTABILE, TI PREGO VIENI ORA! -
Solitamente la domestica, una simpatica donna di colore molto alla mano
e paziente, veniva nel pomeriggio perché Tommy di mattina dopo aver
fatto fare i bisogni al cane tornava a dormire.
- Ok, corro!Devo
prendere qualcosa? Cibo, preservativi, vaselina? - Le domande non erano
uno scherzo, quando c’era l’allarme ‘gnocco da paura’, Tesoro, così
soprannominata da Tommy, si fermava a prendere anche queste cose.
Specie le ultime due.
Tommy si fermò
realizzando che in effetti la regola prevedeva questo, ma grattandosi
la nuca sui capelli incrostati dal gel della sera precedente che dopo
la cuffia e le poche ore dormite stavano stile porcospino, tentennò:
- Oh Dio no non
dovrebbe finire così. Però in effetti per essere sicuri... però la
vaselina ce l’ho ancora, prendi solo dei preservativi. Sembra molto ben
dotato perciò prendi una misura comoda! E prendi anche da mangiare. A
giudicare dal suo fisico direi che mangia sano e nutriente. Prendi
quelle schifezze che mangiano quelle persone salutari... -
- Vuoi dire la frutta? -
- Sì brava! E thé, prendi il thé! Il caffè c’è. -
- E se vuole dei biscotti? - Tommy finì in crisi con quella domanda.
- Mi piacerebbe dire
che gli do il mio di biscotto, ma non credo che finiremo a trombare,
tristemente. Mister Denti Bianchissimi mi sembra troppo virile. Anche
se devo dire che l’ultima volta che ci siamo visti ci siamo dati un
bacino sulla bocca... -
- Un bacino? - Chiese la donna al telefono che intanto era uscita di casa. - Cosa eravate, bambini? -
- Sì cazzo, non lo vedo
da quindici anni! È il solo amico che io abbia avuto nella mia triste
infanzia! Cioè amico vero! Quelli di ora sono seguaci, lo sai... -
Tommy era così partito a sproloquiare a ruota libera con Tesoro, come
se fosse normale. Lei in effetti a volte somigliava ad un’amica, tranne
quando poi lui aveva gli attacchi di follia e cacciava tutti.
Tesoro lo lasciò
parlare fino a che non si ricordò di doversi disincrostare la testa da
quello schifo che metteva la sera, perciò la salutò e si infilò nella
doccia.
“Sono un idiota ad
essere tanto agitato! Vorrà chiedermi come sono finito a ballare su un
cubo in un locale per froci! Beh caro, tu ci sei entrato in quel
locale, eh? Oh andiamo Tommy, perché devi sempre essere sulla
difensiva? Magari non ha brutte intenzioni. E magari ne avesse! Farei
la firma se avesse brutte intenzioni con me! Tanto non sarà nulla, è
solo cortesia. Eravamo molto amici, non può fare finta di nulla. Io ho
avuto una reazione eccessiva come mio solito. Ma sono andato nel panico
cazzo! Comunque sarà solo un caffè e poi sparirà magicamente quando
capirà che casino che sono. Da me la gente scappa appena realizza
quanto sono messo male.”
Ma nessuno dei due poteva immaginare come stavano davvero le cose.