CAPITOLO XI:
RICERCHE

“Che ci dovesse essere una chiave da qualche parte era ovvio, come lo era che Bill l’avesse trovata. Ma si chiedeva cosa ci fosse dentro, una volta che si apriva la porta. “

/Only girl (in the world) - Rihanna/
Prima di lui arrivò la musica a tutto volume, poi il rumore del motore tirato al massimo e successivamente una frenata esagerata, di quelle che nell’aria lasciano un odoraccio di gomme bruciate e due segni neri sull’asfalto.
Lowell era arrivata per prima solo perché Jake era più ritardatario di lei, altrimenti era famosa per essere la regina dell’ultimo momento, ovvero a due minuti prima di uscire doveva ancora alzarsi e ristrutturarsi da cima a fondo. Ovvio che poi arrivasse sempre con un discreto ritardo… ma lei aveva la giustificazione più legittima di tutte: era una donna!
Per prepararsi ne aveva di cose da fare… eppure Jake era molto peggio ed essendo un ragazzo veniva da chiedersi come fosse possibile.
Appoggiata alla ringhiera che recintava tutto l’enorme edificio della biblioteca pubblica, stava fumandosi una sigaretta con una posa volutamente e accuratamente elegante e sullo snob andante, la mano alzata accanto al viso e le unghie curate.
Quando il fenomeno dei ritardi scese dalla sua ormai popolare Audi R8 facendo la sua già grandiosa figura solo per quello, le scoccò un’occhiata maliziosa carica di certe idee poco pulite sul suo conto.
Che fumasse era un particolare che non aveva mai notato e rimase piacevolmente colpito nel constatarlo, tanto che piegò la testa di lato e le sorrise in modo estremamente sexy.
Lowell fece finta di non notarlo sebbene invece avesse ben visto quel lampo poco raccomandabile. Le provocò un profondo fastidio, infatti quel suo atteggiamento sia la irritava che la stimolava.
- Che c’è? Sei sorpreso che fumo? - Chiese acidamente.
Jake le si avvicinò squadrandola con occhi sottili come se la passasse ai raggi X e poco in effetti ci voleva. Era come sempre impeccabile. Bè, in effetti entrambi lo erano… uno perché quello era il suo stile di natura, gli piaceva avere cura di sé in ogni modo, mentre l’altra era per apparire perfetta.
Dovevano notarla tutti e chi lo faceva doveva pensare sempre qualcosa di bello sul suo conto, se la invidiavano poi era fantastico.
Era una sua caratteristica troppo radicata per togliersela e basta.
- In realtà sì. Ma mi piace… - Rispose lui con voce bassa ed un tono marcatamente calmo. Sfilò direttamente con le labbra una sigaretta dal pacchetto morbido che aveva nella tasca dei jeans attillati e come se le stesse facendo una proposta oscena se l’accese, poi concluse la frase con un pizzico di malizia in più: - …come ti sta la sigaretta in bocca. - Naturalmente con quell’espressione e con la testa a senso unico che si ritrovava non poteva che tirare fuori una conclusione simile!
Lowell scosse il capo stringendo le labbra con disapprovazione, lieta di avere degli occhiali da sole che le nascosero lo sguardo imbarazzato scrollò la cenere e tirò un’ultima boccata prima di buttarla lontano facendo perno con l’indice ed il pollice.
Jake si sistemò comodamente davanti a lei, sull’altra ringhiera che formava lo scivolo dei disabili e cominciando a fumare con calma, disse ironico:
- E’ un tiro maschile… chi te l’ha insegnato? - Che le stesse dando implicitamente della ragazza poco femminile per il tiro del mozzicone naturalmente la infastidì ma girando il capo dall’altra parte come per ignorarlo e mantenendo il mento alto in segno di sfida -una contraddizione continua- rispose:
- Mio cugino quando ho iniziato a fumare. -
Jake ghignò divertendosi dei suoi modi: voleva apparire a tutti i costi femminile, elegante e perfetta mentre in realtà non lo era affatto. Non che fosse mascolina come sua sorella Kris, però era vero che di suo era una ragazza normalissima, in realtà.
Si tirava come non mai per cosa? Aveva detto decenza, però per decenza poteva anche limitarsi ad uno stile più sobrio e semplice.
Lowell di suo era semplice, però sapeva valorizzarsi e diventare bella e questa era una dote che apprezzava molto nelle ragazze, non la criticava per questo ma lo divertiva il fatto che si ostinasse ad apparire per quello che poi non era.
Del resto non era quello che bene o male facevano tutti?
- Spero che per quando dovremo esporre i lavori in classe tu abbia finito la tua sigaretta. - Esclamò con acidità marcata staccandosi dalla sua postazione e sistemandosi i vestiti ed i capelli aiutandosi col riflesso al vetro della porta.
Il ragazzo ridacchiò compiaciuto del suo linguaggio elaborato anche solo per dire una cosa semplice come ‘datti una mossa’, quindi rispose lanciando il suo mozzicone poco lontano da quello di lei:
- Sei la vanità fatta persona, ecco cosa sei! - Esordì con sicurezza e senza ammettere repliche, dopo di ché, facendole un occhiolino malizioso, entrò per primo lasciandola volutamente indietro ad ammirare stizzita dapprima la sua ampia schiena muscolosa fasciata in una maglietta attillata a maniche corte e poi… bè, l’inevitabile bella vista del suo sedere alto e sodo, una gioia per gli occhi di chiunque.
- E tu che indossi pantaloni così indecenti che senza non sarebbe la stessa cosa, non lo sei invece?! - Chiese raggiungendolo senza preoccuparsi di scoprirsi… a quel punto che senso aveva? L’aveva vista a casa sua… sapeva praticamente tutto!
Jake si strinse nelle spalle e con fare semplicistico rispose:
- Sì, lo sono… ma non lo maschero. Quello che vedi è quello che sono. - Ecco che cominciavano le frecciatine, si disse Lowell che se le era aspettate il giorno stesso in cui era finito a casa sua. - E vedo che la vista non ti dispiace! - Concluse poi replicando l’occhi0lino con furbizia ed il suo solito pizzico di malizia e sensualità naturale riferendosi chiaramente al proprio fondoschiena.
La ragazza si fermò e si morse il labbro seccata mentre di nuovo si faceva precedere da quel dongiovanni da strapazzo.
Scosse il capo e sbuffò:
“Questo stronzo farà finire nel cesso tutto il mio duro lavoro!”
Suo malgrado si decise a sbrigarsi per finire la tortura il prima possibile e poter tornare così ad evitarlo con cura.
Lo raggiunse di nuovo ed insieme si sedettero ad uno dei tavoli ampi che c’erano a disposizione per lo studio, quindi l’osservò tirare fuori il suo computer portatile di marca Apple più costoso che mai -enorme carico di invidia- e la Internet Key, quindi una volta pronto alzò le braccia muscolose dietro la testa e si appoggiò allo schienale, infine con aria soddisfatta, sapendo perfettamente di aver fatto una gran figura, disse vittorioso:
- Vuoi usarlo tu? - La vedeva perfettamente quella luce d’amore intrinseco verso la sua supertecnologia e sapeva che sfoderandolo lei sarebbe andata a nozze, inquadrando il tipo aveva subito capito come fare per impressionarla. Era bastato scoprire cosa c’era sotto la maschera, quella famosa chiave che tutti avevano.
Lui, la sua, non sapeva ancora dove la teneva nascosta.
- P-posso? - Chiese lei dimenticandosi per un momento della propria immagine di ragazza tutta d’un pezzo che non si impressionava per niente. Era andata totalmente in tilt, la Apple era la sua marca preferita ed adorava tutta l’elettronica di sua marca anche se non si era mai potuta permettere niente del genere.
Lui annuì accennando ad un sorriso più tenero che divertito… capiva che quello era un colpo basso ma cosa poteva farci?
La tentazione di vederla così zuccherosa solo usando la leva giusta era stata troppo forte.
Del resto lui era un esperto in quello.
Nel trovare il giusto modo di prendere le donne.
Una volta ottenuto ciò che voleva sembrava dimenticarsi quella fantastica dote, ma per conquistarle era unico.
Si mise in disparte con la sedia e le lasciò lo spazio davanti al computer, così la vide perdersi in esso ed osservarlo nei dettagli, dalla linea sottile ed elegante come piaceva tanto a lei, ai contenuti così diversi dagli altri a cui era abituata.
Dopo un po’ si accorse di essere osservata e tornò nel mondo della realtà, lo vide appoggiato su un gomito al tavolo e la testa tutta piegata sulla mano che la sorreggeva, era chiaramente immerso anche lui in un altro mondo.
In quello di Lowell.
Lo capì subito ed arrossì girando subito la testa sul monitor piatto.
Si guardò bene dal chiedergli cosa avesse, da come se la stava mangiando assorto si capiva perfettamente e sebbene da un lato non poteva negare che le facesse piacere, dall’altro la infastidiva.
Pensava bastasse così poco per impossessarsi di lei?
Avrebbe potuto dire acidamente che era quello che lui possedeva a piacerle e non lui, il che era diverso, ma sapeva che poi le avrebbe tolto quel gioiello dalle mani quindi si morse a fatica la lingua tirando fuori gli appunti per la ricerca.
Dopotutto era solo un’approfittatrice come tutti gli altri, si disse senza trovarci niente di male in questo.
- Allora, dobbiamo fare la Rivoluzione francese. È un argomento molto ampio e non possiamo approfondirlo come andrebbe, quindi io direi di fare una specie di linea del tempo dove spieghiamo sinteticamente tutti gli avvenimenti importanti e di spicco, poi ci soffermiamo su quelli principali. - Cominciò così a parlare di storia e dell’argomento della ricerca finendo infatti per parlare praticamente da sola, quindi col suo implicito benestare cominciarono a scaricare da internet il materiale raggruppandolo alla buona in un file su cui poi avrebbero dovuto lavorare.
Naturalmente si occupò di tutto lei mentre lui si limitava a fissarla e annuire di tanto in tanto senza comprenderla minimamente.
C’era da dire che gli piaceva ascoltarla senza sentire una sola parola… gli piaceva in particolare come appariva mentre parlava in quel modo colto; avere a che fare con una che sapeva cose importanti e non faceva discorsi vuoti e senza senso era strano.
Sapeva che quello era solo l’inizio ma aveva delle buone carte da giocarsi, così cominciò mentre i lavori procedevano con calma e accuratezza.
- Hai una famiglia deliziosa, non pensavo che al giorno d’oggi ci fossero ancora famiglie a posto come la tua! - Esordì con il primo pensiero che gli venne. Era vero, ci aveva pensato tutto il tempo e poi ne aveva parlato con Bill e Tray che avevano stentato a crederci a loro volta, convinti che qualcosa che non andava dovesse comunque esserci.
- Grazie. - Rispose lei presa alla sprovvista e stupita di ricevere un complimento così semplice e carino. - Mica sarò l’unica ad averla così… - Non avendo il problema della famiglia non si rendeva conto di come fossero effettivamente le cose là fuori. Cioè sapeva che non erano rose e fiori per tutti, ma pensava che più di un paio di rari fiori si salvassero in mezzo ai rovi.
- Che io sappia sì, sei l’unica. E ne conosco di gente. Cioè magari non tutti approfonditamente, ma fra quelli di cui ho conosciuto anche le famiglie la tua è la prima a posto davvero. -
Lowell si fermò dal lavorare al computer per un attimo e lo guardò stupita. La stava prendendo in giro?
Capendo che era serio -cosa che la turbò- disse senza il minimo filtro, così come le venne:
- E la tua com’è? - Subito dopo si rese conto di essersi impicciata ed aver detto qualcosa che non doveva. Anche se lui era antipatico e doveva mantenere le distanze, il rispetto minimo lo meritava e alzò subito la mano in segno di scuse: - No, lascia perdere, non devi raccontarmi, non sono affari miei. - Anche perché sapeva bene di stare per addentrare involontariamente in un sentiero troppo intricato per lei.
In parole povere se la stava cercando!
Jake non voleva usare quello come arma ma si sentì parzialmente in dovere di risponderle e per la prima volta con onesta sincerità decise di non usare strategie di alcuna sorta.
- No, hai ragione, te lo devo dopo che sono piombato a casa tua invadendoti così. E scoprendo il tuo piccolo segreto. - Sul finale accennò a mezzo sorriso allusivo, poi tornò serio e pensieroso, ma non si mosse dalla sua comoda postazione mezzo stravaccato sul tavolo.
Era vero, glielo doveva, però era anche vero che quella notta aveva sognato di poter essere quel piccoletto di nome Luke che lei aveva per fratellino. Amato e pieno di attenzioni.
Comunque lui l’aveva praticamente vista nuda, qualcosa comunque glielo doveva.
Non fece espressioni particolari, si limitò a stringersi nelle spalle e spingere il gomito più in là sul tavolo in modo da accomodarsi ancora meglio, poi quasi con indifferenza disse:
- I miei sono una coppia aperta. Hanno cominciato a tradirsi che ero piccolo, penso ancora prima che nascessi. Stanno insieme per convenienza, sono entrambi di razza così hanno deciso di unire i loro ricchi geni per dare vita ad un erede che un domani avrebbe potuto avere un potere illimitato. Io. Solo che non si sono mai preoccupati di nascondere le loro porcate. Vanno apertamente con altri e fanno l’inimmaginabile. Non si amano per niente. - Non andò più nei dettagli e pensò che così non fosse troppo scabroso o sconvolgente, eppure quando spostò la sua attenzione su di lei si rese conto che forse aveva fatto male i calcoli.
Gli occhi verde chiaro di Lowell erano apertamente shockati e si chiese quanto ingenua fosse dietro quella facciata da persona inscalfibile.
- Pensavo che queste cose succedessero nei film! Cioè… credevo che i tuoi fossero separati o cose simili… ma la tua situazione è davvero fantasiosa! - In quello decise di essere spontanea almeno tanto quanto lo era stato lui, così i conti si pareggiarono, in un certo modo, e la sua coscienza si riappacificò.
Jake lieto che non avesse avuto uscite pesanti o forzatamente sentimentali, rise raddrizzandosi e stiracchiandosi con fare inconsciamente sensuale. La ragazza non ne rimase indifferente e si richiamò all’ordine prima di finire in un vicolo cieco, così decidendo di non andare più sull’argomento famiglia tornò al lavoro pensando ad un altro argomento di conversazione per evitare l’imbarazzo dei suoi occhi azzurri sfacciatamente fissi su di sé.
Le piaceva essere guardata e ammirata, ma spogliata a quel modo era pesante anche per lei!
- Come si sono formati i Basket Case? - Pensò che quello potesse essere un argomento buono, dopotutto. Compromettente per nessuno ed in grado di levare via quello strano imbarazzo.
Così lo notò di sottecchi ridacchiare ricordando l’origine del loro gruppo e accomodandosi sulla sedia dopo averla girata al contrario, incrociò le braccia sullo schiena che ora aveva davanti e con un’aria divertita cominciò a parlare di quelli che erano finalmente bei ricordi.
- Avevamo sui sei anni penso. Bill si introdusse in casa mia perché scappava da suo padre che voleva punirlo, ne aveva fatta una delle sue… mi pare avesse dato fuoco all’albero in giardino… comunque lo trovai nella mia villa che si era perso. - rise più forte e sinceramente divertito da qualcosa che -dal suo sguardo era impossibile fraintendere- considerava semplicemente puro - si era imbattuto in mia madre che scopava con un altro, era molto interessato ma quando l’ho scoperto me lo sono portato in camera. Mi chiese se erano i miei genitori, io gli dissi che lei era mia madre e lui uno dei suoi amanti. Gli spiegai il casino dei miei genitori, per quel che ne sapevo. Ne parlavo per la prima volta, non capivo perché entrambi si tradissero ma stessero insieme, provammo a dare un senso alla cosa ma non ci siamo riusciti. Siamo comunque diventati amici quella volta e da allora non ci siamo più separati. - Rimase comunque colpita da quel racconto smettendo addirittura di lavorare alla ricerca. Doveva ammettere che figurandosi la scena doveva essere stato qualcosa di comico, ma si limitò a sorridere sommessamente. Si sentiva più che altro interessata a quella nuova parte di Jake. La parte di un amico sincero che parla dell’unica cosa bella della sua vita. Capì subito che si trattava di quello, era impossibile fraintendere dallo sguardo sereno e rilassato che aveva.
- E Tray? - Chiese allora volendo osservarlo ancora in quelle vesti di agnello.
- L’abbiamo conosciuto a dieci anni. Suonava la batteria vestito da clown! Bill allora si mise in testa che era uno di noi e diventammo suoi amici. Fu così che decidemmo di fare una band, naturalmente prima dovevamo diventare più bravi a suonare e cantare. Dopo qualche anno abbiamo messo in piedi i Basket Case! - Poi lei non glielo chiese, ma lui continuò, senza nemmeno rendersene conto, a parlare a ruota libera del gruppo e di Bill in particolare ed il modo in cui lo fece dimostrò quanto lo adorasse e lo ammirasse come persona ed amico. Qualcosa di prezioso, per lui. Lowell si dimenticò della rivoluzione francese, dei mille difetti che quel tipo accanto a lei aveva e della sua chiara fissa di far di lei un altro suo trofeo.
Si dimenticò anche di doverlo detestare.
Rimase semplicemente affascinata ad ascoltarlo parlare bene di un suo amico con il solo obiettivo di dare un quadro completo di una creatura che per lui contava molto.
In quel momento si chiese quanti Bill esistessero nella sua vita e come si potesse arrivare a quel livello.
A non essere considerati dei trofei o degli obiettivi ma semplicemente delle persone preziose.
“Come ha fatto, Bill, ad arrivare al suo vero io? Certo che anche lui ce l’ha, anche se non sembra da quanto idiota e senza speranza è. Va bene, l’ha conosciuto che era piccolo e questo sicuramente aiuta, ma ugualmente… come ci è riuscito? Jake ha obiettivi su ogni cosa che fa o non la farebbe. Con ogni persona con cui ha a che fare lui punta ad ottenere qualcosa perché è un pallone gonfiato, narcisista ed egocentrico. Con Bill, e penso anche Tray, l’unico obiettivo è stare insieme. C’è semplicemente dell’autentico sentimento puro. Eppure come persona sembra sempre così vuoto e superficiale… che razza di contraddizione è?”
Mentre lui continuava a parlare del gruppo e delle sparate di Bill e Tray senza accorgersi di aver dimenticato tutte le sue strategie, Lowell si trovò a non sentirlo davvero e a perdersi nei propri pensieri su di lui.
Che ci dovesse essere una chiave da qualche parte era ovvio, come lo era che Bill l’avesse trovata. Ma si chiedeva cosa ci fosse dentro, una volta che si apriva la porta.
A quel punto domandarselo era inevitabile e si turbò perché dopotutto, nonostante le desse prevalentemente sui nervi quando la fissava cercando di mangiarsela, non le sarebbe dispiaciuto guardare dentro.
Solo guardare.
Vero?
- Qual è stata la cosa più assurda che abbia fatto? - Chiese Lowell riferendosi a Bill, decidendo di riaversi dal proprio vortice pericoloso di pensieri.
Forse ascoltare un paio di quelle cavolate l’avrebbe riportata alla realtà.
Jake cambiò posizione per l’ennesima volta, come se avesse un insofferenza a stare fermo, e trovò un’altra più comoda della precedente: coi piedi maleducatamente alzati sulla scrivania, la sedia inclinata all’indietro e lui a dondolarcisi con le mani sulla nuca sui capelli biondi cortissimi.
Alzò gli occhi azzurri al soffitto e fissò i pannelli e le luci al neon senza vederle davvero cercando di figurarsi fra le mille volte che aveva in mente, quella più assurda.
- Cazzo, che domanda difficile… non è mica facile trovarne una! Quella peggiore, per di più! Trattandosi di lui è impossibile, fa solo cose assurde, però se lo conosci sai che poi hanno quasi tutte un senso… anche se un po’ contorto… per dirti, la prima volta che si è accorto di Evan, qualche settimana fa in classe, l’ha beccato in procinto di buttarsi giù dalla finestra. Cosa pensi che abbia fatto Bill? - Chiese con un pizzico di sorriso sornione sulle belle labbra perfettamente delineate. La ragazza dai capelli rossi sorvolò sulla notizia del tentato suicidio essendo che comunque poi non l’aveva fatto dal momento che era ancora vivo, però si riservò di tornarci su in un secondo momento per rielaborare la cosa. Smise di scrivere sulla tastiera -non smetteva certo di fare il suo lavoro per parlare con lui- e provò a pensarci, poi con ovvietà disse:
- Bè, avrà cercato di convincerlo a non farlo… -
Jake accentuò il ghigno:
- No, lui si è scusato per averlo disturbato ed è uscito! - Lei si piegò verso di lui per vederlo bene in viso e capire quanto fosse serio ma ghignetto a parte non sembrava la prendesse in giro.
- Cosa?! - Chiese non credendoci comunque.
- Davvero. Si è scusato. E cosa pensi abbia fatto, Evan? -
- Non posso dire che si è buttato giù visto che è ancora vivo… ma l’avrei detto se non l’avessi visto a scuola! - Il discorso la prendeva parecchio dal momento che era surreale…
- Evan gli ha chiesto perché non lo convinceva a non buttarsi giù e Bill gli ha detto che tutti sono liberi di fare quello che vogliono, uno di amare la vita e l’altro di odiarla. Tanto più che non conoscendolo non poteva dire se era davvero meglio che Evan vivesse… magari era veramente meglio che morisse! - Lowell stava trattenendo il respiro scandalizzata.
- Mi… stai prendendo in giro? - Jake sciolse le mani dalla nuca e raddrizzò la sedia ridendo con un che di sensuale.
- No, sono serio… sembra assurdo, vero? -
- La cosa più pazzesca che abbia mai sentito! -
- Bé, Bill se ne è andato davvero senza convincerlo a non farlo. Ebbene come puoi notare è ancora vivo! -
Rimase in silenzio per un po’ a contemplare il viso allibito di Lowell che a sua volta lo fissava cercando ancora di capire quanto vera fosse quella storia.
Uno che si imbatteva in un suicida non poteva semplicemente andarsene e lasciarlo fare. Con delle argomentazioni così assurde, per di più!
- Ma dai, non è possibile! Avrebbe potuto avere una morte sulla coscienza! Come l’avrebbe affrontata? -
Jake alzò le spalle:
- Chi lo sa, lui è imprevedibile, come hai notato… penso che avrebbe detto che era l’altro ad essersi ucciso da solo e che nessuno c’entrava qualcosa. -
- Sì ma andiamo, chiunque si sentirebbe responsabile lo stesso… Bill non è normale davvero! - Jake rise ancora.
- E’ abbastanza assurda, come cosa? -
- Altroché! - Esclamò subito lei scrollando il capo ancora stordita per la notizia. Già che un suo compagno stesse così male da tentare il suicidio era un avvenimento che meritava una riflessione sentita e accurata, poi che Bill avesse reagito in quel modo era praticamente impensabile. Eppure l’aveva fatto ed Evan era ancora vivo.
La sua reazione doveva averlo colpito al punto da spingerlo a rivederlo per capire cosa mai avesse in quella zucca astrusa. Probabilmente era stato un meccanismo simile e col senno del poi non c’era molto da biasimare, tutto sommato, però nessuno al mondo avrebbe agito a quel modo e su questo ne era certa.
Persino uno insensibile ed innamorato di sé stesso come Jake, avrebbe fatto diversamente.
- Tu cosa avresti fatto? - Gli chiese a bruciapelo e serissima, quasi con provocazione. Voleva assicurarsi che fosse davvero così e che non si sarebbe limitata a lasciarlo perdere.
La verità era che lo stava studiando ed anche se non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, si trattava semplicemente di quello.
Jake abbassò i piedi dal tavolino e per questo lei gliene fu grata, quindi stringendosi nelle spalle rispose vago:
- Non saprei, finché non ti trovi in certe situazioni non sai cosa faresti. Probabilmente avrei tentato qualche discorso pietoso come di rito sentendomi un completo imbecille totalmente ipocrita. -
Lowell ormai aveva totalmente abbandonato la ricerca scolastica e si sistemò meglio appoggiando il mento sul palmo ed il gomito alla scrivania, specchio della sia stessa posizione. Erano uno davanti all’altra e lo fissava diretta e da una vicinanza maggiore per capire cosa gli passasse per la testa.
- Perché mai dici una cosa del genere? - Chiese con un pizzico di provocazione involontaria. Come a sfidarlo a dire una cattiveria che non le sarebbe piaciuta per poterlo mettere nel suo libro nero in via definitiva.
Jake non si mosse e si compiacque della posizione che si era creata e di quella specie di intimità. Davvero interessante, dopotutto, lei ed il suo studiarlo con tanta abilità.
- Perché non lo conoscevo, cioè non mi ero mai nemmeno accorto che esistesse prima del suo incontro con Bill. Voglio dire, mettendomi in una situazione simile, ovvero davanti ad uno che a conti fatti non conosco e che sta per buttarsi giù, cosa vuoi che me ne importi di lui? Tenterei un minimo di convincimento solo per i famosi sensi di colpa però di fatto non mi importerebbe un granché di lui. Non è come se trovassi, ad esempio, te con una lametta in mano! - Era un discorso con una sua profondità, nonostante l’apparenza superficialità, e lei lo percepì infatti lo fece continuare assottigliando gli occhi per capire cosa c’era fra le righe. Lui l’accontentò con sicurezza: - Di te mi importa qualcosa, bene o male un rapporto ce l’ho, ti conosco… mi piaci… - Come diceva spesso non si vergognava di essere troppo diretto… si piaceva così com’era. O per lo meno così sembrava. Lowell arrossì ma rimase concentrata, così lui proseguì: - Se uno non lo conosco che viva o che muoia non mi cambia niente. Mi cambia se si spappola davanti ai miei occhi perché probabilmente poi me lo sogno, così per evitarlo cercherei di fare il minimo. Ma non nutrirei grandi aspettative. -
- Fingeresti di tentare di fermarlo solo per te stesso, in pratica. - Il riassunto breve e conciso della ragazza fu azzeccato in pieno.
Jake sorrise compiaciuto che lei avesse capito e poi aggiunse con decisione e schiettezza:
- E’ quello che in realtà fanno tutti in una situazione così specifica. Davanti ad uno sconosciuto che tenta di uccidersi tirano fuori qualche stupidaggine da quattro soldi solo per non avere incubi e rimorsi in futuro. Solo che non lo ammettono, sparano un sacco di stronzate sentimentali sull’umanità e palle simili. Ma a chi importa di uno che nessuno conosce? - Cinismo in piena regola.
Lowell ne rimase toccata e colpita, da un lato poteva ammirare la sua sincerità estrema, dall’altra non era d’accordo sul ridurre tutto a ciò.
Si avvicinò impercettibilmente sentendosi estremamente coinvolta dal discorso che le muoveva qualcosa dentro anche se non aveva nessuna esperienza diretta o indiretta con l’argomento. Forse era toccata da quello che lui stava dicendo. Non sapeva dire.
- Dovrebbe importarti della vita stessa se essa ti piace. Se vivi perché ami vivere allora provi rispetto per la vita in ogni sua forma ed uno che si uccide calpesta questo valore. Dipende solo da quanto sacro è questo valore per te. Evidentemente non lo è molto. - Concluse con una stoccata decisamente acida che però nei suoi piani non avrebbe dovuto esserlo.
Se ne rese conto e si morse il labbro ma non fece cenno di scusarsi o di pentirsene e lui apprezzò il suo essere così diretta e velenosa di natura. Quello non era una posa per apparire la migliore, sebbene potesse sembrarlo.
Esibì infatti un mezzo sorriso carico di compiacimento che risultò decisamente seducente; Lowell non poté negare, non certo in quel momento guardandolo da così vicino, che fosse obiettivamente un bel ragazzo e che ci sapesse fisicamente fare. Ma al di là di quello continuò a riservarsi di detestarlo prendendolo come persona nella sua globalità.
Era comunque superficiale, in fin dei conti.
A parte che per quel che riguardava Bill e Tray, specie il primo dei due, per il resto rimaneva un caso senza speranza.
Ancor di più dopo aver saputo il modo in cui i suoi genitori l’avevano cresciuto.
Con l’esempio che gli avevano sempre dato era chiaro che l’unico modo in cui poteva diventare era quello.
Tuttavia si chiese se una persona potesse davvero essere tutta lì.
Superficiale al cento per cento, cinica fino al midollo e vuota come un buco nero.
In fondo c’era sempre quell’attaccamento sensibile ai suoi due amici, quello era sincero, era un sentimento nobile.
Sospirò notando che non rispondeva e decise di lasciar perdere l’argomento e soprattutto la propria riflessione.
Qualunque cosa avesse dentro, nel profondo più nascosto, era una cosa sua e a lei non sarebbe mai interessato.
Stava con Kyle, era felice con lui, non c’era motivo di cacciarsi nei guai inoltrandosi in sentieri astrusi e magari anche oscuri.
Prima che potessero riprendere il discorso, furono interrotti da alcune risate rumorose che li distrassero.
- Ma chi è che fa tutta questa confusione? - Chiese Lowell girandosi in direzione delle voci. Anche Jake fece lo stesso e appena i due responsabili furono visibili, li riconobbe subito.
C’era da chiedersi come mai avesse beccato qualcuno che conosceva solo ora…
- Jay! - Fu visto prima che potesse chiamarli per salutarli ed il ragazzo fece appena in tempo ad alzarsi che subito si vide arrivare addosso un fulmine velocissimo che lo fece indietreggiare di un paio di passi per rimanere in piedi.
La ragazza che planò su di lui gli si attaccò a koala e non si staccò. Come non staccò le labbra dalle sue.
Labbra carnose e truccate pesantemente di nero come anche i suoi occhi momentaneamente chiusi.
Lowell rimase interdetta, specie davanti alle mani di Jake che per sostenerla si erano volenterosamente appollaiate sul sedere generoso della ragazza.
Un sedere che sicuramente in molte le invidiavano, come, si notava nonostante la posizione, anche il seno prosperoso.
Una volta nel pieno del loro saluto speciale a cui la ragazza dai capelli rossi diametralmente opposta in tutto all’altra assisteva senza parole, furono interrotti da un piede che si infranse proprio nella zona che Jake stava accuratamente sostenendo.
Lowell si girò per vedere chi le aveva dato il calcio ed eventualmente per complimentarsi, quando rimase di nuovo senza respiro.
In piedi accanto a loro stava una misteriosa e stranissima creatura che in un primo momento non seppe proprio come definire.
Era un ragazzo dai capelli blu sistemati in un taglio strano che stavano in alto privi di gravità come avesse due corna, occhi affilati e dello stesso colore sgargiante dei capelli, piercing che partivano da diverse zone della faccia, dei vestiti probabilmente vecchi di dieci anni per quanto erano consumati e malridotti e… Lowell strabuzzò gli occhi.
“Un momento, ma quelli sono vestiti costosissimi di marca! Ha un miscuglio di firme che sembra una gara… e sono tutti autentici! Li riconosco subito le cose contraffatte!”
Effettivamente aveva molto occhio per quel genere di cose e capendo che quel tipo era completamente suonato non tanto per i piercing, i capelli e le evidenti lenti a contatto, e nemmeno per i tatuaggi che si intravedevano nelle porzioni di pelle scoperte, quanto per i suoi vestiti strappati e rovinati di proposito nonostante dovessero costare una fortuna, lo fissò come se fosse un marziano.
Un bel marziano in effetti.
Ora che lo guardava meglio sembrava un diavolo, uno di quelli tentatori che sono belli e sanno di esserlo.
Se non fosse stato per lo stile sarebbe potuto benissimo essere un modello… anche il corpo sembrava perfetto!
- Stronzo, che rompi il cazzo? Come se ti fottesse qualcosa di me! - Disse la ragazza scendendo dalle altrettanto prestanti braccia di Jake preso alla sprovvista da quell’uragano.
Ora che era scesa e che la sboccata fanciulla si mostrava per bene -mentre ricambiava il calcio al ragazzo- Lowell confermò l’impressione che aveva avuto prima.
Era una che non passava inosservata!
Corpo tutto curve a parte, vestiva con abiti corti e succinti pieni di cianfrusaglie pendenti e accessori vistosi che attiravano l’attenzione, come catene, ciondoli e bigiotterie esagerate. Ma jeans cortissimi e sgambati, top scollato che più che coprire scopriva a parte, era ben altro che risaltava.
Non i tatuaggi che abbondavano, e nemmeno i piercing, di cui uno all’ombelico.
Erano i capelli.
Lunghissimi fino al fondoschiena e lisci, argentati striati di nero.
Un capolavoro senza precedenti.
Capolavoro d’eccentricità.
Più notevole non poteva essere, ma per essere sicuri di farsi notare abbastanza, il trucco era nero e pesante.
Gli occhi leggermente a mandorla di un azzurro chiaro trasparente. Ghiaccio allo stato puro.
Perfino Lowell dovette ammettere che stili assurdi a parte che li facevano apparire più come alberi di natale che altro, erano comunque entrambi estremamente belli e sensuali, lo stesso tipo di bellezza di Jake.
Ed i tre, infatti, sembravano trovarsi decisamente molto bene insieme…
- Michael, Kesha… che ci fate qua?! Cioè… questa è una biblioteca, non volete mica morire! - Disse il suo compagno di classe ridendo e scambiandosi una stretta tipicamente maschile col ragazzo.
- Hai ragione ma ci serviva un nascondiglio sicuro… chi mai ci verrebbe a cercare in biblioteca? - L’illuminò quello che evidentemente era un suo amico.
- Ecco appunto… mi sembrava… - Concluse infatti Jake squadrando per bene la ragazza che masticava una gomma in modo.
- Ragazzi, lei è Lowell… Lowell, lui è Michael e lei Kesha… sono degli amici un po’… singolari… - Al momento di spiegare in che senso, non trovò nessuna parola giusta.
Immaginò comunque che si capisse anche solo guardandoli che erano anomali e particolari…
Lowell fece educatamente un cenno col capo salutandoli con fare altero e freddo ma non gli dedicò un secondo di più decidendo di cancellarli dalla propria esistenza.
Kesha non rispose nemmeno costatando che non era del suo mondo mentre Michael, evidentemente per rispondere alla scenata di prima fra Kesha e Jake, le prese la mano, se la portò alla bocca baciandola e le face l’occhiolino.
- Ciao… - Nulla di che, nessun invito speciale o frase sporca… ma quel ciao e quel piccolo gesto fu fatto in un tale modo che sembrò la proposta più indecente del mondo.
Lowell fu però encomiabile… sebbene riconoscesse che chiunque al suo posto si sarebbe sciolto e che comunque un certo fascino l’aveva e che anzi ci sapeva proprio fare, per puro orgoglio si torturò rimanendo apparentemente impassibile.
Alzò semplicemente il mento ed il sopracciglio con fare snob e riprendendosi la mano fece come se lui non avesse fatto assolutamente niente, tornando anzi a sedersi e a porre la sua preziosa attenzione all’unica cosa che pareva interessarle in quell’istante: l’Apple!
- Non è pane per te, bello! - Lo ammonì Jake ridendo e spingendolo via mentre Michael fischiava e Kesha apprezzava la reazione della ragazza:
- Grande! Te lo meriti! - Disse infatti saltandogli sulla schiena come se fosse un mezzo di trasporto: - Su, togliamo il disturbo, porco che non sei altro! Mica gli puoi rubare la ragazza sotto il naso! -Continuò con quel suo fare particolare e schietto.
- Tu non capisci un cazzo come sempre, questo è un gioco fra me e Jay che va avanti da quando eravamo all’asilo! - Rispose Michael tenendosela in groppa ed ignorando i morsi che gli stava dando sulla spalla giusto per infastidirlo.
- Cosa, rubarvi le ragazze a vicenda? -
- Certo! Siccome siamo entrambi dello stesso stampo facciamo a gara su tutto… - Rispose Jake cercando di non entrare nei dettagli di quel che facevano poiché riconosceva che non era molto comune. Anzi, per niente. E comunque nessuno poteva capire, si conoscevano dalla nascita, famiglie dello stesso ambiente ed amiche… ed un sacco di altri dettagli che anche spiegandoli non avrebbero composto il loro quadro in maniera esauriente e comprensibile.
- Bè, allora io non conto perché non sono la ragazza di nessuno! Né del puttaniere numero uno né del numero due! - Esclamò Kesha rimanendo sulla schiena di Michael,
- Io sono il numero uno, però! - Risposero all’unisono i due ragazzi con lo stesso sguardo e tono da sbruffoni.
Anche quello naturalmente era un gioco loro…
- Ma che me ne fotte a me! - Sbottò Kesha cominciando a colpire il suo -non- ragazzo coi piedi per farlo andar via: - Togliamo il disturbo, bestiaccia! - Replicò sbraitando poco finemente.
Se non altro per essersene andati, Lowell ringraziò mentalmente quella specie di essere umano che tale non sapeva ancora se definire.
Fingendo di averli ignorati per tutto il tempo, in realtà non si era persa un secondo del loro dialogo prendendo da esso ogni dettaglio per comporre il suo personale mosaico su Jake.
Un mosaico che ora come ora non andava molto a suo favore per il semplice fatto che conosceva persone che senza dubbio si notavano più di lei.
No, non che lei volesse essere notata ma di certo doveva spiccare, essere fuori dal comune, e con gente simile nei paraggi non c‘era storia.
Con un pizzico di gelosia ignorò il ragazzo che sedendosi si scusò:
- Scusa, sono persone davvero anomale… lui lo conosco da una vita, letteralmente, e siamo cresciuti nello stesso modo rivaleggiando per gioco su tutto, mentre lei l’ho conosciuta grazie a lui. Il loro rapporto è molto incasinato anche perché Michael viaggia tantissimo ed ha un casino di famiglia che… bè, ti annoieranno questi discorsi. Comunque è vero, loro due non stanno davvero insieme ed io e lei… bè, di tanto in tanto, quando capita… ma sono solo cose fisiche… -
- Non devi mica giustificarti. Non me ne importa niente. - Ma più fantasiosa ed acida, come di solito era, non riuscì ad essere limitandosi ad un troncamento secco del discorso che era evidentemente la infastidiva.
Jake lo notò e gli piacque capendo che senza volerlo aveva di certo smosso qualcosa in lei.
Ora stava solo da vedere se in meglio od in peggio!
Da lì in poi non le tolse gli occhi di dosso per tutto il tempo del pomeriggio che passarono in completo silenzio.
Lei a scrivere al computer e lui a spogliarla con l’immaginazione!
“E’ proprio una prima donna!”
Concluse con un ghigno completando compiaciuto il suo quadro.