QUESTA E' LA MIA VITA
CAPITOLO
11:
AMORE
DI STRADA
'Siamo
io e te e niente altro importa. Andremo sempre avanti facendo quello
che vogliamo, che ci piace! '
/
Fack - Eminem /
La
cosa
certa era che il loro arrivo fu notato e sorprese. Se fosse stato
anche gradito era un altro paio di maniche, ma non lasciarono
indifferente nessuno.
Captarono
subito l'atmosfera un po' tesa, non capendo una parola d'italiano si
basarono sugli atteggiamenti e sulle espressioni.
Con
facilità avevano individuato 'gli scogli', i rivali diretti,
insomma. C'erano due ali in quella squadra la cui fama li aveva
raggiunti subito.
Si
trattava di due ragazzi molto dotati ma detestati dal resto dei
compagni. Sicuramente coloro che avrebbero messo maggior
difficoltà
nell'integrazione con la squadra.
Del
resto, però, agli interessati premeva solo giocare a basket,
avevano chiesto al loro arrivo in Italia di una squadra in gamba e
forte e gli avevano suggerito il nome di questi.
Fra
tutti, gli unici a parlare perfettamente inglese erano due: Marek, il
secondo allenatore, un giovane che normalmente appariva introverso ed
indecifrabile, ma che con chi gradiva era simpatico e spigliato, ed
un altro, uno dei due rivali. Si chiamava Gianluca, era molto dotato,
una preparazione atletica e tecnica uniche ed invidiabili. Tuttavia
nonostante potesse comunicare con loro non lo faceva mai, come se
volesse tenersi ad una distanza di sicurezza per non sporcarsi o
mescolarsi al nemico!
Dopo
gli allenamenti, i due nuovi arrivati uscirono e s'incamminarono
all'appartamento vicino che stava a pochi passi anche dal centro
studi.
Era
un
appartamento piuttosto grande e costoso, pagato interamente dai
genitori di Trystin che economicamente parlando stavano fin troppo
bene... gergalmente parlando si dice che erano schifosamente ricchi.
Al
contrario della madre di Daniel, che dopo la morte del padre era
finita sempre più in basso fino quasi a non riuscire a
mantenersi. Era stata una manna, per lei, l'amicizia con Trystin.
Erano
stati molti i motivi del loro trasferimento anche se non era normale,
in fin dei conti dovevano ancora finire le superiori.
Fra
le
cause c'era sicuramente il pessimo rapporto del biondo coi propri
genitori, essendo ricchi erano anche snob e al figlio questo non era
mai andato bene. Un'altra, quella più importante, erano i
guai
seri in cui si era cacciato Daniel portandoci dietro anche l'amico.
Aveva avuto due scelte: affidarsi alla polizia o andarsene e
ricominciare totalmente un'altra vita lontano.
Avevano
scelto al volo la seconda opportunità.
Erano
diciottenni, bocciati, ma diciottenni. Frequentavano ancora la quarta
nonostante dovessero essere in quinta.
Entrarono
in casa e la prima cosa che fece Daniel fu accendere lo stereo.
Nella
stanza si spansero le note ritmate e aggressive di Eminem, poche
parole al microfono di introduzione con una voce atona e poi lo
scoppio scanzonato, la musica in un istante ingigantiva e il volume
al massimo delle casse face vibrare i vetri. Infine si aggiunse la
voce del rapper che cantava rabbioso, forte e con tono di scherno
insultando un po’ tutti!
Quest'esplosione
faceva impazzire il moro, al contrario lasciava indifferente l'altro
che con aria pacata e rilassata, come se ci fosse un maestoso
silenzio invece del caos più totale, era andato in camera ad
appoggiare il borsone.
Era
una
stanza spaziosa, letto matrimoniale ancora disfatto, muri spogli,
scrivania con qualche quaderno e libro recuperato il giorno
precedente ancora nel cellofan, uno specchio a muro accanto
all'armadio aperto, nell'altra parete una portafinestra che copriva
tutto il muro dava su una terrazza, c'era una bella visuale.
C'era
anche un'altra stanza da letto che però loro non
utilizzavano.
Era tutto già arredato per un'ipotetica famiglia, loro erano
in due e al posto del letto singolo, messo in un angolo, avevano
fatto di quella stanza una cantina o ripostiglio, con scatole e
scatoloni pieni di cose ancora da sistemare, scorte di cibo per un
paio di giorni, le bottiglie dell'acqua insieme con quelle della
birra e altre cianfrusaglie che a loro non servivano.
Trystin
guardò pensoso il bagno, poi la cucina; dovendo scegliere se
farsi prima una doccia o recuperare qualcosa per la cena, normalmente
era meglio non lasciare il compito del cibo al suo compagno
d'appartamento.
Decise
per il bagno, si tolse disinvolto la maglia rimanendo con una
canottiera aderente intima, levò anche quella poi
uscì
dalla camera. Vide Daniel spiluccare qualcosa da mangiare e scosse il
capo.
-
Dany,
io faccio la doccia... -
Sentitosi
chiamare, si voltò e lo guardò rimanendo con la
bocca
semi aperta, facendo così vedere ciò che vi era
dentro.
Si
perse letteralmente a fissare il torso del compagno, la pelle era
chiara, carnagione tipica inglese, lineamenti delicati e classici,
regolari, occhi chiari, capelli che filavano da ogni parte, biondi...
ma quel che lasciava senza fiato di lui, era proprio il suo corpo.
Vedendo il suo viso sembrava dovesse essere un normale ragazzo dalla
corporatura fine, in realtà aveva dei muscoli invidiabili in
un fisico atletico da guardare e non staccarsi più.
Pettorali
e addominali scolpiti, spalle larghe, braccia forti... per non
parlare della schiena. La sua schiena era uno spettacolo ignobile.
Con le linee naturali che danzavano facendo sfoggio di loro stesse.
-
Vengo
anche io! -
Sentenziò
sicuro senza bisogno di replica.
Trystin
parve non sentirlo e girò sui tacchi. In realtà
l'aveva
sentito, ma sapeva benissimo che sarebbe venuto, perciò era
preparato.
-
Trys,
aspettami! -
/
Narcotic – Liquido /
Con
foga saltò il divano e si tolse la maglia, lui sotto non
aveva
nulla, il solito scaldinoso, si slacciò i pantaloni e
lasciò
che cadessero. Gli abiti sparsi nel tragitto fra il soggiorno e il
bagno, indicavano chiaramente il disordine cronico di quel tornado.
I
capelli ancora sudati reduci dell'allenamento si appesantirono subito
sotto il getto dell'acqua, ringraziando per la buon'azione di
lavarli.
Il
calore si condensò in vapore appannando immediatamente lo
specchio e le piastrelle, il box doccia in realtà era una
vasca spaziosa, il compito di non fare un lago nel pavimento facendo
la doccia, spettava ad una tenda di plastica bianca con fantasie
azzurre.
Semplice.
La tirarono dopo essere entrati, ma non sarebbe comunque servita a
molto, avrebbero lavato tutto lo stesso.
Quando
l'acqua iniziò ad accarezzare i loro bei corpi nudi, e
Daniel
non aveva nulla da invidiare al compagno, insieme alle gocce si
accompagnarono anche le loro mani, mani che seguivano il percorso dei
muscoli dell'altro, ipnotizzate dalla sensualità con cui le
scie trasparenti si fondevano unendosi come per possedere almeno per
poco due persone notevoli come loro.
Il
moro
si avvicinò per primo come se non avesse più fame
di
cibo ma di ben altro e prese l'iniziativa, anche se spesso piaceva
pure a Trystin dominare e iniziare quelle loro danze seducenti.
Portò
le labbra al collo candido dell'altro e bevve l'acqua che scendeva,
leccò immerso in quel gesto languido, mentre le dita
viaggiavano sapienti nei punti di maggiore eccitazione. Premette il
bacino e il contatto delle loro virilità che si strofinavano
fecero reagire il biondo che aprì la bocca portando
all'indietro la testa, un sospiro lieve e le mani si serrarono con
forza sulla schiena di colui che gli provocava quelle sensazioni.
La
schiuma rendeva i loro corpi ancor più lisci e le labbra si
unirono in un bacio che definire appassionato era sminuirlo, la
spugna che li lavava e un desiderio crescente di scivolare l'uno
nell'altro per rendere totale quella sensazione di morbidezza,
eccitazione e voglia.
Fu
Daniel a voltare il fidanzato e lento ma fluido ad entrare in lui,
dapprima piano, solo la punta, poi uscendo e tornando ripetutamente
fino ad essere totalmente in lui.
Il
fiato e la voce gli morirono in gola, quando lo sentì,
premette il volto contro le piastrelle mentre l'acqua calda
sciacquava dalla schiuma alimentando i sensi che premevano,
pulsavano, gridavano 'di più'.
Si
unirono in un orgasmo che li vide all'apice del piacere, con le loro
voci che riempivano la stanza sovrastando quella della musica.
Fu
una
specie di tuffo nel passato.
Quando
si erano incontrati la prima volta era alle medie.
Il
padre di Daniel era appena morto, il piccolo era caduto in una
profonda crisi su esempio della madre che, a breve, si era fatta
licenziare per via delle sbronze che si prendeva anche sul lavoro.
Siccome non tutti erano dei buoni Samaritani, le avevano chiuso la
porta in faccia.
Non
era
riuscita a portare avanti la sua vita e aveva lasciato il figlio a
sé
stesso.
Si
erano incontrati in quel periodo e Daniel in crisi era diventato un
ragazzo intrattabile, insostenibile, maleducato, irrispettoso,
violento, iperattivo. La disperazione di tutti.
Trystin
l'aveva odiato da subito senza sapere la sua storia.
Il
moretto ce l'aveva con tutti, trattava male chiunque e ogni giorno
veniva a scuola da solo con gli stessi vestiti, era un miracolo,
probabilmente, che ci venisse. Anche se saltava diversi giorni.
Aveva
un aspetto sempre più sciupato, dimagriva a vista d'occhio,
eppure le sue energie non le esauriva mai.
A
quel
tempo Trystin giocava già a basket e nella sua squadra era
considerato bravissimo. Daniel No.
Un
giorno non venne più a scuola e gli insegnanti conoscendo la
sua situazione andarono a casa sua. Nessuno seppe i particolari ma la
voce girò vorticosamente.
La
madre si era chiusa in casa col figlio e presa da una depressione
devastante, aveva tentato di suicidarsi insieme con lui.
Fortunatamente
non c'era riuscita ma lui era ormai in uno stato di catatonia.
Vi
rimase per un po' di giorni, furono curati entrambi e lui
andò
in istituto.
Il
suo
carattere, tuttavia, non migliorò, ormai era segnato.
Rimase
un ribelle, scontroso, impudente, antipatico, iperattivo,
problematico. Adorava cacciarsi nei guai, ma non lo faceva di
proposito.
L'amore
per la vita glielo diede il basket e Trystin, involontariamente.
Il
biondino non era tipo felice, non lo dimostrava per niente, non amava
la vita o per lo meno a quel tempo aveva anche lui i suoi problemi
con la famiglia che lo sopravvalutava e lo innalzava, gli davano
aspettative e pressioni che lui non sempre reggeva.
Daniel
una volta vide per caso giocare Trystin, voleva giocargli un brutto
scherzo ma se ne dimenticò quando lo vide giocare.
Irruppe
nella palestra e in mezzo a tutti quanti lo aggredì
ordinandogli di insegnargli.
Si
pestarono, furono puniti, poi divennero amici inseparabili.
Lentamente
Trystin lo prese sulle proprie ali protettrici, lo curò e
chiese al padre di aiutare la madre del suo amico. Nonostante non
fosse un uomo magnanimo lo fece.
Lei
ebbe ottime cure e uscì dalla sua depressione,
trovò un
lavoro e Daniel ricondusse una vita decente.
Divennero
inseparabili i due.
Poco
più grandi fu Daniel ad aiutare Trystin ormai logoro di
pressioni.
Non
ce
la faceva più ed era arrivato al punto di odiare il basket.
Lì
Trystin gli trasmise la sua voglia di vivere, gli restituì
il
suo tesoro perduto, l'amore per il basket.
E
gli
fece vedere anche un altro amore, un sentimento molto forte verso
quell'amico prezioso.
Se
n'accorse per primo il silenzioso ragazzino.
Gli
voleva molto bene. Troppo.
Desiderò
di non separarsi più da lui.
Con
fatica e la minaccia da parte di Trystin di andarsene per motivi
cestistici, anche Daniel se ne rese conto, ci fu prima una litigata
da paura.
Erano
durante le superiori e si misero insieme ammettendo a modo loro i
sentimenti l'uno per l'altro.
Fu
molto bello anche il gesto che fece Trystin per Daniel, una volta di
più, quando quest'ultimo si cacciò seriamente nei
guai.
Finì
sul giornale la notizia di quel che aveva combinato e delle persone
pericolose a cui aveva pestato imprudentemente i piedi.
Come
sui solito.
Rinunciò
alla sua vita lì, al posto che si era costruito dove tutti
lo
conoscevano per andarsene lontano, senza nessuno solo col suo
fidanzato e ricominciare da capo.
Pochi
l'avrebbero fatto, solo chi l'amava veramente.
Aiutati
dai genitori fecero la pazzia.
Trovarono
il coraggio in ciò che provavano.
Era
un
ragazzo ricco dall'animo complicato ed uno di strada che aveva
trasmesso il proprio modo di vivere e d'amare anche all'altro, al suo
eterno compagno.
Inseparabili
avevano sempre scommesso tutto, anche ora.
E
l'avrebbero potuta fare solo per questo, perché il loro era
un
amore di strada.
/
Where ‘d you go - Fort Minor /
Dopo
cena si misero nel divano a guardare un film di horror che in
realtà
fece solo ridere Daniel fino a farlo addormentare su Trystin.
Una
scena veramente esilarante.
Trystin
dopo il consueto tuffo nei ricordi carezzò lieve
apparentemente indifferente, i capelli spettinati e ribelli del moro;
era un tipo molto affascinante, attirava come una calamita. Il
cambiamento che aveva subito da quando l'aveva conosciuto era stato
incredibile. Era una cosa vicendevole, reciproca. Entrambi erano come
irriconoscibili.
Lui
stesso era molto meno chiuso e introverso, sembrava freddo e
inarrivabile ma amava riflettere, ricordare e portare con se ogni
momento importante. Non si vergognava a riconoscerlo come tale
però
non era capace di ammettere a voce certe smancerie.
Daniel
da parte sua nell’affidarsi totalmente all'altro tanto da
addormentarsi pacifico su di lui, sapeva bene quanto gli doveva, come
l'aveva tirato su dalla merda in cui era stato, gli doveva la vita e
gliel'avrebbe restituita in tutti i modi. Non che ne conoscesse
molti, quello che stava attuando era l'unico!
Amarlo
e non mollarlo mai, per nessun motivo al mondo.
Era
una
sensazione di forza, rilassatezza, pace col mondo anche se il mondo
poteva avercela con lui.
Odiava
le ingiustizie, per questo si era battuto per risolvere un po' la
situazione coi genitori di Trys.
Era
contento del posto che si era costruito accanto a lui, il legame che
li univa era indissolubile e sbalorditivo.
Nulla
li avrebbe divisi.
Era
come se le due persone perfette l'uno per l'altro si fossero
incontrate.
Talmente
perfette da esserlo solo fra di loro, se ci fosse stato qualcun altro
leggermente diverso, non sarebbe stato uguale.
Solo
loro potevano stare insieme. S'incontrano e chi se ne importa del
sesso che hanno?
È
essenziale cibarsi dell'altro e vivere in fondo tutto quel che si
desidera portarsi nel proprio bagaglio, in quella scalata ardua dove,
in compagnia del compagno, c'erano anche dei fiori.
Talmente
perfetti da essere quasi un sogno.
Probabilmente
nessuno li avrebbe capiti a fondo, ma nemmeno separati... come
nessuno forse poteva voler bene a qualcuno in quel modo totale e
assoluto, vero e sincero, speciale.
Diretto.
Un
vero
amore, certo, ma di strada.