Questa è La Mia Vita

CAPITOLO 4:

ODORE DI VENTO, PROFUMO DI ACQUA

gianale



Così come il giorno vinceva sempre sulle tenebrose notti nere, con un sorriso sbieco poco raccomandabile cercò di proposito Gianluca, la notte, l'acqua, il mare quasi immenso e spettacolare. Soffiando su di esso provocò come al solito cavalloni sempre più alti, indomabili quasi. Era l'unico a riuscire a buttare in tempesta un oceano apparentemente placido e distante da tutto e da tutti.’


/ Eyes of the tiger – Surivor /
Si trovavano uno di fronte all'altro.
Gianluca e Alessandro.
Entrambi lo stesso ruolo. Ala. Lo sguardo completamente diverso. Tanto concentrato sul gioco e sprezzante per la persona che aveva davanti uno, tanto selvaggio e provocante l'altro.
Marek buttò la palla in alto sopra le loro teste in qualità di arbitro, in ogni partita d'allenamento lo faceva e si divertiva a vedere in prima linea le azioni di quei ragazzi.
I capitani delle rispettive squadre erano i due che ora saltavano per prendere la palla che voleva. Non erano quelli con la maggiore elasticità, nel gruppo c'era uno che letteralmente volava, ma in qualità di leder il ruolo spettava a loro.
Finirono per toccarla insieme come sempre. Nessuno riusciva mai a prevalere e l'allenatore si ostinava a metterli l'uno contro l'altro. Da quando avevano unito le squadre non avevano mai fatto una partita né amichevole né ufficiale, il campionato non era vicino e c'era tempo per allenarsi bene. Il coach si ostinava a metterli in squadre avversarie, sperimentarli come combinazione vincente era un passo ancora azzardato per teste calde come loro.
La palla finì nelle abili mani di un compagno di Gianluca che cercò immediatamente il playmaker. Costui era Francesco, soprannominato l'artista del campo. Il castano era una vera e propria guida in piena regola. Senza dubbi. Qualunque qualità doveva possedere un regista, lui l'aveva.
Scattarono tutti i giocatori impostandosi nelle proprie zone attendendo il passaggio. Fu un azione fulminea, una gara di velocità in un certo senso. Ma protagonisti in quella frazione di secondo furono due ragazzi famosi per giocare sempre e solo in combinazione. Erano l'artista e il re delle finte. Playmaker e seconda guardia.
Quest'ultimo era un tipo notevole, sia d'aspetto che nei movimenti. Non aveva capacità da fuoriclasse, ma come diceva il suo soprannome era in grado di tirarsi fuori da qualunque situazione con le sue finte. La sua specialità era ingannare. Creava magie. La palla ce l’aveva lui e con gli occhi felini color acqua argentata affrontava l'avversario con una finta. Quando l'altro parve avere la meglio si rese conto che la palla era sparita per riapparire fra le mani del compagno di combinazioni. Francesco passò al volo a Gianluca che stufo di aspettare, appena l'afferrò, andò ad un canestro decisivo e perfetto. Non poteva sbagliare neppure con il suo perenne rivale che pensava di farcela. Non si poteva definire una sfida vinta o persa da qualcuno poiché non si erano affrontati seriamente. Tutti e due sapevano quando impuntarsi e quando no.
Era l'inizio, il riscaldamento.
Grazie a Francesco e Jude il primo punto se l'assegnarono la squadra di Gianluca il bisbetico.
Con un occhiolino i due amici si scambiarono un cinque al volo facendo notare quanto diversi fossero come coppia. Jude era il tipico ragazzo donnaiolo dalla bellezza diversa da quella classica di Francesco, semplice di Gianluca o aggressiva di Alessandro. Era un misto. Notevole come un gatto sornione e pigro, altrettanto furbo e dongiovanni.
Capelli strategicamente mossi e spettinati, gli donavano e lui sapeva di essere bello, ne approfittava.
Tuttavia ora Alessandro non sarebbe rimasto a guardare.
Il contrattacco fu praticamente fulmineo.
Nella squadra erano tutti in gamba, degni del posto che si erano guadagnati, ma se c'erano due che spiccavano erano i conosciuti geni.
Intraprese, tanto per cambiare, un azione individualista facendo dribbling fra tutti, avversari e compagni.
Il biondo ribelle non vedeva nessuno quando giocava, non effettuava passaggi, sembrava non esserne capace e con quello sguardo risoluto si trasformava in una scheggia. Era vento.
Al suo passaggio tutti lo potevano sentire indistintamente. Odore di vento. Selvaggio e fresco.
Con uno scatto si avvitò su sé stesso effettuando un canestro che a guardarlo pareva semplicissimo. In un solo secondo si trovarono nuovamente pari.
Alessandro era così. Aveva l'istinto del canestro, poteva giocare una partita intera da solo contro 5 avversari e non si stancava comunque.
Aveva dell'incredibile ma non da meno era Gianluca.
L'altro biondo distolse subito lo sguardo boscoso facendosi scivolare tutto addosso come acqua. Doveva pensare a fare altri punti e nient'altro.
In un baleno fu già posizionato all'estremità del campo, fiancheggiava il canestro pronto ad entrare in area appena la palla gli sarebbe toccata, tuttavia la sua espressione non prometteva nulla di buono.
Alessandro si divertiva e lo dimostrava, quando segnava faceva un sacco di arie da spacca mondo, lui invece manteneva un aria cupa e decisamente poco contenta pur facendo azioni splendide.
Sam, ripresasi a fatica, assisteva dalla panchina, accanto all'allenatore strano che le parlava in continuazione dei giocatori e di mille altre cose.
In realtà non l'ascoltava, la sua attenzione era attirata da ben altro. Per quanto amasse in modo sviscerale il basket, dopo aver passato quello che aveva passato, dal suo punto di vista era terribilmente presa da Marek, il suo principe azzurro.
Notò poco, quindi, l'azione vincente del fratello.
I soliti megalomani egocentrici si alternavano facendo poco gioco di squadra, negli allenamenti potevano permetterselo ma nelle partite ufficiali dovevano mettersi in testa di saper giocare anche con gli altri, anche se non guardava, erano pensieri automatici.
I suoi occhi scuri e grandi erano concentrati su un solo personaggio.
Capelli neri corti, occhi blu penetranti, lineamenti misteriosi, espressione magnetica, fondoschiena divino.
Il fulcro della sua divinazione fu presa di mira da Alessandro, l'unico che si azzardava a discutere animatamente le decisioni degli allenatori: presuntuoso e sfacciato. Al momento il giovane si stava lamentando del fallo fischiato contro di lui.
Il biondo di natura aveva un gioco aggressivo e falloso anche se comunque impeccabile e spettacolare, così l'unico a non aver paura a fargli abbassare le ali erano Gianluca e gli allenatori.
- Ma non era fallo, era al limite... avanti, non dire stupidaggini! -
il ragazzo adulto l'avrebbe messo a posto tranquillamente ma preferì semplicemente ignorarlo, era un po' il suo modo di fare. Quando però vide che non mollava la presa allora disse con uno strano guizzo divertito negli occhi:
- Invece di lamentarti potresti farmi vedere un gioco più convincente e corretto, non pensavo avessi limiti... -
Furbo il tipo... ” Pensarono tutti ascoltandolo. Bastava saper come prendere uno ribelle e scavezzacollo come Alessandro ed il gioco era fatto. Dopo questa provocazione volontaria tutti videro il ‘sempliciotto’ sorridere di sfida divertito e con una pacca sulla spalla dell’altro, da grande amicone quale non era, aveva detto ghignando:
- Ok, ora ti faccio vedere che non li ho i limiti! -
- BRUTTO IDIOTA, I LIMITI LI HAI ECCOME! NEL CERVELLO! NON PRENDERTI CERTE CONFIDENZE! -
La sboccata era arrivata dalla ragazza a bordo campo ora in piedi che ficcava una mano in faccia all'uomo che fino ad un secondo prima aveva tentato di parlarle di chissà cosa.
Troppo infastidita dalla scena non era riuscita a trattenersi e dopo essersi resa conto della figura pessima, l'ennesima della giornata, riuscì anche a diventare di mille colori per poi trovarsi davanti uno splendido volto dalla bellezza prettamente maschile corrispondente a Jude. Costui le avvolse le spalle con un braccio e seriamente convinto disse:
- Tesoro, siamo commossi di vedere che stai bene... che ne dici, con tutte queste energie, poi di uscire con me? -
La mora si bloccò fissando le proprie onici nere nelle iridi azzurro argento dell'altro, diventando di pietra.
Lo subiva eccome il fascino di uno come lui... pur essendo persa per Marek non disdegnava la bellezza pura!
Si lasciò confondere facilmente sentendo i muscoli notevoli del braccio sulla sua pelle attraverso i vestiti, proprio un piacevole attimo destinato a terminare quando Francesco, il compagno di squadra nonché di schemi, arrivò a riprenderselo e trascinarlo per la maglia.
- Smettila di corteggiare... stai giocando una partita, lo sai? -
Ma non era un rimprovero, si limitava a ridere di gusto troppo divertito dall'amico che ormai conosceva bene.
Alessandro, dal canto suo, si lasciò prendere dalla specie di provocazione dell'aiuto allenatore. Limiti... lui non li aveva, lui era come il vento libero e veloce che sconfinava come e quando voleva... l'acqua si poteva arginare, ma non il vento e l'avrebbe dimostrato che il vento vinceva l'acqua.
Così come il giorno vinceva sempre sulle tenebrose notti nere.
Con un sorriso sbieco poco raccomandabile cercò di proposito Gianluca, la notte, l'acqua... il mare quasi immenso e spettacolare.
Soffiando su di esso provocò come al solito cavalloni sempre più alti, indomabili quasi.
Era l'unico a riuscire a trasformare in tempesta un oceano apparentemente placido e distante da tutto e da tutti.
- Avanti, Gian, fammi vedere che sai fare oggi! -
Non puntò gli occhi di diamante sulla palla nella mano del rivale, bensì nello sguardo diretto e fine.
La sfera di cuoio risultava un prolungamento del suo braccio, come se madre natura l'avesse dotato di una parte in più e solo a lui potesse starci bene.
Adottando la posa corretta, con una grazia propria di un principe, si preparò ad una sfida, una delle tante eterne che non si sarebbe conclusa con un vincitore o con un vinto.
Lui era convinto di possedere qual qualcosa in più rispetto al bisbetico, ma ancora non riusciva a prevalere, a venire fuori. Cercava con insistenza da molto quel lato in più o in meno, la differenza. Non era possibile che fossero così uguali nel gioco.
Gianluca era inattaccabile, non presentava pecche e quella palla era veramente parte di lui. Guardò il suo corpo abbassato dal baricentro centrale e le gambe notevolmente piegate coi muscoli che si tendevano per lo sforzo. I capelli sudati gli ricadevano sul volto regolare.
Perché non dava segni di vita? Aveva quella perenne aria imbronciata e non dava soddisfazioni, gli veniva voglia di scuoterlo e prenderlo a pugni ma sapeva come poi sarebbe finita ed al momento la sua priorità era un altro, per cui si limitò ancora una volta a tentare di superarlo. Sicuramente uno dei due prima o poi avrebbe prevalso!
Prima o poi ma non ora evidentemente.
A sbloccare la situazione piatta che andava avanti da un paio di minuti arrivò la voce poco maschile dell'allenatore:
- Ale, Gian... che ne dite di far giocare anche gli altri? Su, animo... gioco gioco gioco! -
Fu così che si distrassero e seppur totalmente contrariato il possessore di palla con uno scatto d'ira pericoloso buttò la palla in aria dietro di sé. Sembrò una palla buttata via, invece finì magistralmente e magicamente nelle mani del playmaker Francesco che la guardò lui stesso stranito.
Quella si che era bella... alla faccia del passaggio!
Doveva irritarsi più volte, se i risultati erano quelli!
Fu quindi un altro motivo di rabbia per Alessandro... se voleva, quell'idiota, poteva dare ancora di più di quanto dava contro di lui e questo non lo sopportava.