Questa è La Mia Vita
PRIMO
QUARTO:
I
PRIMI RAPPORTI
CAPITOLO
1:
GIORNO
E NOTTE
'Lui
chiuso e cupo come la notte. L'altro solare ed espansivo come il
giorno. Entrambi solo dei bastardi pieni di se stessi.'
/
Go let in out – Oasis /
I
ragazzi correvano da un lato all'altro della palestra spaziosa
facendo canestri a casaccio, un riscaldamento semplice come tanti.
Anche quel pomeriggio la squadra rinomata di basket aveva iniziato le
sue due ore d'allenamento.
Erano
tutti piuttosto bravi. I rumori dei palloni di cuoio che rimbalzavano
a terra creava una confusione alla quale ormai erano tutti abituati e
le voci dei numerosi giocatori in campo con la medesima divisa nera,
si perdevano nelle ampie pareti del palazzetto sportivo.
Eppure
spiccava uno.
Uno fra
tutti che guizzava veloce come un anguilla schivando con il suo
palleggio basso e deciso tutti coloro che si paravano per caso fra
lui e il canestro.
Correva
come un lampo, una scheggia che di lì a poco avrebbe fatto
un
canestro vincente come tutti quelli che lui collezionava.
La
ragazza al bordo della palestra, seduta sulle panche dei genitori,
non se ne perdeva uno, entusiasta, evidentemente, che suo fratello
fosse un genio simile.
I suoi
movimenti erano perfetti. Come quelli di un lupo. Felino e preciso
mostrava una tecnica affinata da solo, premio del suo talento
naturale che molti non avrebbero mai potuto avere.
Eppure... eppure per
quanto perfetti fossero i suoi successi, per quanto
riuscisse a fare azioni che nessuno avrebbe mai fatto, lui alla fine
si riprendeva la sua palla e non sorrideva. Tornava a correre
schivando i compagni che lo guardavano male e invidiosi, per poi
farne un altro.
C'era
calma.
Nel
caos generale c'era calma.
Mancava
lui.
Figurarsi... sarebbe
arrivato come al solito tardi con una delle sue entrate
trionfali.
Stancante,
antipatico ed inutile.
Era
esattamente questa la considerazione che l'asso Gianluca aveva del
giocatore mancante.
"Starà
facendo a pugni con qualcuno, l'idiota"
Pensò
questo mentre i suoi occhi verde bosco penetravano lo spazio per
puntare l'entrata che si manteneva chiusa.
Non
sarebbe mai stato puntuale, anche se ogni volta sperava che non
venisse mai.
Sbuffò
spazientito.
"
Che palle... perché? Me lo chiedo proprio. Perché
quel
deficiente esibizionista lecchino di merda non paga mai le rette,
è
povero in canna, un teppista combina guai, eppure lo mantengono in
squadra? Anche se è passato poco tempo da quando hanno unito
le due squadre della società, lo conosco abbastanza da poter
dire che per quanto bravo sia è inutile, è troppo
avventato e pieno di sé... basto io alla squadra!
Non
lo sopporterò mai! "
Si
passò sul volto sudato un braccio dai muscoli sottili ma
abbastanza evidenti per un diciassettenne. Soffiò sui ciuffi
biondo cenere che ricaddero sulla sua fronte e sugli occhi
infastiditi. Avrebbe dovuto tagliarli ma li portava così da
sempre e non gli interessava molto l'aspetto. Tanto non erano molto
lunghi, gli coprivano giusto la fronte.
L'alto
corpo atletico si fondeva facilmente con l'aria dando l'idea di un
tutt'uno con la sfera di cuoio che teneva in mano.
Era
veramente unico nel suo genere, parlando di Gianluca come giocatore.
Non
bello. Non brutto. Un tipo. Semplice. Acqua e sapone. Eppure di lui
non attirava l'aspetto ma la persona.
Continuò
il riscaldamento senza parlare con nessuno, lanciando insistenti
sguardi alla porta che dava all’esterno.
Fu
mentre immerso nei suoi pensieri egocentrici che non si accorse della
palla che gli arrivava addosso casualmente. Furono i suoi riflessi a
farlo agire automaticamente, così mollò la sua
palla
per prendere quella che gli arrivava per poi fermarsi e vedere di chi
fosse.
Notò
un ragazzino comune come tanti altri della sua squadra, uno di cui
non conosceva nemmeno il nome, stizzito si voltò dall'altra
parte facendo un tiro dalla lunghissima distanza che andò a
segno, infine si riprese la sua palla e ricominciò a
palleggiare senza dire nulla. Quando gli passò accanto lo
spinse di proposito facendolo quasi cadere.
"Stupido
ragazzo semplice qualunque... come osi interrompermi così?
Colpirmi quasi e pretendere che ti ripassi la palla! ? Ma vattela a
prendere!
Guarda
quello che tu non riuscirai mai a fare! "
Mantenendo
un aria tenebrosa continuò a comportarsi da perfetto
antipatico ignorando totalmente chiunque si mettesse sulla sua
strada, temuto da questi.
Quel
che voleva, in realtà, era solo qualcuno in grado di
fermarlo,
di stimolarlo, di indurlo a mostrare le sue potenzialità da
grandissimo atleta quale si vantava essere.
Gianluca
in realtà cercava.
Cercava
sempre qualcosa che gli desse una pace interiore che non aveva
ancora. Non causata dalla mancanza di una famiglia, non era
così,
aveva un bellissimo rapporto coi suoi, ma chi lo poteva sapere cosa
cercasse sempre? Odiava tutti e li trattava molto male, ma per lo
più
nemmeno li vedeva. Se capitava che lo 'toccassero' in qualche modo,
lui si vendicava ed era mal sopportato da tutti.
Non
aveva amici per il caratteraccio che possedeva.
Ricordava
la notte, lui brillava lì senza farsi vedere
poiché
detestato.
Non
faceva nulla per far vedere ad altri il suo universo, ma cercava.
E
basta.
/
Let your body decide – The Ark /
Lo
sputo raggiunse il terreno lasciando un’espressione rabbiosa
e
soddisfatta.
Concludeva
l'ennesima rissa vinta, ovviamente.
Clamorosamente
vinta.
Non
potevano esserci dubbi.
La mano
strofinò il volto dove un rivoletto di sangue cadeva dal
labbro spaccato e un livido ricopriva lo zigomo in modo evidente.
Non
sentì dolore quando fece il gesto frettoloso.
Posò
gli occhi azzurri come l'acquamarina e taglienti come il diamante sul
malcapitato a terra, mentre il compagno sfigato scappava non volendo
fare la stessa fine.
-
Tsk... pezzo di merda! -
Borbottò
in un tono pieno di sé e una voce decisamente troppo
sensuale
di natura, dopo di che guardò l'ora al polso e fece una
smorfia di disappunto: sarebbe arrivato tardi anche quel giorno!
Prese
il borsone degli allenamenti di basket lasciata a terra, la
tirò
in spalla e rinunciando alla solita sigaretta accesa dopo qualche
scazzottata, si mise a correre.
Nonostante
la rissa appena fatta e vinta non aveva il fiatone ed era molto
veloce. Nel tragitto si slacciò del tutto la camicia
sgualcita
e sporca del suo stesso sangue mostrando il petto coperto da una
canottiera bianca intima. Dalla tasca tirò fuori una fascia
nera larga di spugna e la mise fra i capelli biondi e ribelli
tirandoli all’indietro. Non erano ancora troppo lunghi,
arrivavano
a coprirgli il collo e gli occhi ma per l'allenamento non li avrebbe
sopportati sentirli muoversi a destra e sinistra.
Tanto
sapeva di stare ugualmente bene!
Con un
sorriso strafottente e una faccia da schiaffi, una meravigliosa e
languida faccia selvatica da schiaffi, entrò dalla finestra
negli spogliatoi, voleva fare una sorpresa e con un breve pensiero
all'allenatore che sicuramente avrebbe capito (come d'altronde capiva
dalla morte dei genitori che la retta non poteva pagarla ma lo teneva
perché era indispensabile per la squadra) si tolse i
pantaloni
strappati e sporchi mettendosi la divisa non della squadra ma quella
dei Los Angeles Lakers, di Kobe. Infine senza curarsi della ferita
che non gli dispiaceva avere, entrò in palestra con la palla
già alla mano e realizzando veloce l'esercizio si dipinse un
ghigno in quelle labbra meravigliosamente disegnate.
Aveva
fatto la sua entrata trionfale correndo e superando uno dei
sempliciotti che eseguiva lo slaloon per andare a canestro.
Sentì
gli occhi di tutti addosso: occhi pieni di astio e mal sopportazione,
un piacere lo invase sentendo quei sentimenti negativi ma lui ne
catturò solo uno... erano occhi dello stesso colore del
bosco
fitto... occhi notturni.
Ovviamente
fece un ottimo canestro che solo la sorella di Gianluca
applaudì
felice e soddisfatta dell'azione, fulminata dal fratello.
"
Non mi interessate voi, piccoli pesci... cosa credete di potermi
fare? Io voglio sentire il suo odio e la sua invidia! "
Pensò
questo quando puntò lo sguardo di diamante azzurro in quello
stizzito boscoso dell'asso della squadra.
-
Alessandro... alla buon ora... come al solito a fare a pugni, eh? -
La voce
ironica del mister gli arrivò interrompendo la sfida visiva
dei due nemici naturali, poi rivolse all’uomo solo un sorriso
angelico da perfetto lecchino prima di andare in coda con gli altri.
Gianluca
non gli staccò gli occhi di dosso squadrando il bel corpo
atletico da capo a piedi, non l'avrebbe mai ammesso ma in mezzo a
tutta quella gente lui era indubbiamente il più bello e
forse
lo infastidiva ancor di più.
Il
biondo asso della squadra mantenne un espressione concentrata sul
gioco e sul rivale, proprio non gli andava giù. Era solo un
falso ipocrita lecchino incontenibile pieno di sé, un
bastardo.
Non si
accorse dell'assurdità del pensiero. In realtà si
detestavano, Gianluca e Alessandro, proprio perché entrambi
molto simili... tutti e due bastardi e pieni di essi stessi, solo
che lui era la notte mentre l'altro il giorno. Semplicemente.
- Ehi,
imbranato, che cazzo guardi? -
La voce
sensuale e provocante della causa del suo fastidio se la prese con
uno qualunque della squadra che aveva la sfiga di stargli davanti.
Notò come gli prese la palla e la tirò di
proposito
addosso a quello più avanti ancora creando un litigio dal
quale si sbrogliò subito passando prima di tutti, iniziando
l'esercizio ancora prima di lui.
Prima
che si rendesse conto che stava venendo superato impunemente,
Gianluca sentì la spalla urtata da quella di qualcun altro e
quando realizzò che era proprio Ale assottigliando gli occhi
arrabbiato partì anche lui come un bambino. In fin dei conti
toccava a lui... che storie erano quelle?
Gareggiarono
correndo per tutta la palestra fino a raggiungere il canestro nel
medesimo istante senza centrarlo in quanto i palloni si annullarono a
vicenda.
Il
mister a lato del campo li guardò mentre tutti fischiavano
contro agli esibizionisti seppur bravissimi.
Erano
il suo cruccio... non riuscivano proprio ad andarsi giù a
vicenda. Dicevano che non c'era posto, in squadra, per due atleti
bravi allo stesso modo. Loro erano però indispensabili, i
più
in gamba fra tutti.
Non
poteva fare a meno di uno dei due, però causavano
così
tanti problemi, litigavano con tutti, non rispettavano nessuno...
almeno Gianluca li maltrattava se finivano per pestargli i piedi,
Alessandro invece li cercava addirittura, senza motivo gli sputava in
faccia, così, per far vedere che lui era il migliore,
forse... salvo poi leccare il culo a chi di dovere. Ma come poteva
averlo
tenuto con sé per tutto quel tempo?
Era la
sua croce... sin dai quattordici anni che gli andava dietro a fare
la dimostrazione degli esercizi mentre lui li spiegava, senza che
nessuno glielo chiedesse.
Era
impossibile da tenere, da domare e allo stesso tempo furbo come una
volpe.
Era
ovvio poi che nessuno di loro due avesse amici.
Sospirò
spazientito... sarebbero stati la sua rovina:
-
ALESSANDRO! FAI A PUGNI, ARRIVI TARDI, INFASTIDISCI I COMPAGNI E
ANCORA CERCHI DI PASSARGLI DAVANTI? MA LA FINISCI DI FARE IL BAMBINO?
VAI A SEDERTI IN PANCHINA E CALMATI! -
Gli
incriminati di tanta furia si scambiarono, a fine sfida, uno sguardo
penetrante. Uno pieno di ira e fastidio, l'altro pieno di
provocazione e strafottenza lasciando addirittura perdere i palloni;
vicini, pericolosamente, non si sarebbero staccati se una pallonata
non avesse colpito in testa Alessandro.
- Ehi,
ma perché solo io? -
-
Perché LUI AVEVA RAGIONE! -
Gianluca
però in quel momento non aveva sentito sollievo nel sentire
l'allenatore dalla sua parte, solo un ulteriore senso di rabbia: che
diavolo aveva quel tipo insopportabile da risvegliare il suo lato
peggiore, già sveglio normalmente?
Aveva
solo immerso lo sguardo in quei lividi e nel labbro inferiore
spaccato ma si trovò subito a sudare freddo. Si
controllò
e senza far capire nulla di sé come al solito, riprese la
sfera e tornò dagli altri senza dire mezza parola.
Quando
due così si trovavano nella stessa squadra era da tremare
per
tutti.
Come
sarebbe potuto andar peggio?
Così
era perfettamente apocalittico e la cosa andava avanti da appena due
mesi.
Sarebbe
stata tragica!