CAPITOLO XX:
L’ULTIMA CANZONE

/Mirror - Lil Wayne ft Bruno Mars/
Le urla si sentivano fin fuori. 
La fortuna era che in quel quartiere specifico era pieno di case simili, dove dentro vivevano famiglie disastrate. Le urla erano all'ordine del giorno per tutti.
Nessuno si voltò verso quella di Bill, nessuno si interessò ad ascoltare cosa c'era quella mattina.
- DOVE LE HAI MESSE! - La voce di une uomo gridava alternandola a dei rumori piuttosto inequivocabili.
Bill si abbassò in tempo, una bottiglia di birra vuota sfiorò per un pelo la sua testa ed il cane, Belfagor, cominciò ad abbaiare come un ossesso. Più che altro pareva ruggisse.
Era tutto abbassato in posizione d'attacco rivolto verso l'uomo grosso e possente, un uomo in pessime condizioni con delle occhiaie profonde e l'aria sciupata, la pancia gonfia. Bill dietro l'animale lo teneva per il collare cercando di fermarlo dall'azzannare suo padre.
- Le ho buttate! - Cercava di non urlare per calmare il labrador ma sembrava una vera impresa. 
L'uomo prese un'altra bottiglia di birra vuota e l'alzò per tirarla ancora, prima però ruggì infuriato, gli occhi iniettati di sangue, i capelli unti e arruffati, brizzolati, i vestiti sporchi e vomitevoli. 
- COME DIAVOLO HAI POTUTO, BASARDO! - Il padre che chiamava bastardo il proprio figlio era qualcosa su cui in molti si sarebbero soffermati, in realtà.
Era il suo vero padre ma sembrava l'esatto contrario.
Sembrava l'odiasse.
- Ma oggi c'è il concerto a scuola, volevo che fossi sobrio e che venissi... poi c'è il Ringraziamento... pensavo di cucinare qualcosa di buono... non devi bere! Almeno per oggi, ti prego... - Non voleva urlare, voleva essere gentile e convincerlo, ricordargli che era suo figlio e che non doveva detestarlo anche se era colpevole della morte dell'unica donna che avesse mai amato. 
Gli dispiaceva d'averlo rovinato fino a quel punto, ma perchè non poteva risollevarsi, dopo diciannove anni?
L'uomo tirò lo stesso la bottiglia e Bill, con dei riflessi ormai troppo buoni, la schivò. I vetri schizzarono ovunque e per terra era una discarica. Un frammento finì comunque sul suo viso e lo ferì sulla guancia. Bill non se ne curò ed appena sentì il cane ormai ingestibile abbaiare più furioso che mai, l'abbracciò cercando di placarlo, spaventato all'idea che camminando sui vetri si facesse male alle zampe. 
- Buono, buono... non è niente! - Ma nel distrarsi non vide arrivare il padre che, esaurite le bottiglie,  fece per calciare il cane e farlo stare zitto.
Bill, che lo abbracciava, quando vide il calcio non si schivò ma anzi lo coprì meglio per evitare che prendesse Belfagor.
Il piede avvolto in ciabatte dalla suola in gomma dura prese in pieno l'occhio del ragazzo che per lo stordimento non riuscì a fermare il cane.
Azzannò l'uomo sulla caviglia e affondando i denti tirò come una tigre. Gliel'avrebbe staccata se Bill non si fosse ripreso e non l'avesse tirato via usando tutte le sue forze, con disperazione.
Quando l'ebbe tolto, la caviglia del padre non sanguinava ancora ma si vedevano i segni dei denti affilati. Si accasciò a terra, sui vetri rotti, e si ferì le mani ma non se ne curò, quindi tirandoglieli con rabbia continuò ad urlare nonostante il dolore:
- VATTENE VIA TU E QUEL CANE ROGNOSO DI MERDA! ANDATEVENE A FANCULO DALLA MIA VITA! ME L'HAI ROVINATA! - 
Bill, senza fare una piega, ormai abituato a tutto quello, prese il cane e lo spinse fuori, poi rivolto a lui disse amaro:
- Io non capisco proprio perchè ti devi odiare tanto... capisco perchè odi me... ma se solo provassi ad amarti... - 
Con questo uscì senza nemmeno sbattere la porta, abbattuto e con un graffio sulla guancia ed un occhio che si gonfiava bruciandogli.

/ Live to rise - Soundgarden/
Andò di corsa a scuola, era anche tardi, dovevano sistemare gli strumenti e provare, nonché prepararsi.
Si rese conto di non aver portato la borsa che si era preparato per lo spettacolo ed imprecò scrivendo un sms a Jake, dicendo di portare matita nera ed un cambio di scena per lui. Ne aveva un po’ a casa di tutti e due i suoi amici perché capitava spesso che non si fermasse a dormire a casa.
Jake non fece domande ed immaginando cosa fosse successo, si sbrigò superando sé stesso ed il suo solito ritardo.
Fu il primo ad arrivare e quando lo raggiunse al bagno vicino alla sala di musica, il loro covo a scuola, chiuse subito a chiave in modo da non venir disturbati.
Prima di poter dire o fare qualcosa, il cane gli venne incontro saltellando contento. Quello gli bastò per capire più precisamente cosa doveva essere successo ed ignorando Belfagor che ci rimase male, andò subito da Bill, lo girò di schiena e gli alzò la felpa, quindi lo voltò per avanti e dopo avergli guardato la schiena visionò anche l’addome. Sospirò nel non vedere altri lividi o segni oltre a quelli vecchi, ma non durò molto il suo sollievo. Quando notò il viso gli abbassò la maglia e glielo prese fra le mani cominciando ad imprecare rabbioso.
- Quel figlio di puttana di merda! Bill, quando cazzo te ne andrai? Hai già diciotto anni! Fanculo, vieni a stare da me! Chi se ne fotte! Non puoi farti trattare così! Quello ti picchia sempre e va bene quando sono solo lividi quelli che ti lascia… cos’è questo graffio? Ti ha tirato di nuovo la bottiglia di birra? - 
Bill abbassò gli occhi, per un attimo schiacciato da sé stesso e da quegli occhi battaglieri e talmente azzurri da far male.
A volte pensava che Jake fosse un’arma a doppio taglio.
Senza aspettare risposte, l’amico aprì il rubinetto e prese una salvietta di carta, quindi cominciò a lavargli via il sangue che gli era colato dal piccolo, fortunatamente, graffio sulla guancia. Pochi centimetri. 
- Allora? Mi vuoi dire qualcosa? - Chiese calando il tono, era meno arrabbiato di prima solo perché non era bello sentire Bill in silenzio. E stava in silenzio solo quando era abbattuto. 
Voleva andare da quell’uomo ed ucciderlo, dannazione. Un giorno l’avrebbe fatto e cosa sarebbe successo? 
- Volevo… volevo che venisse a sentirmi… gli ho nascosto il bere e lui non l’ha gradito… mi ha tirato due birre vuote e poi siccome Bel non stava zitto perché voleva sbranarlo, gli ha tirato un calcio. Per proteggerlo mi sono fatto colpire. - Cose da lui, ovvio. 
Jake ebbe di nuovo un moto di rabbia accecante e tendendo i muscoli buttò con un gesto secco il fazzoletto. Ormai il sangue si era fermato, non serviva nemmeno un cerotto. Quando rialzò lo sguardo sui suoi occhi, vide che uno si stava quasi chiudendo e questa volta imprecò più pesantemente contro Dio con cui aveva molti problemi.
- Dovevi lasciare che lo sbranasse, porca troia! Piantala di fargli da pungi ball! Non è colpa tua se sua moglie è morta! Cazzo, è morta di parto, cosa diavolo puoi farci? Giuro che se non la pianta gli sfracello quella testa piena di merda contro il cesso dove vomita tutto il giorno! - Era ancora molto concitato e seccato.
Quello doveva essere un giorno splendido e sereno, felice, dove cantare davanti a migliaia di persone e fare tutto quello che volevano.
Doveva essere un gran giorno.
Ed invece era solo uno dei tanti schifosi fottuti giorni del cazzo.
Jake provò l’istinto di mandare tutto e puttane e mettendogli un altro fazzoletto bagnato sull’occhio rosso e gonfio, Bill gemette.
Non poteva ridursi così ogni volta che si scontrava con lui. Succedeva ogni giorno ma a volte era più forte di altre. Quella era stata brutta perché aveva sperato in un piccolo passo in avanti.
- Dovevo fare come sempre. È solo che ci ho sperato… ma non lo farò più… lo lascerò morire di epatite e cirrosi… o soffocato nell’alcool e nel suo vomito… - Ma tutti e due sapevano che non sarebbe successo mai.
Jake sospirò e vedendogli le labbra tremare paurosamente, come già la sua voce quasi inudibile, lo abbracciò nascondendogli la testa contro il collo, affondò le dita fra i capelli neri e sconvolti, non pettinati nemmeno quel giorno. 
Se lo tenne a sé infondendogli forza, poi dopo che lo sentì respirare con più calma, e lieto che non avesse pianto come sembrava dovesse fare, mormorò piano.
- Dovremmo annullare il concerto… non puoi cantare in queste condizioni! Gli presentiamo quelli di musica classica che suonano qualche puttanata come al solito e noi ce ne andiamo… - Ma Bill in quello scattò come fosse stato morso da una tarantola e alzando veloce il capo lo guardò come un furetto fuori di sé:
- No che non annulliamo il concerto, cazzo! Io ci tengo, verrà anche Evan e se siamo fortunati anche suo padre, ho scelto delle canzoni apposta per loro… non puoi… non puoi dirmi così! Non mi farò gestire da quello stronzo di mio padre! Non mi rovinerà la giornata! È la più bella, non cambierò una virgola! Posso cantare, cazzo, posso cantare come sempre! Jake, non dire niente a nessuno! - 
Jake sospirò davanti a quel fiume di parole, era davvero convinto… 
- E a chi dovrei dirlo? - Disse piano gettando la spugna. Tanto alla fine vinceva sempre quel nanetto… la sua volontà era schiacciante!
- Dai… dai, mi trucco e non si vedrà niente! - 
Fece cercando di ritrovare la propria forza d’animo. Non poteva perdersi così, non poteva.
Jake lo lasciò fare e gli porse lo zaino con quello che gli aveva chiesto, quindi Bill si vestì.
Jeans e camicia neri con cintura, cravatta e scarpe arancione fosforescente. 
Poi si bagnò i capelli scompigliandoli ulteriormente e cominciò a riempirsi entrambi gli occhi di matita nera. Abbondò di proposito più del solito, tanto quando andava in scena era normale che lo facesse. 
Nessuno avrebbe notato che uno dei due era gonfio, il livido sarebbe venuto fuori solo il giorno dopo ma c’erano le vacanze per il Ringraziamento, quindi non c’era da preoccuparsi. 
Quando ebbe finito si voltò con un sorriso tirato.
- Allora? Si nota? - Jake sospirò scontento e contrariato, non era una buona idea, ma non poteva che sostenerlo, come sempre, quindi sorridendo si avvicinò e spettinandogli ulteriormente i capelli, come se di più fosse possibile, esclamò:
- Così sì che va meglio! - 
Quando Tray arrivò Bill sorrise a 32 denti, radioso come sempre. 
- Allora ti piace il mio trucco? -
Bill aveva gli occhi neri di matita e sembrava ci fosse solo un trucco pesante, non si notava il livido ed il gonfiare. Non a prima vista.
- Che trucco! - esclamò senza farci troppo caso.
- Ma ti piace? - se riusciva ad ingannare lui era a cavallo.
Tray si strinse nelle spalle.
- Sei gnocco! Ti scoperei! - 
Bill rise risollevato e Jake si intromise seccato: 
- Quell'uomo gli ha dato un calcio sull'occhio! - 
La consistenza di uno sparo...
Tray gli fu davanti in un istante tenendolo per le spalle, poi gli prese il viso e gli scostò i capelli dalla fronte.
- Quel bastardo di merda! Bill vieni e vivere da me! - ruggì. L'occhio ora si vedeva bene, era mezzo chiuso ma da lontano non sembrava molto.
- No Tray dai... Sei pieno di problemi e non avete spazio... -
- Vieni da me! - replicò Jake di nuovo.
- Odio i tuoi! E poi comunque non posso pesare così... E lui... lui è  pur sempre mio padre anche se... -  non riuscì a finire che Jake gridò arrabbiato. Solo poche volte li si vedeva così.
- NON è UN PADRE QUELLO E SE TI SENTO DIRLO DI NUOVO ME NE VADO! - Bll l'abbracciò di slancio colpito da quella reazione, lo strinse forte togliendogli il fiato e gli diede l’impressione di essere un salvagente. Jake lo strinse a sé e Tray capì la sua situazione, la capì carezzandogli affettuoso la schiena.
- Vi adoro, siete i miei fratelloni e non so cosa farei senza di voi, non lasciatemi mai, non insinuatelo nemmeno per scherzo. Morirei. Io resisto solo perché ho voi che mi sostenete. - Nessuno poteva vedere quel Bill, solo loro. Lo capirono e Tray si unì agli abbracci commosso, pensando che anche per lui era lo stesso e che sapeva avrebbe avuto bisogno di loro molto presto.
Prima di quello che avrebbe immaginato.
Li stritolò giocando ma alla fine risultò un bell’abbraccio a tre, molto tenero.
Perché erano ragazzi che come tutti avevano bisogno di affetto e certezze ed anche se fingevano di essere forti e pazzi, alla fine erano come tutti. 
Una volta separati sorridevano tutti e tre, seppure con un piccolo velo sugli occhi, chi di commozione, chi di malinconia… 
- Tray, ma tua sorella? - Sapeva che il giorno prima aveva avuto una crisi, si era sentita male ed era stata portata in ospedale. Avevano detto che il momento inevitabile era vicino ma Tray aveva sostenuto testardamente che non era così, che avrebbe vissuto ancora. Per questo non erano andati i ragazzi. Perché avevano fatto una promessa.
Che Bill e Jay sarebbero venuti in ospedale solo quando Katy sarebbe stata davvero per morire. Tray li avrebbe chiamati dicendoglielo espressamente. Quella era la promessa.
- Non so, io sono dovuto venire via prima. È a casa… non credo che venga. Dio, ci tenevo… potrebbe essere l’ultimo Ringraziamento… - Calò nell’immediato un velo di malinconica nebbia su di loro, i tre si guardarono.
Come cantare?
Come andare là fuori e fare i soliti pazzi scatenati sul palco?
Come mettersi delle maschere d’allegria e far capire al mondo la gioia di vivere?
Ma quale gioia di vivere…
- Ragazzi, siamo sicuri di voler andare là fuori? È quasi ora… se dobbiamo mandare tutto a puttane questo è il momento di filarcela! - Disse Jake il quale capiva che non poteva chiedere agli altri due di cantare lo stesso.
Bill fu il primo a reagire in quel momento e come prima, ora fu anche peggio.
Lo fissò risoluto e sul piede di guerra, le sopracciglia corrucciate, l’aria imbronciata:
- No cazzo! Questa è una delle fottutissime cose belle della mia fottutissima vita! Il canto, la musica, questo gruppo, voi! Non voglio che quello stronzo dannato di mio padre mi impedisca di vivere quello che mi dà la mia maledettissima gioia di vivere! - 
Tray sospirò meno allegro e meno convinto, guardava in basso, si figurava sua sorella pallida e con le occhiaie verso una tragica fine che non aveva il coraggio di vivere. 
- Vorrebbe che facessi il folle là sopra. È stato per lei che ho cominciato, che mi sono vestito da pagliaccio e che ho continuato tutti questi anni. Come potrei smettere proprio per lei? No… - alzò lo sguardo su entrambi che lo guardavano addolorati. - Tiriamo fuori le palle come abbiamo sempre fatto! - 
Allora Jake sorrise e prendendo una spalla a testa strinse trasmettendo loro il proprio affetto, un affetto che non aveva eguali.
Se non ci fossero stati loro non sarebbero andati avanti. Ma c’erano, erano lì.
Potevano andare avanti.
Il sorriso radioso di Bill fu la carica, come sempre, e battendosi le teste tutti e tre si abbracciarono in coro per poi gridare all’unisono; dopo essersi caricati Bill aggiunse tonante:
- IN SCENA RAGAZZI! - Che sarebbe sempre stato il loro motto.
A qualunque costo.
Sempre.

/  Iridescent - Linkin Park  /
Il palco era la sua unica vera casa. Non poteva che stare lì sopra se aveva bisogno di stare bene.
Come poteva pensare di evitarlo, un giorno, solo per un po’ di malumore?
Era lì dove si raddrizzava.
Era lì dove gli tornava il sorriso. Il sole. La vita. La voglia di farcela.
Lì e solo lì. Non era lui che alimentava il palco, era il palco che alimentava lui e tutti lo vedevano, lo percepivano… Bill era diverso dagli altri ragazzini che avevano una band e cantavano ogni tanto.
Non era nemmeno una questione di bravura o talento.
Bill aveva una specie di aura quando saliva sopra una pedana rialzata e si prendeva il microfono in mano imbracciando la chitarra elettrica.
Diventava l’unico essere che avrebbe voluto essere, colui per cui era nato… e nessuno aveva più dubbi.
Catalizzava su di sé l’attenzione di tutti, ogni essere umano.
Appena messo piede su, una volta presentati e dopo il solito discorso del Ringraziamento, i ragazzi salutarono con energia tutta la scuola ed i parenti. La sala gremita di persone per lo più sconosciute.
Gli sguardi di tutti girarono su posti precisi. Ultime file per Bill e prime per Tray. Jake era l’unico che non sperava di vedere qualcuno lì. Speranza vana visto che i suoi genitori c’erano belli in mostra fingendo di essere la coppia perfetta.
Gli venne un conato di vomito ma si voltò di spalle per concentrarsi sul basso, quindi in quello sentì sia Bill che Tray esclamare.
Il primo era sorpreso il secondo commosso.
Si voltò subito a guardarli.
- Ci sono?! - Sarebbe stato incredibile per entrambi.
- Sì! Cazzo non pensavo venissero alla fine… - Bill ed il suo ottimismo avevano vacillato e lo poteva rivelare solo dopo aver risolto tutto.
I suoi occhi grigi e vispi brillavano fissando il fondo.
- Evan e suo padre sono laggiù! Non so proprio come mai sia venuto anche lui, forse perché è uno dei donatori più importanti della scuola e vuole vedere che fine fanno i suoi soldi… - 
- Quello è come i miei, ci tiene troppo alle apparenze! - Esclamò amaro Jake capendo che il padre di Evan era quello splendido uomo accanto a lui, in fondo. Gli ricordava qualcuno… 
- Bè, non interna sua moglie… - Era logico che era per le apparenze… le avrebbe fatto bene stare in un centro di salute mentale.
- Cazzo ma come può esserci? - Tray era ancora perso ma fortunatamente il presentatore continuava a parlare.
I due si distrassero e cominciarono a cercare la sorella, sapevano che parlava di lei.
La videro inconfondibile in prima fila coi genitori, gli sguardi apprensivi.
Quanto amore si sarebbe perso se non fossero usciti a cantare lo stesso?
- Dio, ma è pericoloso… e se si aggrava di nuovo? Ieri ha avuto una crisi pazzesca… come può… - Tray stava per piangere. Non era mai successo, i loro due amici l’avevano visto qualche volta ma era raro… che piangesse in un’occasione simile aveva dell’incredibile.
Si era fatto tutto rosa solo perché era il colore preferito di Katy. Capelli rosa, vestiti rosa, lenti a contatto rosa… 
La salutò e lei lo ricambiò sorridendo dolcissima.
Era avvolta in un pellicciotto ed in una coperta, sedeva su una sedia a rotelle, troppo debole per muoversi sulle gambe, e aveva una cera molto brutta. Per non parlare del bellissimo cappellino che aveva in testa.
Si era consumata molto eppure era lì a guardarlo.
L’ultimo concerto?
- E’ il regalo più bello… - Disse Tray mimando bene il labiale per farsi leggere da lei che non trattenne una lacrima.
Allora Tray per lei e solo per lei si mise a gridare e con una serie di capriole assurde, vista la sua mole non da poco, andò alla batteria.
Il presentatore decise di zittirsi e sia Bill che Jake risero facendosi contagiare da lui.
Gridava in quel modo folle tipo posseduto, l’aria da pazzo cronico… era spassoso.
La musica partì con una scarica assolutamente rock, come tutti si aspettavano e mentre Tray picchiava duro sulla batteria introducendo il primo pezzo, Bill spiegò davanti al microfono.
- Ci hanno espressamente vietato di fare le nostre canzoni, non capisco proprio perché chiamare noi allora… però visto che noi siamo dei Casi senza speranza, abbiamo pensato di scegliere delle canzoni che potrebbero piacervi. E che comunque sarebbero da noi! -
E con questo partirono facendo i Rammstain, Amerika! 
La presa per il culo più grande di tutta la nazione… ovvero una parodia sull’America… non certo la cosa più adatta da cantare in un Ringraziamento.
Poi cantarono American Idiot dei Green Day ed una serie di canzoni anti americane. 
Consapevoli che dopo di questo sarebbero stati sospesi, tanto valeva divertirsi davanti alle espressioni livide dei professori e del preside che voleva ucciderli se solo non fosse stato occupato a morire.
Si misero a cantare addirittura Another brik in the wall, altra canzone contro l’istituzione scolastica ed i metodi ‘brucia bambini‘… 
Solo alla fine Bill si mise a suonare il piano al posto della chitarra e l’atmosfera cambiò repentinamente. Come se sul palco fosse cambiato gruppo, se fossero altri.
L’atmosfera divenne subito malinconica e cupa, tutta la folla, tre quarti scandalizzata e per il resto, gli studenti, divertiti ed ammirati, si fecero attenti e stupiti.
Anche le espressioni di loro tre erano diverse.
Alla fine Bill aveva cambiato idea. Niente Running up that hill o altre che potevano andare bene per Evan.
Però i messaggi con le altre provocatorie era passato ugualmente al padre di Evan e Bill non poteva chiedere di meglio.
Alla fine aveva scelto solo una mirata.
Un messaggio preciso solo per il ragazzo seduto in fondo.
Una canzone uscita non da molto, di un gruppo di cui tendevano a non fare niente per il genere particolare che facevano.
Però Iridescent dei Linkin Park la ritenne semplicemente perfetta… 
Perfetta per Evan e suo padre e la loro storia, la loro situazione.
- Quando ti trovavi nel risveglio della devastazione
Quando aspettavi sul bordo dell’ignoto
E con il cataclisma che pioveva giù
Piangendo dentro, “salvami adesso”
Eri lì assolutamente da solo
Ti senti freddo e perso nella disperazione ?
Rafforzi la speranza
Ma il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lascia andare
Lascia andare
Ed in uno scoppio di luce che
ha accecato ogni Angelo
Come se il cielo avesse soffiato
il Paradiso tra le stelle
Hai sentito la gravità di temprata piacevolezza
Cadendo nello spazio vuoto
Nessuno li che ti prendesse tra le loro braccia
Ti senti freddo e perso nella disperazione ?
Rafforzi la speranza
Ma il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lascia andare
Lascia andare
Ti senti freddo e perso nella disperazione ?
Rafforzi la speranza
Ma il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lascia andare
Lascia andare
Lascia andare
Lascia andare
Lascia andare
Ti senti freddo e perso nella disperazione ?
Rafforzi la speranza
Ma il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lascia andare
Lascia andare - 
Lo splendido pezzo originale era cantato da due persone, Bill dovette farlo da solo ma fu più che soddisfacente.
La fece a modo suo, con una voce molto dolce e solo inizialmente triste. Mano a mano che procedeva si fece più sereno e risollevato fino a diventare una specie di inno alla vita. All’abbandonare il dolore e a ricominciare a vivere bene. 
Ci aveva sperato con tutto sé stesso di riuscire a cantarla per suo padre, ma non c’era stato verso ed almeno cantarla per Evan poteva andare bene.
Almeno quello.
Tutti si commossero, dopo essere diventati lividi, e gli adulti si chiesero perché non fare una cosa tanto bella anche per il resto del concerto. 
Si godettero quell’unico pezzo splendido e rilassante, pieno di positività e con un messaggio meraviglioso.
E fra le lacrime di molti, Katy compresa, Bill si chiese cosa ne pensassero i due interessati. Nessuna piega, nessuna espressione. Niente. Erano rimasti là indietro ad ascoltare come due statue.
Bill smise col piano e fra mille domande ansiose si rispose anche che tanto se doveva andare bene prima o poi sarebbe andata… altrimenti quella canzone sarebbe servita comunque a qualcuno. Di certo.
E non poteva immaginare che l’ultima canzone ascoltata da Katy era una delle più belle che la piccola bambina avesse mai sentito. Non poteva immaginare come l’avesse fatta sentire. Non poteva immaginare che quel ‘lascia andare’ l’aveva penetrata fin nell’animo rilassandola al punto da rendere Iridescent e la voce in quel momento dolcissima e splendida di Bill, l’ultima cosa da lei ascoltata.
Bè, non proprio l’ultima cosa… ma l’ultima canzone sì.