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QUARTO QUARTO:
IL PEGGIO ARRIVA SOLO ORA
CAPITOLO
31:
SILENZIO
CHE FERISCE
“E
così te ne vai... via... ”
/
Numb – Linkin Park /
-
E' sicuro della sua scelta? È un occasione importante, le consiglio di
rifletterci con calma prima di rifiutare con tanta sicurezza. -
La
voce stridula del baffuto signore vestito di tutto punto con una
valigetta da lavoro, tornò a dirgli per l'ennesima volta se fosse
sicuro di quel che Trystin aveva detto. Costui in risposta, sempre per
l'ennesima volta, aveva annuito con scostante freddezza, senza far
trapelare la minima indecisione.
-
Sto bene qua, la ringrazio. -
L'uomo
quindi si alzò lasciandogli il suo biglietto da visita e, afferrando i
suoi effetti personali con professionalità, aggiunse dispiaciuto:
-
Non sindaco sulle sue priorità ma col talento che si ritrova è sprecato
non entrare già nel professionismo se ne ha l’opportunità. La nostra
squadra di basket è ottima e il posto da titolare per un giocatore come
lei sarebbe assicurato... se cambiasse idea ha il mio numero.
- Detto questo gli tese la mano cordialmente nell'ultima speranza di
sentirlo ritrattare, cosa che non avvenne.
Il
giovane prese a sua volta la mano e con diplomazia concesse un cenno
col capo in segno di saluto e di ringraziamento, limitandosi poi a
guardare il talent scout allontanarsi con la sua valigetta e la
camminata impettita.
Non
tradì alcuna emozione nemmeno in quell'occasione, tutto quello che il
suo bel viso d'angelo scolpito nel ghiaccio si concesse fu un
impercettibile sospiro confuso facilmente con un respiro normale. I
suoi occhi azzurri si abbassarono sul bicchiere appoggiato sul tavolino
del bar all'aperto, non calcolò un solo istante il cielo che gareggiava
col colore delle sue iridi chiare, quel giorno di primavera era
veramente caldo e se fosse rimasto ancora un po' sotto il sole, la sua
pelle delicata si sarebbe riempita di sfoghi allergici. Tuttavia lo
sguardo lontano che fissava la bevanda consumata solo per metà dove le
bollicine salivano nel liquido verde scoppiando in superficie, sembrava
non dare cenni di attenzione a null'altro.
Una
mano sprofondata in una tasca dei jeans vecchi e scoloriti, l'altra
sopra il tavolino in marmo che stringeva ancora il biglietto da visita,
il resto del suo corpo abbandonato sulla sedia in una posa neutra
normale, non un suo muscolo si muoveva se non il petto per respirare,
trattenuto da una maglia nera senza maniche piuttosto comoda.
Quando
una ragazza con coraggio si avvicinò a lui per chiedergli l'ora con un
approccio comune, lui nemmeno la sentì e come se non esistesse non le
concesse una sola risposta. Seccata, quindi, se ne andò lasciandolo di
nuovo solo a contemplare il suo bicchiere e la proposta dell'uomo
appena andato via.
Non
aveva avuto esitazioni a rifiutare e tornando indietro non avrebbe
cambiato nulla, sapeva perfettamente l'idea che aveva dato...
di uno pieno di sé che puntava più in alto, ma non gli era sembrato
opportuno spiegargli che non si muoveva senza Daniel. Aveva indagato
discretamente per capire se avesse potuto avere interesse anche su di
lui, aveva detto che in realtà non cercavano giocatori e che il loro
interesse era un eccezione. Tuttavia se avesse accettato sarebbe
entrato subito nella rosa dei titolari. Probabilmente, si era detto
Trystin, l'aveva detto solo per spingerlo ad accettare... non
poteva credere che il più giovane di tutti, il novellino appena
arrivato, si potesse aggiudicare realmente un posto importante in una
squadra in serie A.
Nella
sua mente si susseguivano gli eventi del suo passato che l'avevano
segnato e sempre lì sotto quel sole alto, il biondo continuò a
proseguire per la sua decisione senza rimpianti.
Come
si diceva sempre... se scendeva uno scendeva anche l'altro,
non si proseguiva un viaggio da soli.
Non
aveva avuto dubbi o incertezze quando l'uomo aveva parlato così a lungo
per convincerlo, aveva sempre detto di no con gentilezza ma fermezza,
alla fine aveva mollato e l'aveva lasciato in pace.
Sicuramente
Daniel gli avrebbe detto di andare per amor suo, era veramente un
occasione unica e grande per non coglierla ma le sue priorità erano
altre, non voleva lasciarlo indietro, voleva continuare a camminare con
lui, poiché da solo non sarebbe diventato nessuno.
Da
solo senza Daniel, Trystin era consapevole di chi sarebbe
stato... un insopportabile e viziatissimo figlio di papà che
ancora doveva imparare a vivere e già meditava il suicidio per il
grigio della sua vita dentro la gabbia d'oro.
Faceva
spesso quel viaggio mentale... si vedeva come sarebbe stata
la sua vita senza l’uragano che l'aveva accompagnato da una certa età
in poi.
Oh,
l'aveva portato sulla via più storta possibile ed immaginabile, agli
occhi della sua importante famiglia, ma per loro... bè, per
loro ogni passo compiuto nella difficoltà ma insieme era stato un
prezioso traguardo.
Era
stato Daniel che gli aveva insegnato a vivere veramente e gli aveva
mostrato i colori... e povertà o meno, difficoltà o meno, non
avrebbe mai rinunciato a lui ed al sentimento solido che li legava.
Ecco
perché anche se dall'esterno rimaneva una statua di pietra o di
ghiaccio bellissima e irraggiungibile, in realtà con Daniel ed ora
anche pochi intimi, era una persona con un cuore capace di sacrifici
solo per chi amava.
Che
metteva al primo posto la sua vita con il suo ‘lui’ piuttosto che la
carriera, il suo sogno e qualunque altra cosa potesse far deragliare un
treno.
Di
tentazioni ne aveva avute molte da quando aveva intrapreso quella via
con Daniel, ma era sempre stato fermo e aveva affrontato tutto con lui.
Ora
quella proposta era veramente una tentazione grandissima ma appena
aveva realizzato che sarebbe dovuto andare in un posto senza il suo
ragazzo o che avrebbe dovuto farlo sacrificare per permettergli di
perseguire la carriera cestistica, si era rifiutato categoricamente. E
non si era sentito male.
Probabilmente
era solo questione di priorità e qualcuno non avrebbe mai capito come
si può, pur di impedire che il proprio amore si sacrifichi per te,
farlo al suo posto.
Però
la sua scelta era stata fatta e quella successiva, mentre accartocciava
il biglietto facendolo cadere a terra e finiva di bere l'acqua e menta,
era di non dire nulla a Daniel per impedirgli di convincerlo ad
accettare.
Eppure
anche se dall'esterno si capiva che erano due persone che colpivano
molto per il senso di protezione che entrambi avevano vicendevolmente,
era così chiaro... non avrebbe mai dovuto venire a meno del
loro principio basilare, il dialogo e la sincerità.
Veramente
non avrebbe mai dovuto farlo, Trystin.
Tacere
a Daniel una cosa così importante per mantenere le cose così com'erano
e quindi affrontare da solo questo passo importante, non era certo la
cosa migliore che il giovane avesse fatto.
Non
avrebbe mai dovuto perché certo non era insensibilità la sua, ma
purtroppo il confine che viaggia da ciò all'eccessiva sensibilità è
veramente molto sottile.
Tuttavia,
come sempre, col senno di poi molte cose non succederebbero mai.
/Running up
that hill - Placebo/
I
palloni sul parquet fungevano come ogni giorno da piacevole sottofondo
musicale, immaginando insieme ad esso un buon basso ed una chitarra
elettrica si giocava con un certo trasporto ed energia ovattata.
Quel
giorno, però, uno fra i più casinari era piuttosto moscio per i suoi
canoni normali.
Daniel
era uno molto lunatico e non era difficile trovarlo con un muso che
strisciava fino a terra, quel giorno era uno di quelli ma non perché il
piede che aveva messo a terra appena sveglio era stato il destro e non
il sinistro, bensì perché aveva notato un repentino silenzio insolito
in Trystin, un silenzio diverso da quello normale, che non v'era mai
stato nei suoi riguardi se non appena conosciuto anni addietro.
Non
gli era assolutamente sfuggito quel suo silenzio di quegli ultimi
giorni e come se fosse un libro aperto non aveva fatto altro che
esprimere queste sue insoddisfazioni, incapace di tenersi qualcosa per
sé e aspettare che magari un probabile malumore andasse via da solo.
Trystin
non poteva avere motivi che lo spingessero a non parlare con lui,
assolutamente no... i motivi li aveva contro altri ma non
contro di lui che era il suo ragazzo... doveva dirgli tutto e
se aveva qualcosa che non andava doveva esprimerlo e renderlo partecipe
per permettergli di aiutarlo. Glielo aveva detto mille volte ed aveva
creduto di essere riuscito a buttare giù quel muro insormontabile
dietro cui si era nascosto prima di conoscerlo.
Ogni
volta che nel biondo si affacciavano quei 'vecchi' atteggiamenti si
allertava sempre convinto di dover sbaragliare i fantasmi del passato.
Convinto
che avesse risentito il padre e che non avesse il coraggio di
dirglielo, si era deciso a rivolgersi a Marek, l'unico che considerava
amico (Ale e Gian erano un altro discorso... ).
-
Non sai nulla? - Disse quindi il secondo allenatore tirato
aggressivamente da parte da Daniel.
-
Cosa cazzo dovrei sapere? - Ringhiò l'altro sudato per l'allenamento
interrotto, la palla da basket sotto il braccio e gli occhi attenti.
Gli occhi di una tigre pronti a sbranare subito chiunque ad un gesto
non gradito. Aspettava solo di poterlo fare, visto il nervoso che
ultimamente lo divorava. Un istintivo ed inspiegabile nervoso sempre
più acuto che cresceva come un cancro lasciandolo senza ragione.
Marek
sospirò incerto e in difficoltà disse:
-
Non sono io che dovrei dirtelo... -
-
Visto che lui non parla lo farai tu, se vuoi evitare una
strage... - Sapeva essere molto convincente ed insistente,
era difficile non tirare fuori quel che voleva quando si metteva in
testa qualcosa. Gli occhi blu di Marek si posarono al volo su Trystin
che nel pieno di un esercizio di due contro uno (Gian e Ale contro di
lui) non si era accorto del suo pericoloso fidanzato e delle sue
intenzioni. Poi sospirò... gliel'aveva detto solo due giorni
prima... 'Trystin, diglielo. Se te lo tieni per te è peggio,
vedrai... ', ma lui non aveva fatto nulla e il risultato era
una situazione al limite ed esasperante.
Era
giusto che Daniel sapesse... non in quel modo ma era giusto.
Infine si decise quando lo prese per la spalla con forza e sguardo
minaccioso.
“Se
non glielo dico mi ammazza... se glielo dico ammazza
lui... ma dal momento che Daniel è fidanzato con Trystin e
non con me, direi che è giusto che se la veda lui. Se i suoi silenzi
distruggono comunque il loro rapporto allora è meglio che qualcuno li
aiuti a buttarli giù. In un modo o nell'altro qualcosa cambierà. “
-
Pochi giorni fa Trystin ha ricevuto un ingaggio importante da una
squadra di basket professionale che gioca in serie A. Lui ha rifiutato
per stare con te dicendo che sta bene dov'è adesso. - Alla fine l'aveva
detto.
Alla
fine la molla scattò.
Come
se dentro qualcosa si spezzò, come se dentro Daniel il rumore della
palla che gli sfuggiva dal braccio cadendo a terra e rimbalzando, fosse
di qualcosa di suo, di interiore, che si rompeva.
E
con quello sguardo da tigre fuori di sé, infuriato e ferito, lasciò
Marek per correre in campo spedito, interrompere l'esercizio del
proprio ragazzo e colpirlo al volto con un pugno in cui era concentrato
tutto ciò che dentro gli si era mosso ed aveva accumulato.
L'aveva
afferrato per la maglia, da dietro, e gli aveva scagliato quel colpo in
pieno viso una volta girato con forza.
Come
se un ritmo interiore fosse stato dettato sempre dall'immaginazione di
chi giocava a basket e successivamente dal silenzio di tomba che si era
scatenato nell'azione.
Daniel
aveva colpito Trystin.
Marek
a bordo campo si era messo una mano in viso e sulla fronte, Samantah e
l'allenatore a bordo campo avevano alzato la testa per vedere cosa era
successo, tutti gli altri giocatori che al momento facevano qualcosa si
erano immobilizzati puntando la loro attenzione sul centro del campo e
Gianluca ed Alessandro stessi si erano trovati sbilanciati per essersi
visti arrivare all'ultimo minuto il loro avversario contro. La palla
era rotolata via e mentre Alessandro reggeva Trystin che si teneva la
bocca e la guancia, Gianluca riprendeva l'equilibrio puntando il verde
bosco delle sue iridi su quelle tempestose di Daniel che, con un
espressione di furia ceca, tornava dritto davanti a loro, sempre con il
pugno stretto pronto a riprendere.
-
Ma che cazzo... - Mormorò quindi Alessandro rimettendo in
piedi il biondo davanti a lui che gelido come un lupo delle nevi
fissava il proprio compagno innanzi a sé.
-
Come hai potuto? - Sussurrò il moro dai capelli spettinati e sudati sul
viso, il suo tono era basso e teso, molto penetrante. Quello che
precede lo scoppio.
-
Di cosa parli? - Disse sempre scostante e freddo Trystin senza il
timore di stargli davanti in quel momento. Sapeva bene che era molto
arrabbiato ma non avrebbe mai avuto paura di lui. Lo amava. Il sangue
all'angolo del labbro rotto cominciò ad uscirgli mentre la carne lesa
pulsava bruciante. Fu ignorata.
E
l'urlo che tutti udirono, rabbioso e pieno di dolore e di ira, arrivò:
- COME HAI POTUTO NASCONDERMI UNA COSA SIMILE?! È IL SOGNO
DELLA TUA VITA E TU HAI RINUNCIATO COSI' PER ME E NON ME L'HAI NEMMENO
DETTO! -
L'azzurro
chiaro degli occhi di Trystin divenne quasi trasparente in quel
momento, mentre alcune goccioline di sudore gli colavano sulla pelle,
ai lati del viso e sul collo dai muscoli tesi. Tutto il suo corpo in
quelle condizioni. Entrambi i loro corpi, anzi.
“L'ha
saputo.”
Tutto
qua. Solo questo pensò con distacco mentale mentre le sue ragioni che
albergavano nella mente erano impossibilitate ad uscire grazie ad un
muro che veloce si innalzava intorno a lui.
Di
nuovo come tornare indietro nel tempo, al loro primo incontro finito in
rissa, di nuovo quello sguardo che dice 'tu non capisci nulla', di
nuovo non riuscire più a raggiungerlo.
Di
nuovo quel silenzio gigantesco e pesante... veramente molto
pesante.
Che
feriva.
Incomprensibile
a tutti gli altri che ancora ascoltavano e osservavano seri ed
increduli.
-
Non ho ritenuto necessario dirtelo. Non avrei cambiato idea. - Rispose
di nuovo con freddezza e composto, nemmeno la minima espressione a
parte quegli occhi da lupo delle nevi.
-
MA LA BASE DEL NOSTRO RAPPORTO è SEMPRE STATO IL DIALOGO, NON PUOI
TENERMI FUORI DA UNA COSA COSI’ IMPORTANTE. SE CONTO COSI’ TANTO DA
SPINGERTI A RINUNCIARE A QUELL'OPPORTUNITA’, LO SONO ANCHE PER PARLARNE
CON ME. O C'E’ ALTRO? -
-
Cosa dovrebbe esserci? - Di nuovo quella differenza di reazioni, uno
concitato, infuriato che scomposto gridava, l'altro che immobile e
composto sussurrava appena. E un batticuore inspiegabile in entrambi e
non solo in loro, anche in chi li conosceva e sapeva cosa sarebbe
successo di li a poco, cosa significava quella scenata.
-
HAI RINUNCIATO PER ME O PER TE? -
A
queste parole il biondo corrugò impercettibilmente le sopracciglia e
chiese:
-
Cosa intendi? Parla chiaramente. - Come se ce ne fosse veramente
bisogno.
E
mentre Marek pensava “No, non dirlo.” Daniel gridava ormai
completamente fuori di sé, con l'adrenalina che scorreva a fiumi e la
rabbia che lo divorava e ancor peggio il dolore che lo schiacciava.
-
MI AMI? - Riducendo tutto a questo quesito essenziale. Se l'amava
perché l'aveva escluso da una cosa così importante ed essenziale? Aveva
rinunciato veramente per lui o per comodità? O per cosa? Riducendo
tutto a quell'unico importantissimo quesito.
L'amava?
Tutti
i compagni di squadra non fecero in tempo a bisbigliare che allora era
vero che stavano insieme, nessuno fece in tempo a fare o dire nulla
perché il lampo bianco che sfrecciò contro Daniel fu Trystin che
finalmente dimostrava ciò che provava, colpendo il compagno con un
pugno in viso.
Fu
il suo turno di finire addosso a Gianluca che lo sorresse, ascoltando
ancora delle parole che non uscivano più si rialzò in fretta
scagliandosi nuovamente contro il proprio ragazzo, lo colpì ancora
dando inizio a qualcosa che sarebbe sfociato in qualcosa di addirittura
peggiore ma che forse, irreparabile, ormai, lo era già. Sarebbe finita
peggio, certamente peggio, se Gianluca prontamente non avesse afferrato
Daniel e Alessandro non avesse fatto altrettanto con Trystin,
fermandoli con forza e decisione sul nascere.
Dei
pugni che veramente oltre ai lividi e ai segni sul viso, avevano aperto
delle ferite dentro di loro.
Ferite
che guardavano quel muro chiedendosi se ormai era di nuovo
insormontabile oppure no.
Chiedendosi
se sarebbero riusciti a buttarlo giù di nuovo.
Chiedendosi
cosa sarebbe successo ora.
Se
non vedersi più sarebbe bastato.
Chiedendosi
se ora sarebbero di nuovo stati capaci di capirsi come prima.
Trystin
aveva escluso Daniel da una decisione molto importante, Daniel si era
chiesto se Trystin l'amava, Trystin si era infuriato per il dubbio che
aveva avuto dopo tutta la sofferenza che la sua scelta aveva
comportato, Daniel si era spaventato e ferito per il muro che ancora
Trystin aveva innalzato.
E
le cose sarebbero dovute veramente andare diversamente, ma i due
ragazzi, strattonandosi ognuno da chi lo tratteneva, semplicemente si
voltarono le spalle andandosene fra gli sguardi esterrefatti di tutti i
presenti ammutoliti.
“Quindi
finisce così?”
Fu
il pensiero di chi conosceva un po' più da vicino la loro storia.
“Trystin
e Daniel che litigano e si lasciano... e il mondo che
crolla... no, non è possibile. Non lo è.”
Questo,
poi, il pensiero di Samantah che con gli occhi lucidi ed un'agitazione
che la faceva tremare, aveva assistito a tutto senza credere ai suoi
occhi.
/Snow
– RHCP/
“Esco
di scena con poche falcate e non mi curo di nessuno, non sento nessuno
sguardo su di me anche se probabilmente mi stanno fissando una buona
metà, mentre l’altra fissa Daniel.
In
realtà sento solo una cosa mentre passo dopo passo varco la soglia
degli spogliatoi per calmarmi e sciacquarmi il viso.
Freddo.
E
con i brividi che mi percorrono provocandomi dei tremori interiori che
cerco di domare e non esternare, il respiro comincia a venirmi corto.
In men che non si dica eccomi davanti allo specchio dei rubinetti con
l’acqua aperta e le mani sotto il getto, immobili. I polsi si bagnano
diventando insensibili ma onestamente non sento nemmeno questo. Capisco
lontanamente che i segnali che il mio corpo mi mandano sono di una
piccola crisi di panico e mentre boccheggio, noto il mio stesso pallore
insieme alle contusioni per i pugni presi.
Improvvisamente
anche i miei legamenti si gelano insieme al sangue ed al sudore che
imperla la pelle chiara.
È
così su questi sintomi fisici e la vista che si offusca facendomi
sentire come neve al sole, che lo realizzo.
È
finita con Daniel?
L’ho
perso?
Torneremo
come prima?
Poi
solo la testa che gira e il soffitto della stanza che diventa sempre
più buffo davanti ai miei occhi.
Consapevolmente
mi sento scivolare giù mentre l’ovattato mondo intorno a me mi accoglie
e solo lontanamente sento due braccia reggermi al volo, mentre le forze
mi vengono completamente a meno.
Daniel?
Ti
prego, dimmi che sei tu…
Però
mi basta vedere il colore dei suoi occhi per capire che non si tratta
di lui ma bensì di Gianluca. Non so che espressione abbia, ma non mi
sembra molto rilassata…
Daniel,
perché non sei tu?
Dove
sei?
È
finita davvero?
Davvero?
Ti
prego, fa che non sia così… sento freddo, la neve torna ad avvolgermi,
non capisco nulla, c’è solo confusione e poi forse divento io stesso
neve, ma non so. Non so cosa succede, perdo coscienza di me stesso e
forse con un po’ di fortuna posso volare da te e dirti che mi dispiace,
che non volevo tacerti una cosa così importante ma che l’ho fatto per
te, perché ti amavo e amavo quel che avevamo ora e non volevo rovinare
tutto. Che tornando indietro te ne parlerei. Che non devi dubitare.
Ma
tu hai dubitato e la piccola crepa è diventato un fosso profondo… dove
sei?
Non
ti sento… ti voglio accanto a me ma non ti sento e di nuovo provo
quella sensazione di anni fa, quando solo con mio padre speravo di
morire piuttosto che vivere tutta la vita in quel modo.
Paura.
Paura
di non essere nulla. Di non avere nulla. Di sprofondare e andare giù,
sempre più giù… ancora più giù…
Come
puoi aver dubitato dei miei sentimenti? Come puoi?
Ti
prego… torna da me e dimmi che mi ami, solo questo… solo…
Oh,
se solo mi stessi a sentire, almeno tutto questo dolore avrebbe senso…
però tu mi hai colpito, hai dubitato e te ne sei andato senza
ascoltare… io ti parlavo ma non con la voce. Mi hai sempre capito ed
ora cosa è cambiato?
Perché
non ci siamo più capiti?
Si
è rotto davvero qualcosa?
No,
fa che non sia così… fa che non sia così… fa che torni da me…
Daniel.
Torna.
Io
ti amo… ho paura di questo insipido grigio, di questa fredda neve, di
questa terribile solitudine.
Ho
paura.
Non
lasciarmi.”
/By
Myself – Linkin Park/
“Con
passo spedito e quasi correndo esco dalla palestra sbattendo la porta,
come mio solito faccio un gran fracasso ma poco mi importa, come non mi
importa nulla di tutta la gente che mi guardava perplessa e dello stato
in cui sono ora, ancora in divisa d’allenamento e tutto sudato col
livido sullo zigomo che pulsa.
No,
come può interessarmi tutto questo?
In
realtà non mi interessa proprio nulla… proprio nulla… ora che lui si è
messo di nuovo al di là di quel muro e non vuole saperne di parlarmi.
No,
non è vero.
Lui
mi parla, sono solo io che non lo capisco più… dannazione… sbatto un
pugno sul recinto che costeggio e impreco in inglese.
Sono
io che non lo capisco più… l’ho sempre capito, lui e i suoi silenzio…
ed ora non ci riesco.
Ha
agito in modo inaspettato, come non avrebbe dovuto fare, come non
pensavo avrebbe mai fatto… e non ho più sentito la sua voce parlarmi.
Ho
solo sentito lui e il suo silenzio, un silenzio che ferisce. Ed ho
visto il suo muro che ha costruito di nuovo.
È
di nuovo freddo come la neve anche con me.
Però
mi ha colpito, succedeva ai primi tempi che finivamo per picchiarci…
poi però ci siamo amati… ed ora?
Ora
cos’è?
Mi
ha tenuto fuori da una cosa estremamente importante, che contava molto,
io lo so quanto contava per lui… e solo per proteggermi, magari… per
impedirmi di rimanerci male… ma così è stato peggio.
Preferisco
essergli vicino nelle decisioni così gravi e non lontano e non sapere
nulla.
Pensava
non fossi in grado di sostenerlo, di aiutarlo?
Cosa
DIAVOLO ha pensato quando mi ha taciuto una cosa simile?
No,
non ci riesco… mi passo nervoso le mani sul viso e fra i capelli neri
scompigliandoli ulteriormente. Mi sembra di impazzire.
Non
posso dirlo… non posso dirlo di nuovo.
Mi
ama?
Me
lo sono detto prima in preda all’ira ed ora che è rimasto solo dolore
ed angoscia, mi sembra come se il petto mi esplodesse e la testa mi
impazzisse.
Lo
amo ma non arrivo più a lui, non è più con me, non lo sento, non lo
percepisco, non lo comprendo… non… non mi ama più?
Si
è allontanato per questo?
Ha
scelto così per me e per questo ha cominciato ad odiarmi?
Se
è così era meglio che accettasse. Io non volevo rifiutasse, gli avrei
detto di andare e non pensare a me… avremmo litigato però non da
arrivare a questo punto.
Dio,
come fa male il pugno che mi ha dato.
Come
mi fa male dentro.
Un
altro colpo alla pietra e mi fermo appoggiandomi con le mani e la
testa, mi mordo le labbra e faccio una pura espressione di dolore, come
se stesse uscendomi un alien dalla pancia… non si può sopportare un
dolore simile, così alto da sfogarsi sul fisico… non si può
sopravvivere all’amore che diventa silenzio ed incomprensione.
Non
vado più bene per lui?
Non
c’è più dialogo e sincerità?
Fiducia?
Avrei
retto la notizia, avrei retto tutto perché avremmo affrontato tutto
insieme, come abbiamo sempre fatto… ma ora, così, da solo e senza di
lui no.
Così
non ce la faccio.
Lui
era la mia forza, lui la mia certezza, lui la mia testa, il mio cuore,
la mia anima… lui i miei colori, la mia voglia di vivere, il mio
casino, la mia onestà… lui era tutto e lo è ancora… e da solo senza
tutto non mi rimane che un vuoto che mi fa impazzire.
Non
ho nulla senza di lui e così no.
Così
non reggo.
No.
Ed
un urlo di dolore incontaminato e graffiante mi esce esternando ciò che
provo, ciò che sento, la follia che mi invade nel momento stesso in cui
me lo dico...
E
così te ne vai… via…
No,
non puoi… butta giù quel muro, torna a parlarmi, vedrai che ti capirò.
Non
mollarmi, non andartene… non farlo.
Come
reggo io?
Come
faccio io?
Come?
Non
andartene…
Mi
accascio sul marciapiede sempre appoggiandomi contro il recinto ed è
ora che sento solo lontanamente due mani che si appoggiano sulla mia
schiena, non hanno un tocco delicato o freddo e da lì capisco di chi si
tratta senza girarmi, anche se ci avrei sperato.
Trystin,
non sei tu… tu ormai non mi ami più, ormai non riesco più a capirti…
ormai sei lontano.
Non
verrai da me lo stesso e con pazienza ripeterai all’infinito ogni cosa.
Non lo farai.
Sono
solo?
È
ora, così, con angoscia che mi giro di scatto e aggrappandomi ad
Alessandro, l’abbraccio sprofondando il viso sul suo collo e con voce
rotta ringhio:
-
Ale… cosa cazzo faccio, ora? –
Mentre
le sue braccia mi avvolgono titubanti e sconvolte e le mie lacrime
escono a rigarmi le guance.
Lava
incandescente.
Cosa
rimarrà di me, ora?
Trystin,
dove sei?
Non
ti sento…”