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QUARTO QUARTO:
IL PEGGIO ARRIVA SOLO ORA


quarto quarto

CAPITOLO 31:

SILENZIO CHE FERISCE

trys

“E così te ne vai...  via... ”


/  Numb – Linkin Park /
- E' sicuro della sua scelta? È un occasione importante, le consiglio di rifletterci con calma prima di rifiutare con tanta sicurezza. -
La voce stridula del baffuto signore vestito di tutto punto con una valigetta da lavoro, tornò a dirgli per l'ennesima volta se fosse sicuro di quel che Trystin aveva detto. Costui in risposta, sempre per l'ennesima volta, aveva annuito con scostante freddezza, senza far trapelare la minima indecisione.
- Sto bene qua, la ringrazio. -
L'uomo quindi si alzò lasciandogli il suo biglietto da visita e, afferrando i suoi effetti personali con professionalità, aggiunse dispiaciuto:
- Non sindaco sulle sue priorità ma col talento che si ritrova è sprecato non entrare già nel professionismo se ne ha l’opportunità. La nostra squadra di basket è ottima e il posto da titolare per un giocatore come lei sarebbe assicurato...  se cambiasse idea ha il mio numero. - Detto questo gli tese la mano cordialmente nell'ultima speranza di sentirlo ritrattare, cosa che non avvenne.
Il giovane prese a sua volta la mano e con diplomazia concesse un cenno col capo in segno di saluto e di ringraziamento, limitandosi poi a guardare il talent scout allontanarsi con la sua valigetta e la camminata impettita.
Non tradì alcuna emozione nemmeno in quell'occasione, tutto quello che il suo bel viso d'angelo scolpito nel ghiaccio si concesse fu un impercettibile sospiro confuso facilmente con un respiro normale. I suoi occhi azzurri si abbassarono sul bicchiere appoggiato sul tavolino del bar all'aperto, non calcolò un solo istante il cielo che gareggiava col colore delle sue iridi chiare, quel giorno di primavera era veramente caldo e se fosse rimasto ancora un po' sotto il sole, la sua pelle delicata si sarebbe riempita di sfoghi allergici. Tuttavia lo sguardo lontano che fissava la bevanda consumata solo per metà dove le bollicine salivano nel liquido verde scoppiando in superficie, sembrava non dare cenni di attenzione a null'altro.
Una mano sprofondata in una tasca dei jeans vecchi e scoloriti, l'altra sopra il tavolino in marmo che stringeva ancora il biglietto da visita, il resto del suo corpo abbandonato sulla sedia in una posa neutra normale, non un suo muscolo si muoveva se non il petto per respirare, trattenuto da una maglia nera senza maniche piuttosto comoda.
Quando una ragazza con coraggio si avvicinò a lui per chiedergli l'ora con un approccio comune, lui nemmeno la sentì e come se non esistesse non le concesse una sola risposta. Seccata, quindi, se ne andò lasciandolo di nuovo solo a contemplare il suo bicchiere e la proposta dell'uomo appena andato via.
Non aveva avuto esitazioni a rifiutare e tornando indietro non avrebbe cambiato nulla, sapeva perfettamente l'idea che aveva dato...  di uno pieno di sé che puntava più in alto, ma non gli era sembrato opportuno spiegargli che non si muoveva senza Daniel. Aveva indagato discretamente per capire se avesse potuto avere interesse anche su di lui, aveva detto che in realtà non cercavano giocatori e che il loro interesse era un eccezione. Tuttavia se avesse accettato sarebbe entrato subito nella rosa dei titolari. Probabilmente, si era detto Trystin, l'aveva detto solo per spingerlo ad accettare...  non poteva credere che il più giovane di tutti, il novellino appena arrivato, si potesse aggiudicare realmente un posto importante in una squadra in serie A.
Nella sua mente si susseguivano gli eventi del suo passato che l'avevano segnato e sempre lì sotto quel sole alto, il biondo continuò a proseguire per la sua decisione senza rimpianti.
Come si diceva sempre...  se scendeva uno scendeva anche l'altro, non si proseguiva un viaggio da soli.
Non aveva avuto dubbi o incertezze quando l'uomo aveva parlato così a lungo per convincerlo, aveva sempre detto di no con gentilezza ma fermezza, alla fine aveva mollato e l'aveva lasciato in pace.
Sicuramente Daniel gli avrebbe detto di andare per amor suo, era veramente un occasione unica e grande per non coglierla ma le sue priorità erano altre, non voleva lasciarlo indietro, voleva continuare a camminare con lui, poiché da solo non sarebbe diventato nessuno.
Da solo senza Daniel, Trystin era consapevole di chi sarebbe stato...  un insopportabile e viziatissimo figlio di papà che ancora doveva imparare a vivere e già meditava il suicidio per il grigio della sua vita dentro la gabbia d'oro.
Faceva spesso quel viaggio mentale...  si vedeva come sarebbe stata la sua vita senza l’uragano che l'aveva accompagnato da una certa età in poi.
Oh, l'aveva portato sulla via più storta possibile ed immaginabile, agli occhi della sua importante famiglia, ma per loro...  bè, per loro ogni passo compiuto nella difficoltà ma insieme era stato un prezioso traguardo.
Era stato Daniel che gli aveva insegnato a vivere veramente e gli aveva mostrato i colori...  e povertà o meno, difficoltà o meno, non avrebbe mai rinunciato a lui ed al sentimento solido che li legava.
Ecco perché anche se dall'esterno rimaneva una statua di pietra o di ghiaccio bellissima e irraggiungibile, in realtà con Daniel ed ora anche pochi intimi, era una persona con un cuore capace di sacrifici solo per chi amava.
Che metteva al primo posto la sua vita con il suo ‘lui’ piuttosto che la carriera, il suo sogno e qualunque altra cosa potesse far deragliare un treno.
Di tentazioni ne aveva avute molte da quando aveva intrapreso quella via con Daniel, ma era sempre stato fermo e aveva affrontato tutto con lui.
Ora quella proposta era veramente una tentazione grandissima ma appena aveva realizzato che sarebbe dovuto andare in un posto senza il suo ragazzo o che avrebbe dovuto farlo sacrificare per permettergli di perseguire la carriera cestistica, si era rifiutato categoricamente. E non si era sentito male.
Probabilmente era solo questione di priorità e qualcuno non avrebbe mai capito come si può, pur di impedire che il proprio amore si sacrifichi per te, farlo al suo posto.
Però la sua scelta era stata fatta e quella successiva, mentre accartocciava il biglietto facendolo cadere a terra e finiva di bere l'acqua e menta, era di non dire nulla a Daniel per impedirgli di convincerlo ad accettare.
Eppure anche se dall'esterno si capiva che erano due persone che colpivano molto per il senso di protezione che entrambi avevano vicendevolmente, era così chiaro...  non avrebbe mai dovuto venire a meno del loro principio basilare, il dialogo e la sincerità.
Veramente non avrebbe mai dovuto farlo, Trystin.
Tacere a Daniel una cosa così importante per mantenere le cose così com'erano e quindi affrontare da solo questo passo importante, non era certo la cosa migliore che il giovane avesse fatto.
Non avrebbe mai dovuto perché certo non era insensibilità la sua, ma purtroppo il confine che viaggia da ciò all'eccessiva sensibilità è veramente molto sottile.
Tuttavia, come sempre, col senno di poi molte cose non succederebbero mai.

/Running up that hill - Placebo/
I palloni sul parquet fungevano come ogni giorno da piacevole sottofondo musicale, immaginando insieme ad esso un buon basso ed una chitarra elettrica si giocava con un certo trasporto ed energia ovattata.
Quel giorno, però, uno fra i più casinari era piuttosto moscio per i suoi canoni normali.
Daniel era uno molto lunatico e non era difficile trovarlo con un muso che strisciava fino a terra, quel giorno era uno di quelli ma non perché il piede che aveva messo a terra appena sveglio era stato il destro e non il sinistro, bensì perché aveva notato un repentino silenzio insolito in Trystin, un silenzio diverso da quello normale, che non v'era mai stato nei suoi riguardi se non appena conosciuto anni addietro.
Non gli era assolutamente sfuggito quel suo silenzio di quegli ultimi giorni e come se fosse un libro aperto non aveva fatto altro che esprimere queste sue insoddisfazioni, incapace di tenersi qualcosa per sé e aspettare che magari un probabile malumore andasse via da solo.
Trystin non poteva avere motivi che lo spingessero a non parlare con lui, assolutamente no...  i motivi li aveva contro altri ma non contro di lui che era il suo ragazzo...  doveva dirgli tutto e se aveva qualcosa che non andava doveva esprimerlo e renderlo partecipe per permettergli di aiutarlo. Glielo aveva detto mille volte ed aveva creduto di essere riuscito a buttare giù quel muro insormontabile dietro cui si era nascosto prima di conoscerlo.
Ogni volta che nel biondo si affacciavano quei 'vecchi' atteggiamenti si allertava sempre convinto di dover sbaragliare i fantasmi del passato.
Convinto che avesse risentito il padre e che non avesse il coraggio di dirglielo, si era deciso a rivolgersi a Marek, l'unico che considerava amico (Ale e Gian erano un altro discorso... ).
- Non sai nulla? - Disse quindi il secondo allenatore tirato aggressivamente da parte da Daniel.
- Cosa cazzo dovrei sapere? - Ringhiò l'altro sudato per l'allenamento interrotto, la palla da basket sotto il braccio e gli occhi attenti. Gli occhi di una tigre pronti a sbranare subito chiunque ad un gesto non gradito. Aspettava solo di poterlo fare, visto il nervoso che ultimamente lo divorava. Un istintivo ed inspiegabile nervoso sempre più acuto che cresceva come un cancro lasciandolo senza ragione.
Marek sospirò incerto e in difficoltà disse:
- Non sono io che dovrei dirtelo...  -
- Visto che lui non parla lo farai tu, se vuoi evitare una strage...  - Sapeva essere molto convincente ed insistente, era difficile non tirare fuori quel che voleva quando si metteva in testa qualcosa. Gli occhi blu di Marek si posarono al volo su Trystin che nel pieno di un esercizio di due contro uno (Gian e Ale contro di lui) non si era accorto del suo pericoloso fidanzato e delle sue intenzioni. Poi sospirò...  gliel'aveva detto solo due giorni prima...  'Trystin, diglielo. Se te lo tieni per te è peggio, vedrai...  ', ma lui non aveva fatto nulla e il risultato era una situazione al limite ed esasperante.
Era giusto che Daniel sapesse...  non in quel modo ma era giusto. Infine si decise quando lo prese per la spalla con forza e sguardo minaccioso.
“Se non glielo dico mi ammazza...  se glielo dico ammazza lui...  ma dal momento che Daniel è fidanzato con Trystin e non con me, direi che è giusto che se la veda lui. Se i suoi silenzi distruggono comunque il loro rapporto allora è meglio che qualcuno li aiuti a buttarli giù. In un modo o nell'altro qualcosa cambierà. “
- Pochi giorni fa Trystin ha ricevuto un ingaggio importante da una squadra di basket professionale che gioca in serie A. Lui ha rifiutato per stare con te dicendo che sta bene dov'è adesso. - Alla fine l'aveva detto.
Alla fine la molla scattò.
Come se dentro qualcosa si spezzò, come se dentro Daniel il rumore della palla che gli sfuggiva dal braccio cadendo a terra e rimbalzando, fosse di qualcosa di suo, di interiore, che si rompeva.
E con quello sguardo da tigre fuori di sé, infuriato e ferito, lasciò Marek per correre in campo spedito, interrompere l'esercizio del proprio ragazzo e colpirlo al volto con un pugno in cui era concentrato tutto ciò che dentro gli si era mosso ed aveva accumulato.
L'aveva afferrato per la maglia, da dietro, e gli aveva scagliato quel colpo in pieno viso una volta girato con forza.
Come se un ritmo interiore fosse stato dettato sempre dall'immaginazione di chi giocava a basket e successivamente dal silenzio di tomba che si era scatenato nell'azione.
Daniel aveva colpito Trystin.
Marek a bordo campo si era messo una mano in viso e sulla fronte, Samantah e l'allenatore a bordo campo avevano alzato la testa per vedere cosa era successo, tutti gli altri giocatori che al momento facevano qualcosa si erano immobilizzati puntando la loro attenzione sul centro del campo e Gianluca ed Alessandro stessi si erano trovati sbilanciati per essersi visti arrivare all'ultimo minuto il loro avversario contro. La palla era rotolata via e mentre Alessandro reggeva Trystin che si teneva la bocca e la guancia, Gianluca riprendeva l'equilibrio puntando il verde bosco delle sue iridi su quelle tempestose di Daniel che, con un espressione di furia ceca, tornava dritto davanti a loro, sempre con il pugno stretto pronto a riprendere.
- Ma che cazzo...  - Mormorò quindi Alessandro rimettendo in piedi il biondo davanti a lui che gelido come un lupo delle nevi fissava il proprio compagno innanzi a sé.
- Come hai potuto? - Sussurrò il moro dai capelli spettinati e sudati sul viso, il suo tono era basso e teso, molto penetrante. Quello che precede lo scoppio.
- Di cosa parli? - Disse sempre scostante e freddo Trystin senza il timore di stargli davanti in quel momento. Sapeva bene che era molto arrabbiato ma non avrebbe mai avuto paura di lui. Lo amava. Il sangue all'angolo del labbro rotto cominciò ad uscirgli mentre la carne lesa pulsava bruciante. Fu ignorata.
E l'urlo che tutti udirono, rabbioso e pieno di dolore e di ira, arrivò: - COME HAI POTUTO NASCONDERMI UNA COSA SIMILE?!  È IL SOGNO DELLA TUA VITA E TU HAI RINUNCIATO COSI' PER ME E NON ME L'HAI NEMMENO DETTO!  -
L'azzurro chiaro degli occhi di Trystin divenne quasi trasparente in quel momento, mentre alcune goccioline di sudore gli colavano sulla pelle, ai lati del viso e sul collo dai muscoli tesi. Tutto il suo corpo in quelle condizioni. Entrambi i loro corpi, anzi.
“L'ha saputo.”
Tutto qua. Solo questo pensò con distacco mentale mentre le sue ragioni che albergavano nella mente erano impossibilitate ad uscire grazie ad un muro che veloce si innalzava intorno a lui.
Di nuovo come tornare indietro nel tempo, al loro primo incontro finito in rissa, di nuovo quello sguardo che dice 'tu non capisci nulla', di nuovo non riuscire più a raggiungerlo.
Di nuovo quel silenzio gigantesco e pesante...  veramente molto pesante.
Che feriva.
Incomprensibile a tutti gli altri che ancora ascoltavano e osservavano seri ed increduli.
- Non ho ritenuto necessario dirtelo. Non avrei cambiato idea. - Rispose di nuovo con freddezza e composto, nemmeno la minima espressione a parte quegli occhi da lupo delle nevi.
- MA LA BASE DEL NOSTRO RAPPORTO è SEMPRE STATO IL DIALOGO, NON PUOI TENERMI FUORI DA UNA COSA COSI’ IMPORTANTE. SE CONTO COSI’ TANTO DA SPINGERTI A RINUNCIARE A QUELL'OPPORTUNITA’, LO SONO ANCHE PER PARLARNE CON ME. O C'E’ ALTRO? -
- Cosa dovrebbe esserci? - Di nuovo quella differenza di reazioni, uno concitato, infuriato che scomposto gridava, l'altro che immobile e composto sussurrava appena. E un batticuore inspiegabile in entrambi e non solo in loro, anche in chi li conosceva e sapeva cosa sarebbe successo di li a poco, cosa significava quella scenata.
- HAI RINUNCIATO PER ME O PER TE? -
A queste parole il biondo corrugò impercettibilmente le sopracciglia e chiese:
- Cosa intendi? Parla chiaramente. - Come se ce ne fosse veramente bisogno.
E mentre Marek pensava “No, non dirlo.”  Daniel gridava ormai completamente fuori di sé, con l'adrenalina che scorreva a fiumi e la rabbia che lo divorava e ancor peggio il dolore che lo schiacciava.
- MI AMI? - Riducendo tutto a questo quesito essenziale. Se l'amava perché l'aveva escluso da una cosa così importante ed essenziale? Aveva rinunciato veramente per lui o per comodità? O per cosa? Riducendo tutto a quell'unico importantissimo quesito.
L'amava?
Tutti i compagni di squadra non fecero in tempo a bisbigliare che allora era vero che stavano insieme, nessuno fece in tempo a fare o dire nulla perché il lampo bianco che sfrecciò contro Daniel fu Trystin che finalmente dimostrava ciò che provava, colpendo il compagno con un pugno in viso.
Fu il suo turno di finire addosso a Gianluca che lo sorresse, ascoltando ancora delle parole che non uscivano più si rialzò in fretta scagliandosi nuovamente contro il proprio ragazzo, lo colpì ancora dando inizio a qualcosa che sarebbe sfociato in qualcosa di addirittura peggiore ma che forse, irreparabile, ormai, lo era già. Sarebbe finita peggio, certamente peggio, se Gianluca prontamente non avesse afferrato Daniel e Alessandro non avesse fatto altrettanto con Trystin, fermandoli con forza e decisione sul nascere.
Dei pugni che veramente oltre ai lividi e ai segni sul viso, avevano aperto delle ferite dentro di loro.
Ferite che guardavano quel muro chiedendosi se ormai era di nuovo insormontabile oppure  no.
Chiedendosi se sarebbero riusciti a buttarlo giù di nuovo.
Chiedendosi cosa sarebbe successo ora.
Se non vedersi più sarebbe bastato.
Chiedendosi se ora sarebbero di nuovo stati capaci di capirsi come prima.
Trystin aveva escluso Daniel da una decisione molto importante, Daniel si era chiesto se Trystin l'amava, Trystin si era infuriato per il dubbio che aveva avuto dopo tutta la sofferenza che la sua scelta aveva comportato, Daniel si era spaventato e ferito per il muro che ancora Trystin aveva innalzato.
E le cose sarebbero dovute veramente andare diversamente, ma i due ragazzi, strattonandosi ognuno da chi lo tratteneva, semplicemente si voltarono le spalle andandosene fra gli sguardi esterrefatti di tutti i presenti ammutoliti.
“Quindi finisce così?”
Fu il pensiero di chi conosceva un po' più da vicino la loro storia.
“Trystin e Daniel che litigano e si lasciano...  e il mondo che crolla...  no, non è possibile. Non lo è.”
Questo, poi, il pensiero di Samantah che con gli occhi lucidi ed un'agitazione che la faceva tremare, aveva assistito a tutto senza credere ai suoi occhi.

/Snow – RHCP/
“Esco di scena con poche falcate e non mi curo di nessuno, non sento nessuno sguardo su di me anche se probabilmente mi stanno fissando una buona metà, mentre l’altra fissa Daniel.
In realtà sento solo una cosa mentre passo dopo passo varco la soglia degli spogliatoi per calmarmi e sciacquarmi il viso.
Freddo.
E con i brividi che mi percorrono provocandomi dei tremori interiori che cerco di domare e non esternare, il respiro comincia a venirmi corto. In men che non si dica eccomi davanti allo specchio dei rubinetti con l’acqua aperta e le mani sotto il getto, immobili. I polsi si bagnano diventando insensibili ma onestamente non sento nemmeno questo. Capisco lontanamente che i segnali che il mio corpo mi mandano sono di una piccola crisi di panico e mentre boccheggio, noto il mio stesso pallore insieme alle contusioni per i pugni presi.
Improvvisamente anche i miei legamenti si gelano insieme al sangue ed al sudore che imperla la pelle chiara.
È così su questi sintomi fisici e la vista che si offusca facendomi sentire come neve al sole, che lo realizzo.
È finita con Daniel?
L’ho perso?
Torneremo come prima?
Poi solo la testa che gira e il soffitto della stanza che diventa sempre più buffo davanti ai miei occhi.
Consapevolmente mi sento scivolare giù mentre l’ovattato mondo intorno a me mi accoglie e solo lontanamente sento due braccia reggermi al volo, mentre le forze mi vengono completamente a meno.
Daniel?
Ti prego, dimmi che sei tu…
Però mi basta vedere il colore dei suoi occhi per capire che non si tratta di lui ma bensì di Gianluca. Non so che espressione abbia, ma non mi sembra molto rilassata…
Daniel, perché non sei tu?
Dove sei?
È finita davvero?
Davvero?
Ti prego, fa che non sia così… sento freddo, la neve torna ad avvolgermi, non capisco nulla, c’è solo confusione e poi forse divento io stesso neve, ma non so. Non so cosa succede, perdo coscienza di me stesso e forse con un po’ di fortuna posso volare da te e dirti che mi dispiace, che non volevo tacerti una cosa così importante ma che l’ho fatto per te, perché ti amavo e amavo quel che avevamo ora e non volevo rovinare tutto. Che tornando indietro te ne parlerei. Che non devi dubitare.
Ma tu hai dubitato e la piccola crepa è diventato un fosso profondo… dove sei?
Non ti sento… ti voglio accanto a me ma non ti sento e di nuovo provo quella sensazione di anni fa, quando solo con mio padre speravo di morire piuttosto che vivere tutta la vita in quel modo.
Paura.
Paura di non essere nulla. Di non avere nulla. Di sprofondare e andare giù, sempre più giù… ancora più giù…
Come puoi aver dubitato dei miei sentimenti? Come puoi?
Ti prego… torna da me e dimmi che mi ami, solo questo… solo…
Oh, se solo mi stessi a sentire, almeno tutto questo dolore avrebbe senso… però tu mi hai colpito, hai dubitato e te ne sei andato senza ascoltare… io ti parlavo ma non con la voce. Mi hai sempre capito ed ora cosa è cambiato?
Perché non ci siamo più capiti?
Si è rotto davvero qualcosa?
No, fa che non sia così… fa che non sia così… fa che torni da me…
Daniel.
Torna.
Io ti amo… ho paura di questo insipido grigio, di questa fredda neve, di questa terribile solitudine.
Ho paura.
Non lasciarmi.”

/By Myself – Linkin Park/
“Con passo spedito e quasi correndo esco dalla palestra sbattendo la porta, come mio solito faccio un gran fracasso ma poco mi importa, come non mi importa nulla di tutta la gente che mi guardava perplessa e dello stato in cui sono ora, ancora in divisa d’allenamento e tutto sudato col livido sullo zigomo che pulsa.
No, come può interessarmi tutto questo?
In realtà non mi interessa proprio nulla… proprio nulla… ora che lui si è messo di nuovo al di là di quel muro e non vuole saperne di parlarmi.
No, non è vero.
Lui mi parla, sono solo io che non lo capisco più… dannazione… sbatto un pugno sul recinto che costeggio e impreco in inglese.
Sono io che non lo capisco più… l’ho sempre capito, lui e i suoi silenzio… ed ora non ci riesco.
Ha agito in modo inaspettato, come non avrebbe dovuto fare, come non pensavo avrebbe mai fatto… e non ho più sentito la sua voce parlarmi.
Ho solo sentito lui e il suo silenzio, un silenzio che ferisce. Ed ho visto il suo muro che ha costruito di nuovo.
È di nuovo freddo come la neve anche con me.
Però mi ha colpito, succedeva ai primi tempi che finivamo per picchiarci… poi però ci siamo amati… ed ora?
Ora cos’è?
Mi ha tenuto fuori da una cosa estremamente importante, che contava molto, io lo so quanto contava per lui… e solo per proteggermi, magari… per impedirmi di rimanerci male… ma così è stato peggio.
Preferisco essergli vicino nelle decisioni così gravi e non lontano e non sapere nulla.
Pensava non fossi in grado di sostenerlo, di aiutarlo?
Cosa DIAVOLO ha pensato quando mi ha taciuto una cosa simile?
No, non ci riesco… mi passo nervoso le mani sul viso e fra i capelli neri scompigliandoli ulteriormente. Mi sembra di impazzire.
Non posso dirlo… non posso dirlo di nuovo.
Mi ama?
Me lo sono detto prima in preda all’ira ed ora che è rimasto solo dolore ed angoscia, mi sembra come se il petto mi esplodesse e la testa mi impazzisse.
Lo amo ma non arrivo più a lui, non è più con me, non lo sento, non lo percepisco, non lo comprendo… non… non mi ama più?
Si è allontanato per questo?
Ha scelto così per me e per questo ha cominciato ad odiarmi?
Se è così era meglio che accettasse. Io non volevo rifiutasse, gli avrei detto di andare e non pensare a me… avremmo litigato però non da arrivare a questo punto.
Dio, come fa male il pugno che mi ha dato.
Come mi fa male dentro.
Un altro colpo alla pietra e mi fermo appoggiandomi con le mani e la testa, mi mordo le labbra e faccio una pura espressione di dolore, come se stesse uscendomi un alien dalla pancia… non si può sopportare un dolore simile, così alto da sfogarsi sul fisico… non si può sopravvivere all’amore che diventa silenzio ed incomprensione.
Non vado più bene per lui?
Non c’è più dialogo e sincerità?
Fiducia?
Avrei retto la notizia, avrei retto tutto perché avremmo affrontato tutto insieme, come abbiamo sempre fatto… ma ora, così, da solo e senza di lui no.
Così non ce la faccio.
Lui era la mia forza, lui la mia certezza, lui la mia testa, il mio cuore, la mia anima… lui i miei colori, la mia voglia di vivere, il mio casino, la mia onestà… lui era tutto e lo è ancora… e da solo senza tutto non mi rimane che un vuoto che mi fa impazzire.
Non ho nulla senza di lui e così no.
Così non reggo.
No.
Ed un urlo di dolore incontaminato e graffiante mi esce esternando ciò che provo, ciò che sento, la follia che mi invade nel momento stesso in cui me lo dico...  
E così te ne vai… via…
No, non puoi… butta giù quel muro, torna a parlarmi, vedrai che ti capirò.
Non mollarmi, non andartene… non farlo.
Come reggo io?
Come faccio io?
Come?
Non andartene…
Mi accascio sul marciapiede sempre appoggiandomi contro il recinto ed è ora che sento solo lontanamente due mani che si appoggiano sulla mia schiena, non hanno un tocco delicato o freddo e da lì capisco di chi si tratta senza girarmi, anche se ci avrei sperato.
Trystin, non sei tu… tu ormai non mi ami più, ormai non riesco più a capirti… ormai sei lontano.
Non verrai da me lo stesso e con pazienza ripeterai all’infinito ogni cosa. Non lo farai.
Sono solo?
È ora, così, con angoscia che mi giro di scatto e aggrappandomi ad Alessandro, l’abbraccio sprofondando il viso sul suo collo e con voce rotta ringhio:
- Ale… cosa cazzo faccio, ora? –
Mentre le sue braccia mi avvolgono titubanti e sconvolte e le mie lacrime escono a rigarmi le guance.
Lava incandescente.
Cosa rimarrà di me, ora?
Trystin, dove sei?
Non ti sento…”