*Ecco un altro capitolo. Inizia l'opera di Giulio su Tommy, con un piano addirittura per riuscire a rimetterlo in piedi. A volte non ci sono motivi per prendersi delle missioni, a volte senti che è giusto e ci dai dentro così. Ovviamente siamo agli inizi di questo viaggio, i primi passi dove si è visto moltissimo di Tommy, ma prossimamente vedremo anche Giulio e le sue difficoltà a vivere sé stesso. Certe cose mentre le scrivo le visualizzo chiaramente nella mente, spero di riuscire a trasmettere lo stesso al lettore. E ringrazio chi sta leggendo la mia fic. Buona lettura. Baci Akane*


7. PRIMI PASSI



"Solleva le mie mani Colora d'oro il mio spirito
E chino la testa Tieni il mio cuore lento"
/I will wait - Mumford and sons/


Tommy scosse il capo e si sforzò di mangiare il risotto ai frutti di mare che gli aveva ordinato dicendo che pesce e riso erano sani e nutrienti e facevano bene a moltissime cose del nostro organismo.
- Nessuno si ficca in un’impresa simile solo perché gli va. - Poi lo puntò con la forchetta. - Credimi che è un’impresa! - Giulio si mise a mangiare alzando le spalle.
- Lo sento da dentro. Non te lo so spiegare. Forse è in nome del mio primo sincero amico, non ho più avuto amici come te perché poi dopo che siamo diventati poveri e finiti in disgrazia tutti mi stavano alla larga. E per il fatto che volevo ballare mi bullizzavano. E l’ambiente del ballo è molto competitivo, lì le amicizie sono rare e difficili! - Tommy iniziò a scaldarsi a quel discorso sorridendo meravigliato.
- Davvero sono il tuo unico vero amico? - Giulio annuì e tirò fuori il portafogli dal taschino interno della giacca appesa alla sedia, da lì prese una foto piegata, l’aprì e gliela mise davanti. Tommy smise di mangiare e spalancò gli occhi sorpreso.
- Ce l’hai ancora! - Nella foto c’erano loro due da bambini che si davano un tenero bacio sulla bocca, mentre giocavano a marito e moglie. Avevano circa cinque anni. Tommy la prese e se la rimirò mentre le lacrime tornavano ad affacciarsi con quel tuffo nei ricordi più belli. Da quanto non viveva cose così belle e spensierate? Doveva tornare lui per riportarlo in quelle epoche.
- L’ho sempre tenuta! Adoravo quella casa, quella vita e te! Sono stato felicissimo nei miei primi tredici anni di vita! So che il tempo cambia molto le cose e spesso radicalmente. Ma non c’è ragione per non correggere le imperfezioni, o almeno tentare. - Tommy capendo male abbassò lo sguardo.
- Sono un’imperfezione troppo grossa per essere corretta. - Giulio riprese la foto e gli diede un colpetto sulla guancia.
- L’imperfezione da correggere è il tuo atteggiamento ed il tuo modo di vivere te stesso, di vederti e di fare. Tu sei bellissimo, stai bene come sei. Sei sensibile e fragile e nonostante la tristezza dei tuoi occhi che cerchi di mascherare con stili e fronzoli, hai ancora la luce che da piccolo tiravi fuori con me. - Tommy scosse il capo e mise da parte il piatto.
- Quella luce si è spenta quando te ne sei andato. Ormai è tardi per riaccenderla. Scusa, ma se mangio ancora vomito. - Giulio sospirando lo guardò mentre evitava il suo sguardo a disagio. Stava di nuovo male. Forse stava sempre male. A volte sembrava stare meglio, ma magari era apparenza.
- Se non mangi tu, non lo farò nemmeno io. - Disse Giulio mettendo giù la forchetta. Tommy lo guardò convinto che scherzasse, ma siccome davvero non sembrava intenzionato a finire, sospirò.
- Eddai, non devi fare così! -
- So che odi solo te stesso e non gli altri. Non me per lo meno. Perciò prova ad amare te stesso attraverso me. O meglio, inizia con chi è più facile amare. - Gliene aveva dette così tante che non sapeva quale fare, ma decise che, arrossendo, avrebbe provato l’ultima.
- Amare te è decisamente più facile... - Così riprese il piatto e si sforzò di finirlo. Giulio, soddisfatto, mangiò anche lui facendo attenzione di non finire per primo.
Il secondo lo rimandò indietro per non forzarlo troppo e rischiare che vomitasse, ma lo guardò felice del risultato ottenuto, un primo passo importante.
Non sapeva cosa aveva scatenato in Tommy con quelle semplici frasi.
“Sarà dura non piangere ventiquattro ore su ventiquattro con lui!” Pensò mentre cercava di non vomitare solo per non dargli un dispiacere.
Le imprese erano fatte di passi, da qualche parte si doveva iniziare.

Silenzioso come un ninja Giulio si infilò nell’appartamento di Tommy facendo solo in tempo a non farsi mangiare da Eric il quale appena vide che erano lui e Rudy si mise a piangere e saltare di gioia. Come concordato, Tommy gli aveva lasciato la pettorina ed il guinzaglio all’ingresso e visto che le due bestiole sembravano parlare da tanto che strillavano felici di vedersi, Giulio li prese e li fece uscire subito prima di imbracare Eric.
Non voleva svegliare Tommy, lo scopo di venire lui a portare fuori il cane era proprio permettergli di dormire come si doveva.
La sera precedente non era andato a guardarlo lavorare, aveva deciso di dargli respiro, ma oggi aveva il piano di presentarsi per ora di cena e pensare a qualcosa. Gli avrebbe proposto un piano per le lezioni di danza.
Giulio aveva già progettato tutto passo per passo, Tommy prima o poi sarebbe rinato, non aveva scelta.
Nei suoi piani comunque non era inserito il modo di provare la propria omosessualità, sebbene fosse tornato lì per quello. Per trovare il coraggio di vivere quel suo lato represso per troppo tempo.

Quando tornò da Tommy, in casa c’era ancora silenzio e buio, lui dormiva ancora. Tolse la pettorina ad Eric e dopo avergli intimato il silenzio per venticinque volte e atteso che si calmasse, andò a controllare in camera di Tommy.
Non era nei piani nemmeno quello, non c’era un reale motivo per farlo.
Lo fece e basta, come se l’occasione fosse troppo ghiotta per perdersela. Sì ma che occasione, dopotutto? L’occasione di cosa?
Socchiuse la porta e lasciando un fascio dal corridoio, lo cercò sul letto.
Una montagnetta tutta storta respirava regolare, sembrava in coma.
Giulio sorrise non tanto contento che non si fosse svegliato, quanto del vederlo in quei panni così teneri ed innocenti.
Si addentrò piano senza nemmeno respirare e con la penombra proveniente dalla porta socchiusa, vide che dormiva nudo ed il lenzuolo si era abbassato fino alla fessura delle sue natiche. Gli mancava giusto quello da vedere visto che a lavoro indossava solo dei micro boxer.
Si leccò le labbra e tornò al viso addormentato e rilassato. I capelli impiastricciati di gel lottavano col cuscino quasi tutto sulla testa, si accucciò e guardò meglio il volto. Le labbra sottili ben disegnate con quelle curve sensuali, gli angoli rivolti leggermente all’insù. Era un bel ragazzo, pensò. Gli occhi all’ingù sembravano segnati per essere tristi eppure lui li ricordava anche felici, sarebbe stato di nuovo così.
Dopo averlo osservato dormire gli carezzò il viso liscio per la barba fatta prima di andare a lavoro, ripensò a quei giorni felici insieme prima che i loro rispettivi mondi crollassero loro sulle spalle. Ad uno per la povertà e l’altro per la solitudine.
Ora si poteva riscrivere la storia, si disse. Il destino gli stava offrendo una grande occasione, non l’avrebbe persa.
Silenzioso come era entrato, uscì lasciando sul tavolo una colazione sostanziosa con un biglietto con su scritto ‘Mangia, è un ordine! Con Eric tutto bene! È un angelo di cane!’ Infine il cuoricino vicino alla G di Giulio.

Al suo risveglio Tommy vedendo il regalino sul tavolo ed il biglietto sorrise mentre inghiottì a stento una lacrima.
Un risveglio così bello non l’aveva mai avuto. Quanto era sconvolgente la gentilezza.

Riuscire a strappare a Tommy un’ora e mezza al giorno di lezione di danza non era stato facile, ma gliel’aveva infilata ben tre volte a settimana.
Nelle idee illuse di Tommy sarebbe dovuto bastare un’ora a settimana per farlo contento, ma Giulio gli aveva detto che voleva fare minimo due ore ogni giorno.
Così era arrivato il compromesso di un’ora e mezza tre volte a settimana, lunedì, mercoledì e venerdì, con tutto il weekend libero.
Un’ora e mezza perché mezz’ora era riscaldamento e preparazione, perciò alla fine era sempre un’ora sola di lezione vera e propria.
- All’inizio sarà noioso e non ti piacerà perché devi imparare i fondamentali e sono sempre noiosi. - Disse Giulio accompagnandolo a casa propria per la prima volta.
I due ci potevano arrivare a piedi, così nel mentre facevano fare una passeggiatina ai cani che zompettavano felici di vedersi.
- Come sta andando con le mattine? - Chiese Tommy cambiando discorso per nulla interessato alla questione ballo.
- Molto bene, ormai Eric ha imparato che al mattino arrivo io e così lo trovo seduto davanti alla porta ogni volta che arrivo. - Descrisse la scena che gli si presentava davanti agli occhi facendo sorridere Tommy. - Ti svegliamo? Ci senti? - Chiese poi Giulio apprensivo. Tommy scosse la testa.
-Sono un sasso. Arrivo a casa in condizioni pietose, perciò è difficile che io senta. Solitamente Eric sta venticinque anni a svegliarmi e lo fa quando proprio non ce la fa più ad aspettare. Ha una vescica infinita. Sarà perché ha il pisello lungo! - Giulio scoppiò a ridere sentendo le sue teorie, Eric in effetti era ben dotato in quel senso, ma dubitava centrasse davvero quello per la tenuta della pipì così a lungo.
Tommy lo guardò mentre rideva, era sempre una bella visione.
Quel giorno nevicava a Milano, il freddo era davvero intenso, così ì due erano imbacuccati fino alla testa. Tommy ammirò il bel Giulio con una cuffia nera di lana che gli calzava a dir poco perfetta risaltandogli lo splendido viso coperto da una leggera barba che alla vista sembrava vellutata, gli evidenziava ancora di più gli occhi azzurri che riflettevano la neve, era bello vederlo vestito di nero in tutto quel bianco.
- Indossi pochi colori, tu. - Esclamò poi Tommy cambiando ancora discorso.
- In compenso tu ne indossi anche per me! - Rispose ironico Giulio arrivando al cancello di casa sua. Non aveva preso una villa od una casa eccessiva, era una di quelle ai limiti della zona, dopo i palazzi di lusso intorno al parco, dove cominciavano le fila delle case. Alcune erano anche piuttosto grandi, uscendo ulteriormente si arrivava alle ville fino a quelle enormi. Giulio aveva preso una casa di medie dimensioni per essere una delle zone VIP. Non sapeva quanto voleva rimanere, ma intanto aveva scelto quella per la taverna che aveva chiesto di rivestire e adattare a palestra, aveva impiantato un enorme impianto stereo, aveva messo degli specchi su una parete intera e le ringhiere per gli esercizi.
Tommy si fermò ad osservare il giardino che partiva dalla facciata principale della casa e si estendeva dietro.
- Sembra grande... - Giulio annuì.
- Molto. Se vuoi ogni tanto possiamo far giocare qua i cani, quando non hai voglia di portarlo in giro. - Tommy stava per fare la domanda del secolo, ma Giulio lo precedette ed una volta aperta la porta di casa e posato le proprie chiavi, ne prese un paio appoggiate precedentemente in parte e gliele mise in mano. - questa è la tua copia. Così vieni quando vuoi. - Tommy lo guardò inorridito come se fossero un virus letale.
- Sei pazzo?! - Disse stridulo col panico che già salive in modo evidente.
- Tu mi hai dato le tue, era giusto che ti dessi io le mie. Così quando vuoi vieni e fai giocare i cani qua fuori, non serve che mi chiedi nulla. O se hai voglia di allenarti e ballare da solo, puoi usare la mia palestra sempre senza chiedere. - Giulio lo intortò abilmente con le parole, il suo solito uso eccellente e pacato delle parole, ma Tommy rimase nel panico e nell’agitazione più neri.
- Ma io ho dato le mie chiavi al tuo cane! È diverso! - Nella sua testa doveva essere una frase che aveva senso, ma Giulio si limitò a ridere:
- Anche io le do al tuo. Non c’è niente di impegnativo, credimi. - Aveva subito individuato il problema dietro alla consegna delle chiavi. - Spesso quando verrai io sarò già giù e da giù non si sente il campanello o il cane, perciò tu entra e basta. - Con questo chiuse il discorso ed entrò. - Vuoi vedere casa? -
Tommy a quella domanda esclamò subito un ‘OVVIO’ di getto, senza riflettere che magari vedere casa era una cosa troppo impegnativa. Ma lui era curioso e se c’era la possibilità di ficcare il naso in giro allora non si tirava di certo indietro.
Giulio ridacchiò perché aveva capito il genere, così lo guidò nei meandri della casa a due piani aprendo luci e porte nella visita guidata.
- Comunque hai la passione per gli stili, ho notato! Non tanto i vestiti quanto proprio gli stili. - Cominciò indirizzandolo verso quel che aveva intravisto di lui. Tommy alzò le spalle non trovandola una cosa particolarmente strana.
- Avere stile è importante, anche tu ne hai. Uno solo, ma ne hai. - Giulio lo guardò divertito mentre il tour arrivava al piano di sopra, la zona notte.
- Che stile avrei io? - Chiese mettendolo alla prova.
- Quello figo! - Rispose subito prontamente Tommy scherzando fino ad un certo punto. Giulio rise.
- In compenso tu ne hai mille, uno più interessante dell’altro. Dovresti pensare a come usare questa tua passione per gli stili! -
Tommy lo lasciò dire convinto che lui e la parola ‘usare’ non andassero d’accordo associata a qualunque cosa avesse a che fare col lavoro.
Conclusero il giro della casa con una serie di suggerimenti di Tommy per rendere il posto più personale pensando anche alla personalità di Giulio, mentre lui invece rivelava che non aveva messo mano all’arredamento e che l’aveva trovata così.
- Se sei davvero gay dovresti voler personalizzare tutto, mettere del tuo ovunque! I gay sono molto egocentrici e con un gusto su ogni cosa. Che poi spesso quel gusto è discutibile è un altro discorso, ma conta che ce l’abbiamo! - Spiegò Tommy leggero senza rifletterci. Solo al silenzio di Giulio si accorse che avevano parlato per la prima volta, o almeno accennato, alla ipotetica condizione di omosessualità di Giulio.
L’aveva fatto lui due giorni prima per convincerlo ad accettarlo nella sua vita, poi non ne avevano più parlato. Era stato un parlare di continuo di Tommy. Catalizzare tutto su di lui, come se non ci fosse altro di cui parlare.
- Tendo ad essere così egocentrico anche senza farlo apposta che sembro stronzo, ma non lo sono. - Giulio lo guardò di soprassalto a quell’ammissione mentre scendevano le scale per andare in palestra, alias la sala da ballo.
- Che dici? - Tommy rise esagerando per allentare la tensione che si era creata quando aveva accennato alla sua omosessualità.
- Beh, da quando ci siamo visti non abbiamo mai parlato nemmeno per sbaglio del motivo per cui hai voluto riallacciare i rapporti con me! - Non sapeva come dirlo senza turbarlo, sperò che fosse abbastanza chiaro.
Giulio accese le luci della grande stanza con un liscio parquet e delle pareti insonorizzate color ghiaccio e uno specchio su una delle quattro.
- Non ho voluto riallacciare solo per quello. Ho solo pensato che potevo imparare da te come vivere quel lato di me che ho sempre represso. Non... non è facile nemmeno pensarci, figurarsi parlarne. Però so che meno lo faccio e più sarà difficile lasciarmi andare. - Tommy lo guardò fiero di come si auto analizzasse lucidamente.
- Sei già molto bravo da solo, non penso che avrò niente da insegnarti se non stronzate! - Rispose cercando di scimmiottare una donna per farlo ridere ed allentare l’ansia che gli vedeva dietro gli occhi. Giulio sorrise grato e non aggiunse più nulla sull’argomento.