CAPITOLO IV:
UNA CANZONE PER TE

“Alla fine lo capirai,
Principe infelice,
Il sole sei tu”

/ Chop suey - System of a down /
Quattro tocchi di bacchette e sul caotico vociare del locale colmo di gente, si levò il battere prorompente ed esplosivo della batteria, subito accompagnata dalla chitarra elettrica e dal basso. Un insieme di melodie potenti, assordanti e piene di gioia.
Dopo l’introduzione a tutti familiare, la voce di Bill si levò a quel suon di rock ritmato catturando l’attenzione di tutti i presenti venuti principalmente per ascoltarli.
Tutti accalcati verso l’angolo in cui i Basket Case si stavano esibendo, cominciarono a battere le mani e gridare cantando insieme al ragazzo vestito di nero con la cintura e le scarpe color arancione brillante.
Gli occhi grigio chiaro risaltavano pieni di energia fra il trucco nero di scena, i capelli spettinati con la cera, le mani a suonare la chitarra velocissime, il viso da folletto pieno di una felicità brillante, davanti al microfono cantava a pieni polmoni tirando fuori una voce che guardandolo non gli si sarebbe mai attribuita visto che era minuto.
Raggiungendo subito una forza ed un’altezza che scosse tutti i presenti, irruppe poi col ritornello della loro canzone più popolare, ed insieme a lui i cori della gente l’accompagnarono esaltandolo ancora di più:
- Io sono aria,
mi nutro della vita,
mi bagno del sole,
mi riposo nella gioia,
non posso fermarmi,
non conosco fine,
non conosco stop.
Io vado avanti senza mai fermarmi,
nessuno potrebbe battermi! -
Lo stacco musicale fu trasportato da uno scatenato Bill che correndo per l’angolo a loro disposizione, fra fili, casse e macchinari vari, si destreggiava come un posseduto sudando già alla loro prima canzone. Potendo l’avrebbe fatto anche Tray con qualche salto mortale che, nonostante la sua mole, era in grado di fare; purtroppo per lui era costretto a stare seduto dietro la batteria che però l’aiutava abbondantemente a scaricare tutta la esagerata energia e voglia di scatenarsi. Le mani e le bacchette nemmeno si vedevano mentre batteva velocissimo sul proprio strumento con una bravura distinta.
Jake non era uno che faceva il matto sul palco, ma quando Bill planava su di lui l’accompagnava in qualche spettacolo comico. Lui naturalmente era già a torso nudo, era la sua caratteristica: suonava sempre senza maglietta, anche in inverno, a meno che non fosse all’esterno e fosse freddo naturalmente. Le sue numerose fan non se ne dispiacevano per nulla, anzi!
Gli occhi di molte erano ben puntati su quel suo torace e sulle spalle ben scolpite. Le braccia dai muscoli tesi, le goccioline che cadevano lungo la pelle abbronzata solcata da alcuni tatuaggi.
Anche le braccia di Bill ne erano piene, per non parlare della schiena di Tray, quella sera rigorosamente in blu sia nei capelli, che negli occhi, che nei vestiti a quadri.
Uno spettacolo aberrante ma divertente ugualmente!
La loro caratteristica era l’eccentricità e sebbene Jake appariva uno completamente esterno a quel gruppo di matti schizzati, ci stava per il semplice fatto che oltre ad ascoltare la bella musica coinvolgente che producevano, la gente aveva anche qualcuno da guardare!
E che bel vedere!
La canzone terminò con l’ennesimo salto di Bill di cui tutti si chiesero dove trovasse forze, fiato e voce per suonare, cantare e scatenarsi a quel modo. Ma i Basket Case - in gergo dei fan BC - senza le esibizioni folli del cantante, non erano i Basket Case!
Fra gli applausi dei giovani che ora riempivano stipati il locale che serviva birra e alcolici a tutto andare, Bill prese il microfono e salendo su una delle enormi casse di loro proprietà, si fece vedere per bene da tutti che l’acclamarono con foga.
Prima di iniziare i saluti corse svelto con gli occhi nel posto più lontano di tutti alla ricerca di una persona nello specifico che gli interessava, ci mise poco ad individuarlo, anche perché era effettivamente un pesce fuor d’acqua e comunque non notarlo era di per sé impossibile.
Incrociate al volo le iridi con quelle azzurre di Evan seduto in un tavolino lontano da tutti, cominciò con allegria:
- Ciao a tutti! Siamo i Basket Case e siamo al Pilutti’s Pub ospitati dal nostro Ciuffo per una serata in compagnia a base di buon sano rock! Sono felice di vedere tanta gente e sentire tutti questi cori… ‘Gioia di vivere’ era facile, la nostra prima canzone… se non la cantavate vi strozzavo… ma stasera vi presenterò una nuova che ho scritto da poco, voglio che mi diciate cose ne pensate. Ma ci arriveremo dopo! Per ora alienatevi con ‘Schizofrenia‘! -
Dopo di questo lanciò uno sguardo a Tray che partendo come prima con la batteria in maniera da subito caotica ed esplosiva, iniziò la canzone chiamata ‘Schizofrenia‘ titolo che era tutto un programma!
Dopo un giro di note solo sue, Bill saltò dalla propria postazione e volando, tenendo ben stretta la sua chitarra con una mano mentre con l’altra il microfono davanti alla bocca, si mise a gridare come un pazzo a perdifiato, grattando la gola di proposito!
Insieme al suo si unirono altre urla dal pubblico, quindi insieme agli altri strumenti partirono le parole, sempre gridate.
La canzone era divisa in due parti di netto: la parte più schizzata, ossessiva e paranoica che gridava come un posseduto scaricando una marea di insulti a destra e a manca, e la parte angosciata, triste e fragile nella quale sussurrava implorante di essere aiutato, mentre sembrava piangesse.
Farla all’inizio era l’unico modo per farla bene, visto che richiedeva un livello di follia di per sé notevole. Cantarla in modo normale non rendeva come invece la faceva Bill. Era effettivamente più una questione di interpretazione. Tutti ne rimanevano impressionati ed anch’essa era una delle preferite da chi li seguiva, solo che nessuno la cantava, si limitavano a seguirlo con le urla e gli applausi.
La parte schizzata ed aggressiva era un esplosione di musica dove Tray e Jake ci davano dentro insieme a Bill ed era sua la prima strofa e metà dell’ultima.
La parte angosciata era un sussurro disperato nel quale la batteria ed il basso si sospendevano, rimaneva solo la chitarra che suonava unicamente note alte e vibranti, come il pianto di una persona. Accompagnato dagli implori della voce spezzata, faceva venire i brividi e non sembravano la stessa persona. Sua era la seconda strofa e metà dell’ultima.
I ritornelli si alternavano uno per verso.
Un vero e proprio parto…
- BRUTTO PEZZO DI MERDA
VUOI UCCIDERMI VERO?
STAI CERCANDO DI FARMI FUORI!
MORIRAI TENTANDO!
TI ODIO, BASTARDO!
PARASSITA CHE SUCCHIA LA MIA VITA!
BERRO’ TUTTO IL TUO SANGUE!
MARCIRAI ALL’INFERNO!
NON SCAPPERAI!
SEI SOLO IMMODNIZIA!

  MORIRAI MORIRAI MORIRAI!
  Aiuto, qualcuno mi aiuti…
  TI UCCIDERO’!
  Voglio solo vivere…
  TU NON MI CONTROLLI!
  Non farmi del male…
 
Non sono cattivo
Non voglio fare del male a nessuno
È solo che non riesco a controllarmi
È tutto buio
Il mio corpo si muove da solo
Sto male male male
Così male che non penso di farcela
La mia mente è nascosta
L’anima nell’angoscia
Panico…

  MORIRAI MORIRAI MORIRAI!
  Aiuto, qualcuno mi aiuti…
  TI UCCIDERO’!
  Voglio solo vivere…
  TU NON MI CONTROLLI!
  Non farmi del male…

TI PRENDERO’ DALL’INTERNO
TI SQUARCERO’
TI DIVORERO’
BASTARDO PARASSITA
MI HAI DISTRUTTO!
No, non voglio morire
Non voglio smettere di esistere
Non c’è nessuno che possa aiutarmi?
La mia coscienza mi sta sfuggendo
Via dalle dita la mia anima

  MORIRAI MORIRAI MORIRAI!
  Aiuto, qualcuno mi aiuti…
  TI UCCIDERO’!
  Voglio solo vivere…
  TU NON MI CONTROLLI!
  Non farmi del male…

Chi sono? Dove mi trovo?
Qualcuno mi salvi… -

/Wake me up When september ends - Greenday/
Era la prima volta che Evan lo sentiva e ne rimase completamente affascinato.
O meglio, all’apertura dell’anno scolastico, qualche settimana prima, l’aveva sentito in auditorium ma non aveva mai fatto quell’ultima canzone e non poteva dire di non esserne rimasto colpito.
‘Gioia di vivere’ era ricorrente e la conosceva persino lui che viveva completamente staccato dalla realtà, era addirittura stata la colonna sonora del suo ultimo tentato suicidio, ma quella, ‘Schizofrenia’, era quanto di più straordinario avesse mai sentito e non tanto per le parole in sé o per la musica quanto per il suo modo di cantarla.
Era stata l’interpretazione di Bill a lasciarlo di stucco e quando si era cominciato a convincere che fosse stata una pessima idea quella sera andare ad ascoltarli, si era subito ricreduto.
Evan non aveva un genere musicale che ascoltava, non aveva quel tipo di sensibilità ed in effetti non aveva preferenza riguardo a nulla. Niente lo interessava ed era proprio questo che lo lasciava interdetto: rimanere catturato dall’interpretazione di una canzone non era da lui.
Conclusa quella, il pubblico l’acclamò più di prima e dalla sua postazione fu impossibile di nuovo vederlo, ma rimase fermo ad ascoltare anche le altre canzoni che una dopo l’altra si susseguirono più forti ed entusiastiche che mai. Erano più sul genere della prima, molto allegre, prorompenti ed energetiche, ma non parti insani e allucinati come ‘Schizofrenia’. Nessun’altra interpretazione lo colpì a quel modo.
Rimase a pensare a Bill e alla sua strana fissazione per lui. Perché da quando l’aveva incrociato quel giorno in aula, si era intestardito così?
Prima di allora non aveva saputo nulla della sua esistenza, mai notato, mai guardato… ed ora solo perché l’aveva visto in piedi su un balcone in procinto di uccidersi, non lo lasciava più in pace.
Per l’amor di Dio, nulla di eclatante od esagerato… niente l’aveva turbato nonostante molte volte avesse evidentemente tentato penosamente di impressionarlo, però da allora lo salutava sempre per primo, gli strizzava l’occhio ogni volta che i loro sguardi si incrociavano e lo invitava ad ogni serata dei Basket Case.
Non ci era mai andato ma quella volta era stato particolarmente convincente.
Aveva detto che c’era una nuova canzone che ci teneva a fargli sentire.
La cosa l’aveva fatto sentire strano poiché per quel po’ che aveva imparato di lui, non credeva fosse un suo comportamento tipico tenerci tanto a far ascoltare qualcosa a qualcuno.
Aveva capito che lui amava la musica perché con essa esprimeva tutto sé stesso in libertà, ma aveva anche compreso che non gli importava nulla di ciò che pensavano gli altri di lui e delle sue creazioni.
Dunque che novità era, quella?
L’altra sua convinzione, oltre al fatto che fosse matto come un cavallo e totalmente imprevedibile, era che semplicemente lo prendeva in giro!
Per questo non gli aveva dato più di tanto retta e si ostinava a non prenderlo sul serio, però quella sera era andato al Pilutti’s Pub e si era seduto in fondo ad ascoltare il gruppo.
Non era un genere che gli andava particolarmente a genio nonostante il suo abbigliamento trasandato, ma non gli dispiaceva nemmeno.
A parte ‘Shizofrenia’, nessun’altra canzone l’aveva colpito davvero.
Cominciando a credere di aver fatto un viaggio a vuoto, Evan fece per alzarsi ed andarsene e fu esattamente a quel punto che la voce di Bill lo fermò iniziando a presentare la nuova canzone:
- Ecco qua gente, siamo giunti al finale… vorrei allora chiedervi un parere spassionato per la canzone che sto per presentarvi. È nuova e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. È ispirata ad una cosa che mi è successa ed il protagonista è reale anche se naturalmente non posso dirvi di chi si tratta. Lui però lo sa bene, quindi voglio dedicargliela! La canzone si chiama ’Il principe infelice’. -
Un vociare si levò da tutto il pubblico: non era normale che lui dedicasse una canzone a qualcuno, non l’aveva mai fatto e sentire che l’aveva addirittura scritta su un ragazzo confermò l’ipotesi di qualcuno che lo diceva gay. In realtà era solo bisessuale e la canzone non era per niente d’amore, ma il fatto che avesse fatto una cosa nuova, incuriosì tutti.
Evan provò un primo sussulto interiore e gli parve ancor più strano di tutto l’insieme che gli sembrava assurdo: quel tipo vedeva uno sconosciuto tentare di uccidersi e faceva una canzone su di lui?
Però gli entrò dentro il concetto che qualcuno aveva fatto qualcosa per lui e che ora glielo dedicava. Gli entrò e pian piano cominciò il processo di sconvolgimento profondo che solo dopo un po’ di tempo avrebbe dato i suoi effettivi frutti.
Quello, quindi, fu solo l’inizio.
Fra le voci stupite della gente, le note della chitarra elettrica più dolci e malinconiche che mai, si levarono dalle casse e per tutta l’introduzione, fu solo quella.
Dopo le dita di Bill si sospesero per un attimo e con altrettanta tristezza, la sua voce iniziò a cantare, accompagnata poco dopo da un lieve cenno di batteria e un basso discreto. Completamente diverso dal loro solito genere, nel complesso. Una di quelle ballate nostalgiche che raccontano la storia di un qualcuno, un ricordo, un evento accaduto impossibile da non visualizzare e rimanere colpiti dalla sua struggente bellezza:
- Entrai nella stanza del sole
Era d’oro
Era bella
Era pace
Poi lo vidi
Era in piedi sulla finestra
Il sole era lui
La luce d’oro l’abbracciava
Il cielo vuoto nei suoi occhi
La bellezza nel suo viso infelice - Dopo la prima strofa, la musica crebbe d’intensità e alla voce di Bill si aggiunsero i cori degli altri due che rispondevano alle sue parole:
-  Voleva morire
  Volare nel vuoto (dei suoi occhi)
  Immergersi nella luce (che l’abbracciava)
  Unirsi nel sole (in suo possesso)
  Essere bellezza (che era lui) - Al suo termine, di nuovo ci fu una sospensione totale degli strumenti, per poi riprendere solo con la chitarra malinconica dell’inizio e il moro che narrava il proprio ricordo palpabile e toccante:
- Il principe non voleva vivere
Per non disturbarlo dissi di continuare
Me ne stavo andando e mi fermò
Ci guardammo
Io cantavo l’amore per la vita
Lui l’indifferenza
Non arrivai a lui
Me ne andai
Continuai a pensarci incuriosito - Di nuovo il ritornello più forte e vibrante, di nuovo la sospensione e quindi le poche note tristi, poche parole, questa volta…
- L’indomani lo vidi
Era ancora vivo
Sorrisi felice - Ancora il ritornello e poi proprio come prima, questa volta per tutto il tempo unicamente con la chitarra, le sue considerazioni personali, il messaggio che voleva dare con quella canzone che raggiunse dritto i cuori di tutti ma uno in particolare:
- La vita va vissuta con tutti i suoi dolori
Tu cerca
Il motivo lo troverai
La gioia
La pace
La bellezza
Il sole - Ed infine, dopo l’ultima esplosione, la conclusione dopo la breve pausa e gli strumenti che leggeri la sottolineavano:
- Alla fine lo capirai,
Principe infelice,
Il sole sei tu. -
La musica scemò sempre più lieve per lasciare il ricordo impresso di quella considerazione forte, quel messaggio diretto, quella riflessione che doveva toccare in profondità e così fece.
Evan rimase paralizzato, seduto nella sua sedia, in quell’angolo lontano da tutti, staccato dalla folla urlante che l’acclamava a gran voce entusiasta. Non ascoltò il resto e non seppe cosa disse, si sentì catapultato in un altro mondo dove quella musica gli rimbombava in testa e la voce di Bill ripeteva tutto ad oltranza, soffermandosi in particolare sulle ultime due strofe.
Era così?
Era così che funzionava, dunque?
Come diceva lui?
Così facilmente?
Bastava cercare e avere fede?
Bastava crederci e la vita avrebbe dato una buona motivazione per andare avanti?
“Il sole sono io, eh? E perché diavolo non lo vedo, allora? “
Fu così che con stizza e sentendosi più incompreso di prima, nonché fortemente preso in giro, dopo il balzo che il suo stupido cuore, o qualunque altra cosa fosse stata a smuoversi per un momento in lui, si alzò e se ne andò ma questa volta non più con indifferenza, bensì con amarezza e fastidio!
Già solo questo, in effetti, un cambiamento non da poco.

‘Il principe infelice’ fu una delle canzoni più belle in assoluto dei Basket Case.