CAPITOLO XVI:
OGNUNO I PROPRI FANTASMI

“Pensieri che ridimensionarono tutti facendo capire ancora una volta che la vita poteva essere tanto bella e divertente quanto dura ed amara.”

/Last friday night - Katy Perry/
L’intreccio di corpi che accolse il mattino fu qualcosa di pittoresco.
A partire da Astrid completamente e comodamente stesa su Jake e Michel, per proseguire con Bill incastrato ad un rassegnato e compostissimo Evan per finire a Tray e Belfagor abbracciati tutti di sbieco sulla poltrona.
Era una specie di concerto fra gente che russava, che parlava e che insultava pesantemente nel sonno e a svegliarli tutti di soprassalto fu proprio la ‘dolce’ fanciulla con un poco fine e poco sussurrato:
- MERDA! - che fece svegliare il cane che si mise ad abbaiare che fece ruggire Tray che fece imprecare Michael e Jake. Evan si svegliò con calma e composto, come aveva dormito, e Bill… bè, lui non si svegliò proprio.
- E CHE CAZZO C’E’ ADESSO? - Fece Astrid spaventata dal risveglio che per lei -LEI!-era stato troppo brusco.
Michael stufo di lei la buttò giù per farla tacere col risultato che oltre alla botta sulla fronte bella grande, ora vomitava insulti da sveglia.
- Astrid piantala! PIANTALA CAZZO! NON MORDERMI, PORCA PUTTANA! - Ovviamente la fine fu tragica visti i segni dei denti sul polpaccio di Michael e la scarpa sul lato del viso di Astrid. Solito affetto fraterno…
Quando decisero di calmarsi, cominciò la fiera dei starnuti, cosa più che prevedibile vista la bagnata della sera prima e che poi erano rimasti fradici tutta la notte incuranti dell’influenza.
Raffreddati tutti ad eccezione di Evan e, guarda caso, proprio Astrid che sembrava perfetta come se non avesse preso freddo per nulla, Michael commentò acido per il tremendo risveglio:
- A te nemmeno i virus ti vogliono! -
La tedesca non se la prese e gattonando fino ad Evan gli si spalmò sulle gambe, sempre rimanendo a terra.
- Ho fame, ti prego… - Come se lui avesse una bacchetta magica.
Il ragazzo che teoricamente abitava quella villa pressoché gigantesca ed antica, la fissò senza muoversi -impossibilitato più che altro per il peso morto che aveva sopra- e, senza scomporsi poi molto, scosse appena il capo per chiedere implicitamente cosa potesse farci lui. Allora lei rincarò la dose sempre fissandolo supplichevole dal basso.
- Ci sarà qualcosa da mangiare, no? È mattina e lo stomaco reclama! -
Evan allora si decise a parlare se non altra per farla smettere di agguantargli le ginocchia.
- Si occupa la cameriera delle colazioni, solitamente. Per le sette e mezza è pronta in tavola. - Quando Astrid guardò l’ora e vide che erano le sei, sgranò gli occhi e buttandosi di nuovo a terra cominciò a fare la sirena.
A guardarla in quel modo non si poteva dire che era una madre di due gemelli, no di certo. E tanto meno che era sposata!
Michael le tirò un cuscino e visto che non la piantava di piagnucolare dicendo che stava per morire, Jake l’aiutò aizzandole contro il cane il quale dopo Bill ubbidiva solo a lui e a Tray.
Come se fosse il gioco più divertente del mondo, il labrador di più che decenti dimensioni le saltò sopra e nel giro di un istante si misero a giocare insieme a mordersi. Certamente un modo di giocare con la bestiola più simile a quello di Bill di quel che sembrasse. Lei non lo rincorreva a quattro zampe ma comunque lo agguantava come facesse lotta libera con lui per poi andare giù di denti.
Lasciandoli perdere, Evan si girò verso il compagno di dormita, Bill, il quale a tutto quel casino non si era nemmeno mosso, sembrava in coma e ancora col braccio e le gambe sopra di lui e la testa sulla spalla probabilmente sarebbe rimasto così per il resto della sua vita se, di punto in bianco e come se l’avessero scosso e chiamato, non avesse aperto da solo gli occhi di scatto come un gatto piuttosto che un cane quale sembrava di solito.
Evan si spaventò ma cercò di domare quel suo infarto interiore, quindi senza riuscire a staccare gli occhi dai suoi si perse a notare, sempre con un batticuore che non aveva più da anni, come in quel momento il grigio delle iridi di Bill fossero velate di sonno. Si chiese se fosse sonnambulo e quando vide che non parlava e non si muoveva ancora, cosa inaudita per lui iperattivo com’era, cominciò a preoccuparsi. Fu però troppo veloce, più del suo stesso pensiero -non che normalmente fosse particolarmente reattivo- e quando Bill gli prese il viso fra le mani per attirarlo e baciarlo, il silenzio cadde istantaneo persino da parte di Astrid, un autentico evento!
Prima che capisse che quelle erano le sue labbra e che le stava mescolando alle proprie insieme alla lingua che aveva infilato sinuoso nella bocca, ormai era già alla sua quasi completa mercede, totalmente nel pallone, annullato e più vuoto di quanto non lo fosse stato fino ad ora.
Dopo il vuoto ed il blocco ci fu però l’esplosione e, seppure ancora nel panico più completo e rigido come un manico di scopa, vide una serie di colori infuocati e violenti che lo spaventarono destabilizzandolo.
Da niente a tutto in poco tempo, impreparato e troppo improvviso, Evan si convinse che quella fosse la morte, non nel nero come aveva sempre immaginato ma nel rosso.
Quando Bill si staccò e solo lui poteva sapere perché, l’altro era ancora pallido e duro come un morto ma ancora non ci fu tempo per nulla poiché tornò a chiudere gli occhi e ad appoggiare la testa sulla sua spalla riprendendo a dormire come se non si fosse nemmeno svegliato.
Il silenzio continuò e quando il povero ragazzo alzò lo sguardo ancora sotto shock-evidente shock ma alquanto delizioso- per cercare un qualche soccorso, il primo a parlare fu Jake, il più reattivo di norma:
- Bill è sonnambulo… non l’ha fatto davvero lui coscientemente, quando si sveglierà non si ricorderà nulla… non… non prendetela… - Avrebbe voluto dire di non farci caso ma era evidente che sarebbe stato impossibile da come era ora Evan.
Jake al suo silenzio si guardò con Tray e Michael ignorando del tutto Astrid a terra ancora abbracciata a Belfagor, quindi alzando le sopracciglia in segno di ‘e ora che si fa, quello è in trance’, la prima a reagire fu proprio quella ignorata che lasciando andare il cane si alzò e avvicinando il viso a due centimetri da quello dei due ragazzi, di cui uno dormiva ad occhi chiusi e l’altro aperti, si mise a gridare come una pazza scatenata, tipo un’arpia a cui avevano pestato entrambe le zampe di aquila.
In quello Bill si svegliò di soprassalto e mettendosi in piedi sul divano cominciò a gridare a sua volta di riflesso nello stesso identico modo di Astrid, solo con una voce maschile e roca per il sonno.
Il cane riprese ad abbaiare ed Evan morì definitivamente mentre Jake scuoteva il capo, Michael ghignava e Tray rideva.
Sicuramente stando con loro non gli sarebbe servito più fare l’autolesionista e cercare di uccidersi ogni santo giorno, presto avrebbe raggiunto suo fratello anche contro la sua volontà!
Fu un momento di delirio senza fine che servì se non altro a svegliare per bene tutti e a ricacciare momentaneamente indietro i principi di raffreddore che alcuni di loro avevano accusato all’inizio.
Quando Tray ridendo disse all’amico appena sveglio che aveva baciato Evan, Bill non ci prestò nemmeno un istante d’attenzione ed alzando imprevedibilmente le spalle chiese un noncurante scusa come se non fosse stato nulla di che.
Jake avrebbe giurato di vederlo ritentare da sveglio per non dimenticarselo ed Evan comunque ci rimase male, loro malgrado non dissero nulla decidendo che quello era peggio di un animale e non bisognava stuzzicarlo in certi momenti.
Poteva anche scattargli il matto e mettersi a fargli altre cose con la bocca che non implicavano baci diretti!
Il principe infelice -ora sotto shock- rimase in tali condizioni per il resto della giornata ed oltre e capendo che non si sarebbe ripreso tanto facilmente e che forse -FORSE!- avevano esagerato -solo loro potevano dire in merito a cosa visto che nel momento stesso in cui Astrid si era messa a suonare il campanello di quella villa come se avesse una crisi epilettica, avevano già esagerato senza smettere poi un secondo-,decisero di togliere finalmente -e Dio fu lodato da Evan- il disturbo-effettivo e confermato- per andarsene e proseguire verso l’ultima tappa prima della partenza di Astrid e la scuola dei ragazzi.

/ Sing it for Japan - My Chemical Romance /
Il cimitero a quell’ora del mattino stava appena aprendo ma era ancora deserto. Le giornate cominciavano presto, l’orario non era ancora quello invernale però l’alba era finita da poco. L’ambiente era particolarmente suggestivo e si zittirono quasi nell’immediato appena varcarono la soglia del cancello, come se ci fosse un incantesimo capace di calmarli e farli stare quieti.
C’era un silenzio quasi sacro e per l’ora presto la nebbiolina che calava di notte non si era levata del tutto, rimaneva ancora un po’ fra le lapidi ad inquietare i visitatori, gli unici per il momento.
I lumini erano spenti per l’acquazzone e le goccioline che si erano condensate era tutto ciò che rimaneva della notte.
Tutto lavato via come i pensieri di ognuno, le sensazioni strane di quella notte assurda ed imprevedibile e le emozioni che avevano turbato tutti.
Persi nelle proprie menti, Michael li condusse laddove Astrid voleva concludere la sua vacanza. Aveva fatto tutto quel macello solo per trovare il cimitero e salutare un suo caro amico morto solo qualche anno prima, di conseguenza non avevano potuto che accontentarla, alla fine, anche perché dopo le ore passate coi fantasmi di Evan il minimo era rendere omaggio ad un’altra faccia della morte, quella più classica a cui nessuno si sarebbe potuto sottrarre.
Fu come se le staccassero la spina, aveva parlato a macchinetta e fatto tutto il casino immaginabile ma nel ritrovarsi ad aggirarsi per le stradine del cimitero si fece silenziosa e seria. Non cupa o triste ma solo seria.
Fu questo che incise molto anche sugli altri e sul loro sospendersi.
Raggiunta la lapide che cercavano, Astrid si sedette davanti. Non era un segno di mancanza di rispetto ma anzi, era come un’ulteriore confidenza che si poteva permettere per il rapporto che aveva con il ragazzo inciso sul marmo e per il tipo che lui stesso era.
Michael le rimase in piedi, accanto, mentre gli altri più indietro seri e silenziosi ad osservare senza quasi fiatare, come se pur non sapendo nulla di quel che stava dietro al gesto, potessero evocare ognuno dei ricordi personali che quasi si collegavano a quel momento in un certo modo.
Bill a sua madre che per lui era come fosse morta e poi al padre che sicuramente presto non avrebbe tardato a lasciarlo, Jake alla sua prima fidanzata seria di quando aveva solo dieci anni che purtroppo l’aveva lasciato prematuramente ed inaspettatamente segnandolo nel periodo peggiore della sua infanzia, Tray alla sorellina che sarebbe presto arrivata tragicamente a quel punto, Michael allo stesso ragazzo che stava osservando Astrid nella foto e a purtroppo molte altre persone.
Ognuno con un ricordo caro o doloroso od entrambi nel cuore, l’osservarono compiere quei gesti semplici ma commoventi a modo suo poiché fatti da una come lei.
Il ragazzo si chiamava Ray ed era morto giovane. Jake lo riconobbe poiché si ricordava il fatto qualche anno prima, Michael l’aveva presa malissimo e l’aveva salvato per un pelo dalla fine peggiore di tutte.
Era un motociclista appena approdato nei circuito delle gare, era tanto matto quanto promettente nonché uno dei migliori amici di Michael. Quando era morto in moto, erano stati attimi tragici per tutti quelli coinvolti in qualche modo.
Rabbrividì capendo che anche per Astrid doveva essere stata dura se veniva solo ora a trovarlo nella sua tomba.
Pensieri.
Pensieri che scivolarono nell’aria, fra le lapidi, fra quelle mille foto per lo più sconosciute, fra le date di gente che era morta giovane o adulta ma che se ne era andata in un modo o nell’altro.
Pensieri delicati.
Pensieri di rispetto.
Pensieri angosciati.
Pensieri che ridimensionarono tutti facendo capire ancora una volta che la vita poteva essere tanto bella e divertente quanto dura ed amara.
Pensieri che rimasero lì con loro mentre osservarono ipnotizzati Astrid che non piangeva e non diceva nulla di particolare, nessun comportamento da lutto.
Solo prese dalla tasca di suo fratello il pacchetto di sigarette e accendendosene una la mise lì sul marmo, insieme al vaso di fiori quasi appassiti per la troppa pioggia presa. Si incantarono a guardare il fumo salire e disperdersi nell’aria e vennero catturati dal suo gesto, una semplice carezza sulla foto, il viso di un gran bel ragazzo dai capelli biondi e lunghi che incorniciava dei lineamenti selvatici e sorridenti; un bello e maledetto, pensarono tutti.
La conclusione non poterono comprenderla, perché non era normale tagliarsi una ciocca di capelli di colore blu legata ad un campanellino e poi incastrarla sempre lì intorno alla cornice in modo che non venisse mai portata via dal vento, però la rispettarono capendo che probabilmente era una cosa che riguardava solo loro due e quando disse piano e calma le sue parole di commiato, il nodo salì in tutti poiché si rividero automaticamente nei rispettivi panni, nelle rispettive tragedie passate o future a fare e dire cose simili.
- Buona pista, Ray! - Il modo di dire dei motociclisti che vivevano praticamente su una moto e su una strada. Con questo si alzò e con un sospiro si avviò per prima verso l’uscita sentendo dentro una soddisfazione che gli altri non riuscirono a provare perché affrontare, accettare e vincere i propri fantasmi non era una cosa facile come poteva sembrare guardandola, però potevano almeno confidare in una cosa, nell’osservarla.
Comunque prima o poi ci si riusciva.
Una volta usciti, non dopo averla presa in tempo prima di perdersi di nuovo, e varcato il cancello, l’incantesimo parve spezzarsi e fatto qualche metro in silenzio immersi nei propri pensieri con un alone strano, simile a quello che era calato quella notte da Evan, si tirarono su e riattaccando la spina il baccano tornò a precederli come al solito.
Perché per ogni tragedia che riusciva a fermare qualcuno, c’era sempre qualcun altro che andava avanti.
E poi, di questi, un paio riuscivano ad affrontarle e a vincerle e anche se pochi comunque esistevano e forse erano solo troppo sparsi per essere notati e considerati, ma c’erano ed era per questi che andavano avanti quelli che vivevano le loro tragedie in pieno regime, grandi o piccole che fossero.
Almeno un paio.

/Till i collapse - Eminem/
-Bene, direi che si salta, no? - Fece Tray battendo le mani entusiasta sentendo parlare di aerei prossimi.
Michael si girò di scatto intuendo al volo le sue insane intenzioni e vedendo che Bill gli batteva mentre Jake ghignava poiché sapeva cosa stava per dire, sbottò malefico:
- Nemmeno se mi pagate per trascinarvi con me! - Astrid alzò un sopracciglio, non era molto sveglia, era rimasta al saltare scuola da parte delle tre calamità naturali!
- Ma dai, non fare lo stronzo! - Piagnucolò il ragazzo più robusto dei tre.
Jake continuò a ridacchiare mentre si fumava una sigaretta in compagnia del suo amico d’infanzia.
- Vedo che l’hai inquadrato molto bene! - Disse infatti beccandosi un calcio storto dell’interessato.
- Ma perché non vuoi che veniamo ad accompagnare Astrid in aeroporto? - Chiese Tray imperterrito il quale ci teneva fin troppo ad andare in uno dei luoghi che gli piacevano di più al mondo.
- Perché a fare disgrazie ci pensa già lei da sola senza bisogno che voi l’aiutate! -Tray lo fissò offeso ma non per la frase in sé quanto per il fatto che non sarebbero andati, così Michael, i cui capelli ormai non avevano praticamente forma e gli stavano principalmente intorno al viso e sulla fronte, rincarò la dose definitivo ed irremovibile: - Mia sorella deve partire, deve prenderlo in tempo, quell’aereo, e non venir cacciata per chissà quale casino potreste combinare insieme! Voglio che se ne vada dall’America il più presto possibile! -
Astrid gli fece il dito medio e la linguaccia dove mostrò il piercing, quindi Jake agganciando il collo dell’amico facendo forza coi muscoli mise il cuore in pace a Tray:
- Non lo smuovi quando è così categorico! Sta entrando in fase criminale, quando è in quella fase diventa pericoloso e piuttosto che cambiare idea spara sui coglioni a chi gli sta intorno. E fidati che ha mezzi e capacità nonché cattiveria! - Lo conosceva molto bene e Astrid si complimentò con lui per la perfetta e precisa analisi di suo fratello, quindi vedendo che il suo nuovo amico piantava il muso lo salutò per prima strofinandogli la testa dove il ciuffo stava a sua volta tutto in disordine, la tinta shock ormai era quasi del tutto colata via.
Tray di base era ossigenato poiché così sopra si poteva fare i colori che voleva ed essendo che ne cambiava quasi uno a settimana, non usava tinte vere ma mousse colorate che andavano via dopo qualche lavaggio. Di conseguenza se prendeva pioggia colava via sulla pelle che ora era poco rosa e decisamente indefinibile.
Anche Michael ce l’aveva bluastra per il colore che dai capelli era un po’ sceso, ma lui usava tinta vera e propria solo che di quel tipo, così pengio, colava a sua volta se bagnata dalla pioggia a quel modo.
Astrid si pulì la mano tendente al verdognolo ingiallito sulla sua maglia e stampandogli un sonoro bacio sulla guancia passò a Jake a cui diede solo un poco fine calcio nel sedere p0ichè era di nuovo a fissare il seno troppo in vista di una ragazza passata proprio in quel momento, stessa identica cosa che stava ovviamente guardando anche suo fratello il quale si beccò il secondo calcio.
- Voi due non la pianterete mai di fissarvi sulle stesse ragazze e gareggiare, vero?- Jake tornò a lei e guardando di proposito il suo davanzale generoso ma non eccessivamente esposto, sogghignò atteggiandosi apposta:
- Su una non potremmo mai sfidarci perché lui la considera come una sorella, la conosci? -
Astrid ridendo divertita l’abbracciò baciandogli la guancia e palpandogli il sedere-cosa che tutti volevano sempre fare visto quanto piacente fosse- che prima aveva calciato, lo salutò a sua volta:
- Mi sembra sia sposata, caro, mi sa che hai perso il treno! -
- Cazzo! Vuol dire che me ne farò una ragione! -
Dopo le cavolate con lui, Bill le si appese al collo stringendola di slancio, stessa cosa fece lei colpita dal modo in cui si era legato, quindi spettinandogli i capelli già fin troppo disordinati che gli davano un ulteriore aria da folletto, volle sussurrargli una cosa all’orecchio, una cosa che le venne da dentro, proprio di slancio e che nessuno sentì.
Quando finalmente riuscirono a staccarsi, i tre rimasero a fissare la strada dietro cui gli altri due erano spariti, ripensarono alla giornata e alla nottata pazzesca passata per colpa, alla fin fine, di quella pazza scatenata che come un tornado era arrivata e poi andata, quindi chiedendosi il motivo di quell’incontro surreale e fuori da ogni logica, Jake chiese a Bill:
- Cosa ti ha detto? -
Il piccoletto rimase in silenzio qualche secondo a ripensarci e come se fosse la cosa più normale del mondo sentirsi dire una cosa simile da una quasi perfetta estranea, disse semplicemente:
- Di insistere e tenere duro perché finchè il tetto non mi cadrà sulle spalle, devo andare avanti a tutti i costi, perché nessuno potrà battermi. -
Tutti e tre, grandi amanti e profondi conoscitori della musica e di ogni suo genere che per lo meno valesse la pena di essere preso in considerazione, riconobbero le citazioni.
- Till i collapse di Eminem… -
- Ma avete parlato di qualcosa in particolare mentre eravate soli in giro per la città? - Chiese Jake cercando di venirne a capo solo per trovare conferma di una cosa che comunque già sapeva perché conosceva entrambi i soggetti interessati.
- No… niente di specifico, insomma… delle nostre passioni, di quel che facciamo ma niente di veramente personale… e comunque non abbiamo nemmeno menzionato Eminem… -
Fu allora che l’altro sorrise consapevole ricevendo la sua conferma. Bill notandolo spostò lo sguardo su di lui e con interesse chiese mettendosi le mani ai fianchi:
- Che c’è? -
Jake ghignò ulteriormente ricambiando il suo sguardo quindi facendo per andare avanti per la loro strada lo superò pensando anche di non rispondere, ma quando Bill gli si catapultò sulla schiena aggrappandosi come un bambino, quasi divenne sordo…
- ORA ME LO DICI CHE CAZZO C’E’! HAI LA FACCIA DA ‘IO SO UNA COSA CHE TU NON SAI!’STRONZO, DIMMELO! A COSA SI RIFERIVA? -
Alla fine preso per esasperazione Jake rispose consapevole che non avrebbe mollato:
- Lo sai tu a cosa si riferiva! Ridevo perché avete davvero lo stesso istinto animale! Se le chiedi perché l’ha detto non lo sa però tu invece sicuramente lo sai! Vogliamo scommettere che un’idea ce l’hai? -
Bill allora si fermò prendendo in considerazione le sue parole e più per curiosità che altro provò a pensarci. Poco dopo rispose come se fosse ovvio di cosa parlasse:
- Bè, è per mio padre, no? - Non specificò, sapeva che non serviva con loro due.
- E avete parlato di tuo padre? -
- No, nemmeno di striscio. -
- Lo vedi? Siete due animali! - Concluse l’amico che lo sosteneva ancora sulla schiena divertito, alla risata di Bill poiché evidentemente gli piaceva essere un animale si unì Tray che per suggellare quelle splendide ore passate insieme si buttò a sua volta sui due amici. Il povero Jake non resse, ovviamente, poiché finchè si trattava del fuscello Bill era un conto ma poi Tray era più o meno il doppio…
Finito infatti a terra a carponi evitando di spiaccicare la sua bella faccia contro il marciapiede bagnato, scosse il capo ridendo sapendo che ormai non poteva che aspettare che i due avessero voglia di piantarla di fare gli idioti e che quindi scendessero dalla schiena che gli stavano cavalcando insieme.
Ci rimasero un bel po’ ma poteva sopportarli visto e considerato chi erano, non certo dei pazzi qualunque, bensì i suoi due migliori amici.
In tutto nemmeno ventiquattro ore complete di delirio eppure parvero a tutti una settimana, forse per tutte le cose scoperte e cambiate in così poco tempo o magari per l’entità di quei cambiamenti e di quelle scoperte…ad ogni modo delle ore indimenticabili per tutti, soprattutto per Evan e Bill.