CAPITOLO
14:
IL
SENZA CUORE
‘Rifiutare
di crederci, di andare avanti in quella realtà, di tornare
al
sorriso... e poi? Cosa rimane? A cosa ci si aggrappa? In cosa si
spera? In cosa si sogna? Che cosa si farà? Eppure vivere
nonostante tutto... ’
/
Trouble – Coldplay /
Max
era
andato a prenderla preoccupandosi limitatamente, in fondo se Marek in
persona gli chiedeva di andare a prendere sua sorella significava che
erano stati insieme fino a quel momento. Che poi lui non avesse
potuta portarla a casa indicava solo che aveva avuto un impegno
improvviso e quindi dei motivi più che validi per non
accompagnarla. Come anche il fatto che lei si trovasse al pronto
soccorso era trascurabile: in fondo Samantah era di ferro ma anche
spericolata ed era stata in ospedale diverse volte.
Si
era
preparato psicologicamente ad un assalita fisica e verbale con un
resoconto dettagliato su quanto accaduto e tutto quello che il suo
amato aveva fatto.
Per
questo poi quando la vide in quello stato la preoccupazione
salì
in lui come una vampata.
Qualcosa
stonava nel suo volto. Lei non sorrideva, non piangeva, non stava
seduta scomposta e non parlava. Era dritta, con la testa verso il
lato sinistro, lo sguardo vuoto e spento e le labbra incurvate verso
il basso.
L'aveva
chiamata titubante ma lei non aveva risposto, quindi si era seduto
accanto a lei e l'aveva scossa dolcemente. Lì si era come
svegliata e quel che aveva fatto era stato motivo di profondo
turbamento persino per uno come lui.
Samantah
si era aggrappata al suo collo di slancio e si era messa a piangere
silenziosamente con lacrime copiose.
Subito
aveva desiderato prendersi per sé quel dolore che la sorella
gli trasmetteva potente e violento; era sempre così, si
sentivano fino a quel punto, un legame così solido e forte
da
creare un'empatia in un rapporto esclusivo. Si era chiesto subito
cosa fosse successo e che tutto quello potesse sparire per poter
lasciare in pace la ragazza il cui sorriso contagioso e puro era
importante per molti. Aveva sentito chiaro l'istinto di voler
proteggerla in ogni modo possibile pur non conoscendo la cause di
tutto. Lui sentiva che lei stava male fino a piangere e questo
bastava per desiderare di mettersi tutto sulle sue spalle, come aveva
sempre fatto.
Non
avevano parlato, lei non aveva voluto spiegare nulla e lui aveva
rispettato questo suo silenzio. L'aveva accompagnata nei viaggi per
l'ospedale in radiologia e poi ortopedia, lei aveva smesso di
piangere ma il suo volto non aveva più assunto espressioni
rilassate, buffe o spensierate. Una nuvola nera oscurava quegli occhi
neri e grandi sempre così espressivi, ora tutto l'opposto.
Arrivata
a casa era stata accolta da valanghe di fratelli vogliosi di lottare
con lei come faceva spesso, ma erano stati tutti ignorati e il
silenzio con lei era calato improvviso e pesante, come un pugno
ciascuno mentre assistevano a qualcosa di raro come un'apocalisse.
Si
era
poi chiusa in camera da sola ed aveva lasciato a Max l'ingrato
compito di spiegare quel pochissimo che sapeva, mentre ogni membro
della famiglia si preoccupava andando a turno a bussare alla sua
porta per poterla aiutare.
Non
ci
fu verso di strapparle nemmeno mezza parola di bocca così
Max
si trovò costretto a chiamare Marek, l'unico che avrebbe
potuto dirgli qualcosa. Non per impicciarsi di affari che in effetti
non erano suoi, tanto meno per alimentare un fuoco pericoloso, solo
per poter fare qualcosa di più concreto per lei piuttosto
che
lasciarle i suoi silenzi pieni di lacrime.
L'idea
che lei stesse così male e non sapere nemmeno il motivo
bruciava un po' a tutti, ma per Max era qualcosa di diverso. Se
avesse saputo avrebbe potuto assumersi il carico di portare parte di
quella sofferenza inspiegabile. Lui ci teneva a riuscirci.
Quando
Gianluca arrivò a casa dagli allenamenti il fratello
maggiore
aveva appena terminato la telefonata ed aveva saputo alla larga cosa
fosse accaduto: ovvero che era stata rifiutata.
Il
biondo non aveva avuto idea dell'accaduto, sapeva solo che per una
caviglia slogata in maniera stupida era stata portata in ospedale
proprio dall'amore della sua vita e che quindi doveva essere
estremamente felice per quello... ma poi ricevere quelle parole
esplicative dal fratello l'avevano non solo stranito ma peggio. Lenta
in lui si era mossa la rabbia. Solo primi passi che sarebbero esplosi
il giorno dopo davanti all'interessato.
Qualcosa
che nessuno mai, per ora, avrebbe ancora potuto vedere.
-
Sam
sta male. Deve essersi dichiarata a Marek e lui l'ha rifiutata... non
credo che sia stato stronzo ma diciamo che non fa mai bene venir
lasciati ancor prima di mettersi insieme... considerando l'adorazione
che aveva per lui... -
No,
Marek non era stronzo però per farsi lasciare per evitare di
far soffrire altri, significava che era padrone di un autocontrollo
fuori dal comune. Non poteva dunque agire poco delicatamente verso il
prossimo.
Misterioso
e riservato. Oppure solo strano.
Strano
come una persona che preferisce rimanere senza cuore pur di non
soffrire in un ipotetico futuro. Solo perché esso stesso si
ritiene incapace di amare. Privo di cuore, per l'appunto.
Strano,
forse, era l'unico termine appropriato.
Gianluca
era andato dritto e veloce da Sam e non aveva nemmeno bussato, era
semplicemente entrato nella stanza buia, aveva visto la sagoma della
sorella stesa nel letto, sotto le coperte, che tremava. Piangeva. E
aveva provato una stretta al cuore che per lui fu deleteria.
Le
parole gli mancarono e se fino a poco prima avrebbe voluto dirgli
qualcosa, rassicurarla, toccarla, ora si impietrì e dalla
mente gli svanirono ogni mossa plausibile. Rimase fermo lì
ad
ascoltarla tremare e piangere mentre nemmeno si voltava nonostante la
sua presenza; strinse i pugni e poi li sciolse sospirando come
sconfitto. Era riuscito a cacciare indietro la rabbia ma sapeva che
era solo rimandata.
Ora
quell'ira non sarebbe servita a far star meglio Samantah e lui
ragionava in quel modo. Alessandro sarebbe solo uscito immediatamente
per andare a pestare Marek.
"In
fondo se non gli piaceva che doveva fare? Io non so la storia, non mi
ci sono mai interessato a fondo e quando lei parlava io non
l'ascoltavo. Non so come stanno veramente le cose ed è
inutile
stare a pensare a giustizia, ragioni e torti... loro due, che ci sono
dentro, sanno cosa è successo... o forse solo lui lo sa,
visto
che lei ora sta in questo stato! "
Dopo
questa riflessione si passò una mano fra i capelli lisci
portandoli all'indietro momentaneamente, poi ricaddero sul volto e in
quel momento fu raggiunto da Max che entrò chiudendosi la
porta alle spalle, si mosse adagio nella penombra della stanza, si
sedette nel letto della ragazza e posando la mano sulla sua schiena,
sopra la trapunta, l'accarezzò calmo e pacato. Lui ci
riusciva
sempre.
Gianluca
così si lasciò cadere seduto a terra, appoggiato
con la
schiena al muro. Era giusto starle accanto come potevano, coi loro
silenzi, cercando di farla sfogare se voleva o solo ascoltando le sue
lacrime magari esagerate, magari giuste, magari solo amare. Lo
reputavano onesto da parte loro.
-
Io
non capisco... - Cominciò lei singhiozzando: - intanto cosa
vuole da me... prima instaura un rapporto con me e mi fa credere che
ci siano speranze... è così affettuoso e intimo,
mi dà
in ogni occasione qualche bacio ingenuo... poi quando sembra naturale
che la cosa proceda nell'ovvia direzione lui no, mi allontana e mi
dice quella stronzata! Se non voleva doveva pensarci prima,
perché
farmi questo? Poi comunque come può... -
Lì
si interruppe voltandosi verso di loro, rimase appoggiata al cuscino,
si tolse i capelli neri dal volto e fissò stravolta di
lacrime
lo sguardo di Max che non distoglieva.
-
Come
può una persona decidere che non è capace di
amare,
sapere quindi che non sa rendere felice una persona e quindi
scegliere per tutti e due che non si può provare a viverla
questa cosa? Lui... lui... - Ancora molti pensieri le turbinarono
nella mente molto confusi, mentre il panico e l'agitazione di poco
prima cercavano di ordinarsi per trovare le parole adatte. Non era
stato facile per lei pronunciare tutte quelle frasi caotiche e poco
corrette grammaticalmente parlando; era tipico suo: era cristallina
in ogni cosa che faceva. Cristallina e passionale, un'esagerata
cronica, anzi: esagitata!
-
Lui è
un senza cuore per scelta. Decide che è così per
chissà
quale motivo e preferisce soffrire all'inizio invece che dopo... ma
che ragionamento fa per arrivare a dire cose come quelle e ad agire
così? Preferisce stare solo per tutta la vita
perché in
ogni rapporto stretto ci si può lasciare e star male? No, ci
sono cose che valgono la pena essere vissute... lui rifiuta la vita,
è tristissimo e atroce; come fa, come può pensare
di
farcela a vivere da solo senza amore, senza una persona su cui
appoggiarsi, una persona speciale che badi a te non per un legame di
sangue ma per sentimento? Oddio, non capisco... -
Il
discorso andò in crescendo e l'agitazione crebbe in lei fino
a
farle scoppiare un nuovo mal di testa maggiore del primo. Si
portò
le mani agli occhi e alla fronte premendo forte, così Max la
carezzò ancora sistemandole i capelli che le si
aggrovigliavano sul cuscino. Ora era ben chiaro cosa fosse accaduto e
lo smarrimento fu vivo anche da parte loro.
Max
provò insieme tristezza e malinconia per una scelta di vita
come quella, mentre Gianluca semplicemente non la capì, come
non poteva capirla Samantah. Fu stizzito specie dalla parte in cui
lei spiegava, anche se confusa, che lui le aveva dato diversi segni
per sperare in qualcosa di più di una semplice amicizia
formale, ma poi quando le cose si erano messe veramente in quel certo
modo le aveva dato la mazzata. Ed ora soffriva lo stesso... senza
capire il perché di questa sua sofferenza.
Questo
nessuno glielo avrebbe mai dato di capire.
Avrebbe
solo dovuto vedere Marek.
-
Sono
scelte che uno fa, portate da eventi della vita che segnano. Solo
vivendoli in prima persona potremo capirli, non sta a noi giudicarli.
Il
resto della notte lo passarono così: un po' in silenzio, un
po' a parlare, un po' a lasciar scendere qualche altra lacrima.
/
Outside – Staind /
L'intenzione
del giorno dopo di Gianluca che aveva passato la notte scomodamente
seduto sul pavimento della camera della sorella, era di ignorare
Marek e tenersi fuori dall'intera faccenda. Si ripeteva che in
effetti non erano affari suoi, che lui non c'entrava e non aveva
diritto e motivo di andare a recriminare nulla a nessuno. In
condizioni ottimali sarebbe anche riuscito a mantenere questa sua
filosofia di pensiero, il punto era che invece non era affatto in
condizioni ottimali, dopo una nottata come quella!
A
scuola si era quasi addormentato sul banco ed era stato difficile
sorbirsi la presenza fissa anche se silenziosa di quel tipo
insostenibile, Trystin, che voleva fare amicizia con lui in tutta
tranquillità.
Eppure
bastò vederlo per mandare a quel pese ogni buon e ragionato
proposito!
Gianluca
di norma non era una testa calda e tanto meno un impiccione. Sapeva
perfettamente controllarsi e tenersi fuori dagli affari che non lo
riguardavano in prima persona, ma poi un pensiero fulminò la
sua mente quando si trovò il volto serio e composto di
Marek:
"Sono
affari miei dal momento in cui passo tutta la notte sveglio sentendo
mia sorella piangere e lamentarsi! In quel momento sono diventati
anche affari miei! "
Ma
forse poteva effettivamente considerarla una scusa bella e buona. In
realtà aveva vive le prime lacrime di Samantah, lacrime che
l'avevano impressionato e che gli avevano fatto promettere di
sistemare almeno la parte del nodo in cui Marek aveva giocato a suo
piacimento con la ragazza.
L'idea
che lei potesse essere usata in quel modo riusciva a mandarlo di
nuovo in bestia, così si poteva spiegare il suo
comportamento.
L'ebbe
per caso davanti in palestra, all'inizio dell'allenamento, e Gianluca
si era aspettato la classica domanda su come stesse la sorella;
questa non arrivò e così il sangue gli
andò alla
testa. Puntò il suo sguardo freddo e duro, pieno di
disprezzo,
in quello sempre indecifrabile del moro e disse con un tono che non
tradiva l'espressione del viso:
-
C'è
una cosa che non capisco! -
All'inizio
però era ancora piuttosto piatto e tagliente. Marek si
stupì
subito e sbattendo le palpebre ricambiò lo sguardo con uno
smarrito e rispose vago:
-
Qualche esercizio... ? -
O
forse
in realtà aveva perfettamente capito ma sperava non fosse
quello. Sperava di non far diventare il tutto di dominio pubblico:
eppure Gianluca era un tipo comunque riservato, nella sua fredda ed
antipatica scontrosità, il classico tipo che snobbava tutti
guardandoli dall'alto in basso e che non si mescolava a nessuno.
Veramente ora voleva parlare di una questione come quella, che non lo
riguardava in prima persona, davanti a tutti?
Quelle
stesse persone che ora tiravano gli orecchi per sentire ogni parole
che stava per uscire? L'idea di un Gianluca battagliero contro Marek
attirò subito l'attenzione di molti, anche se c'era chi
amava
tenersi fuori da quelle situazioni, come i nuovi arrivati, gli
inglesi.
-
No!
Non capisco cosa tu volessi da Sam! -
Domanda
semplice e diretta che andò subito al punto dando un idea
precisa e chiara di quel che gli premeva sapere.
Marek
sospirò e cominciò ad innervosirsi senza
però
darlo a vedere. Cominciò a tamburellare con le dita sulle
gambe e questo fu il massimo che concesse di mostrare del suo
imminente stato d'animo. Sentiva crescente la curiosità
morbosa di tutti che via via smettevano di scaldarsi e si
avvicinavano per assistere. Persino Alessandro era lì e
ignaro
di tutto cominciava ad immaginare uno spettacolo interessante!
-
Non è
il momento e il posto di parlarne! -
Gianluca
ribatté subito sempre più tagliente:
-
Invece io credo di si! Vorrei capire perché hai fatto
credere
una cosa a lei e poi le hai detto tutt'altra cosa! O sei
schizofrenico ed hai due personalità oppure sei
semplicemente
un bastardo! -
Questa
frase non era decisamente da lui, forse l'influenza di Alessandro che
ultimamente passava più tempo con lui dell'inizio, si faceva
sentire. Eppure ricordava perfettamente le parole di Sam della notte
appena passata e la rabbia continuava a crescere in lui. Se al
momento Marek sembrava quello di sempre, a posto, serio, normalissimo
e trattenuto, ripensare al comportamento che aveva avuto con la
sorella lo infastidiva a tal punto da farlo vedere con tutt'altri
occhi. C'erano cose su cui nemmeno lui passava sopra, cose che urtano
ognuno a seconda della persona.
-
Non è
il momento... andiamo di là? -
Sperò
almeno di poter rimediare un po' la scenata, detestava quelle cose in
pubblico... anzi, le detestava e basta!
Doversi
spiegare in generale specie con chi non c'entrava direttamente lo
stancava sempre. Non poteva semplicemente agire secondo coscienza,
per suoi motivi specifici, senza dover rendere conto a mezzo mondo e
spiegare la propria vita per giustificarsi? Non era grande abbastanza
per avere la propria indipendenza e fare quel che credeva giusto
senza avere sempre una pistola puntata?
Questo
era il moro dagli occhi blu ora a disagio ed infastidito, stringeva
le labbra e cominciava a sentire caldo.
-
No,
io voglio solo saperlo, perché tu hai cose da nascondere e
sei
una persona in realtà subdola e meschina, su cui non si
può
contare. Che si prende gioco degli altri e li usa come meglio crede
per poi scaricarli malamente, ferendoli come desidera! -
Fu
così
che anche Marek si lasciò sfuggire alcune frasi molto dure,
dal tono sostenuto che non aveva nulla a che invidiare da quello di
Gianluca:
-
Intanto a te cosa importa? Mica ho lasciato te! -
Immediatamente
si intavolò un botta e risposta dai toni uguali e sempre
più
alti ma sempre gelidi di fondo, mai troppo esagerati.
-
Mi
interessa dal momento che ho passato tutta la notte con Sam a
sentirla piangere e star male per te! -
E
se
fino a quel momento c'erano dubbi, ora non più!
-
Non
sono comunque affari tuoi! -
-
Voglio una risposta! Tira fuori il tuo vero volto! Mi sento preso in
giro io per primo! -
-
Non
serve! Non ho intenzione di giustificare le mie azioni
perché
non sono state false o ipocrite ma solo motivate. Io so
perché
ho agito in tal modo e non credo di dover nulla a nessuno, tanto meno
mi piace venir giudicato da qualcuno che non sa nulla della mia vita
e di quel che mi spinge ad agire in tali maniere! -
Marek
aveva risposto da persona più matura, rispetto a Gianluca,
anche se la voce si era mantenuta sullo stesso livello e nessuno dei
due aveva mai gridato o alzato la voce; avevano mantenuto una
freddezza di controllo che aveva portato ad interrompere il diverbio
dall'allenatore stesso che non amava certe litigate... specie dai
suoi membri preferiti!
Si
concluse con uno sguardo molto intenso ed un pensiero sempre molto
veloce di Ginluca:
"Ha
ragione. Non sono nessuno e non so nulla per potergli parlare
così.
Al diavolo, però! Non posso far finta di nulla. Poi dovrebbe
spiegarsi sinceramente almeno con Sam. Glielo deve a lei. Dal canto
mio, per ora, ha chiuso. Per quello che ha mostrato, giustificato o
meno. Non è una persona che merita la mia stima, come fino a
poco tempo prima accadeva! "
Così
si decisero i nuovi, per così dire, rapporti.
Specie
quando dopo appena due giorni, in palestra, tornò la
rumorosa
accompagnatrice ufficiale della squadra di basket: Samantah!
In
effetti era impensabile che proprio lei rimanesse ferma chiusa in
casa in stato depressivo ad auto compatirsi e a fare la parte della
ragazzina dal cuore infranto ancora per molto, anche se la caviglia
slogata sarebbe stata un ottima scusa!
Si
era
decisa ad uscire esasperata dalle mura di casa ed aveva optato per un
indifferenza totale di Marek, anche se sarebbe stato difficile per
lei.
Molto
difficile!
Impossibile,
in effetti, conoscendo il tipo!