Questa
E' La Mia Vita
CAPITOLO
2:
CIOCCOLATA
E ARANCIA
‘Lei
apparentemente dura ma al primo contatto caldo, capace di sciogliersi
subito mostrando tutta la sua dolcezza. Lui un misto fra dolce e
aspro capace di confondere e creare incertezze. Entrambi da
approfondire.’
/
L’ombelico del mondo – Jovanotti/
Quello
ormai era il suo posto da molti anni. Quella sedia era sempre stata
occupata da lei, al bordo del campo dove la squadra di basket di suo
fratello si allenava. Era una figura perennemente presente da quando
quei ragazzi avevano pochi anni e in fin dei conti tutti ci erano
affezionati. Quelli del gruppo di Gianluca la conoscevano e la
consideravano loro sorella, mentre quelli dell’altro, che si
erano
aggiunti all’inizio dell’anno nuovo, stavano
imparando a
conoscerla.
Si
sedeva lì e per tutte le due ore rimaneva a guardarsi gli
allenamenti senza perdersi un gesto o una mossa dei giocatori che
conosceva a menadito.
A dire
il vero però non staccava gli occhi neri e grandi da una
persona in particolare. Costui non era un giocatore, anche se era
ugualmente giovane. Era l’aiuto allenatore.
Con
aria sognante lo squadrò anche in quell’occasione
da capo a
piedi, soffermandosi sfacciatamente sul fondoschiena sodo fasciato da
stretti jeans. Sospirò. Era troppo bello, per lei.
Si
portò una ciocca di quei neri capelli dietro
l’orecchio
lasciando che si sistemasse arrivando liscia a metà schiena.
Era un taglio semplice ma erano capelli ben tenuti e morbidi, ne
andava fiera.
Il
volto poco curato lasciava intendere che con un filo di trucco, mai
esercitato dalla ragazza nonostante i 22 anni, sarebbe risultata
decisamente molto carina. Ma a lei non interessava, preferiva
starsene a guardare film d’azione, partite di basket e
calcio,
giocare alla sala giochi e alla playstation. Quelli erano i suoi
interessi.
E
Marek.
Il nome
del ragazzo dei suoi sogni ormai da molto tempo.
Era una
tipa curiosa.
Spavalda
e sicura nella vita normale, una specie di tornado che portava
allegria ed euforia a tutti, totalmente spontanea che nella vita
sentimentale era una specie di disastro, diventava rossissima in
viso, timida e mite peggio di un pulcino, si imbarazzava per un
nonnulla.
Lasciava
proprio senza parole.
Specie
quando incitava le azioni dei compagni di squadra di Gianluca, il
fratello corrispondente alla carica di asso e fenomeno.
Non ci
aveva mai parlato nonostante lo conoscesse di vista da un paio
d’anni
ormai, non aveva mai avuto il coraggio di parlarci. Non era certo il
caso di dire che fosse una codarda… anche se era distratta e
combinava molti guai, odiava le ingiustizie e si parava sempre
davanti ai cosiddetti cattivi affrontandoli con tutte le sue forze,
combinando ben poco di buono, alla fine, anche se
l’intenzione era
quel che contava.
Incrociò
le gambe sulla sedia e dopo aver notato la bella azione in partita
del rivale Alessandro, batté le mani entusiasta. Quel
ragazzo
era troppo bravo e simpatico con quelle sue esibizioni e opere di
lecchinaggio!
La sua
era un immagine buffa. Non la si poteva chiamare bella ragazza
perché
non si curava affatto, anche se si capiva che le sarebbe bastato poco
per esserlo. Del resto dei pantaloni stile militare larghi coi
tasconi laterali e una felpa col cappuccio non era proprio
l’abbigliamento adatto per attirare il concetto di bellezza.
Lei si
vestiva così principalmente per coprire quei due chiletti di
troppo che era convinta di avere. Del resto mangiava come una fogna,
era naturale che avesse il bulbetto sulla pancia. L’aiutavano
le
gambe magrissime e snelle piuttosto lunghe, i fianchi e la vita
stretta e il fondoschiena alto e sodo.
Ma più
di tanto non le importava nemmeno l’impressione che faceva.
Aveva
le scatole piene di gente che le riempiva la testa di apparenze e
superficialità.
Semplicemente
la si poteva definire come un artista stramba e pazzoide ma
indispensabile, dalla preziosa e simpatica compagnia.
Lei era
un po’ come la cioccolata. Glielo dicevano in molti e non
solo
perché era una gran mangiatrice di cioccolata, anche
perché
aveva le caratteristiche di quel cibo. All’apparenza dura e
poco
invitante come una tavoletta marroncina, ma appena qualcosa di caldo
la toccava si scioglieva subito mostrando la sua dolcezza. Era
così.
Una definizione perfetta che faceva sorridere.
Era
molto ingenua ed ottusa, per questo finiva per cacciarsi facilmente
nei guai, doveva crescere però lei non pensava a questi
dettagli. Viveva e basta, secondo le sue regole.
- Sam,
il mister ti vuole parlare, vai! -
Il
fratello Gianluca senza l’ombra di un sorriso si
avvicinò a
lei dandole l’ordine di raggiungere l’allenatore.
Anche
il fatto che il biondino non avesse più bisogno di essere
accompagnato ad allenamento ma che lei insistesse a venire per
poterli vedere, era una cosa molto divertente da parte sua.
Si alzò
di scatto con un salto finendogli al collo abbracciandolo forte:
- Sei
bravissimo, amore mio! Devi solo sorridere quando segni e poi sei
perfetto… dai, te lo dico sempre… provaci,
su… così! -
Così
dicendo gli mise gli indici ai lati della bocca tirando su in un
sorriso forzato che lo mostrò solamente molto buffo. Rise
lei
stessa dell’immagine del biondo sempre serio ora sfigurato in
quel
modo e si fece spingere via con minacce di morte atroci piene di
dolori. Alla fine continuando a ridere rumorosamente, infischiandosi
dei fastidi che poteva procurare, attraversò saltellando la
palestra arrivando alla postazione del mister.
Solo lì
si accorse che accanto a lui c’era anche Marek. Manco a dirlo
si
paralizzò all’istante diventando di mille colori
tutti
tendenti al rosso vivo, si impietrì e con un espressione
comica balbettò:
- Ehm…
e-e-eccomi… v-voleva… par-parla-parlarmi? -
Sentì
lo sguardo penetrante e profondo del ragazzo che le piaceva su di
sé
e il desiderio di sprofondare aumentò. Cercò di
non far
caso a lui, era imbarazzatissima.
- Ciao,
cara… come stai oggi? -
L’uomo
adulto dall’età indefinita le mise il braccio
intorno alle
spalle usando il suo solito tono di voce poco mascolino e virile ma
molto simpatico e rilassante. Aveva un modo di fare, quel tipo, che
faceva ridere il solo guardarlo. Era di natura una specie di clown,
ma in senso buono. La persona più eccentrica che si fosse
mai
vista, a partire da quei capelli neri sconvolti. Erano inguardabili.
- Bene…
e lei? -
Tornò
subito in sé sperando che il ragazzo fosse tornato dalla
squadra. Il coach aveva il potere di farle passare la vigliaccheria e
il rossore dal volto. Era sposato e amava molto sua moglie, se non
fosse stata per quella certezza si sarebbe potuto pensare male, ma
era proprio il suo personaggio!
- Cara,
ho un idea. Te ne parlo subito. Mi sta per iniziare il campionato e
in quanto questa è una squadra nuova, poiché
creata da
due separate, serve un accompagnatore ufficiale. -
Ingenuamente
presa dal dilemma, intervenne seriamente convinta di non aver idea di
quel che dicesse:
- Mm…
e ha già pensato a qualcuno? Ma poi scusi, cosa fa un
accompagnatore? -
Lui
sorrise furbo, se l’aspettava che non ci arrivasse, lo
divertiva
troppo quella ragazza.
- Nulla
di particolare. Segue tutte le partite sia ufficiali che amichevoli,
quando si gioca in casa segna i punti, i falli e altre cose del
genere, viene con la squadra nei ritiri e negli spostamenti
vari…
insomma cosa di questo tipo, nulla di particolare. Piccoli incarichi.
È solo un altro elemento che deve entrare nello staff della
squadra. Ci saremmo quindi io, ovvero l’allenatore ufficiale,
il
secondo allenatore cioè Marek… e ci saresti tu
come
accompagnatrice. -
Stava
ancora elaborando il tutto quando sentì vagamente le ultime
parole. Era lenta di comprendonio e normalmente le cose gliele
spiegavano due volte.
Rielaborò
le informazioni ricevute. Le immagazzinò per poi tornare a
risentirsele mentalmente e capirle finalmente.
-
COSA?! -
Si
lasciò sfuggire un urlo che tutti udirono e preoccupati si
fermarono a guardarla. Non lo notò e non se ne
curò
anche se sentiva un certo sguardo pungente sulla schiena.
-
Samantah cara… credo tu abbia capito bene, seppur dopo la
norma…
è semplice… -
Rispose
l’uomo ironicamente che cominciava a volerle un gran bene
come
fosse sua figlia. Era stata la giusta scelta, un premio le ci voleva,
era da anni che seguiva gli allenamenti del fratello. La fan
più
fedele mai vista.
Di
basket se ne intendeva, conosceva perfettamente i giocatori, stava
simpatica a tutti… perché no?
La mora
si portò le mani alla bocca mostrando
l’incredulità
in modo molto spontaneo e tenero dal punto di vista di una persona
che non si era perso una virgola della scena.
-
Ommioddio! Ma sarei io l’accompagnatore? -
All’ovvia
risposta affermativa si mise letteralmente a saltare abbracciando
l’allenatore ormai suo amico, il fratello che era accorso per
farla
smettere di urlare in quel modo imbarazzante per la natura e
abbracciò anche qualche altro ragazzo che stava
lì.
Era
molto contenta, ma forse questa affermazione non rendeva abbastanza
l’idea del suo stato d’animo.
Non che
si trattasse del suo sogno, ma aver a che fare ufficialmente con la
squadra l’elettrizzava a tal punto di non capire
più nulla.
Proprio
come una bambina davanti ad una bella novità.
/
Hey You – Pink Floyd /
Lo
sguardo penetrante e suggestivo che sentiva su di sé era
quello di Marek che l’aveva fissata per tutto il tempo.
La
conosceva da molto tempo ma solo di vista e forse lui era
l’unico a
non sapere come fosse vulcanica e strana la ragazza. Probabilmente
era per questo che ne era terribilmente attirato.
Preso
dalla sua reazione alla proposta, fu come cadere a terra quando lei
si bloccò di botto chiedendo schietta e seria:
- Si,
ma ugualmente non ho capito cosa fa un accompagnatore! -
A tutti
caddero ciò che avevano fra le gambe. Era disarmante ed
unica.
Si
pensava di poter avere una vaga idea di cosa fosse capace, in
realtà
non era così.
Scossero
il capo e il mister liquidò la cosa in quel modo furbo:
- Ora
te lo spiega dettagliatamente Marek così ti insegna alcune
cose che tu magari non sai… -
Così
dicendo li lasciò portando gli altri a riprendere gli
allenamenti interrotti per il piccolo siparietto pubblicitario.
Il moro
dai capelli corti lasciati andare dove meglio volevano, si
divertì
dentro di sé a fissare i vari colori che la pelle chiara di
natura di Samantah assumeva nel giro di pochi secondi. Ovviamente da
fuori il suo bel volto dai lineamenti affascinanti non
mostrò
inclinazioni. Aveva una bellezza misteriosa, Marek, molto maschile,
accompagnato da un corpo d’atleta venticinquenne. Un insieme
allettante specie per una che ci moriva dietro da una marea di tempo.
Sembrò
mantenere la freddezza ed il distacco, così con compostezza
si
avvicinò a lei e con voce calda e piena di sfumature chiese:
- Cosa
non hai capito di preciso? -
Gli
occhi blu andarono dritti in quelli neri di lei
ch©¸sembrò
letteralmente sciogliersi.
Lui…
lui… le aveva parlato… il Dio che aveva
idolatrato per anni le
aveva appena parlato da una vicinanza notevole… e
l’aveva perfino
guardata negli occhi!
Impallidì
violentemente facendo sparire il rossore dal volto.
Cominciò
a preoccuparsi. Che stesse male? Era come caduta in uno stato
catatonico. Incuriosito la toccò posandole la mano calda sul
braccio, fu così che svenne sciogliendosi letteralmente come
la cioccolata toccata dalla fonte del calore.
Si
accasciò improvvisamente fra le braccia forti che la
sostennero seppur impreparato.
Forse
l’emozione era stata troppo forte…
Accorsero
nuovamente gli altri chiedendo che le avesse fatto ed il moro non
molto allarmato poiché non sarebbe stato da lui, ammise che
non ne aveva la più pallida idea, così per
coprirla
intervenne il fratello scorbuticamente:
-
Soffre di cali di pressione… forse il genio dei disastri si
è
dimenticata di mangiare! -
Pochi
sembrarono convincersi, specie l’intelligente Marek che non
era
nato ieri. Tuttavia la prese in braccio facendo una smorfia per il
peso non propriamente leggero e la portò
nell’infermeria
presente in ogni palestra.
La posò
sul lettino e provò a farle aria. Non aveva chiaramente idea
su cosa dovesse fare, così attese che si riprendesse da sola.
Non gli
era mai capitato una cosa simile, nella sua riservatezza verso le
donne gli era mancata una che svenisse al suo solo tocco. La
osservò
da vicino attentamente, era la prima volta che la vedeva
così
bene. Era sempre fuggita seppur lei lo squadrasse ogni secondo.
La
divertiva. Sentiva di essere diverso da lei. Lui era un lupo
solitario indecifrabile che si divertiva coi bambini e coi ragazzini
e con qualunque cosa fosse basket.
Silenzioso,
non faceva mai capire nulla di sé, non si esponeva e dava
quella compostezza, eleganza e freddezza che molti gli invidiavano.
Salvo poi sorprendere tutti con l’ironia che metteva in certi
scherzi o prese in giro a chi considerava degno della sua attenzione.
Aveva
un ottimo rapporto coi ragazzi della squadra, sperava di riuscire ad
instaurarlo anche con lei, ora.
Non fu
un atto d’istinto poiché non era tipo da agire
senza
pensare. Fu un atto ben pensato e desiderato.
Si
chinò su di lei e sfiorò lieve le labbra di Sam
con le
sue. Non si trattò di un bacio, ma solo di una carezza.
Lei non
lo sentì ancora priva di sensi ma a lui forse piacque, forse
no… ma chi poteva saperlo? Non si capì
dall’espressione
serafica del volto.
Lui era
come un arancia, un misto fra dolce e aspro. Aveva diversi
retrogusti, non si capiva mai se quei retrogusti fossero positivi o
negativi, saporiti o fastidiosi. Creava incertezze, dubbi,
confusione. Con gesti semplici, senza troppo farsi notare o sentire.
Era un tipo molto misterioso e particolarmente penetrante.
Poggiò
infine un gomito al lettino e il mento alla sua mano attendendo il
risveglio della bella addormentata.
Due
personaggi strani, da approfondire.
Sicuramente
piacevoli e più positivi rispetto agli altri due presentati
in
precedenza. Alessandro e Gianluca erano i classici antagonisti della
situazione e pur sapendolo andava bene. Loro forse potevano
rappresentare i classici eroi.
Due
coppie diverse fra loro con rapporti altrettanto differenti.
Quattro
persone decisamente da seguire.