CAPITOLO
27:
HEY
JUDE
“Nulla fece, nulla
pensò e nulla disse.”
/ Everything - Lifehouse /
Era
tutto il giorno che piovigginava, a tratti andava più forte
altri più piano. A quel punto della giornata, esattamente mezzo dì,
subito dopo
scuola, la pioggia era piuttosto forte.
I
due ragazzi della squadra di basket, importanti per il ruolo che
ricoprivano e soprattutto per la loro bravura nel giocare in
combinazione,
avevano il soprannome di coppia d'oro. Anche se a dir la verità al
momento
c'erano almeno altre due coppie che gareggiavano con quel titolo: i due
inglesi
avevano da subito dimostrato di essere affiatati da non lasciare dubbi
sulla
natura del loro rapporto, mentre quelli che all'inizio si consideravano
rivali,
finalmente avevano capito che collaborando era tutto meglio e si erano
scoperti
al punto da giocare sempre in combinazione in squadra.
Tuttavia
non si scoraggiavano, finché potevano giocare insieme non
c'era problema alcuno.
Jude
e Francesco si conoscevano dalle elementari, si erano
incontrati là e non si erano più lasciati andare: compagni di scuola e
di
basket non avevano potuto chiedere di meglio.
Avevano
un carattere, una bellezza e dei vissuti diversi, ma erano
profondamente legati e nessuno avrebbe mai osato separarli, per nessun
motivo.
-
Jude mangi da me, no? -
La
voce allegra e squillante di Francesco giunse a Jude come ogni
momento delle loro giornate. Non abitavano insieme solo per un unico
motivo,
Jude frequentava così tante donne che vivere con lui avrebbe
significato stare
fuori casa 24 ore su 24 circa... così il
ragazzo dai ricci capelli castani si era rassegnato ben presto a
vederlo SOLO
nei momento della giornata che non fosse impegnato con qualche ragazza.
Non era
geloso, non ne aveva motivo. Sapeva che Jude oltre ad essere un gatto
randagio
ed indipendente, andava con le ragazze solo per sfogare I bassi istinti
maschili, una questione di ferormoni e
nient'altro. Non si era mai innamorato e probabilmente non sarebbe mai
successo, quindi nessuna donna li avrebbe separati nonostante fosse
risaputo che
normalmente le grandi amicizie venivano messe duramente alla prova
dall'arrivo
dell'amore.
Francesco
sapeva che così non sarebbe successo, oltretutto Jude
aveva bisogno di lui, qualcuno che lo stimolasse a darsi da fare, a
muoversi,
ad impegnarsi costantemente o si sarebbe lasciato andare ad una vita
dissoluta,
mettendosi in qualche guaio per quella sua mania di corteggiare ogni
creatura
femminile vivente.
Una
volta gli aveva chiesto come mai andasse solo con le donne; se
era una questione di sesso, come era in effetti, perché non anche con
gli
uomini?
Quando
Jude gli aveva chiesto il motivo di quella domanda, l'altro
non aveva risposto, semplicemente aveva voluto saperlo.
Ricordavano
entrambi molto bene quel discorso avvenuto in un età
di crescita in cui ci si domanda certe cose su sé stessi.
“- Hai paura di scoprirti gay? - Gli aveva chiesto Francesco
con
la sua solita sincerità gentile, diventando serio.
- No, non è quello un problema, mi va bene qualunque cosa io
faccia. Lo sai, sono narcisista ed egocentrico... -
Aveva risposto Jude facendosi altrettanto
serio nonostante normalmente mantenesse sempre quella specie di
sorrisino
sarcastico sulle belle labbra ben disegnate.
- Lo so. - Egli aveva sorriso appena ma poi si era rifatto
riflessivo chiedendogli con grande attenzione: - Allora di cosa hai
paura? -
Lo sguardo che gli aveva lanciato l'altro sempre ironico ed
indisponente era stato motivo di profondo disagio e batticuore per
l'amico che
cercando di non distogliere gli occhi, aveva quasi fatto violenza su sé
stesso.
Penetrante e privo di ogni incertezza o timore, aveva risposto:
- Di innamorarmi di te. -
Però poi non avevano detto nient'altro.”
Jude
era un ragazzo speciale molto particolare, per tratti simile
ad Alessandro per altri assolutamente diverso. Dopo quel giorno non ne
avevano
più parlato e Francesco stesso per quanto socievole fosse e dicesse
sempre quel
che pensava con grande tranquillità, non era riuscito a dire, come
avrebbe
voluto, che lui quella paura non ce l'aveva poiché anche se si fosse
innamorato
del proprio migliore amico sarebbe andato comunque bene. Le cose erano
morte lì
e non ne avevano più discusso.
-
Aspetta che avverto casa, mia madre non ha ancora capito che sei
il nostro abusivo e che mangi ogni giorno da noi...
- Sentenziò quel giorno il giovane dai
castani capelli ricci che arrivavano a coprirgli il collo. Prese il
telefonino
e attraversando la strada sotto la pioggia, parlandogli, si era voltato
verso
di lui per guardarlo in viso, quando parlava con qualcuno lo guardava
sempre
diretto, non evadeva lo sguardo di nessuno, era un tipo cristallino e
semplice.
Così anche quel giorno di pioggia l'aveva fatto spontaneamente
attraversando la
strada col cellulare in mano aperto sul numero di casa.
Peccato
che la via su cui si era immesso a piedi era proprio
quella della scuola, una delle più trafficate a quell'ora. Peccato.
Come
peccato che nel guardare coi suoi occhi castani quelli
azzurri perennemente ironici di Jude, non si fosse accorto dell'orrore
che in
quell'istante fuggevole vi aveva visto.
Non
vide quello, vide solo quanto belli fossero con
quell'inclinazione insolita. Solo questo pensò e quando la linea del
telefonino
prese e la voce della madre rispose: - Pronto, Francesco? - il piccolo
apparecchio si trovò in aria e a risponderle era arrivato solo un gran
freno di
auto ed un urto.
Nemmeno
un grido, nemmeno un suono fu emesso dallo spettatore più
vicino a quella scena shockante ed improvvisa. Solo un gelo che sotto
la
pioggia fu più consistente, un gelo che l'attraversò come una scossa
prolungata
dalla punta dei capelli mossi appiccicati alla testa per la pioggia
fino ai
piedi bagnati. Un gelo che non se ne sarebbe andato a lungo.
Non
fu lui a reagire per primo ma gli altri studenti che videro
Francesco, il conosciuto, famoso e apprezzato Francesco rappresentante
di
istituto, finire investito da un auto che per la pioggia non era
riuscita a
frenare.
Jude
rimase esattamente immobile sul marciapiede con le gocce che
battevano su di lui sempre più forti fino ad appannargli la vista ed
impedirgli
di vedere bene il corpo privo di sensi del prezioso amico a terra
accanto alla
macchina.
Nulla
fece, nulla pensò e nulla disse.
Solo
lo guardò e impietrito vide la persona più importante per
lui, rannicchiata sull'asfalto mentre veniva circondata da un sacco di
estranei.
/
Don't break my heart again - Withesnakes /
La
confusione più totale regnava in quell'ampia casa, confusione
materiale e sonora. Per questo ci impiegarono un po' a trovare il
telefono ma
soprattutto a realizzare che suonava!
Quando
l'uomo dalla solita capigliatura bizzarra, dai vestiti
bizzarri e dagli accessori bizzarri riuscì a rispondere,
l'interlocutore stava
quasi per mettere giù.
- Ci
sono, ci sono! -
Così
la voce poté parlare. Era una donna e si capiva che era molto
provata e preoccupata nonché dispiaciuta.
-
Salve, sono la madre di Francesco... -
-
Oh, buongiorno signora, ehm, buonasera... no,
insomma, buon pomeriggio! -
- Mi
dispiace darle questa notizia ma mio figlio oggi è stato
investito e... ha rotto entrambe le
gambe subendo altre contusioni di varia natura. Non è grave ma non
potrà
camminare a lungo... - Non si poteva
dire che la donna fosse un mostro di comunicazione, anzi... sembrava non aver preso proprio da lei, il
figlio loquace che sapeva dire sempre la cosa giusta al momento giusto
nel modo
giusto!
Jack
rimase in silenzio senza parole per un lungo proverbiale
attimo, non accadeva spesso, come non accadeva vederlo così serio da un
millesimo di secondo all'altro.
-
Jack? - Lo chiamò per nome la signora con un inclinazione
maggiormente preoccupata. Non era normale non sentirlo parlare, da che
lo
conosceva, ed ormai erano molti anni, non l'aveva mai sentito stare in
silenzio
davanti a qualsiasi situazione lei stessa l'avesse visto.
Del
resto in certi momenti chi può dire cosa passi per la testa?
Chi?
Sono
momenti veloci, fugaci. Arrivano veloci e ti travolgono come
un treno, non si fermano, ti investono e passano oltre dopo averti
triturato e
massacrato, vanno senza nemmeno vedere come stai e cosa ti è successo.
Sono
momenti così, alcuni peggio altri meglio ma bene o male
davanti a notizie gravi la situazione è sempre questa.
Ci
volle un po' persino ad uno come lui per capire e digerire la
notizia.
Infine
premendosi due dita della mano libera sulla fronte e
chiudendo gli occhi, si immaginò qualcosa, qualcosa che solo lui poteva
sapere.
Forse le reazioni dei suoi ragazzi o magari quella di Jude... o chissà, anche solo Francesco.
Non
si seppe cosa immaginò in quel breve istante ma lo fece e
mentre lo faceva disse con quel tono vago e smarrito che fece
impressione al
figlio lì presente nella stanza.
Non
si sarebbe mai ricordato cosa disse però si sarebbe ricordato
per sempre cosa pensò:
“ ... che Dio aiuti Jude
... “
Consapevole
della vita particolare e del carattere altrettanto
particolare che aveva.
Consapevole
della sua reazione e che avrebbe tentato di mollare.
Consapevole
di ogni cosa.
Fin
troppo.
/ Hey Jude - Beatles /
La
stanza era piccola e molto caotica ad eccezione per il suo
armadio e gli accessori che utilizzava per sistemare la sua immagine
che doveva
essere sempre al meglio.
L'odore
di incenso non era forte nonostante fosse acceso, non
aveva certo l'obiettivo di profumare la camera o di renderla più
accogliente,
certo era praticamente casa sua ma lui utilizzava l'incenso profumato
solo per
coprire il fumo della sigaretta, detestava puzzare di quel poco
raffinato
odore, così se fumava in camera apriva la finestra e accendeva un
bastoncino
profumato.
Al
momento Jude era steso nel proprio letto con un mozzicone quasi
del tutto consumato fra le labbra, come se fosse dimenticato.
-
Jude! Siamo Marek e Samantah, possiamo entrare? - Quando arrivò
quel leggero bussare I suoi occhi si distolsero dal vuoto soffitto che
osservava senza attenzione per posarsi sulla porta chiusa su cui appesi
v'erano
diverse capi d'abbigliamento.
Attese
un attimo facendo ripetere la frase alla calda voce
maschile familiare, poi come se si svegliasse pur non avendo chiuso
occhio, si
prese la sigaretta fra l'indice ed il medio e posando la mano sulla
propria
fronte col fumo che saliva in alto confondendosi nell'aria, disse con
voce roca
ed incolore:
-
Si. -
Come
se non avesse né un motivo per accettare né uno per
rifiutare. Come se lo facesse solo per la fiducia che, ricordava, aveva
sempre
riposto in Marek, il secondo allenatore della squadra in cui giocava.
Quando
i due entrarono mostrando un ragazzo alto dal bel fisico
asciutto coi capelli corti, neri e mossi e due occhi blu magnetici
accanto ad
una ragazza più bassa dai capelli sempre neri ma lunghi e spettinati,
non sentì
ancora nulla di particolare. Ancora quel gelo l'avvolgeva
attanagliandolo
dall'interno, avvolgendo il suo cuore.
-
Pensavo fossi da Francesco...
-
Disse
Marek capendo di dover iniziare con qualcosa, più che altro
sperando di non scadere in qualche indelicata osservazione da parte
della
precipitosa Samantah!
-
No, non ci sono andato. - Disse con voce piatta e lineare. Bastò
questo a Marek per capire cosa stesse succedendo al ragazzo dalla
bellezza
felina. Guardandolo in quel momento, steso lascivamente nel letto a
torso nudo
coi capelli castano chiaro mossi e scomposti, chiunque avrebbe provato
attrazione.
Era
un ragazzo che ricordava veramente molto Alessandro.
- E'
tua nonna? - Chiese a quel punto la mora riferendosi alla
donna che li aveva fatti entrare.
Marek
aveva capito cosa stava succedendo al ragazzo, ma sapere
come aiutarlo era un altro paio di maniche!
-
No, non mi viene nulla...
- Rispose lui col medesimo tono di prima. Il ragazzo più grande
inghiottì
mantenendo una espressione calma. Cosa dire?
-
Come mai abiti a casa sua allora? -
Continuò
curiosamente Samantah dimenticandosi della sua
situazione. Erano andati in avanscoperta su ordine di Jack poiché
doveva
proseguire con gli allenamenti.
- Mi
affitta questa camera...
- Continuò a rispondere quindi. Non si era ancora alzato da
quella
posizione né aveva offerto un posto su cui sedersi ai due, non aveva
nulla
contro di loro solo sembrava non starci proprio con la testa.
-
Ma... - Ancora Sam non
capiva così l'illuminò il ragazzo in piedi accanto a lei.
- Ha
ottenuto il permesso dal tribunale per vivere da solo anche
se ha ancora 17 anni. È tutto legale. - La voce sfumata e calda che
usò, di
nuovo ebbe quel breve potere di dare un po' di sollievo al ragazzo la
cui
sigaretta, ormai dimenticata, era finita e si era spenta da sola
arrivando al
filtro.
Ascoltandolo
spostò istintivamente gli occhi azzurri ancora di
ghiaccio su quelli blu più profondi dell'allenatore che ricambiò lo
sguardo,
ringraziando fra sé e sé che l'impulsiva ragazza non avesse continuato
ad
indagare sui genitori di Jude. No, non erano morti, semplicemente erano
riusciti a maltrattarlo così tanto da spingerlo a reagire e con l'aiuto
di
Jack, suo allenatore di basket sin da bambino, avevano ottenuto dei
buoni
risultati fino a giungere a quell'indipendenza insolita ma possibile.
Era uno
forte, Jude, lo era sempre stato e nonostante tutto quello che aveva
passato
era sempre riuscito a cavarsela.
Da
piccolo le volte in cui non ce la faceva più e veniva picchiato
dalla madre o dal padre, scappava rifugiandosi da Francesco che
prontamente lo
curava preoccupandosi sempre più per lui. Era stato merito suo se Jack
era
venuto a sapere di quella situazione brutta e l'aveva aiutato.
Fino
a riuscire ad arrivare a prendere in mano la propria vita così
presto.
Ed
ora?
Ora
cosa sarebbe successo?
Non
se l'era ancora chiesto, come non si era chiesto nient'altro.
Il problema in effetti era proprio questo.
Non
riusciva ad avere reazioni.
Marek
non seppe di partenza cosa dire o fare, ma sapendo che
doveva agire si sedette sul bordo del letto e parlò affidandosi alla
sua
esperienza sofferta e al proprio progresso di quell'ultimo periodo.
-
Come stai? - Semplicemente ricordò istantaneamente cosa avrebbe
sempre voluto sentirsi dire quando era stato male in passato. Questo.
'Come
stai?'
Jude
col desiderio sempre più forte di sentirlo ancora parlare,
continuò a guardarlo da quella posizione, era più vicino, poteva
ascoltarlo
meglio.
Aveva
come una sensazione, finalmente, mentre parlava.
Come
se la sua voce con quel timbro sempre un po' malinconico
indicasse che ne aveva passate anche lui e che poteva capirlo. Chi
poteva
dirlo, se non ci parlava?
Si
strinse nelle spalle mantenendosi distaccato mentre intrecciava
le dita sotto la nuca.
- Si
riprenderà anche se per quest'anno il campionato appena
iniziato, per lui è finito. Questo è l'unico cambiamento per Francesco.
Poi
tutto tornerà come prima. - Azzeccandoci alla perfezione ancora una
volta. Sam
li osservò capendo che sarebbe stato meglio rimanerne fuori,
affascinandosi
ancor di più di quello che era il ragazzo che adorava.
Jude
si strinse ancora nelle spalle con l'unico pensiero insolito
per lui:
“Parla ancora... ”
L'avrebbe
capito meglio dopo un po', quando avrebbe rivisto
Francesco. La voce di Marek ricordava molto quella del suo amico. Non
come
timbro malinconico, anzi, Francesco era decisamente sempre allegro e
solare, lo
ricordava come voce: calda e sfumata e per il fatto che entrambi
sapevano
essere profondi e riflessivi, dicendo le cose giuste al momento giusto.
-
Non ti serve aspettare che si riprenda per tornare alla tua vita
quotidiana... -
“Come se legga nel pensiero... ”
Pensò
invece Samantah continuando rapita ad ascoltarli.
Jude
prese un profondo respiro e come se il ghiaccio cominciasse a
sgretolarsi, cercando di trattenerlo ancora, parlò:
- Io
non riprendo col basket. - Lo disse e basta. Senza averlo
pensato prima di quel momento, come reazione alla frase dell’altro
accanto a
lui.
Gli
occhi degli altri due si sgranarono con un certo
sconvolgimento.
“Jack l'aveva previsto...
ecco perché ci ha mandato qua! ”
Realizzò
Marek.
Inghiottì
di nuovo a vuoto mantenendosi calmo e pacato, avrebbe
voluto potersi agitare ma l'idea di sbagliare a farlo venne confermata
quando
Jude invece di cacciarlo e non guardarlo più, rimase fermo a fissarlo
diretto,
in attesa di qualcosa, in attesa di una motivazione, di una magia. In
attesa di
essere aiutato.
Così
sospirò.
-
Perché? -
-
Perché non sono niente senza Francesco. -
Qua
fu Sam finalmente ad intervenire impulsivamente trovando una
cosa impellente da dire, sbottò:
-
Non dire boiate! E poi
non è mica morto! Starà buono per un po'
di tempo ma conoscendolo, tornerà! È
prezioso per la squadra, al nostro playmakar, non gli permettiamo di
sparire
per sempre! -
Qua
il giovane steso spostò lo sguardo in quello scuro di lei con
sorpresa. Finalmente il ghiaccio cominciava a sciogliersi e lui lo
stava
lasciando andare. Lentamente.
-
Sam ha ragione... - Cercò
di correggere il tiro Marek con un po' più di diplomazia. Poi con non
indifferente fatica continuò: - Non devi fare l'errore di crederti
incapace
senza lui che ti guida. Siete la coppia d'oro perché anche
individualmente
siete in gamba. O Jack non vi avrebbe come titolari della sua squadra
perfetta! -
- Ma
è così. -
-
No. Io sono uno degli allenatori e sono io a dirti come stanno
le cose. Riguardo al basket è così ma se cerchi una scusa per mollare
allora
non ti serve. Dì semplicemente che lo fai, ma non accampare scuse
banali come
questa... - Cominciava ad alterarsi, man
mano che parlava i ricordi su quel che aveva provato quando aveva
DOVUTO
mollare il basket, lo pervasero corrodendolo nuovamente dall'interno.
Dolore.
Glielo lesse chiaramente il ragazzo accanto ma fu Samantah a rivelarsi
all'altezza della situazione, terminando il soccorso nel migliore dei
modi.
- Se
gli vuoi bene dovresti fare l'unica cosa sensata e giusta per
lui! Mantenere il posto che gli piace
tanto così come l'ha lasciato e riconsegnarglielo intatto quando
tornerà o
comunque non indebolito! -
Quel
che diceva non aveva solo senso, era giustissimo. Era
perfetto. Come se avesse centrato il punto. Come se anche lei
finalmente avesse
potuto dare il suo contributo come aveva fatto l'altro.
I
due ragazzi la guardarono e come se entrambi tornassero a
respirare, cominciarono a sentirsi più leggeri.
Jude
vedendo ogni cosa con una prospettiva migliore e Marek
trovando ancora qualcosa di giusto da dirgli. Un altro pezzo di chiave.
-
Non sprecare le tue fortune o feriresti Francesco e chiunque ha
dovuto rinunciare ai propri sogni per qualcosa di più grande di lui.
Chiamala
sfortuna o destino avverso ma... lo sai
bene. Ci sono volte in cui non vuoi mollare ma devi e non hai scelta.
Allora
non sprecare questa rara fortuna che hai. Puoi scegliere. Scegli la
cosa
giusta. -
Non
ci volle un genio per capire che 'chiunque ha dovuto
rinunciare ai propri sogni... ' era lui
stesso. Non ci volle.
Come
non ci volle altro, dopo quelle parole e le calde lacrime di
Jude che gli rigavano il bellissimo volto che ricordava quello di un
felino, se
non una stretta alla spalla che tremava come il resto del corpo.
Jude
si voltò di lato cercando di nascondere il proprio viso ed il
proprio pianto, ma non fu sufficiente e quando il ragazzo più grande lo
toccò
per fargli sentire la sua presenza ed il suo affetto, il pianto si fece
più
forte e sconvolgente.
Come
se non avesse mai pianto.
E si
girò lui stesso cercando con intenzione e smarrimento le braccia
di Marek, mentre l'unica ammissione che gli mancava arrivò quando si
sentì
avvolgere da lui con fare fraterno.
“ Amo Francesco... ”
'Ora
tutto andrà a posto'.
Questo
era quello che diceva il sorriso di Samantah.
/ Say it right –
Nelly Furtado /
Tutta
la squadra era riunita attorno a Jack, al centro della
palestra, nella consueta riunione ad inizio allenamento. Lo guardavano
ascoltandolo chi con aria più grave, chi meno.
C’erano
delle notizie importanti.
Li
aveva riuniti tutti dicendo ciò con una certa serietà e quando
l'avevano visto e ascoltato si erano chiesti cosa fosse successo senza
immaginare minimamente come mai Francesco, Jude, Marek e Sam non ci
fossero
all'appello. Senza immaginare come mai anche Manuel non ci fosse. Senza
immaginare nulla di tutto quello che era accaduto alla squadra.
Ciò
che colpì maggiormente tutti fu la serietà con cui l'uomo li
guardò uno ad uno e lasciarono che il silenzio facesse il suo corso.
Infine
sospirò profondamente e con forza su sé stesso parlò:
-
Non so chi di voi lo sa ma è successa una cosa brutta...
- Iniziò così.
-
Porca merda! - Imprecò per partito preso Alessandro. Già sapeva,
probabilmente perché conosceva troppo bene l'allenatore, che le cose
sarebbero
andate di male in peggio. Jack continuò:
-
Francesco è stato investito e si è rotto entrambe le gambe, per
il resto non è grave ma per lui il campionato termina qui. -
-
Cazzo, Jack! Fa un corso per imparare a dare le notizie, no? -
Esclamò spontaneamente Alessandro con un sincero batticuore per quella
brutta
notizia.
- Vi
avevo detto che era brutta, cosa pensavate che fosse, una
proposta di matrimonio? - Rispose seccato, il biondo non si perse
d'animo,
occupato a capire al meglio il significato della notizia, cosa
l'assenza di
Francesco avrebbe implicato. Certo poteva dispiacergli un po' ma
comunque in
misura limitata, non aveva mai legato con nessuno in particolare della
squadra
e non era famoso per essere un ipocrita. A lui dava più pensiero il
bene del
basket!
E
poi Francesco stava bene, no?
- E
Jude? - Chiese invece Gianluca capendo al volo la situazione
nella sua totalità. Se Francesco era fuori gioco e stava male, di
conseguenza
si doveva mettere in previsione la perdita anche di un altro membro
importante
della squadra. Lo chiese anche lui con una certa freddezza per lo
stesso motivo
di Alessandro.
Jack
sospirò, poi continuò:
-
Marek e Sam sono andati a recuperarlo, ha avuto l'intenzione di
mollare tutto ma ora lo stanno portando qua. È un duro momento per lui,
per la
prima volta si troverà a giocare non in combinazione col suo compagno
di
sempre, voglio che vi comportiate nel migliore dei modi per lui e per
il
momento in cui si trova! Il che significa...
- Era strano di per sé sentirlo parlare in quel modo, per questo
nessuno
rispose subito se non il solito Alessandro che considerava l'allenatore
suo
padre. Era preparato e di lui conosceva anche quei lati particolari che
non
mostrava facilmente. Mentre tutti rimasero rapiti e shockati ad
ascoltarlo, il
biondo dai capelli un po' più lunghi dell'inizio dell'anno e
visibilmente
ondulati, con la fascia a tenerli indietro, disse accattivante:
-
Non avremo pietà! -
Il
sorriso soddisfatto dell'uomo in piedi fece capire loro che le
cose stavano proprio così. Aveva bisogno di essere stimolato e spinto a
continuare,
a cambiare, a migliorarsi e non mollare, aveva bisogno di brutalità e
stress,
aveva bisogno di gente che gli stava vicino senza lasciarlo andare.
Aveva
bisogno di pressione.
- E'
arrivato il momento di darmi la mia squadra invincibile!
-
Sentenziò
così sempre Jack. Poi riprese come se si ricordasse solo
in quel momento dell'altra notizia non buona: - Ah si. L'altra notizia
è che
Manuel dopo averci lasciato degli schemi importanti alternativi alla
formazione
che abbiamo sempre fatto, ha deciso di mollarci anche lui. Deve
studiare! - L'ironia che usò per dare
questa notizia
fece capire nuovamente il suo cristallino punto di vista. Disapprovava
completamente quel giovane meccanico ragazzo che si faceva manovrare
dai suoi
genitori. - Io non faccio i miracoli! -
Concluse quindi in risposta ad ogni altra possibile risposta da parte
dei
ragazzi che, storditi per tutti quei cambiamenti, l'ascoltava.
-
Lascia, non c'è posto per chi è così sotto sviluppato da non
saper fare due cose insieme! - L'acido,
questa
volta, fu Gabriel che famoso per essere considerato un velenoso
serpente da cui
tutti stavano alla larga per non finire male, centrò brutalmente il
punto. In
fondo Manuel non era mai piaciuto molto a nessuno, non al livello della
coppia
d'oro composta da Francesco e Jude, per lo meno.
Jack
si soffermò per quell'istante ad ascoltare i loro commenti,
commenti come:
-
Ora che i nostri play non ci sono come facciamo? -
-
Non siamo mica così impediti da non saperli rimpiazzare!
-
-
Già, poi noi abbiamo Gianluca e Trystin, i geni del basket! -
- Ed
io? -
-
Voi siete delle ali, ma loro sono molto più flessibili...
Jude è il re delle finte mentre il serpente è
il re della difesa! Non abbiamo bisogno di altri campioni!
-
-
Si, ma il serpente è anche il re della cattiveria!
-
-
Parli tu? -
- Io
sono il re dei geni e della bellezza! -
- Ma
sgonfiati, va‘! -
Per
poi avere altre immagini nella sua mente che si susseguirono
in crescendo. Visioni della sua squadra messa a punto, visioni di dove
sarebbero
arrivati ora che finalmente cominciavano ad essere un vero gruppo e non
tanti
individui forti che giocavano insieme. Ora che le cose si stavano
mettendo come
lui aveva sempre voluto.
- E
quando tutto sarà come dico io, Francesco tornerà a mettere la
ciliegina sulla torta! - Disse infine
l'allenatore dando voce ai propri pensieri.
Quel
che fu strano fu che, nonostante la confusione che si era
creata, la frase di Jack catturò ancora una volta tutta l'attenzione di
ognuno
facendoli zittire per capire il senso profondo di quanto detto ed
infine
reagire.
Come?
Con
dei sorrisi. Sorrisi nonostante tutto, nonostante
la situazione difficile ed i
cambiamenti imminenti, nonostante
l'arrivo di Jude con Marek e Sam.
-
Allora, ninfomane, sei pronto a penare? -
Ed
ancora una volta la frase giusta al momento giusto nel modo
giusto anche da chi normalmente era famoso per non essere capace di
quel
particolare atto!
- E
tu sei pronto a farti umiliare, Alessandro? -
Come
anche reazioni insperate ma, ovviamente, sempre giuste!