CAPITOLO
XIX:
SCAVANDOSI
DENTRO
Erano
appena usciti dalla casa di Lowell e famiglia quando Tray esordì con questa
domanda a bruciapelo, diretto e spiccio come nel suo stile, senza girarci
troppo intorno:
- Ma
cosa ti è successo là dentro? Sei strano. Lo sei stato tutto il tempo… i
tuoi occhi si illuminavano di gioia ad intermittenza, ogni volta che guardavi
quel bambino! - Era ormai sera e stavano costeggiando un parco, fuori
cominciava a fare davvero freddo, dopo una certa ora, ma loro ne sembravano
immuni.
- Lo
so è che… addirittura si illuminavano? - Rispose
Jake preso alla sprovvista pensando in un secondo istante a quello che aveva
detto. Non pensava di essere stato così come diceva il suo amico…
- Sì… una
cosa mai vista! Nemmeno Bill era più luminescente di te! Persino Lowell l’avrà
notato! - Tray però non girava intorno alle cose e non indorava nessuna
pillola. Conosceva troppo bene i suoi amici per non dire subito ciò che notava.
E notava sempre tutto.
Jake
rallentò riflettendo, non poteva certo mettere in dubbio il fatto che fosse
vero.
- E’ che
mi è successa una cosa strana… quando ho preso in
braccio Luke ho sentito come un fortissimo senso di protezione, un calore
assurdo ed una gioia che non ha paragoni perché non è come quando sto con una
donna e faccio qualcosa che mi piace e che in cambio mi dà un orgasmo, e per me
non c’è niente di meglio di un orgasmo, eh?
Volevo solo che quel bambino smettesse di piangere e di avere paura per il fumo
e quando poi è tornato da me ridendo mi sono sentito così sollevato che… ero
felice solo perché lui rideva e stava bene! Tray, cosa mi sta succedendo? - Era
serio e preso dall’argomento, convinto che effettivamente gli
stesse succedendo qualcosa di grave per ritenere qualcos’altro
al pari di un orgasmo.
Tray
impallidì violentemente, se non l’avesse ascoltato di
persona non ci avrebbe creduto, infine sinceramente colpito e shockato come mai
in vita sua era stato, disse fermandosi di colpo e mettendosi le mani intorno
al viso:
- Oh
mio Dio… ma questo è istinto paterno! Cazzo Jay!
Hai l’istinto paterno! Significa che hai un
cuore, che non esistono solo le trombate per te! Che in realtà sei una brava
persona, che provi dei sentimenti puri e sinceri! SIGNIFICA CHE SEI UN VERO
UOMO! - A quel punto Tray si mise ad urlare a ripetizione che Jay aveva un
cuore mentre l’altro fissava il vuoto sconvolto e
assente, come se gli avessero staccato la spina. Occhi sgranati, immobilità
totale.
Intanto
Tray, continuando a saltellare come un’idiota per il parco che
avevano costeggiato nella strada del ritorno, facendo un sacco di confusione,
prese il telefono e chiamò seduta stante Bill. Quando l’amico
rispose, lui continuò sempre urlando entusiasta come un invasato convinto che
Bill potesse capire di che diavolo stesse parlando.
-
JAY HA L’ISTINTO PATERNO! JAY HA UN CUORE! NON
PENSA SOLO COL CAZZO! NON VUOLE SOLO SCOPARE NELLA SUA VITA! VUOLE ANCHE L’AMORE
E RIPRODURSI, AVERE PROLE, PROTEGGERE QUALCUNO SENZA AVERE NULLA IN CAMBIO!
VUOLE ESSERE UN VERO UOMO! -
Ed
anche se una persona normale non avrebbe capito assolutamente niente di quel
discorso apparentemente sconnesso e senza senso, Bill sorprese tutti come
sempre e logico e razionale come non era mai stato in vita sua, disse semplice:
- E’
ovvio, perché credi che scopi con tutte le donne di questo mondo? Mica per
svuotare le palle e basta! Tray, mi stupisci! C’è
sempre qualcosa di profondo dietro ad ogni stronzata che fa uno stronzo! -
Definire Jake uno stronzo che faceva stronzate fu una chicca che fece ridere
Tray che si stese per terra ridendo più forte. Dopo un minuto abbondante di
risa, il comico alzò la testa e guardò Jake come se si ricordasse di lui solo
allora, fu così che disse a Bill:
-
Ehi, vieni un po’ qua, Jay è in crisi profonda
esistenziale! Siamo al parco a due isolati da casa tua. -
- Va
bene, volo! - Naturalmente per tirare
fuori dal fosso anche solo uno di loro tre, servivano sempre tutti.
Cosa
successe a Jake in quei minuti d’assenza mentale, solo
Tray e Bill potevano saperlo con precisione, per questo il primo chiamò subito
il secondo. Era un momento delicato, lo sapevano, era evidente, e se uno di
loro era in uno di quei momenti, bisognava stargli vicino a pieno ritmo.
Sapevano
cosa gli prendeva, sapevano perché si era seduto su una di quelle giostre da
bambini che giravano a spinta, sapevano perché aveva quell’espressione
seria, pensierosa e neutra, sapevano cosa c’era dietro quegli occhi
azzurri solitamente strafottenti e perennemente ironici. Sapevano perché ora
non c’era nemmeno l’ombra
della malizia, perché guardava l’erba sotto di sé e la
terra che gli sporcava le sue scarpe perfette e di marca senza vederla
realmente. Sapevano perché il rendersi conto di avere un istinto paterno che
sovrastava la voglia del sesso lo rendeva così strano.
Sapevano
cosa gli stava accadendo e quando Bill arrivò correndo come avesse energie
inesauribili, saltò subito sulla giostra da dietro per piombargli sulla schiena
e cingerlo con il suo tipico entusiasmo travolgente. Jake si riscosse ma fino
ad un certo punto… per poco non cadde in avanti ma la sua
forza notevole l’aiutò a rimanere seduto.
-
Allora il mio fratellone sta crescendo! - Disse pimpante e gioioso al suo
orecchio. Jake non allontanò nemmeno la testa per non essere assordato, ormai
era abituato ai suoi mille decibel di tono vocale.
Tray
era ancora steso a terra che rideva divertito.
-
Pensavo che questo giorno non sarebbe più arrivato! - Disse infatti
sistemandosi comodo comodo a pancia in giù, appoggiato sui gomiti ed il mento
sui palmi. Sventolava i piedi e fissava i due ragazzi ridente. Bill allora gli
scoccò un bacio sonoro sulla guancia, adorava arrampicarglisi sopra. Rimase in
quella posa, seduto dietro di lui a cingerlo quasi soffocante, il mento
appoggiato alla sua spalla possente. Ovviamente l’incosciente
non aveva la giacca, era uscito solo con la felpa, il cappuccio gli era caduto
quando gli era saltato addosso.
I
capelli spettinati in quel momento gli donavano un’aria
ancor più da folletto.
-
Com’è andata? - Chiese a Tray. Questi s’inoltrò
in una descrizione molto personalizzata di quella che era stata la loro serata
e mano a mano che raccontava gli occhi grigio chiaro di Bill si illuminavano
ulteriormente come se avesse le stelle al posto delle iridi. Era chiaro, come
avevano immaginato, che quella famiglia al ragazzo sarebbe piaciuta da matti…
incarnava esattamente la sua convinzione, ovvero che esistevano anche le
famiglie dritte e non solo quelle storte!
-
Avevo ragione! Sono rare e difficili da trovare ma ci sono, cazzo! - Esclamò
alla fine stritolando ancora Jake che comunque ascoltava con metà cervello e
solo perché erano loro due a parlare…
-
Devo dire che non lo pensavo possibile… certo la mia sembra
avvicinarsi ma alla fine non è veramente felice, Katy non arriverà mai a
sposarsi… - Lo disse come una scia di unghie sulla
lavagna in un momento di piacevole caos generale. Non per riportare tutti all’ordine,
non per calare quel velo di malinconia che quando accennava a lei puntualmente
scendeva, ma alla fine successe.
Però
non poteva non nominarla mai perché comunque esisteva ed era parte attiva della
sua vita… gli faceva male anche non parlarne mai…
loro lo sapevano, non dicevano nulla quando lui lo faceva, era comunque raro
che si esponesse in tal senso, perfino con loro.
Questo
diede la forza a Jake di tornare più attivo e alla domanda di Bill:
-
Cosa ne pensi? - si trovò a parlare liberamente. Sapeva che conoscevano la
risposta a quella domanda, ma era anche chiaro che gliel’aveva
fatta perché doveva tirarla fuori lui.
Si
strinse nelle spalle e ringraziò il conforto portato da quel peso piuma
appollaiato sulla sua schiena, lo cullava senza rendersene conto e gli piaceva,
lo manteneva coi piedi a terra ma al tempo stesso lo faceva volare, era un dono
di Bill.
-
Non pensavo di essere come tutti… - Fu la sua esclamazione
primaria. Gli altri ridacchiarono:
-
Nemmeno noi lo pensavamo! - Ma era una risposta scherzosa perché lo sapevano
perfettamente, invece…
- E’ che… bè,
ma voi lo sapete. Io ho sempre creduto di essere il risultato dei miei
genitori. Lo so che non è una regola matematica perché altrimenti tu, Bill,
saresti un violento ed invece non sai far male ad una mosca. Ma io sì, io ho
sempre pensato di essere come i miei e di conseguenza mi comportavo altrettanto… non
ho mai dato importanza alle cose vere e profonde della vita, convinto che l’amore
vero non esista o che comunque sia per pochi eletti e non certo per i ricchi.
Io non sono nella categoria dei buoni e dei puri, me lo sono sempre detto. Lo
siete voi. Io sono fortunato ad essere vostro amico. Pensavo che non ci potesse
essere niente di meglio del piacere fisico, quindi di un orgasmo… e
stasera mi riscopro a voler comunque una famiglia… ad
avere l’istinto paterno e ad apprezzare i bambini!
-
L’avevano
saputo perfettamente, loro erano a conoscenza della sua assurda convinzione ma
non si erano mai affannati a demolirlo perché tanto la vita presentava le
smentita in via naturale e così era stato.
- Ma
non è brutto scoprire una cosa simile… - Mormorò Bill più mite
e sorprendentemente delicato. Jake rabbrividì perché sapeva essere sempre ciò
che serviva e gli strinse automaticamente le mani incrociate sul proprio petto.
-
No, però anche se ora so che voglio una vita diciamo comune e normale, una
famiglia, dei figli e provare un giorno dei sentimenti sinceri e veri, magari
anche l’amore, non so… non
penso comunque che potrò mai, ai fatti. Penso che i sogni son desideri
irrealizzabili. Certo non costa nulla, sognare, e sapere cosa si vorrebbe è
bello, ma sono realista. Non è una vita che avrò mai anche se la vorrei. -
Crudele con sé stesso come non sapeva essere con nessun altro, oltre ogni
limite immaginabile.
Tray
si fece amaro, non poteva contraddirlo, anche lui desiderava fortemente che sua
sorella vivesse ma sapeva che non era possibile.
-
Tutti hanno sogni irrealizzabili… - E l’oscenità
della vita li aveva toccati fin troppo presto. Dei ragazzi di diciannove anni
che parlavano così non erano davvero comuni. O forse, dopotutto, lo erano fin
troppo!
Bill
era l’unico che si ostinava a credere nei
riscatti della vita, che in ognuno non potesse esserci sempre amarezza e
tristezza… e non si scoraggiava davanti a niente,
nemmeno se i suoi migliori amici non seguivano quella sua mentalità ostinata.
-
Alcuni però si avverano! Certo non subito, non quando lo vuoi, non quando ci
pensi, non quando lotti per realizzarti, però prima o poi si avvera. Nel modo
che non pensavi, diversamente da ciò che credevi, ma si realizza! Qualcosa, non
tutto, non… - La voce gli si spezzò e fu la prima
volta, per loro, sentirlo parlare di ciò in cui credeva fermamente con quel
tono così… così perso, in un certo senso…
Jake
si girò fra le sue braccia in modo da guardarlo bene in viso, ora erano vicini
e non gli sarebbe sfuggito un solo dettaglio della sua espressione da folletto
malinconico.
-
Che ti succede? - Chiese capendo subito che doveva essergli accaduto qualcosa.
Anche
Tray si alzò e si sedette con loro sulla giostra tonda girevole, non lo toccò
ma osservò con attenzione il suo profilo dal naso piccolo leggermente all’insù.
Non era davvero normale che fosse così.
Bill
alla fine sospirò sapendo che con loro non poteva trattenersi, quindi sussurrò
piano:
-
Oggi sono andato a casa di Evan… non veniva a scuola da
quando siamo stati da lui e pensavo che stesse male. Era in una fase depressiva…
penso non mangiasse da giorni, chiuso in camera, senza prendere aria, al buio… non
so… e nessuno vedeva di lui, come stava, cosa aveva…
nessuno che lo obbligava ad uscire, a lavarsi, mangiare, curarsi, andare a
scuola… mi sono incazzato come una belva! Come è
possibile che nessuno veda di lui? Che a nessuno importi niente? Io sono uscito
di testa nel vederlo così! So che hanno passato tutti cose brutte ma lui ora è
lì ed è vivo e… non so, ci sono delle cose orrende nella
vita di tutti, è vero, ma perché non si riesce mai a vedere quelle belle, poi?
E non è che non ce ne sono, è solo che non sanno vederle! Perché Alexander è
morto suicida dopo una vita che solo lui sa, sua madre è impazzita, però Evan è
vivo e vegeto e se non si uccide anche se ci prova ogni giorno significa che
vuole vivere, in realtà… vuole che suo padre veda di lui, lo ami,
gli stia vicino… perché non può notare questa fortuna? È
una cosa bella, avere comunque un figlio che cerca il proprio amore! Io darei
non so cosa perché mio padre non mi picchiasse e mi amasse e non bevesse! E capisco
Evan ma anche se lo capisco non lo condivido perché comunque vivo, esco, mi
distraggo, mi perdo nelle cose che mi piacciono per rimanere a galla e ridere
lo stesso, sentirmi bene lo stesso! Quindi non lo giustifico però lo capisco,
abbiamo lo stesso desiderio di essere amati dai nostri padri! Ma perché deve
essere così, cazzo? Perché nella vita si guardano solo le cose schifose e non
quelle belle che rimangono? Anche tu, Jay… hai dei genitori
bastardi che ti hanno insegnato che l’amore non esiste, ma guardati!
Ora sei qua che vuoi provare ad amare lo stesso! Non è bello? Tutto dice che tu
sei come loro ma non è così perché hai l‘istinto paterno, invece!
E poi non vuoi essere come loro, li odi! Non sei così! E provi amore per un
bambino che non è nemmeno tuo fratello! Jay, non sei così! Puoi avere la vita
che vuoi o almeno provare ad averla! E Tray… Tray non avrà sua
sorella, un domani, ed è la cosa più atroce a cui io possa pensare, ma avrà
altre persone che proveranno lo stesso dolore e almeno in quella sofferenza
atroce che nessuno dovrebbe provare, non sarà solo. Ed io penso che anche se
mio padre beve e mi picchia, io un giorno me ne andrò di casa, diventerò un
cantante famoso e farò quel cazzo che mi pare… e
che forse questa cosa per Evan è vera e bella anche se complicata e strana… e
che magari, con un po’ di fortuna, mi ricambia e non mi vede
solo come un ancora di salvezza… forse… -
Di
certo quando i suoi sfoghi arrivavano, non avevano termini di paragone nemmeno
con quelli di Tray.
I
due rimasero in silenzio ad ascoltarlo parlare sempre più agitato e con voce
rotta fino a che non gli fu completamente impossibile andare avanti, quindi
quando sentì le mani di entrambi sulle braccia e sulla schiena, gli si aggrappò
istintivamente ben consapevole che nelle sofferenze di tutti i giorni aveva
comunque sempre qualcuno pronto a sostenerlo.
Un
braccio intorno a Tray ed uno intorno a Jake e gli occhi stretti forte per
ricacciare delle lacrime che non voleva versare perché non avevano senso.
Ma
era da molto che non si sentiva così scosso dal profondo e ripensare alla
sensazione sgradevole provata davanti al padre di Evan, non poteva che
rafforzare la voglia di affogare nei sentimenti piacevoli che gli trasmettevano
i suoi amici.
Però
Evan doveva averne altrettanti, per poter uscire da quella maledetta casa di
morte e tristezza… doveva avere un motivo per provare a
buttarsi nel mondo.
Qualcosa
di bello, prima o poi, l’avrebbe trovato anche lui, ne era sicuro.
-
Dio, non ho mai voluto tanto in vita mia qualcosa come ora… che… -
La voce era incrinata, però continuò sommessa e scosso. - Che Evan ce la
faccia. Se ne tiri fuori. Che sia felice… non voglio niente più di
questo, ora… e non so come aiutarlo ma voglio farlo
perché nessuno può vivere così infelicemente per sempre. - a Jake e Tray si
strinse sinceramente il cuore, improvvisamente i loro problemi ed i loro
pensieri erano barzellette confronto a quello che quel povero ragazzo stava
vivendo, a come si sentiva, a come stava. Non era giusto che dei ragazzi di diciannove
anni stessero così e fossero capaci di dire cose simili… che
fossero capaci di tagliarsi le braccia per capire se si voleva poi vivere o
morire… che lottassero per la felicità per dare
uno schiaffo agli orrori di tutti i giorni vissuti fino a quel momento. Che ci
fosse in agguato un dolore inevitabile ed osceno o che il destino fosse scritto
con amarezza.
Se
lo strinsero contro perdendosia vicenda in un abbraccio a tre perché ognuno
aveva bisogno di quello, ognuno aveva bisogno di conforto per andare avanti
quando arrivavano degli ostacoli e per ognuno era uno diverso ma c’erano
sempre.
“E comunque è solo di
questo che Evan ha bisogno!”
Pensò
Bill senza la forza di dirlo mentre pian piano ritornava a sentirsi meglio fra
le loro braccia protettive. Erano come due fratelli, per lui, e non poteva
farne a meno, erano gli unici che sapevano tutto di lui, che non lo giudicavano
in qualche modo, che lo capivano, che c’erano indipendentemente
da tutto. Gli unici.
Ma
era giusto che anche Evan avesse un abbraccio simile in cui affogare per
risollevarsi da quel suo biancore angosciante.
-
Starà bene. - Disse alla fine Jake con semplicità consapevole che era tutto ciò
di cui Bill aveva bisogno in quel momento.
- Lo
so. - Disse Bill allora sospirando sollevato nel sentire quello che voleva, di
cui necessitava. Evan sarebbe stato bene.
- A
volte i padri diventano figli… - Mormorò infine Tray
piano. - a volte hanno solo bisogno che i figli vengano lì e gli dicano cosa
fare. Perché vivere non è facile per nessuno. - La conclusione piacque a tutti
e si chiese, Bill, se Tray non avesse ragione. Se non dovesse andare dal
proprio e azzardarsi a dirgli tutto ciò che pensava e se Evan dal suo e fare
altrettanto. O forse solo chiedergli un semplice abbraccio, né più né meno.
“Sarebbe bello… sarebbe semplice… la vita non è mai così semplice… o forse, a volte, sì…”
L’avrebbero
scoperto lentamente, trovare una risposta ad una domanda simile richiedeva
tempo.
Quando
si sentì pronto per tornare sé stesso, Bill prese un lungo respiro profondo e
con un salto imprevedibile planò giù dalla giostra su cui erano seduti, quindi
afferrando uno dei grandi manubri sporgenti in ferro, cominciò a correre
intorno ad essa per farla girare. Inizialmente fu faticoso ma poi prendendo
velocità si dimostrò più facile e si rese conto che poteva essere una bella
metafora.
All’inizio
si stenta ma insistendo, una volta che sei in corsa, è più facile e scorrevole… la
vita…
Cominciò
a ridere a quell’idea, lieto che bastasse fare, dopotutto,
quello che aveva sempre fatto.
Muoversi,
darsi da fare, saltare, correre, strepitare, rimanere attivi in tutti i modi,
mai abbattersi, mai fermarsi, mai placarsi.
Jake
e Tray inizialmente si tennero non capendo cosa avesse in mente ma quando lo
videro correre e far muovere la giostra in cerchio sempre più in fretta -e
soprattutto poi lo videro ridere- si rilassarono a loro volta ed alzando le
braccia in alto chiusero gli occhi godendosi quel momento semplicemente
azzeccato.
Quando
saltò su anche Bill, in corsa, si mise loro in mezzo e facendo altrettanto, col
mondo che girava intorno a loro impazzito, con occhi chiusi e braccia alzate,
si mise a gridare. Nel giro di un istante erano tutti e tre a farlo come degli
schizzati di prima categoria. Come se nessun problema al mondo li avesse appena
schiacciati e rattristati, come se andasse tutto bene, come se fossero quelli
di sempre.
Ed
invece erano lì su una giostra in corsa a crescere giorno dopo giorno e a
cercare di non cadere.
“Bisogna solo muoversi… “ Pensò Bill per poi gridare sopra le voci degli altri che finalmente si
sentivano semplicemente bene e leggeri. Leggeri come meritavano di sentirsi.
-
CHI SI FERMA E’ PERDUTO! - Mai modo di dire fu più
azzeccato, per Bill… del resto era da sempre il suo motto.
Come aveva potuto dimenticarselo?
L’importante
era che comunque ci fosse sempre qualcosa pronto a ricordarglielo. Fin’ora
era sempre successo.
Forse
lo fece per provare a sé stesso che andava ancora bene, che era come sempre,
che non era cambiato nulla.
Che
comunque avessero bisogno di distrarsi era innegabile.
Quella
sera decisero di deviare rispetto a casa e finirono in un locale in centro,
Tray attaccato alla bottiglia come al solito -come ci riuscisse nonostante non
avesse l‘età per farlo era un mistero-, Bill a fare
il solito casino poiché non ce n’era uno che non conosceva
e Jake… Jake a fare i suoi esperimenti!
Era
un disco pub di conseguenza se da una parte si poteva stare tranquillamente
seduti nei divanetti e nei tavolini a bere, dall’altra
si poteva ballare.
Non
tardò ad essere adocchiato da qualche bella ragazza. Individuò al volo la più
bella e fisicamente la meglio fornita, quella che si muoveva bene e che poteva
considerare al suo stesso livello… aveva un’alta
considerazione di sé, conosceva le proprie doti, sapeva di essere bello, di
piacere e di saperci fare e ne approfittava per non prendersi niente di meno di
ciò che sapeva poteva avere.
Erano
sempre ragazze di alto livello.
La
ragazza che si prese quella sera era tutta l’opposto di Lowell, che
comunque era un bel tipo se si teneva in un certo modo.
Più
svestita che altro, capelli neri e lunghi, fisico pieno di curve. Pareva
davvero una modella, probabilmente la più bella nel locale e non ci fu niente
di strano che adocchiasse proprio Jake… erano entrambi i più
richiesti.
Che
si presero a vicenda fu una naturale conseguenza. Quando cominciarono a ballare
allo stesso buon livello, un livello che li vedeva bassi sulle gambe e bacino
contro bacino che roteavano a ritmo di musica da discoteca, fu breve il tempo
che impiegarono per trovare la strada per le loro bocche.
Sembravano
non aver voglia di perdere tempo, quando si baciarono sentirono entro breve la
morbidezza dei loro fisici, il calore oltre che la consistenza della pelle
liscia sotto le mani che si sfregavano per sentirsi il più possibile. Diedero
spettacolo in più di un senso e quando Jake si trovò a pensare a quando sarebbe
finita trovò la sua risposta.
Era
sempre fisicamente bello e appagante ma ormai vuoto e privo di senso.
Gli
piacevano le belle donne smaliziate che ci sapevano fare e si davano, gli
piaceva il sesso facile fine a sé stesso e soprattutto buono, ma quando furono
isolati dietro al locale, fuori, nei parcheggi dove le coppiette andavano per
trovare un po’ di intimità come si doveva e lei era
abbassata davanti a lui a fargli un meraviglioso e perfetto lavoro di bocca,
lui si trovò a riprendere possesso della propria mente e a pensare che
dopotutto era anche piuttosto scontato, noioso e conosciuto.
Insomma,
sapeva com’era, come sarebbe andata, cosa succedeva
in un orgasmo del genere… gli era sempre piaciuto, era sempre
appagante e meraviglioso ma cos’era che non andava più?
L’idea
di quell’affetto paterno che aveva provato quel
giorno lo tormerntava… quello era diverso, era appagante in un
altro modo e probabilmente l’avrebbe veramente
riempito a vita.
Essere
padre, pensò mentre lei pompava sul suo inguine con impegno cercando di farlo
venire per avere poi il suo numero di telefono ed avere il resto…
chissà come poteva essere…
“Non credo sia nemmeno
proprio una questione di essere veramente padre… è più avere qualcosa di vero e completo fra le mani… avere dei sentimenti sinceri ed autentici… amare… forse è ciò che
rappresenta l’essere padri, l’avere i bambini… quella purezza fondamentale che io nella mia vita non
ho mai avuto… forse è solo questo.
Voglio andare oltre il sesso e ne sento il bisogno fisico oltre che interiore a
tutti gli effetti…”
Alla
fine riuscì a venire ma non fu molto appagante come le altre volte, si sentì
anche distratto…
“No,” Pensò infatti storcendo
la bocca e picchiando appena la nuca contro il muro dietro di sé: “Non mi basta tutto questo.”
Stava
semplicemente crescendo.