QUESTA è LA MIA VITA
trysdany

CAPITOLO 10:

I DON'T SPEAK ITALIAN

'Il palcoscenico è nostro, non dobbiamo farcelo fregare da nessuno, Gian. Diamoci da fare! '

/ Rock is dead – Marilyn Manson /
Era il riscaldamento iniziale che provocava tutto quel caos in palestra. Rumori di palle di cuoio che sbattevano a terra o si insaccavano nel canestro, voci che parlavano, suole di gomma che strisciavano nel parquet.
Era da diversi giorni ormai che Gianluca e Alessandro si erano decisi a giocare in coppia e anche nel riscaldamento facevano passaggi in mezzo ai compagni talmente veloci e precisi, che in partita non avrebbero potuto far meglio. Per poi ovviamente andare al canestro.
Uno aveva un espressione ermetica, mentre l'altro sprizzava felicità e sadismo da ogni poro. Un duo proprio interessante.
Tutti di sottecchi li ammiravano invidiati della bravura di cui erano padroni. Il posto da titolari era scontatamente loro, eppure non sapevano che in realtà questo posto tanto scontato non era.
Gianluca effettuò l'ultimo passaggio ad Alessandro che smaniava per fare uno dei suoi canestri da protagonista per farsi notare ulteriormente. Il biondo ribelle afferrò la palla e saltò al punto giusto girandosi di schiena, stava per effettuare l'immaginario punto quando un ombra lo investì senza toccarlo. Fu solo una forte folata di vento per lui che non veniva dal basso ma dall'alto, come se un volatile maestoso fosse entrato in palestra; si sentì solo il botto del canestro, Alessandro quindi perse l'equilibrio e cadde a terra facendo rotolare la palla via.
Un'altra rimbalzò accanto a lui. Si udì improvviso il silenzio e gli occhi di tutti puntati in quella direzione. Lo sguardo azzurro diamante si levò stupito e intorpidito verso l'alto e appeso al canestro che ondeggiava a gambe spalancate come in una spaccata aerea, stava un ragazzo sconosciuto. Aveva un espressione totalmente soddisfatta.
Era un moro, i capelli si spettinavano sul volto coprendogli fronte, parte degli occhi e i lati del viso, arrivando al collo. Pelle chiara. Fisico atletico.
Dopo aver ricevuto lo sguardo ammirato ed interrogativo di tutti, e quello infastidito di Alessandro e Gianluca, si staccò dal canestro atterrando di fronte al ragazzo a terra. Si mise le mani ai fianchi e alzando il mento in segno di sfida attese che parlassero.
- Ma tu... chi cazzo sei? -
Ovviamente la gentilezza non sapeva più cosa fosse.
Il moro lo fissò, aveva gli occhi grigi e in generale non era male come tipo, a seconda dei gusti.
- I don't speak italian! -
Si chiese perchè avesse dovuto aspettare la domanda per dire che non parlava italiano.
- I'm English! I'm Daniel! -
Alessandro si alzò dopo aver capito appena quel che diceva e con aria seccata si avvicinò allo sconosciuto della sua età alzando il pugno al lato del viso. L'intenzione era chiara, ma fu fulmineo Gianluca che si mise davanti fermandolo senza nemmeno toccarlo o dire nulla.
Con un inglese perfetto chiese che diavolo volesse da loro. Ovviamente educato e freddo.
La tensione scese in campo e a placarla arrivò l'allenatore accompagnato da Marek.
- Ragazzi tranquilli. Lui e... il suo amico che ora non vedo... da oggi faranno parte della nostra squadra. Sono inglesi e si sono trasferiti in Italia per diversi motivi. Seguiteli attentamente poiché sono praticamente dei professionisti. I primi tempi farà da traduttore Marek che conosce bene l'inglese, poi spero impareranno l'italiano. Sono Daniel soprannominato il falco perché come avete notato sembra che voli, e Trystin la pantera bianca. Specialmente Trystin è praticamente un genio del basket. È anche un ottimo playmaker ma ricoprono entrambi il ruolo di ali, sono una combinazione d'oro. -
Ci fu ancora un attimo di silenzio, poi le prime voci cominciarono ad udirsi. Curiosità per lo più di vedere chi fosse Trystin e cosa fossero capaci di fare insieme... ma specialmente se fossero i degni rivali per il posto di titolare di ali di Gianluca e Alessandro.
- Sia chiaro che non li ho cercati, non avrei potuto trovare di meglio se li avessi cercati. Vi conquisteranno subito anche a voi! -
Fu Alessandro ad esprimere con facilità e astio il pensiero comune, con poco tatto e rispetto.
- Si, ma non servono altre ali. Qua ci siamo io e Gianluca in quel ruolo, sono sprecati! -
Dando per scontato che loro due fossero i migliori.
Un lampo seccato e pericoloso si fece spazio negli occhi scuri dell'allenatore.
- Alessandro, da quando in qua tu sei l'allenatore? Non mi risulta che spetti te decidere chi è il migliore... o mi sbaglio? -
Ad Alessandro non andò giù il tono tagliente, il coach non gli aveva mai parlato in quel modo e il suo orgoglio cominciava a bruciargli.
- Non mi sta bene la cosa! Io non giudico, espongo i fatti! Ci siamo già io e Gianluca come ali in questa squadra! -
Le mascelle di Jack si contrassero e si fece di pietra.
- Alessandro, non andare avanti. Stai zitto prima che ti penta di quello che dici! -
Il biondo non era dello stesso parere dal momento che aprì la bocca con il fuoco negli occhi, una minaccia derivata da una ferita. Si sentiva come una tigre ferita nell'orgoglio, nel sentimento... una cosa simile non pensava di provarla, considerava quell'uomo come un padre e non avrebbe mai creduto di sentirsi in quel modo a causa sua. Fece quindi per ribattere ma fu fermato da una mano fredda che si posò sul braccio dai muscoli contratti del ragazzo. Tutti si stupirono a vedere Gianluca che agiva in quel modo composto e fermo proprio per Alessandro.
- Ale. -
Disse solo questo.
Il giovane si voltò lentamente e fissò con quegli occhi di fuoco il compagno. Lo fissò e basta. Gianluca rimase colpito da quel che vide, ma non lo mostrò. Laconico ed ermetico non aprì le labbra e non disse nulla se non un freddo e glaciale:
- Welcome! -
Al diretto interessato.
Prima che potesse succedere altro si udirono dei palleggi a fondo palestra, tutti si voltarono e con ancora la tensione in campo videro un ragazzo quasi albino dai capelli corti sparati da tutte le parti e un po' sulla fronte, pelle bianca, occhi dorati, fisico atletico, divisa di un paio di taglie più grande che gli calzava comunque da Dio, lineamenti come se fosse lo spirito stesso della neve. Non un inclinazione o una piega.
Stava camminando a passi normalissimi con un andatura come tante, facendosi passare la palla sotto le gambe ad ogni falcata che esibiva. Come se la sfera di cuoio fosse un allungamento delle sue mani.
Passo-palleggio-mano destra. Passo-palleggio-mano sinistra. Passo-palleggio-mano destra. Passo-palleggio-mano sinistra…

/ Seven nation army – White Stripes /
Dopo essersi presentati tutti ai due nuovi arrivati, iniziarono gli allenamenti. Semplici esercizi di riscaldamento, poi una partita vera e propria.
Si ebbe facilmente un inquadratura precisa dei due giocatori.
Erano simili e allo stesso tempo diversi dall'altra coppia.
Tuttavia quello che colpiva in loro era l'affiatamento. Gianluca e Alessandro avevano iniziato a giocare in combinazione da poco e si notava, invece nel gioco di Trystin e Daniel era come leggervi la loro storia.
Amici da molto tempo, l’uno aveva insegnato a giocare a basket all’altro e non si erano più separati, probabilmente il moro Daniel aveva iniziato perché l'aveva fatto Trystin, imitandolo in tutto ma finendo comunque per personalizzare.
Il falco era un tipo artistico e fantasioso, un impulso continuo pieno di passioni. Anche Alessandro era una passione continua, ma meno grezzo, meno eccentrico. Aveva un gioco aggressivo volto al farsi notare, teatrale a volte; invece il moro, il falco che volava ed era padrone di una velocità fuori dal comune, era veramente un tipo sconcertante ed imprevedibile. Non pensava al lato tecnico, non si metteva a curarlo dettagliatamente.
Quando finirono per scontrarsi fu una prevedibile lotta di forza contro forza. Si insultarono e la forte personalità di entrambi venne a galla. Non si somigliavano al cento per cento però si insultavano ed imprecavano rumorosamente allo stesso modo, ognuno nella propria lingua. Erano simpatici da vedere.
Daniel era irruente e casinista, Alessandro ribelle e passionale, un fuoco continuo che bruciava sempre più violento diventando quasi irraggiungibile, inarrestabile se si infuocava del tutto.
Finirono per dimenticare la palla e farsi dei falli sempre più evidenti che permisero di fermare il gioco e cambiare palla.
Trystin invece era diverso. Anche lui ricordava lontanamente Gianluca perché anche lui aveva grazia e una tecnica perfetta.
Il quasi albino inglese però catturava, aveva un fascino incredibile pur solo col gioco.
Lui era gelido. Non aveva parlato dall'inizio, nessuno sapeva che voce avesse, nemmeno per dire il proprio nome. Daniel in compenso parlava anche per lui.
Trystin non aveva espressioni, né di fatica nonostante il sudore al volto e alle braccia, né di seccatura, contrarietà, felicità per i canestri splendidi e le belle azioni.
Il suo volto non diceva assolutamente nulla, come un autentica statua di ghiaccio. Gianluca al contrario mostrava la classica espressione acida da allontanamento. Freddo, si, ma allo stesso tempo inquieto.
Diversi.
Lo stile di gioco dell'inglese era veramente quello di una pantera che si muoveva nel proprio ambiente naturale.
Gianluca era bravo, ma Trystin era il basket stesso. Tecnica perfetta, preparazione atletica al massimo, genialità di improvvisazione suprema, testa per gli schemi anche più complicati. Sia la parte teorica che pratica non presentavano una piega.
Velocità e perfezione nei movimenti.
Ogni azione, anche la più complicata, risultava facilissima vista mentre lui la faceva.
Eppure Gianluca poteva facilmente tenergli testa in quel senso.
Quello che non raggiungeva nessuno era l'affiatamento che aveva con il proprio compagno. Come se si leggessero nel pensiero, non avevano bisogno di scambiarsi gli sguardi d'intesa… si conoscevano a tal punto che sapevano quel che il compagno avrebbe fatto seguendolo nell'azione, dove si sarebbe messo e il tempismo con cui entrava negli schemi.
Veramente spettacolari da vedere. Un falco e una pantera bianca che si fondevano dando vita alla perfezione.
Se Daniel non avesse avuto il caratteraccio che aveva sarebbe stato ancora più perfetto. Ma talvolta troppo distacco arriva anche a penalizzare, non bisogna mai esagerare. Questo l'avrebbero capito.
Fu più interessante, quindi, lo scontro di Gianluca con Trystin.
Era Gianluca in possesso di palla che inizialmente venne mantenuta senza problemi, ma nessuno forse se ne accorse, solo l'interessato e gli allenatori. Trystin giocava con Gianluca per studiarlo. Sapeva benissimo che una volta impresso e capito lo stile dell'avversario, sarebbe scattato e senza pensarci nuovamente avrebbe fatto la sua mossa determinante.
Gianluca se ne seccò e lo dimostrò rimanendo comunque freddamente distaccato. Spingeva all'allontanamento in qualunque momento ma non funzionava con tutti, alcuni li attirava, come Alessandro, altri invece li lasciava indifferenti, come Trystin.
La sua mente analizzò attentamente una strategia veloce e precisa per passarlo con le poche informazioni che aveva avuto quel giorno sul ragazzo. L'aveva visto giocare molto bene e per quanto appariva sembrava veramente una specie di genio. Ma doveva provare anche per misurarsi e vedere il proprio livello.
Con mente quadrata ed ordinata prese in analisi alla velocità della luce tutte le mosse prossime e le attuò. Come era nel suo stile fece quanto programmato in maniera pulita e composta, con grazia e ragionevolezza che lo distinguevano. Facendo finta di passarlo da destra andò di scatto a sinistra, l'altro se lo aspettava dal momento che gli si parò davanti, non ci aveva creduto nemmeno un minuto. Ovviamente l'aveva messo in preventivo una cosa simile ma fiducioso nelle proprie capacità aveva rischiato a non organizzare una giocata di riserva senza assicurarsi l'appoggio di qualcuno.
E poi voleva farlo da solo, provarci. Era oltre le aspettative.
Si trovò all'ultimo minuto a stringere i denti in una smorfia di sforzo che mai si era vista sul suo volto, si voltò di schiena in un cambio di mano veloce e girando su sé stesso sul piede perno interno lo doppiò in maniera precipitosa e affrettata. Non aveva mai fatto una cosa simile, ovvero buttare impulsivamente una qualunque manovra avventata senza riflettere solo per non farsi battere o non utilizzare qualche compagno.
Una cosa da stupidi. Se non fosse che proprio per questa inusuale giocata passò il ragazzo per un attimo. Lì avrebbe dovuto fare il passaggio all'altra ala, ma non riuscì poiché di nuovo la pantera bianca gli impedì i movimenti tornando al punto di partenza.
Aveva vinto brevemente la piccola battaglia ma non la guerra. Non si poteva effettivamente dire chi dei due fosse autenticamente il migliore.
Molti si adagiavano sull'uguaglianza, ma i più acuti avevano capito il punto della situazione e chi in realtà fosse il migliore.
Fra questi non c'era Alessandro, troppo accecato dall'illusione della piccola vittoria per rendersi conto della realtà e della perfetta scontentezza di Gianluca.,
Marek fischiò facendo un cambio di palla per non portare ulteriormente avanti un eterno uno contro uno e la partita riprese.
Gianluca aveva dimostrato molto scoprendosi in un certo senso, facendo addirittura capire lo sforzo per superare il ragazzo, mentre l'altro era rimasto senza nemmeno una piega, un espressione, un suono. Nulla.
Diversi di fatto. Di primo impatto sembravano uguali, Trystin a Gianluca e Alessandro a Daniel, ma andando a fondo si capiva subito la sostanziale differenza.

/ Enjoy the silence – Depeche Mode & Mike Shinoda /
Fuori dalla palestra, i ragazzi uscivano tranquilli, vociferando a bassa voce qualcosa a proposito dei nuovi arrivati e del confronto con le due ali, quasi titolari della squadra.
E proprio questi due si erano fermati davanti all'auto di Samantah ad aspettare la sorella che uscisse come gli altri.
Si chiesero come mai lei che non doveva fare nulla fosse l'ultima, ma ci si poteva facilmente rispondere immaginando che si fosse fermata in adorazione a guardare il suo Marek... e lui a darle corda che approfittava per divertirsi. Non gli si poteva dare torto.
Alessandro dalla bellezza maledetta portava i capelli bagnati all'indietro, non molto lunghi, il ciuffo del lato destro più lungo e meno mosso gli carezzava il volto, il resto si appiattiva sul capo all'indietro, ondulandosi appesantito dall'acqua. Fili più ricci occupavano la fronte. Lo sguardo seccato ma al tempo stesso che si aggrappava a quella fioca vittoria apparente.
- Dai, lo vedi che sei tu più forte di lui? Io quelli non li voglio in squadra! -
Gianluca intervenne freddamente tagliente portandosi i capelli all'indietro, anch'essi bagnati, rimasero lì un attimo poi i primi ciuffi laterali gli caddero davanti. Non aveva una bellezza appariscente ma attirava quel suo portamento, quell'aria chiusa e inquieta, fredda e lontana... e poi di fatto non era brutto.
Diverso da Alessandro o Jude.
- Non dire scemenze. Non ho vinto un bel nulla! -
Questo lasciò un attimo senza parole Alessandro che lo fissò stupito per poi ribattere infervorandosi.
- Ma che dici? Di fatto l'avevi superato. Certo lui è bravo ma non ti aveva vinto! Al massimo siete quasi pari! -
Gesticolava con la camicia slacciata che mostrava la canottiera bianca sotto, fasciando il petto notevole per uno della sua età.
Tutto il contrario del composto e rigido Gianluca.
- Sei sempre il solito idiota! Non ci arrivi da solo? Hai le mente ottenebrata dalla voglia di vittoria? Quel che è giusto è giusto. Io non ho vinto in realtà. -
L'altro continuava a non capire e si chiuse in un offeso mutismo, l'aria truce e minacciosa. Stavano per litigare.
Sospirò freddamente e si accinse a spiegare tagliente:
- Non ho vinto nulla. Quello che ha superato per un attimo l'inglese, non ero io. Non era Gianluca calcolatore, freddo, composto, preparato sempre e comunque. Ero affannato, tirato, ho buttato là la mossa senza averla prevista e visionata. Anche se non ti spiego per filo e per segno le altre differenze, credimi. A te basta sapere che quello che ha quasi vinto contro quel 'fenomeno' non ero io. Non era il mio stile. Per vincerlo devo cambiarmi totalmente dal punto di vista cestistico. La mia preparazione non basta, io non vado bene così come sono. Se voglio sorpassarlo veramente devo cambiare altrimenti questo Gianluca non vincerà. -
Era una cosa grave per uno come lui, la mente quadrata, fredda, gelida ma al tempo stesso nervosa e seccata da mille cose. I dettagli per lui erano fondamentali e non si era piaciuto mentre superava quel Trystin. E questo era quanto.
Ora Alessandro capiva l'arrabbiatura artica del compagno.
Non parlò a lungo riflettendo brevemente sulle parole dell'altro, questo fu grosso motivo di scocciatura. Si innervosì il biondo ribelle mordendosi le labbra e corrugando le sopracciglia.
- Non mi sta bene! Non mi piace che entrino in squadra. Perché l'ha fatto? Noi andavamo bene? E fra le riserve comunque ci sono sostituti se serve! -
Continuò su quella linea capendo che effettivamente poteva avere un po' ragione il quasi nuovo amico.
Lo stava scoprendo per líúprima volta veramente e preferiva al momento, con i pessimi umori di entrambi, lasciar perdere certe cose.
La risposta fu altrettanto secca e tagliente. Basso e penetrante avvicinò il volto a quello dell'altro e disse:
- Alessandro, il coach non vuole parole, lui vuole fatti. Dobbiamo dimostrargli che non dobbiamo essere sostituiti, che non abbiamo bisogno di loro e quant'altro tu voglia dimostrargli. Per quanto mi riguarda non mi importa se ci stanno in squadra o no. A me interessa che quel Trystin non mi superi! -
Quel giorno aveva parlato molto, ma lo faceva se era strettamente necessario.
Ancora una volta lasciò senza parole Alessandro che lo fissò da quella vicinanza, lasciò le labbra semi aperte senza rendersene conto.
Aveva fatto centro... ma con che stile!
Fosse stato per loro sarebbero rimasti a lungo lì a fissarsi con quell'aria intensa e persa. Uno con la testa al basket, l'altro al ragazzo di fronte.
Ad interromperli fu la voce squillante di Samantah che gridò da lontano saluti a destra e a manca facendosi sentire anche a un miglio di distanza.
Con un allegria fuori dal comune, si vedeva che aveva parlato a lungo col suo amore autentico, arrivò a loro distraendoli e facendoli staccare di scatto.
Uno più scosso e pensieroso, cupo come il suo aspetto mostrava eternamente, l'altro invece semplicemente chiuso in un mondo indecifrabile e inarrivabile per chiunque.
Poco prima che la sorella arrivasse, Alessandro disse cercando di apparire come sempre risoluto e sicuro di sé:
- Vuole fatti? E gli daremo fatti! -
Strappò un lampo di sicurezza negli occhi verdi dell'amico e contento per chissà quale astruso motivo che non comprendeva, lo sorpassò salutandolo con una classica pacca sulla spalla.
- Ciao, bello, ci si vede! -
- E quando ci si comincia a salutare così, caro mio, significa che quello che viene salutato è nelle mani di chi saluta! -
La voce ironica e allegra della sorella fece spaventare parecchio il fratello tanto che non ebbe tempo di realizzare le parole ricevute, tanto meno le emozioni latenti che si erano svegliate.
Alzò le spalle regalando un occhiataccia eloquente a Sam, salendo in macchina.
Avevano certamente da fare, ma nulla di impossibile!