CAPITOLO
30:
DOLCI
SOGNI
“Voglio
andare oltre al muro dietro cui sono stato fino ad ora.”
/In
God’s hands – Nelly Furtado/
Fu
come aver gettato del pesticida in un covo d’insetti.
Il
vecchio magazzino abbandonato punto d’incontro dell’ex banda di
Alessandro, venne ripulito in un attimo dagli stessi membri rimasti in
piedi di quel gruppo che, trascinandosi via quelli che non riuscivano a
camminare da soli, se ne andarono alla chetichella.
I
cinque che erano intervenuti in soccorso di Samantah erano tutti in
piedi ed in perfette condizioni ad eccezione di qualche livido per
Daniel, Gianluca e Alessandro. Trystin e Marek non erano stati colpiti
grazie agli ottimi riflessi (e alla difesa strenua di Daniel per il
proprio protetto), mentre la ragazza… bè, certo, lei aveva la guancia
rossa e gonfia e l’angolo della bocca tumefatto, ma null’altro.
Considerando cosa le era successo poteva considerarsi fortunata.
Gli
occhi neri e lucidi erano gonfi e arrossati per le lacrime versate,
lacrime che ora parevano essersi fermate. Silenziosamente guardò tutti
e cinque come a ringraziarli per quanto avevano fatto ed infine si
soffermarono su Marek. Probabilmente vederlo lì in una rissa come
quella era stata proprio l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.
Ebbe
tempo anche per quelle considerazioni mentre le proprie funzioni vitali
tardavano a lavorare in modo decente. L’agitazione era pulsante nel
petto e nonostante Gianluca l’avesse liberata subendo quindi il suo
abbraccio istintivo e pieno, si chiese come mai ancora non si calmasse.
Rimase
seduta e trattenendo il fratello chino su di lei, gli cinse il collo
stringendo forte sprofondando il viso tremante nell’incavo. Non voleva
piangere, l’aveva fatto abbastanza… non era voglia di pianto, non lo
pensava… era più voglia di calore e sicurezza. Qualcosa che le facesse
capire realmente che era finita.
E
dimenticare.
Sul
momento furono quelli i sentimenti mentre scossa come un animaletto
bagnato di acqua gelida, si accoccolava contro una fonte di calore
sicura e fidata.
-
Grazie… - Mormorò con un filo di voce.
Fu
proprio quest’abbraccio a risvegliare del tutto Gianluca e a calmarlo.
L’oscuro
sentimento che l’aveva invaso precedentemente durante quell’assurda
rissa, era ormai un ricordo e con sollievo ricambiò l’abbraccio
cingendo la vita non molto sottile della sorella. La strinse a sé
rimanendo in quella posizione scomoda concentrando su di lei ogni
pensiero positivo che gli venne con quel contatto, cercando di
trasmetterle la sicurezza che le serviva. La sentiva tremare ma la
rabbia non tornò, solo il desiderio di poter cancellare quelle brutte
ore che aveva passato.
Samantah
per lui era la parte luminosa della sua vita. Lei ed il resto della sua
famiglia allegra. Sin da piccolo aveva avuto quei modi altezzosi ed
antipatici nei confronti degli altri… probabilmente era stata
difficoltà nel relazionarsi o solo un po’ di senso di superiorità, ad
ogni modo si era emarginato sin da subito ed era stato additato come il
lupo solitario della situazione. Un lupo dai modi molto saccenti ed
insopportabili…
Samantah
era stata quella che l’aveva sempre difeso. Samantah e gli altri
fratelli, ovviamente, ma fra tutti lei era stata la più accanita. Non
aveva mai sindacato sui suoi modi, né aveva cercato di farlo cambiare.
L’aveva sempre accettato così com’era e l’idea di veder spegnere quel
faro luminoso rappresentato dalla sorella, per lui era insopportabile.
Ecco
perché il momento devastante ed omicida di poco prima era stato
nuovamente sepolto, pensando a lei e al modo migliore per aiutarla e
farla riprendere, il resto era andato in secondo piano.
Però
gli sguardi di Alessandro e Trystin furono eloquenti e cristallini nel
loro penetrarlo senza dire nulla.
Non
era sfuggito quel lato che aveva mostrato per un istante.
Quella
vena pericolosissima di follia e di odio.
Cos’era
che lo rendeva così irrequieto e negativo?
Alessandro
ne era giustificato visto la vita che aveva vissuto, ma lui?
Si
trattava solo di natura umana?
Era
solo questo e a volte le esperienze non c’entravano nulla?
Tuttavia
quanto queste potevano incidere su qualcuno?
In
quali casi e perché su qualcuno incidevano sulla personalità ed in
altri no?
Da
cosa era dettata la natura umana e come funzionava?
Alla
fine di quella giornata i due ragazzi che avevano notato quei
particolari del compagno, se lo chiesero senza trovare risposta.
In
fondo per ognuno era diverso.
-
Dai che ormai la giornata è finita! Io ho fame! – La voce
scazzata e decisa di Daniel arrivò ad interrompere i diversi flussi di
pensiero distraendo tutti. Guardarono fuori notando il crepuscolo
avanzare in cielo dettando l’ora di cena.
Gianluca
si separò da Samantah aiutandola ad alzarsi, le tremavano le gambe e
dopo aver provato a camminare barcollò inevitabilmente venendo subito
sorretta ma questa volta da Marek, accorso immediatamente. Lo shock e
la paura subiti le avevano tolto le forze e probabilmente sarebbero
tornate solo l’indomani, dopo una mangiata nutriente, una cioccolata
calda e una bella dormita.
Il
braccio caldo e forte di Marek le circondò la schiena con sorpresa
della mora che si sentì mancare per un motivo in più. Lo guardò
inebetita mentre lo spavento cominciava a scemare visto il sopravvento
di ciò che provava per il ragazzo, lo ringraziò flebile scusandosi e
quando lui sorrise di rimando semplicemente felice di vederla e
sentirla contro di sé sana e salva, il respiro le venne nuovamente a
meno.
“Così
non va mica…”
Come
poteva farsi prendere da certi sbalzi d’umore, solo lei poteva saperlo!
Loro
malgrado seguirono gli altri verso l’esterno senza dirsi nulla.
Fu
un piccolo momento di silenzio mentre solo le voci dei rumorosi
Alessandro e Daniel si sentivano più o meno allegre. Gianluca ancora
non aveva detto una sola parola mentre Marek preferiva concentrarsi
sulla ragazza che al momento rappresentava la cosa più importante per
lui.
-
E’ stato divertente, no? – Stava dicendo infatti Alessandro con un
sorriso che sembrava più un ghigno che altro.
-
Certo, dobbiamo farlo almeno una volta a settimana! – Rispose
allo stesso modo Daniel.
-
Oh, bè… di rivali ne ho a bizzeffe… basta chiedere e sarete
accontentati! – Fece eco l’altro continuando a interloquire
con allegria in direzione di casa di Gianluca e Samantah.
-
Non ho dubbi. – Si era inserito Gianluca con voce lugubre che a stento
cercava di tornare quello di sempre. Alessandro sorrise soddisfatto di
essere riuscito a farlo intervenire.
-
Oh, ragazzi! Ma dove stiamo andando? – Sbottò improvvisamente Samantah
come svegliandosi dal suo torpore, cercando di domare il batticuore per
il semi abbraccio del suo amato.
- A
casa vostra. – Rispose il biondo dai capelli mossi ora tutti sul viso,
ovviamente la sigaretta se l’era accesa appena uscito dal magazzino.
-
Ma siete pazzi? – Fece ancora lei con voce sempre più forte.
-
Perché? –
-
Come perché… e ci presentiamo in queste condizioni alla nostra
famiglia? –
Al
che si guardarono costatando che effettivamente non aveva tutti i torti.
-
Bè, io devo mangiare! – Brontolò Daniel piantando il muso,
dando per scontato che avrebbero passato la serata insieme.
-
Pensavo di scroccare cena dai ricconi ma effettivamente non è una buona
idea… - Questa era ovviamente di Alessandro, mentre la risposta di
Gianluca secco e brusco fu:
-
Come se tu non scrocchi già abbastanza! –
-
Ma baby, così mi ferisci! – Piagnucolò abbracciandolo come un
pagliaccio. Certamente fu malamente respinto dal fidanzato:
-
Se vuoi ti ferisco meglio! –
-
Vi inviterei da me ma c’è mia madre e mia sorella e non sono le persona
più aperte di questo mondo… - Disse invece Marek parlando per la prima
volta dopo il fatto. Immaginò sé stesso presentare alle sue due donne
di famiglia tutta quella marmaglia malmessa e rabbrividì. Non erano dei
mostri rigidi ma una cosa simile non potevano reggerla, di sicuro.
-
Ho capito, andiamo da noi così vi ripulite e curate per bene… - Ecco
che rassegnato anche Trystin si decise a parlare chiudendo gli occhi
come a pentirsi d’averlo detto. Sarebbe stata una serata non da poco!
Le
grida di felicità erano dei soliti e non c’era certo bisogno di
specificare chi fossero… i soliti bambini!
/
Hey Ya – Outkast /
Il
caos che veniva dalla cucina e sala da pranzo non era certo
trascurabile ma rappresentava più una musica piacevole da udire, che un
insopportabile causa di mal di testa.
Come
una sorta di medicina.
I
ragazzi ammassati nella piccola stanza lottavano non andando affatto
d’accordo, cercavano di preparare la cena tutti insieme e unendo le
doti culinarie, a far più danni erano proprio Alessandro e Daniel, come
al solito… e le sgridate insofferenti e velenose di Gianluca ormai al
limite alimentavano la simpatica confuisione. Non ce la faceva più a
sopportare quei due che come cane e gatto si azzuffavano per un
nonnulla. Ovviamente Trystin era capace di cucinare, come anche Marek,
ma al momento il secondo era impegnato con Samantah in un'altra stanza
ed il biondo non aveva assolutamente intenzione di farsi coinvolgere in
quelle baruffe caotiche e snervanti. O preparava da solo da mangiare o
non faceva nulla, ecco perché si stava limitando ad apparecchiare la
tavola di media grandezza.
-
Le penne all’arrabbiata sono quelle con la pancetta, la passata ed il
peperoncino! – Stava dicendo innervosito Daniel con un
barattolo di salsa in mano ed il viso imbronciato pieno di cerotti. I
capelli neri erano spettinati e bagnati, si era lavato alla meglio;
indosso aveva vestiti comodi e ampi, come il suo stile richiedeva:
pantaloni di tela cadenti che arrivavano al polpaccio e una maglia
larga senza maniche col cappuccio e la cerniera… sicuramente
allacciarla era faticoso, ecco perché era aperta!
-
No, quella lì è la salsa all’amatriciana! – Rispose invece
inferocito Alessandro con un mestolo ancora pulito in mano e la
sigaretta mollemente trattenuta fra le labbra; anche lui era stato
medicato in modo poco gentile dal compagno ed i cerotti c’erano eccome.
I capelli erano pressoché inguardabili ed anche se se li tirava
indietro ogni minuto, le ciocche ribelli ricadevano puntualmente sugli
occhi da gatto. Vista la maglia sporca e lurida, per l’occasione e per
non dover stare alla larga dalla puzza, il moro gli aveva imprestato
una sua canottiera. In casa faceva un discreto caldo ed il ragazzo era
comunque scaldinoso.
- E
allora quella all’arrabbiata quale sarebbe, secondo te? –
-
Ma che ne so, sgridala e vedi se si arrabbia! – L’uscita
sbrigativa di quello che si auto proclamava sempre capo, giunse senza
essere nemmeno ponderata, dopo di che lo spintonò via prepotentemente
impossessandosi della pancetta e dei fornelli. A Daniel non piacque
affatto il trattamento infatti borbottando indicibili epiteti in
inglese, lo spinse a sua volta facendolo finire addosso a Gianluca che
lì vicino stava cercando di occuparsi della pasta. Il ragazzo lanciò
loro un’occhiataccia da brivido che però non mise la dovuta strizza,
quindi aggiunse:
-
Se non la finite faccio io una salsa. La salsa di idioti! –
-
Immagino che siamo noi il condimento speciale… - Fece Ale posando una
mano sul suo sedere e strizzando quella parte così soda ed
irresistibile, baciandolo poi sulla guancia. La ‘vittima’ lo sgomitò
infastidito contando mentalmente i secondi che lo separavano dal volo
che avrebbe fatto fare loro fuori dalla finestra, non sopportava quelle
manifestazioni da maniaco che il compagno aveva in pubblico!
-
Allora verrà buonissima! – Disse anche Daniel concorde su
quell’idea.
-
Farà schifo! – Replicò velenoso come un basilisco Gianluca
che ricevette due sguardi da film dell’orrore, sguardi che furono,
senza nemmeno dirlo, ignorati.
-
Gian. Sei così acido che se ti lecco vado fuori! –
Sospiro
dell’acido in questione: - Sono le piccole cose che mi danno fastidio
di una persona… il cervello, ad esempio! – Battuta troppo
fine per essere capita dai due danni viventi!
- E
comunque, ugly shit, si prepara prima la cipolla! – Riprese
Daniel presentando davanti agli occhi furbi di Alessandro una cipolla
ancora con la buccia.
-
Quella la fai tu! –
-
Certo, solo perché sei un incapace! –
-
Io la so fare solo che detengo un record che non posso
spezzare! –
- E
cioè? –
-
Non piango da almeno… - Si interruppe cercando di ricordare l’ultima
volta che aveva pianto ma per lui la ricordò prontamente il fidanzato,
sempre più seccato e tagliente:
-
Un mese! – Rovinandogli quindi i progetti di gloria e vanto!
Le
risa di Daniel furono gracchianti ed insopportabili mentre le urla di
finti pianti di Ale furono semplicemente allucinanti… aiutati dai
ringhi furenti di Gian che pensava di bruciare tutto!
Era
una fortuna per sé stesso che Trystin se ne stesse per i fatti suoi
senza venir coinvolto. Stava per l’appunto così tanto per i fatti suoi
che effettivamente non era nemmeno lì con loro. Infatti una volta
finito di apparecchiare era andato in soggiorno e si era seduto sul
divano a guardare una partita di basket in televisione, esternandosi da
tutto e tutti, facendo come se solo il suo corpo fosse lì mentre la
mente altrove.
Era
bravo in questo, il biondo. Se non faceva così come poteva sopravvivere
con quel terremoto del suo ragazzo?
E
tuttavia all’appello non era il solo a mancare. Per fortuna.
/To
build at home – Cinematic Orchestra/
La
camera da letto era adiacente al bagno e Samantah era seduta sul
materasso matrimoniale proprio accanto a Marek appena tornato da lei
con un fazzoletto di stoffa bagnato.
-
Non hanno ghiaccio così usiamo questo per sgonfiare la tua guancia. –
Disse con voce calda e bassa il moro posando la pezza sulla parte di
viso gonfia e arrossata. Dopo avergliela messa aveva trattenuto la sua
mano il cui contatto con lei era separato solo da quella sottile stoffa
bagnata e fredda. Rimase lì in quel modo osservando il resto del suo
viso, soffermando le penetranti iridi blu sull’angolo della sua bocca
che cominciava a diventare violaceo, la medicazione aveva tolto il po’
di sangue che era uscito ed ora rimaneva quel brutto segno. Lo sguardo
le accarezzò anche le labbra carnose che cercavano di incurvarsi verso
l’alto, senza successo, poi scivolarono sugli occhi grandi ed
espressivi; non erano più rossi e la voglia di piangere probabilmente
era andata completamente via grazie a tutti loro che a modo loro
l’avevano aiutata.
Non
c’era stato nessuno che non era stato prezioso, persino i caotici
Daniel ed Alessandro che con i loro battibecchi le avevano restituito
un po’ della sua spensierata allegria.
Sentendo
le urla dalla cucina capiva quanto ormai fosse tutto lontano come un
brutto sogno e mentre cominciava a convincersene lei stessa, Marek
parlò dopo un lungo silenzio:
-
Ti hanno fatto del male, oltre a questo? – Disse riferendosi al viso.
Lo sguardo serio le fece capire di cosa parlava ed i battiti cardiaci
aumentarono di nuovo. Agitazione dovuta a cosa di preciso? Se lo chiese
mentre mostrò un espressione di smarrimento. Non voleva ricordare, né
parlarne.
Era
passato e finito, non le piaceva proprio ripensarci ancora e dirlo a
voce.
Trattenne
istintivamente il respiro e distolse lo sguardo prendendosi il
fazzoletto per tenerlo da sola, lui capì e rimise di nuovo la mano
sulla sua costringendola a guardarlo ancora. Avvicinò il viso e senza
mutare espressione, mantenendone una molto intensa che cercava di
leggerle dentro, disse:
-
Perdonami ma voglio essere sicuro che ora tu stia bene… nei limiti del
possibile. – Sapeva che non era un’esperienza da poco, poteva essere
andata peggio, tutto sommato le cose si erano risolte bene, non era
diventato di dominio pubblico e lei effettivamente stava più che bene
ma la paura che aveva provato nell’andare da lei, paura di perderla, e
la certezza che era importante e vitale, non poteva dimenticarla.
L’aveva
sconvolto ed anche se cercava di nasconderlo per farla stare bene, il
suo stato d’animo era ancora in profondo subbuglio.
-
Sto bene. Tranquillo. Ma non voglio più parlarne. Siete arrivati in
tempo, questo basta. – Non era ancora del tutto in lei, risultò
abbastanza brusca ma non sgarbata, cercava di essere dolce e gentile
anche se le era difficile. Si pentì subito di aver parlato in quel
modo, dal suo punto di vista sarebbe stato meglio sparare qualche
battuta e ridere felice per essere lì con lui.
Lo
era, felice. Lo era veramente. Sentiva che era vicino.
Marek
ed il momento in cui sarebbe successo.
Però
la confusione per quanto accaduto non la lasciava in pace e le domande
su come dovesse comportarsi, cosa dovesse fare, dire e provare domavano
la sua mente.
-
Pensavo che non ci sarei riuscito, che sarebbe stato tardi e che come
tutto ciò che tocco nella mia vita, ti avrei rovinato. Ho pensato… di
tutto… e stavo impazzendo. – Provare a dare voce ai propri pensieri e
sentimenti non era certo una passeggiata, specie per Marek. Però
voleva. Lo voleva assolutamente.
Era
il momento, ne era certo.
Ciò
che provò Sam all’udire quelle parole, invece, fu una cancellazione
totale di tutti i dubbi e le incertezze provate fino a quell’istante.
Come
se la vera Samantah finalmente venisse fuori davvero.
Come
se solo lui con quella vicinanza, quel contatto, quello sguardo e quel
discorso sincero riuscisse a guarirla del tutto.
Gli
occhi le divennero lucidi.
Capiva
così profondamente il significato di quello che diceva Marek che si
emozionò al punto da commuoversi.
-
Però ce l’hai fatta. – Senza riuscire a dire qualcosa di più
articolato. Semplice e cristallino. Giusto.
Marek
mise anche l’altra mano sul suo viso e scaldandosi a quel contatto lo
disse senza ragionarlo oltre:
-
Samantah, voglio di più. Voglio stare con te, avere una storia con te,
darmi a te e proteggerti. Voglio andare oltre al muro dietro cui sono
stato fino ad ora. –
Fu
il sorriso spontaneo e istintivo di lei a rispondergli.
Un
sorriso che finalmente coinvolse tutto il viso illuminandole gli occhi
neri.
Dando
la conferma che era la cosa giusta, che solo con quello lei poteva
rischiararlo al punto da sollevarlo da terra fino a farlo sentire
leggero e sicuro, fino a farlo emozionare, fino a farlo sognare di
nuovo.
Di
nuovo dopo anni di privazioni e freni.
Ecco
lì le sue ali.
E
liberando a sua volta un suo sorriso altrettanto spontaneo e finalmente
rilassato, annullò la distanza fra loro posando le labbra sulle sue.
La
morbidezza che l’accolse fu ciò che sentì per prima cosa, poi la
razionalità svanì lasciando le bocche unirsi maggiormente e aprirsi per
approfondire quel primo bacio con le lingue che con tranquillità e
gioia si cercavano trovandosi e allacciandosi.
La
sensazione di fuoco che provarono fu quanto di più inebriante esistente
per loro e continuarono quella piccola danza sensuale voluta,
consapevole e cercata.
Emozioni
profonde che li trasportarono altrove, in luoghi dove non c’era
certamente il corpo ma solo quel qualcosa che aveva fatto perdere la
testa l’uno per l’altro in quel modo strano ed insolito.
Un
qualcosa chiamato, probabilmente, amore.
/Nothing
else matter- Metallica/
Le
ore del mattino sarebbero arrivate in poco tempo ma il sonno non
accennava ad arrivare per portare nel suo mondo effimero e riposante i
due ragazzi stesi nel letto da una piazza e mezza. La stanchezza si
sentiva sul loro fisico che però sembrava ancora abbastanza forte da
non farsi sopraffare dal desiderio di dormire.
Il
buio che vigeva nella camera da letto creava un atmosfera d’intimità
maggiore che dopo quella terribile e pesante giornata, serviva proprio.
Intimità
per qualcosa di sincero e di onesto, qualcosa che era giusto dire.
Alessandro
semplicemente steso accanto a Gianluca indossava solo i boxer ed era
girato sul fianco a guardare serioso il compagno, costui oltre ai boxer
aveva addosso anche una canottiera per la notte ed era supino, con le
mani sotto la nuca a guardare il soffitto.
Il
giovane dai capelli mossi e appena lavati seguiva una sua linea di
pensiero che non era certo una scemata come magari spesso accadeva. Il
ricordo della furia omicida di colui che lentamente stava diventando
sempre più importante ed essenziale, colui che gli stava restituendo i
propri sentimenti chiusi a chiave da tempo, era vivo come anche le
domande.
Era
vissuto per strada in mezzo a gente che aveva la morte negli occhi
insieme all’odio, lui stesso l’aveva avuta e forse peggio di quella che
aveva visto nel ragazzo accanto, ma quella di quest’ultimo era stata
inspiegabile. Cos’aveva in sé che lo divorava e che tratteneva al punto
da farlo esplodere in quel modo quando non ce la faceva più?
Il
fatto d’aver vissuto per strada in quel modo dissoluto lo rendeva
particolarmente sensibile a coloro che erano simili a lui.
Gianluca,
lo capì meglio solo in quel momento, era fra questi.
-
Fra noi due non sono io quello veramente pericoloso, Gianluca. – Iniziò
infatti con voce sommessa che per l’inaspettato fece venire i brividi
al biondo che l’ascoltava: - Io tiro fuori subito tutto quello che ho e
che mi divora, mentre tu lo tieni dentro e poi esplodi quando non ce la
fai più. Solo che il tuo livello di ira è diventato così alto che
arrivi ad uccidere, in quei momenti. – Lasciò un altro istante di
silenzio cercando di ponderare un pochino le parole ma senza successo,
l’aveva pensata così e non avrebbe potuto dirla diversamente, né con
più tatto… anche se a lui non pareva così terribile, era la verità in
fondo. Poi concluse sfiorando il suo collo con un dito: - Ecco perché
sei tu quello veramente pericoloso fra noi. –
Fece
scivolare l’indice sulla clavicola e seguendo anche attraverso
l’indumento le linee naturali della parte superiore del suo corpo,
lasciò il tempo a Gianluca di riflettere sulle sue parole e di
rispondere se lo reputava necessario.
Gianluca,
dal canto suo, era semplicemente sommerso da brividi a doppio senso.
Brividi per quel tocco particolarmente delicato e sensuale e per le
parole che aveva detto così seriamente.
Era
vero.
Lo
capì in quel momento mentre se lo sentì dire, non l’aveva mai pensato
prima né considerato però ora che lo ascoltava per la prima volta
capiva quando vero fosse.
Era
lui quello veramente pericoloso, ecco perché ora ricordando quell’odio
ceco e quel desiderio di uccidere, non riusciva a dormire.
Avevano
passato una bellissima serata allegra e spensierata, Samantah e Marek
si erano messi insieme e ogni cosa sembrava essere andata nel
dimenticatoio… eppure qualcosa in lui era rimasto, qualcosa che
continuava a lasciarlo stonato e a non convincerlo. Qualcosa di sé
stesso.
Così
girò lo sguardo su Alessandro e fermando la mano per impedire
deviazioni di pensiero a causa del piacere fisico, disse nel medesimo
tono, solo leggermente più smarrito e sincero, come forse non gli era
mai capitato di essere:
-
E’ così. Ma non ne capisco il motivo, non credo che in me abbia senso…
ho avuto una vita felice… - Provò a spiegare il proprio dubbio e con
una certa soddisfazione il compagno capì che erano gli stessi suoi.
Soddisfazione e sollievo. Erano vicini anche se non sempre lo sembrava
e quella sera più che mai. Quella sera era come se le rispettive vite
si fossero fuse, se i loro mondi diversi si fossero incontrati e
confusi… come se fossero insieme da una vita…
Alessandro
allacciò le dita alle sue intrecciandole e alzandosi sul gomito per
vederlo meglio in viso, fece:
-
Me lo sono chiesto anche io. Penso sia solo natura ma non so… non sono
il più indicato per capire la vita umana, sono uno che ne è rimasto
completamente schiacciato. Quel che so è che abbiamo gli stessi dubbi e
le stesse incertezze, nonostante tutto. E per me è questo che conta per
ora: non essere solo. –
Gianluca
fu di nuovo attraversato da brividi e con un batticuore irrazionale
mentre l’emozione per quel che aveva ascoltato stava crescendo, strinse
la presa delle loro mani impossibilitato a distogliere gli occhi verdi
dai suoi azzurri.
Erano
così simili… simili dentro, non nelle loro vite e nei loro caratteri.
Simili dentro ed in modo inspiegabile, a dire il vero.
Come
lo si poteva definire un senso simile d’appartenenza e vicinanza
nonostante le tante diversità evidenti?
Entrambi
senza qualcosa dentro, uno con delle risposte e l’altro senza nemmeno
quelle. Ma nell’incertezza e nel dubbio, proprio lì uniti.
-
Ale… - Disse quindi Gianluca disorientato per la sincerità e la
grandezza di quel che stava per dire e di cui sentiva il bisogno
impellente: - …mi sono veramente innamorato di te. – Lo capì e lo disse
in quel momento, col calore della loro stretta, con gli occhi negli
occhi e gli stessi sentimenti, le stesse emozioni, lo stesso desiderio.
Così
vicino non ha importanza quanto lontani.
Spaventosa
verità.
Quel
che provarono entrambi.
Shock.
Incredulità.
Calore.
Tremore.
Sconvolgimento.
E
per un attimo se lo chiese, Ale.
Cosa
fare, cosa dire, come erano giunti a quel punto considerando come erano
partiti… si chiese come fosse possibile tutto quello rimanendo senza
fiato e senza funzioni vitali.
Se
lo chiese e il bisogno di una sigaretta fu impellente, una boccata
d’aria, una corsa… qualunque cosa che sfogasse quel terribile senso di
allucinante follia; perché era quello, no? Follia.
Lui
che riceveva sentimenti simili… lui che… che ne provava di identici…
E
mentre se lo disse agì lasciando perdere parole a lui estranee in quel
momento. Parole d’impaccio. Parole inutili quando si poteva avere
quello.
Senza
sussurrare mezza sillaba si chinò del tutto sul compagno e posò le
labbra tremanti per l’emozione su quelle del compagno che, capendo il
motivo di tale tremore, chiuse gli occhi accogliendolo con dolcezza.
Capendo
per la prima volta in vita sua cosa significava quella parola.
Dolcezza.
“E’
questo l’amore?”
Si
chiesero un solo istante prima di abbandonarsi a quel bacio morbido e
lento, un bacio dove le loro bocche si unirono insieme alle lingue
lasciando all’esterno rivalità e giochi di supremazia, arrivando ad un
qualcosa alla pari.
Qualcosa
che accese in loro sentimenti, sensazioni ed istinti.
Desideri.
Calore.
E
proprio con tutto quello che cominciava a divorarli vorticando in loro,
Alessandro ricoprì il compagno col proprio corpo, trasmettendogli il
suo desiderio ed il suo calore, prendendo i suoi in cambio e
carezzandolo così senza vergogna, con esperta lentezza.
Dimenticandosi
ragionamenti per strada.
Lasciando
come sempre che le cose accadessero con un loro tempo per un loro
motivo.
Lasciando
tutto e prendendo tutto.
Ci
volle poco, mentre le loro lingue all’interno delle bocche si fondevano
ed i corpi si strofinavano l’un l’altro, a Gianluca per eccitarsi in
maniera visibile.
Quando
Alessandro lo sentì contro il suo bacino che implacabile continuava a
muoversi come il suo istinto felino gli suggeriva, l’istinto di un
gatto, si separò dalle sue labbra scivolando sul mento e succhiandolo
con languore, lasciando scie umide mentre continuava a scendere
implacabile e scoprire il compagno che fremente si trovava per la prima
volta a sentire cose simili. Ogni volta era sempre più forte quella
voglia di darsi a lui, ogni volta era sempre più sconvolgente e
meraviglioso.
Gli
ansimi cominciarono a farsi sentire nell’aria quando iniziò a succhiare
i capezzoli mentre con le mani si occupava delle sue parti basse
eccitandolo sfacciatamente fino all’inverosimile, facendogli uscire
gemiti via via sempre più sentiti e piantare istintivamente le unghie
sulle sue spalle.
Normalmente
ad una manifestazione simile Alessandro avrebbe sorriso malizioso e
trionfante ma in quel momento lo voleva al punto da annullare ciò che
era sempre stato, buttando probabilmente giù la maschera per la prima
volta.
Sentendolo
tendersi fino al limite decise di non farlo venire ancora, così
separandosi lo ricoprì di nuovo col suo corpo tornando sulle sue labbra
e sul suo volto, coprendolo di baci e assaggiando quelle parti di pelle
solo sue. Fu inebriante e confuso anche quello, al punto da non fargli
sentire le dita che lente ed esperte entravano in lui per prepararlo
alla sua prima volta.
Sarebbe
successo e la mente ormai lontana con ragionamenti e paure non avrebbe
erto nessun muro.
Perché
ormai erano lì, così vicini, così insieme, così uguali, per assurdo,
che nient’altro importava.
Se
potevano aversi e darsi al punto da non capire più nulla, da bruciare
così, da annullare la propria esistenza e ciò che li circondava, allora
quello sì, quello probabilmente era ciò che avevano sempre cercato o
chissà, magari si avvicinava. Magari era solo da continuare su quella
strada, stare insieme ancora e ancora e ancora… era solo da non
mollare, da non smettere, da continuare a vivere quell’insolita storia.
E
con dolcezza e delicatezza che Alessandro non ebbe mai con nessuno,
entrò in Gianluca piano piano lasciandogli il tempo di abituarsi,
guardandolo e accarezzandogli il viso, gli occhi serrati e quella
piccola fugace lacrima che era scivolata.
Quella
lacrima che gli ricordò le sue di un solo mese prima, quando era
crollato, quando non ce l’aveva più fatta.
Quelle
lacrime liberatorie, quelle lacrime snudanti.
Quelle
lacrime dell’anima.
Nel
momento in cui iniziava lentamente a muoversi sentendo le braccia del
compagno sotto che lo circondavano attirandolo con disperazione a sé,
lo smarrimento per non avere più nulla di quello che aveva avuto fino a
qualche mese prima, la felicità incondizionata per avere invece
dell’altro più bello, più giusto, più fantastico e quel sentimento puro
e devastante lo colpirono contemporaneamente.
Le
lacrime scesero rigandogli le guance e avendo maggiore bisogno di
Gianluca, bisogno di sentire ancora e di più, premette il viso sulla
sua spalla nuda mordendo leggero ma in modo significativo.
I
due si abbracciarono stretti e di nuovo con quella dolcezza di prima
Gianluca avvolse il suo capo protettivo trasmettendogli quel che non
pensava di riuscire a provare.
Trasmettendogli
tutto riprendendo a muoversi in contemporanea in quell’ulteriore gesto
d’unione e d’amore.
Muoversi
insieme a ritmo crescente l’uno dentro l’altro con certezze e non più
dubbi.
Certezze
di essere veramente nell’altro.
Più
vicini di chiunque.
Insieme.
Quando
raggiunsero l’orgasmo insieme tendendosi e tremando fino a sentire
brividi e piacere in ogni piccola parte di loro stessi, rimasero così
sospesi insieme fra loro e qualcos’altro di indefinito. Si lasciarono
così premuti e tesi l’uno sull’altro senza capire dove fossero e cosa
fosse successo, solo dopo un istante si fecero cadere di nuovo stesi
senza forze, ancora in quella posizione, in quell’abbraccio, in quegli
ansimi, in quei battiti accelerati, in quei corpi sudati ed accaldati.
E
delle seconde lacrime uscirono dagli occhi di Alessandro che andarono a
bagnare la pelle calda di Gianluca. Capendo di cosa si trattava, questi
sorrise lieve come forse per lui era la prima volta e ancora stanco ma
con una felicità incontaminata dentro gli posò un bacio sul capo
continuando a cingerlo con le protettivo.
Era
amore? Chi poteva dirlo… era presto, erano giovani… ma una cosa era
sicura.
Quel
che provavano era identico ed era certezza e giusto.
Andava
bene così.
Andava
veramente, finalmente bene così.