CAPITOLO
XX:
L’ULTIMA
CANZONE
Le
urla si sentivano fin fuori.
La
fortuna era che in quel quartiere specifico era pieno di case simili,
dove dentro vivevano famiglie disastrate. Le urla erano all'ordine del
giorno per tutti.
Nessuno
si voltò verso quella di Bill, nessuno si interessò ad ascoltare cosa
c'era quella mattina.
-
DOVE LE HAI MESSE! - La voce di une uomo gridava alternandola a dei
rumori piuttosto inequivocabili.
Bill
si abbassò in tempo, una bottiglia di birra vuota sfiorò per un pelo la
sua testa ed il cane, Belfagor, cominciò ad abbaiare come un ossesso.
Più che altro pareva ruggisse.
Era
tutto abbassato in posizione d'attacco rivolto verso l'uomo grosso e
possente, un uomo in pessime condizioni con delle occhiaie profonde e
l'aria sciupata, la pancia gonfia. Bill dietro l'animale lo teneva per
il collare cercando di fermarlo dall'azzannare suo padre.
-
Le ho buttate! - Cercava di non urlare per calmare il labrador ma
sembrava una vera impresa.
L'uomo
prese un'altra bottiglia di birra vuota e l'alzò per tirarla ancora,
prima però ruggì infuriato, gli occhi iniettati di sangue, i capelli
unti e arruffati, brizzolati, i vestiti sporchi e vomitevoli.
-
COME DIAVOLO HAI POTUTO, BASARDO! - Il padre che chiamava bastardo il
proprio figlio era qualcosa su cui in molti si sarebbero soffermati, in
realtà.
Era
il suo vero padre ma sembrava l'esatto contrario.
Sembrava
l'odiasse.
-
Ma oggi c'è il concerto a scuola, volevo che fossi sobrio e che
venissi... poi c'è il Ringraziamento... pensavo di cucinare qualcosa di
buono... non devi bere! Almeno per oggi, ti prego... - Non voleva
urlare, voleva essere gentile e convincerlo, ricordargli che era suo
figlio e che non doveva detestarlo anche se era colpevole della morte
dell'unica donna che avesse mai amato.
Gli
dispiaceva d'averlo rovinato fino a quel punto, ma perchè non poteva
risollevarsi, dopo diciannove anni?
L'uomo
tirò lo stesso la bottiglia e Bill, con dei riflessi ormai troppo
buoni, la schivò. I vetri schizzarono ovunque e per terra era una
discarica. Un frammento finì comunque sul suo viso e lo ferì sulla
guancia. Bill non se ne curò ed appena sentì il cane ormai ingestibile
abbaiare più furioso che mai, l'abbracciò cercando di placarlo,
spaventato all'idea che camminando sui vetri si facesse male alle zampe.
-
Buono, buono... non è niente! - Ma nel distrarsi non vide arrivare il
padre che, esaurite le bottiglie, fece per calciare il cane e
farlo stare zitto.
Bill,
che lo abbracciava, quando vide il calcio non si schivò ma anzi lo
coprì meglio per evitare che prendesse Belfagor.
Il
piede avvolto in ciabatte dalla suola in gomma dura prese in pieno
l'occhio del ragazzo che per lo stordimento non riuscì a fermare il
cane.
Azzannò
l'uomo sulla caviglia e affondando i denti tirò come una tigre.
Gliel'avrebbe staccata se Bill non si fosse ripreso e non l'avesse
tirato via usando tutte le sue forze, con disperazione.
Quando
l'ebbe tolto, la caviglia del padre non sanguinava ancora ma si
vedevano i segni dei denti affilati. Si accasciò a terra, sui vetri
rotti, e si ferì le mani ma non se ne curò, quindi tirandoglieli con
rabbia continuò ad urlare nonostante il dolore:
-
VATTENE VIA TU E QUEL CANE ROGNOSO DI MERDA! ANDATEVENE A FANCULO DALLA
MIA VITA! ME L'HAI ROVINATA! -
Bill,
senza fare una piega, ormai abituato a tutto quello, prese il cane e lo
spinse fuori, poi rivolto a lui disse amaro:
-
Io non capisco proprio perchè ti devi odiare tanto... capisco perchè
odi me... ma se solo provassi ad amarti... -
Con
questo uscì senza nemmeno sbattere la porta, abbattuto e con un graffio
sulla guancia ed un occhio che si gonfiava bruciandogli.
Andò
di corsa a scuola, era anche tardi, dovevano sistemare gli strumenti e
provare, nonché prepararsi.
Si
rese conto di non aver portato la borsa che si era preparato per lo
spettacolo ed imprecò scrivendo un sms a Jake, dicendo di portare
matita nera ed un cambio di scena per lui. Ne aveva un po’ a casa di
tutti e due i suoi amici perché capitava spesso che non si fermasse a
dormire a casa.
Jake
non fece domande ed immaginando cosa fosse successo, si sbrigò
superando sé stesso ed il suo solito ritardo.
Fu
il primo ad arrivare e quando lo raggiunse al bagno vicino alla sala di
musica, il loro covo a scuola, chiuse subito a chiave in modo da non
venir disturbati.
Prima
di poter dire o fare qualcosa, il cane gli venne incontro saltellando
contento. Quello gli bastò per capire più precisamente cosa doveva
essere successo ed ignorando Belfagor che ci rimase male, andò subito
da Bill, lo girò di schiena e gli alzò la felpa, quindi lo voltò per
avanti e dopo avergli guardato la schiena visionò anche l’addome.
Sospirò nel non vedere altri lividi o segni oltre a quelli vecchi, ma
non durò molto il suo sollievo. Quando notò il viso gli abbassò la
maglia e glielo prese fra le mani cominciando ad imprecare rabbioso.
-
Quel figlio di puttana di merda! Bill, quando cazzo te ne andrai? Hai
già diciotto anni! Fanculo, vieni a stare da me! Chi se ne fotte! Non
puoi farti trattare così! Quello ti picchia sempre e va bene quando
sono solo lividi quelli che ti lascia… cos’è questo graffio? Ti ha
tirato di nuovo la bottiglia di birra? -
Bill
abbassò gli occhi, per un attimo schiacciato da sé stesso e da quegli
occhi battaglieri e talmente azzurri da far male.
A
volte pensava che Jake fosse un’arma a doppio taglio.
Senza
aspettare risposte, l’amico aprì il rubinetto e prese una salvietta di
carta, quindi cominciò a lavargli via il sangue che gli era colato dal
piccolo, fortunatamente, graffio sulla guancia. Pochi centimetri.
-
Allora? Mi vuoi dire qualcosa? - Chiese calando il tono, era meno
arrabbiato di prima solo perché non era bello sentire Bill in silenzio.
E stava in silenzio solo quando era abbattuto.
Voleva
andare da quell’uomo ed ucciderlo, dannazione. Un giorno l’avrebbe
fatto e cosa sarebbe successo?
-
Volevo… volevo che venisse a sentirmi… gli ho nascosto il bere e lui
non l’ha gradito… mi ha tirato due birre vuote e poi siccome Bel non
stava zitto perché voleva sbranarlo, gli ha tirato un calcio. Per
proteggerlo mi sono fatto colpire. - Cose da lui, ovvio.
Jake
ebbe di nuovo un moto di rabbia accecante e tendendo i muscoli buttò
con un gesto secco il fazzoletto. Ormai il sangue si era fermato, non
serviva nemmeno un cerotto. Quando rialzò lo sguardo sui suoi occhi,
vide che uno si stava quasi chiudendo e questa volta imprecò più
pesantemente contro Dio con cui aveva molti problemi.
-
Dovevi lasciare che lo sbranasse, porca troia! Piantala di fargli da
pungi ball! Non è colpa tua se sua moglie è morta! Cazzo, è morta di
parto, cosa diavolo puoi farci? Giuro che se non la pianta gli
sfracello quella testa piena di merda contro il cesso dove vomita tutto
il giorno! - Era ancora molto concitato e seccato.
Quello
doveva essere un giorno splendido e sereno, felice, dove cantare
davanti a migliaia di persone e fare tutto quello che volevano.
Doveva
essere un gran giorno.
Ed
invece era solo uno dei tanti schifosi fottuti giorni del cazzo.
Jake
provò l’istinto di mandare tutto e puttane e mettendogli un altro
fazzoletto bagnato sull’occhio rosso e gonfio, Bill gemette.
Non
poteva ridursi così ogni volta che si scontrava con lui. Succedeva ogni
giorno ma a volte era più forte di altre. Quella era stata brutta
perché aveva sperato in un piccolo passo in avanti.
-
Dovevo fare come sempre. È solo che ci ho sperato… ma non lo farò più…
lo lascerò morire di epatite e cirrosi… o soffocato nell’alcool e nel
suo vomito… - Ma tutti e due sapevano che non sarebbe successo mai.
Jake
sospirò e vedendogli le labbra tremare paurosamente, come già la sua
voce quasi inudibile, lo abbracciò nascondendogli la testa contro il
collo, affondò le dita fra i capelli neri e sconvolti, non pettinati
nemmeno quel giorno.
Se
lo tenne a sé infondendogli forza, poi dopo che lo sentì respirare con
più calma, e lieto che non avesse pianto come sembrava dovesse fare,
mormorò piano.
-
Dovremmo annullare il concerto… non puoi cantare in queste condizioni!
Gli presentiamo quelli di musica classica che suonano qualche puttanata
come al solito e noi ce ne andiamo… - Ma Bill in quello scattò come
fosse stato morso da una tarantola e alzando veloce il capo lo guardò
come un furetto fuori di sé:
-
No che non annulliamo il concerto, cazzo! Io ci tengo, verrà anche Evan
e se siamo fortunati anche suo padre, ho scelto delle canzoni apposta
per loro… non puoi… non puoi dirmi così! Non mi farò gestire da quello
stronzo di mio padre! Non mi rovinerà la giornata! È la più bella, non
cambierò una virgola! Posso cantare, cazzo, posso cantare come sempre!
Jake, non dire niente a nessuno! -
Jake
sospirò davanti a quel fiume di parole, era davvero convinto…
- E
a chi dovrei dirlo? - Disse piano gettando la spugna. Tanto alla fine
vinceva sempre quel nanetto… la sua volontà era schiacciante!
-
Dai… dai, mi trucco e non si vedrà niente! -
Fece
cercando di ritrovare la propria forza d’animo. Non poteva perdersi
così, non poteva.
Jake
lo lasciò fare e gli porse lo zaino con quello che gli aveva chiesto,
quindi Bill si vestì.
Jeans
e camicia neri con cintura, cravatta e scarpe arancione fosforescente.
Poi
si bagnò i capelli scompigliandoli ulteriormente e cominciò a riempirsi
entrambi gli occhi di matita nera. Abbondò di proposito più del solito,
tanto quando andava in scena era normale che lo facesse.
Nessuno
avrebbe notato che uno dei due era gonfio, il livido sarebbe venuto
fuori solo il giorno dopo ma c’erano le vacanze per il Ringraziamento,
quindi non c’era da preoccuparsi.
Quando
ebbe finito si voltò con un sorriso tirato.
-
Allora? Si nota? - Jake sospirò scontento e contrariato, non era una
buona idea, ma non poteva che sostenerlo, come sempre, quindi
sorridendo si avvicinò e spettinandogli ulteriormente i capelli, come
se di più fosse possibile, esclamò:
-
Così sì che va meglio! -
Quando
Tray arrivò Bill sorrise a 32 denti, radioso come sempre.
-
Allora ti piace il mio trucco? -
Bill
aveva gli occhi neri di matita e sembrava ci fosse solo un trucco
pesante, non si notava il livido ed il gonfiare. Non a prima vista.
-
Che trucco! - esclamò senza farci troppo caso.
-
Ma ti piace? - se riusciva ad ingannare lui era a cavallo.
Tray
si strinse nelle spalle.
-
Sei gnocco! Ti scoperei! -
Bill
rise risollevato e Jake si intromise seccato:
-
Quell'uomo gli ha dato un calcio sull'occhio! -
La
consistenza di uno sparo...
Tray
gli fu davanti in un istante tenendolo per le spalle, poi gli prese il
viso e gli scostò i capelli dalla fronte.
-
Quel bastardo di merda! Bill vieni e vivere da me! - ruggì. L'occhio
ora si vedeva bene, era mezzo chiuso ma da lontano non sembrava molto.
-
No Tray dai... Sei pieno di problemi e non avete spazio... -
-
Vieni da me! - replicò Jake di nuovo.
-
Odio i tuoi! E poi comunque non posso pesare così... E lui... lui
è pur sempre mio padre anche se... - non riuscì a
finire che Jake gridò arrabbiato. Solo poche volte li si vedeva così.
-
NON è UN PADRE QUELLO E SE TI SENTO DIRLO DI NUOVO ME NE VADO! - Bll
l'abbracciò di slancio colpito da quella reazione, lo strinse forte
togliendogli il fiato e gli diede l’impressione di essere un
salvagente. Jake lo strinse a sé e Tray capì la sua situazione, la capì
carezzandogli affettuoso la schiena.
-
Vi adoro, siete i miei fratelloni e non so cosa farei senza di voi, non
lasciatemi mai, non insinuatelo nemmeno per scherzo. Morirei. Io
resisto solo perché ho voi che mi sostenete. - Nessuno poteva vedere
quel Bill, solo loro. Lo capirono e Tray si unì agli abbracci commosso,
pensando che anche per lui era lo stesso e che sapeva avrebbe avuto
bisogno di loro molto presto.
Prima
di quello che avrebbe immaginato.
Li
stritolò giocando ma alla fine risultò un bell’abbraccio a tre, molto
tenero.
Perché
erano ragazzi che come tutti avevano bisogno di affetto e certezze ed
anche se fingevano di essere forti e pazzi, alla fine erano come tutti.
Una
volta separati sorridevano tutti e tre, seppure con un piccolo velo
sugli occhi, chi di commozione, chi di malinconia…
-
Tray, ma tua sorella? - Sapeva che il giorno prima aveva avuto una
crisi, si era sentita male ed era stata portata in ospedale. Avevano
detto che il momento inevitabile era vicino ma Tray aveva sostenuto
testardamente che non era così, che avrebbe vissuto ancora. Per questo
non erano andati i ragazzi. Perché avevano fatto una promessa.
Che
Bill e Jay sarebbero venuti in ospedale solo quando Katy sarebbe stata
davvero per morire. Tray li avrebbe chiamati dicendoglielo
espressamente. Quella era la promessa.
-
Non so, io sono dovuto venire via prima. È a casa… non credo che venga.
Dio, ci tenevo… potrebbe essere l’ultimo Ringraziamento… - Calò
nell’immediato un velo di malinconica nebbia su di loro, i tre si
guardarono.
Come
cantare?
Come
andare là fuori e fare i soliti pazzi scatenati sul palco?
Come
mettersi delle maschere d’allegria e far capire al mondo la gioia di
vivere?
Ma
quale gioia di vivere…
-
Ragazzi, siamo sicuri di voler andare là fuori? È quasi ora… se
dobbiamo mandare tutto a puttane questo è il momento di filarcela! -
Disse Jake il quale capiva che non poteva chiedere agli altri due di
cantare lo stesso.
Bill
fu il primo a reagire in quel momento e come prima, ora fu anche peggio.
Lo
fissò risoluto e sul piede di guerra, le sopracciglia corrucciate,
l’aria imbronciata:
-
No cazzo! Questa è una delle fottutissime cose belle della mia
fottutissima vita! Il canto, la musica, questo gruppo, voi! Non voglio
che quello stronzo dannato di mio padre mi impedisca di vivere quello
che mi dà la mia maledettissima gioia di vivere! -
Tray
sospirò meno allegro e meno convinto, guardava in basso, si figurava
sua sorella pallida e con le occhiaie verso una tragica fine che non
aveva il coraggio di vivere.
-
Vorrebbe che facessi il folle là sopra. È stato per lei che ho
cominciato, che mi sono vestito da pagliaccio e che ho continuato tutti
questi anni. Come potrei smettere proprio per lei? No… - alzò lo
sguardo su entrambi che lo guardavano addolorati. - Tiriamo fuori le
palle come abbiamo sempre fatto! -
Allora
Jake sorrise e prendendo una spalla a testa strinse trasmettendo loro
il proprio affetto, un affetto che non aveva eguali.
Se
non ci fossero stati loro non sarebbero andati avanti. Ma c’erano,
erano lì.
Potevano
andare avanti.
Il
sorriso radioso di Bill fu la carica, come sempre, e battendosi le
teste tutti e tre si abbracciarono in coro per poi gridare all’unisono;
dopo essersi caricati Bill aggiunse tonante:
-
IN SCENA RAGAZZI! - Che sarebbe sempre stato il loro motto.
A
qualunque costo.
Sempre.
Il
palco era la sua unica vera casa. Non poteva che stare lì sopra se
aveva bisogno di stare bene.
Come
poteva pensare di evitarlo, un giorno, solo per un po’ di malumore?
Era
lì dove si raddrizzava.
Era
lì dove gli tornava il sorriso. Il sole. La vita. La voglia di farcela.
Lì
e solo lì. Non era lui che alimentava il palco, era il palco che
alimentava lui e tutti lo vedevano, lo percepivano… Bill era diverso
dagli altri ragazzini che avevano una band e cantavano ogni tanto.
Non
era nemmeno una questione di bravura o talento.
Bill
aveva una specie di aura quando saliva sopra una pedana rialzata e si
prendeva il microfono in mano imbracciando la chitarra elettrica.
Diventava
l’unico essere che avrebbe voluto essere, colui per cui era nato… e
nessuno aveva più dubbi.
Catalizzava
su di sé l’attenzione di tutti, ogni essere umano.
Appena
messo piede su, una volta presentati e dopo il solito discorso del
Ringraziamento, i ragazzi salutarono con energia tutta la scuola ed i
parenti. La sala gremita di persone per lo più sconosciute.
Gli
sguardi di tutti girarono su posti precisi. Ultime file per Bill e
prime per Tray. Jake era l’unico che non sperava di vedere qualcuno lì.
Speranza vana visto che i suoi genitori c’erano belli in mostra
fingendo di essere la coppia perfetta.
Gli
venne un conato di vomito ma si voltò di spalle per concentrarsi sul
basso, quindi in quello sentì sia Bill che Tray esclamare.
Il
primo era sorpreso il secondo commosso.
Si
voltò subito a guardarli.
-
Ci sono?! - Sarebbe stato incredibile per entrambi.
-
Sì! Cazzo non pensavo venissero alla fine… - Bill ed il suo ottimismo
avevano vacillato e lo poteva rivelare solo dopo aver risolto tutto.
I
suoi occhi grigi e vispi brillavano fissando il fondo.
-
Evan e suo padre sono laggiù! Non so proprio come mai sia venuto anche
lui, forse perché è uno dei donatori più importanti della scuola e
vuole vedere che fine fanno i suoi soldi… -
-
Quello è come i miei, ci tiene troppo alle apparenze! - Esclamò amaro
Jake capendo che il padre di Evan era quello splendido uomo accanto a
lui, in fondo. Gli ricordava qualcuno…
-
Bè, non interna sua moglie… - Era logico che era per le apparenze… le
avrebbe fatto bene stare in un centro di salute mentale.
-
Cazzo ma come può esserci? - Tray era ancora perso ma fortunatamente il
presentatore continuava a parlare.
I
due si distrassero e cominciarono a cercare la sorella, sapevano che
parlava di lei.
La
videro inconfondibile in prima fila coi genitori, gli sguardi
apprensivi.
Quanto
amore si sarebbe perso se non fossero usciti a cantare lo stesso?
-
Dio, ma è pericoloso… e se si aggrava di nuovo? Ieri ha avuto una crisi
pazzesca… come può… - Tray stava per piangere. Non era mai successo, i
loro due amici l’avevano visto qualche volta ma era raro… che piangesse
in un’occasione simile aveva dell’incredibile.
Si
era fatto tutto rosa solo perché era il colore preferito di Katy.
Capelli rosa, vestiti rosa, lenti a contatto rosa…
La
salutò e lei lo ricambiò sorridendo dolcissima.
Era
avvolta in un pellicciotto ed in una coperta, sedeva su una sedia a
rotelle, troppo debole per muoversi sulle gambe, e aveva una cera molto
brutta. Per non parlare del bellissimo cappellino che aveva in testa.
Si
era consumata molto eppure era lì a guardarlo.
L’ultimo
concerto?
-
E’ il regalo più bello… - Disse Tray mimando bene il labiale per farsi
leggere da lei che non trattenne una lacrima.
Allora
Tray per lei e solo per lei si mise a gridare e con una serie di
capriole assurde, vista la sua mole non da poco, andò alla batteria.
Il
presentatore decise di zittirsi e sia Bill che Jake risero facendosi
contagiare da lui.
Gridava
in quel modo folle tipo posseduto, l’aria da pazzo cronico… era
spassoso.
La
musica partì con una scarica assolutamente rock, come tutti si
aspettavano e mentre Tray picchiava duro sulla batteria introducendo il
primo pezzo, Bill spiegò davanti al microfono.
-
Ci hanno espressamente vietato di fare le nostre canzoni, non capisco
proprio perché chiamare noi allora… però visto che noi siamo dei Casi
senza speranza, abbiamo pensato di scegliere delle canzoni che
potrebbero piacervi. E che comunque sarebbero da noi! -
E
con questo partirono facendo i Rammstain, Amerika!
La
presa per il culo più grande di tutta la nazione… ovvero una parodia
sull’America… non certo la cosa più adatta da cantare in un
Ringraziamento.
Poi
cantarono American Idiot dei Green Day ed una serie di canzoni anti
americane.
Consapevoli
che dopo di questo sarebbero stati sospesi, tanto valeva divertirsi
davanti alle espressioni livide dei professori e del preside che voleva
ucciderli se solo non fosse stato occupato a morire.
Si
misero a cantare addirittura Another brik in the wall, altra canzone
contro l’istituzione scolastica ed i metodi ‘brucia bambini‘…
Solo
alla fine Bill si mise a suonare il piano al posto della chitarra e
l’atmosfera cambiò repentinamente. Come se sul palco fosse cambiato
gruppo, se fossero altri.
L’atmosfera
divenne subito malinconica e cupa, tutta la folla, tre quarti
scandalizzata e per il resto, gli studenti, divertiti ed ammirati, si
fecero attenti e stupiti.
Anche
le espressioni di loro tre erano diverse.
Alla
fine Bill aveva cambiato idea. Niente Running up that hill o altre che
potevano andare bene per Evan.
Però
i messaggi con le altre provocatorie era passato ugualmente al padre di
Evan e Bill non poteva chiedere di meglio.
Alla
fine aveva scelto solo una mirata.
Un
messaggio preciso solo per il ragazzo seduto in fondo.
Una
canzone uscita non da molto, di un gruppo di cui tendevano a non fare
niente per il genere particolare che facevano.
Però
Iridescent dei Linkin Park la ritenne semplicemente perfetta…
Perfetta
per Evan e suo padre e la loro storia, la loro situazione.
-
Quando ti trovavi nel risveglio della devastazione
Quando
aspettavi sul bordo dell’ignoto
E
con il cataclisma che pioveva giù
Piangendo
dentro, “salvami adesso”
Eri
lì assolutamente da solo
Ti
senti freddo e perso nella disperazione ?
Rafforzi
la speranza
Ma
il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda
tutta la tristezza e frustrazione
E
lascia andare
Lascia
andare
Ed
in uno scoppio di luce che
ha
accecato ogni Angelo
Come
se il cielo avesse soffiato
il
Paradiso tra le stelle
Hai
sentito la gravità di temprata piacevolezza
Cadendo
nello spazio vuoto
Nessuno
li che ti prendesse tra le loro braccia
Ti
senti freddo e perso nella disperazione ?
Rafforzi
la speranza
Ma
il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda
tutta la tristezza e frustrazione
E
lascia andare
Lascia
andare
Ti
senti freddo e perso nella disperazione ?
Rafforzi
la speranza
Ma
il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda
tutta la tristezza e frustrazione
E
lascia andare
Lascia
andare
Lascia
andare
Lascia
andare
Lascia
andare
Ti
senti freddo e perso nella disperazione ?
Rafforzi
la speranza
Ma
il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda
tutta la tristezza e frustrazione
E
lascia andare
Lascia
andare -
Lo
splendido pezzo originale era cantato da due persone, Bill dovette
farlo da solo ma fu più che soddisfacente.
La
fece a modo suo, con una voce molto dolce e solo inizialmente triste.
Mano a mano che procedeva si fece più sereno e risollevato fino a
diventare una specie di inno alla vita. All’abbandonare il dolore e a
ricominciare a vivere bene.
Ci
aveva sperato con tutto sé stesso di riuscire a cantarla per suo padre,
ma non c’era stato verso ed almeno cantarla per Evan poteva andare bene.
Almeno
quello.
Tutti
si commossero, dopo essere diventati lividi, e gli adulti si chiesero
perché non fare una cosa tanto bella anche per il resto del concerto.
Si
godettero quell’unico pezzo splendido e rilassante, pieno di positività
e con un messaggio meraviglioso.
E
fra le lacrime di molti, Katy compresa, Bill si chiese cosa ne
pensassero i due interessati. Nessuna piega, nessuna espressione.
Niente. Erano rimasti là indietro ad ascoltare come due statue.
Bill
smise col piano e fra mille domande ansiose si rispose anche che tanto
se doveva andare bene prima o poi sarebbe andata… altrimenti quella
canzone sarebbe servita comunque a qualcuno. Di certo.
E
non poteva immaginare che l’ultima canzone ascoltata da Katy era una
delle più belle che la piccola bambina avesse mai sentito. Non poteva
immaginare come l’avesse fatta sentire. Non poteva immaginare che quel
‘lascia andare’ l’aveva penetrata fin nell’animo rilassandola al punto
da rendere Iridescent e la voce in quel momento dolcissima e splendida
di Bill, l’ultima cosa da lei ascoltata.
Bè,
non proprio l’ultima cosa… ma l’ultima canzone sì.