*Per
questo capitolo non ho trovato né il midi di Rag doll né
quello di Given up... oppure non ho cercato abbastanza... comunque vi
metto Questa è la mia vita!*
CAPITOLO
12:
STRIDORE
DI DENTI
'Le
due coppie andavano d'accordo come i denti quando battono fra di
loro e stridono! '
/
Rag doll – Aerosmith /
Nella
classe vi erano solo studenti distinti di un certo rango, vestiti in
modo perfetto e firmato, ordinati, senza un capello fuori posto, con
un conto corrente in banca sicuramente pieno, aria da aristocratici,
snob ed intelligenti.
Del
resto in un liceo classico non si poteva pretendere nulla di diverso,
considerando che era una scuola privata si poteva ben capire il
livello della gente che vi girava, non erano numerosi, non si
trattava di una città piena di nobili o comunque ricchi, ma
quelli che c'erano si riunivano tutti lì.
A
Gianluca non importava nulla della scuola che i suoi preferivano
frequentasse, aveva un Q.I. sopra la norma e i genitori gli avevano
dato l'opportunità di sfruttarlo, vedendo che ci tenevano
più
loro che lui li aveva accontentati, non gli era mai interessato
troppo dove studiava e del suo futuro sapeva solo una cosa: sarebbe
diventato un giocatore di basket professionista.
Dall'esterno
sembrava come gli altri, freddo, scostante e superiore, guardava
tutti dall'alto in basso e nulla attirava veramente la sua
attenzione, un tipo serafico ed incomprensibile che spesso e
volentieri faceva cose poco gentili, per non dire da perfetto
antipatico. Si limitava a trattare gli altri come pensava si
meritassero senza approfondire questo aspetto, ovvero se si
meritavano veramente questi suoi comportamenti acidi. A lui dava
fastidio la gente in generale, era cresciuto in mezzo a
falsità,
esclusa la sua famiglia; l'avevano sempre guardato come il bambino
d'oro da farsi amico e da adulare, non credeva alla
sincerità
di chi non lo conosceva veramente per cui non si faceva scrupoli ad
allontanarli.
In
realtà era un tipo inquieto che non considerava nessuno alla
sua altezza, però sapeva voler bene e lo dimostrava il bel
rapporto con genitori e fratelli (e sorella).
Semplicemente
cercava... cosa di preciso non sapeva nemmeno lui, ma cercava
sempre.
Quando
da piccolo venivano a vederlo a basket sua madre con l'ultimo
fratello, il più piccolo, in campo si pavoneggiava, lo
notavano per la bravura e perché spingeva gli altri
affinché
lo facessero passare.
Per
non
sentirsi inferiore o non deludere la madre, faceva il possibile e ad
ogni azione andava a chiederle cosa ne pensasse e avere il consenso.
Ora
gli
bastava mantenere il suo posto di asso e titolare in squadra, sentire
che era indispensabile, sapere che non ce n'erano altri come lui.
L'arrivo
di Alessandro lo aveva infastidito poiché questa sua
certezza
si era messa in discussione, ma aveva capito che poteva rafforzare
quello che aveva sempre voluto se solo avrebbero entrambi giocato in
combinazione, aiutandosi a vicenda. Solo nel campo, però.
L'aveva accettato a fatica e solo da poco, era stata una cosa lenta
ed era iniziato indirettamente da Ale, aveva mostrato interesse nei
suoi confronti e lui l'aveva considerato in ogni senso possibile. Ora
si trovavano a non staccarsi gli occhi di dosso e a trovarsi al punto
da sembrare una coppia che giocava da sempre insieme!
L'arrivo
dei nuovi ragazzi, quelli inglesi, aveva tirato fuori il peggio sia
suo che di Alessandro, sapeva che dovevano stare attenti ma non si
sarebbe esposto ancora, doveva studiarli meglio, soprattutto cambiare
il proprio modo di giocare, altrimenti avrebbe perso veramente tutto
quello che aveva conquistato e mantenuto a fatica fino a quel
momento.
Il
professore entrò in ritardo ma non era solo,
bensì
accompagnato da un ragazzo; quando Gianluca vide chi era gli prese un
colpo, spalancò gli occhi un attimo e si ricompose subito,
nessuno notò il breve cambiamento del suo volto dai
lineamenti
regolari.
Un
giovane piuttosto alto dai capelli quasi bianchi, sparati da ogni
parte, mai pettinati probabilmente, senza né gel
né
acqua, mantenuti così al naturale, corti. Pelle estremamente
bianca e delicata, occhi azzurri, bocca che a guardarla attentamente
sembrava molto morbida e ben disegnata. Cosa non trascurabile si
capiva nonostante i vestiti non attillati, che aveva un corpo
atletico divino. Aveva dei lineamenti delicati e classici, tipici da
angelo, una bellezza fredda. Se fosse stato uno strumento musicale
sarebbe stato il pianoforte oppure il flauto traverso.
-
Questo è un nuovo studente, si è trasferito qui
in
questi giorni e si deve ancora ambientare, è inglese e segue
un corso per imparare l'italiano per cui non parla molto, dovete
avere pazienza, siccome voi conoscete piuttosto bene la sua lingua vi
prego di aiutarlo nelle lezioni. Si chiama Trystin Owen. Siediti pure
in quel banco libero... -
Disse
indicando al ragazzo dall'aria assolutamente inespressiva, il banco
accanto a Gianluca.
Il
biondo si era scelto di proposito il posto in fondo alla penultima
fila, nell'angolo che accanto ne presentava uno vuoto, in modo da non
dover rapportarsi con qualcuno; era isolato ed era l'unica cosa che
lo facesse circa felice!
Il
ragazzo fece un cenno affermativo d'aver capito e si diresse al suo
nuovo posto, riconobbe quasi subito il suo compagno, lo stesso che
nella nuova squadra di basket gli aveva dato parecchio da fare e che
in un modo o nell'altro l'aveva superato.
Lo
ricordava perfettamente ma non provava astio nei suoi confronti,
anzi: era sano interesse, aveva incontrato un degno avversario e non
vedeva l'ora di misurarsi di nuovo; certo, avrebbe dovuto migliorarsi
ma non lo riteneva un problema.
Era
uno
stimolo intrigante, quel ragazzo di cui non sapeva nemmeno il nome,
l'aveva affascinato subito, era diverso da tutti.
Aveva
sognato il loro scontro sul campo e aveva capito come in quell'azione
avrebbe potuto superarlo, ci sarebbe voluto poco,
Trystin
era un tipo così, aveva un aria indecifrabile, sembrava
tendere ad allontanare tutti un po' come Gianluca, solo che non era
eccessivamente freddo… più che altro era di un
altro
pianeta. Aveva qualcosa di diverso da tutti, un lato celato ad ogni
costo.
Dopo
il
radicale cambiamento rispetto a com'era in passato, aveva imparato a
godersi la vita e le persone che conosceva, portava loro attenzione e
si interessava se vedeva che sarebbe potuto nascere qualcosa di
bello.
Ora
voleva solo misurarsi di nuovo con lui. Fece un cenno di saluto a
Gianluca in segno di riconoscimento che a sua volta, restio,
ricambiò:
-
I'm
Gianluca... -
Mormorò
con un educazione tirata.
Sapeva
controllarsi benissimo, ma immaginò che al suo posto,
Alessandro, avrebbe fatto fuoco e fiamme.
Quello
esagerava sempre.
Udì
il professore spiegare al biondo, in inglese, che Gianluca era il
migliore nella sua lingua e che era capitato a pennello, se gli
sarebbe stato vicino avrebbe ricevuto tutto l'aiuto necessario.
L'asociale
ragazzo tirato in ballo ed elogiato, avrebbe voluto strozzare
quell'uomo che suggeriva di rivolgersi sempre a lui per bisogni di
ogni genere. Sbuffò spazientito e Trystin lo notò
ma
non fece nulla, intuì lo stato d'animo e si chiese cosa ci
fosse che non andava. Tuttavia si fece gli affari suoi e
continuò
a non spiccicare parola.
Entrambi
non conversarono fra di loro e Gianluca mostrò un chiaro ed
incontaminato fastidio nell'aiutarlo per qualunque cosa, fece come se
non esistesse nessun nuovo arrivato straniero.
Era
cristallino nei suoi atteggiamenti seppur ancora pochi capissero
qualcosa di lui.
Cristallino
nel senso che quando detestava qualcuno lo si capiva, ma nessuno
comprendeva come mai avesse in odio tutti... chissà se
c'era,
a parte i suoi parenti, qualcuno che gli andasse bene?
A
scuola era famosa la sorella Samantah e il fratello Max. Sam era
entrata in quella scuola, ci aveva passato due anni in prima, poi
notando che non era per lei viste le ripetute bocciature se ne era
andata in una d'arte. Aveva lasciato il segno in quei due anni
diventando rappresentante di classe e addirittura d'istituto al
secondo anno, cosa straordinaria per una così giovane:
normalmente i rappresentanti erano tutti di quarta e quinta.
Max
invece aveva trascorso tutti gli anni ottenendo il massimo dei voti,
era il migliore degli studenti, adorato e stimato da tutti era stato
bocciato in quarta perché aveva passato un anno terribile,
gli
era morto un amico ed era andato in piena crisi, poi se ne era tirato
fuori e i restanti due anni aveva dato sempre il meglio. Anche lui
rappresentante di classe e degli studenti.
La
loro
famiglia quindi era molto conosciuta all'interno del liceo, tutti
avevano nutrito molte aspettativa anche su Gianluca, aspettative
deluse solo in campo sociale poiché nessuno era
più
lupo solitario di lui, tuttavia per lo meno sul lato scolastico,
ovvero dell'istruzione, aveva anche superato il fratello maggiore,
Max.
A
ricreazione Trystin fu subissato di domande e nonostante la
compostezza dei compagni, desiderò di sparire.
Guardò
Gianluca che usciva senza essere fermato da nessuno e lo
invidiò,
incrociò il suo sguardo quand'era sull'uscio della porta e
nonostante il nuovo arrivato non mostrasse nessuna richiesta d'aiuto
particolare, l'attento asso della squadra di basket comprese che
sarebbe voluto venire con lui e scappare. Uno corretto lo avrebbe
aiutato ma lui alzò le spalle ed uscì senza dire
o fare
nulla.
Giusto
per mettere le cose in chiaro.
Due
così non litigavano, non si pestavano, non facevano nulla di
particolare, si limitavano ad ignorarsi o comunque a farsi una guerra
fredda e silenziosa (anche se a senso unico perché Trystin
non
aveva nulla contro Gianluca). I gesti e gli sguardi parlavano
più
di ogni altra cosa e non serviva essere plateali ed esagerati per far
capire ciò che pensavano.
Trystin
si chiese solo cosa avesse quel ragazzo contro di lui, ma non vi fece
più di tanto caso isolandosi mentalmente dal resto del mondo
e
scoraggiando gli insistenti studenti che non avrebbero ottenuto
risposte da lui: la sua voce rimase un mistero per tutti!
/
Given up – Linkin Park /
Un
brusio indistinto si levò quando nell'aula piena di ragazzi
vestiti per lo più da alternativi con una certa impressione
generale per nulla positiva (del resto si trattava di un istituto
professionale, corso meccanici), entrò un giovane vestito al
loro stesso modo: jeans strappati, catena alla vita, felpa col
cappuccio, capelli mossi tutti sugli occhi, spettinati, non molto
corti. Occhi grigio scuro insolenti, lineamenti un po' selvatici e
grezzi, non una bellezza classica, era un tipo che piaceva o no ma
non lo si poteva affatto definire brutto.
La
lezione era iniziata da un pezzo, ormai la ricreazione era passata e
tutti si fermarono e lo guardarono parlottando chiedendosi chi fosse
lo sconosciuto.
Il
professore con un certo imbarazzo chiese chi fosse e lui
parlò
in inglese:
-
*
Sono il nuovo studente, mi ero perso per questo sono tardi... mi
hanno detto che la classe era questa... * -
Il
professore capì cosa disse e cercò sull'elenco
trovando
la nota riguardante il nuovo alunno:
-
* Si,
è vero. È giusto... sei Daniel Solveig, vero?
L'inglese. Benvenuto, mi spiace che tu ti sia perso, siediti pure...
* -
Si
sentì una risata generale come di presa in giro seguita da
un
tonfo sordo: qualcuno era caduto dalla sedia, si voltarono a vedere
chi fosse e videro che si trattava di Alessandro, nell'angolo in
fondo all'aula, il casinaro e problematico studente, la rovina dei
professori.
Un
paio
di imprecazioni si levarono da lui mentre si rialzava e lanciava
sguardi di fuoco in direzione di uno in particolare: Daniel.
Quando
si fu sistemato puntò il dito contro il moro e
gridò
scandalizzato:
-
MA
CHE DIAVOLO CI FAI QUA? MI PERSEGUITI? VATTENE! -
Come
se
lui potesse decidere cose simili!
Era
inverosimile nelle sue uscite, del resto il biondo ribelle era
conosciuto per questo ed altro. La curiosità su cosa li
legasse dilagò fra i compagni e il professore gli
urlò
qualcosa a proposito di non fare l'idiota come sempre e di sedersi.
Daniel
lo riconobbe dopo molti minuti di riflessione, aveva già
sentito quella voce fastidiosa ma non era sicuro dove... in
realtà
non fu lui a riconoscerlo, glielo disse l'interessato:
-
Scemo, sono quello della squadra di basket di ieri, non ricordi? -
Ovviamente
gli tradussero letteralmente divertendosi della scena, Daniel
così
si illuminò per poi rabbuiarsi mostrando tutto il
detestabile
sentimento a pelle verso l'altro.
Il
professore richiamò tutti al silenzio e all'ordine,
facilmente
svanito, e indicò al nuovo di sedersi in uno dei banchi
liberi. Ce n'erano due, uno accanto Alessandro e uno davanti allo
stesso.
Alzò
gli occhi al cielo con un espressione eloquente, della serie:
'Tutte
le sfighe a me! '
Il
biondo ci mise un attimo a capire che sarebbe potuto sedersi vicino a
lui così si sedette al suo banco e mise i piedi sopra quello
accanto, dicendo:
-
OCCUPATO! -
Daniel
capì e gli fece il dito medio... era apertamente guerra.
Suo
malgrado si dovette sedere nel posto avanti ricevendo insulti e calci
alla sedia. Erano quasi scatenati.
Il
ricordo del giorno prima finito in rissa era ancora vivo, nessuno dei
due sapeva di preciso perché odiare l'altro ma
istintivamente
era così, erano insopportabili i modo di fare altrui e di
principio non si poteva far passare liscia la cosa.
Con
l'interesse morboso dei compagni, Alessandro e Daniel passarono tutto
il resto delle ore a farsi dispetti, spingersi banco o sedia, farsi
gestacci e comunicare come le scimmie coi gesti. Certo, non si
comprendevano a parole però era come se nella stessa
lunghezza
d'onda si capissero al volo leggendosi nel pensiero.
Alessandro
non si smentiva mai, per lui era naturale tracciare il suo
territorio, mettere le cose in chiaro e fare quello che faceva
sempre.
Quell’inglese
era un pericolo per il suo posto in squadra e si sapeva che i
ragionamenti non erano per lui, non ci sarebbe mai arrivato alla
logica: fattelo amico così non ti buttano fuori!
Lui
cercava di buttare fuori Daniel, altro che farselo amico!
Di
natura selvatico, non si fidava di nessuno considerando gli altri
meno di lui, quindi calpestabili... questo suo modo di vedere le
cose era dovuto al suo passato: cresciuto da solo in un brutto posto,
aveva perso presto entrambi i genitori e suo nonno aveva fatto il
possibile. Aveva sempre invidiato tutti i suoi compagni di scuola e
di squadra, ogni tanto gli era capitato di vedere l'allenamento di
Gianluca da bambino e di vedere che ad ogni azione andava dalla madre
e lei gli diceva 'bravo'. Ricordava quei momenti come angoscianti
poiché lui si attaccava alle madri degli altri facendo finta
di essere grande amico dei loro figli, quando invece nemmeno li
poteva soffrire. Aveva passato l'infanzia a invidiare gli altri fino
ad odiarli, chiedendosi cosa avessero loro più di lui,
perché
si meritavano o la famiglia, o il benestare dei soldi, o qualcosa di
buono su cui appoggiarsi... lui non aveva nulla, né
genitori,
né soldi, né nessun appoggio possibile. Si doveva
dare
da fare da solo per non soccombere, per non farsi pestare e superare;
aveva sempre lottato per tutto ma c'era una cosa che non poteva
ottenere: l'amore dei genitori.
Poi
crescendo aveva capito che nessuno aveva qualcosa più di
lui,
si trattava di fortuna e se lui non l'aveva avuta allora avrebbe
agito di conseguenza, costruendosene una finta.
Si
era
guadagnato il rispetto di chi lo circondava e chi non voleva
darglielo era lentamente finito male. Aveva imparato sulla sua pelle
a vivere nella strada e con furbizia e gran faccia tosta era riuscito
a mangiare ogni giorno, a giocare in una squadra di basket costosa e
in gamba, ad andare in una scuola pubblica come tanti altri.
Quello
che aveva, l'aveva ottenuto da solo e ne era fiero, sapeva che
c'erano molti come lui ma sapeva anche che intorno a lui erano pochi
così ed erano più i ricchi che non avevano fatto
nulla
per meritarsi quello che avevano.
Era
con
questo diritto che Alessandro trattava tutti male, a meno che questi
non dimostrassero qualcosa.
Gianluca
all'inizio lo detestava, era il prototipo del ragazzo che aveva tutto
senza meritarselo, poi aveva capito che in lui c'era qualcosa che li
rendeva simili. Non la vita bensì l'anima, la ricerca di
qualcosa, l'inquietudine di fondo, il tormento.
Aveva
un buio affascinante, dentro. Voleva vederlo meglio.
Tuttavia
non credeva a nessun altro, nessuno fra quelli conosciuti era come
loro, nessuno li capiva, erano tutti falsi ipocriti per cui ci
giocava .
Non
credeva praticamente in nessuno, escluso Gianluca, e questi nuovi
arrivati che volevano prendere il loro posto erano visti come
intrusi, guastafeste, dei pericoli.
Senza
Gianluca e Trystin a bloccarli, fu inevitabile finire di nuovo alle
mani davanti alla classe che li incitava divertiti.
Alla
fine un nulla di fatto, uno a uno e palla al centro!
Sarebbe
stato un lungo periodo terribile!