‘Così
come il giorno vinceva sempre sulle tenebrose notti nere, con un
sorriso sbieco poco raccomandabile cercò di proposito
Gianluca, la notte, l'acqua, il mare quasi immenso e spettacolare.
Soffiando su di esso provocò come al solito cavalloni sempre
più alti, indomabili quasi. Era l'unico a riuscire a buttare
in tempesta un oceano apparentemente placido e distante da tutto e da
tutti.’
/
Eyes of the tiger – Surivor /
Si
trovavano uno di fronte all'altro.
Gianluca
e Alessandro.
Entrambi
lo stesso ruolo. Ala. Lo sguardo completamente diverso. Tanto
concentrato sul gioco e sprezzante per la persona che aveva davanti
uno, tanto selvaggio e provocante l'altro.
Marek
buttò la palla in alto sopra le loro teste in
qualità
di arbitro, in ogni partita d'allenamento lo faceva e si divertiva a
vedere in prima linea le azioni di quei ragazzi.
I
capitani delle rispettive squadre erano i due che ora saltavano per
prendere la palla che voleva. Non erano quelli con la maggiore
elasticità, nel gruppo c'era uno che letteralmente volava,
ma
in qualità di leder il ruolo spettava a loro.
Finirono
per toccarla insieme come sempre. Nessuno riusciva mai a prevalere e
l'allenatore si ostinava a metterli l'uno contro l'altro. Da quando
avevano unito le squadre non avevano mai fatto una partita
né
amichevole né ufficiale, il campionato non era vicino e
c'era
tempo per allenarsi bene. Il coach si ostinava a metterli in squadre
avversarie, sperimentarli come combinazione vincente era un passo
ancora azzardato per teste calde come loro.
La
palla finì nelle abili mani di un compagno di Gianluca che
cercò immediatamente il playmaker. Costui era Francesco,
soprannominato l'artista del campo. Il castano era una vera e propria
guida in piena regola. Senza dubbi. Qualunque qualità doveva
possedere un regista, lui l'aveva.
Scattarono
tutti i giocatori impostandosi nelle proprie zone attendendo il
passaggio. Fu un azione fulminea, una gara di velocità in un
certo senso. Ma protagonisti in quella frazione di secondo furono due
ragazzi famosi per giocare sempre e solo in combinazione. Erano
l'artista e il re delle finte. Playmaker e seconda guardia.
Quest'ultimo
era un tipo notevole, sia d'aspetto che nei movimenti. Non aveva
capacità da fuoriclasse, ma come diceva il suo soprannome
era
in grado di tirarsi fuori da qualunque situazione con le sue finte.
La sua specialità era ingannare. Creava magie. La palla ce
l’aveva lui e con gli occhi felini color acqua argentata
affrontava
l'avversario con una finta. Quando l'altro parve avere la meglio si
rese conto che la palla era sparita per riapparire fra le mani del
compagno di combinazioni. Francesco passò al volo a Gianluca
che stufo di aspettare, appena l'afferrò, andò ad
un
canestro decisivo e perfetto. Non poteva sbagliare neppure con il suo
perenne rivale che pensava di farcela. Non si poteva definire una
sfida vinta o persa da qualcuno poiché non si erano
affrontati
seriamente. Tutti e due sapevano quando impuntarsi e quando no.
Era
l'inizio, il riscaldamento.
Grazie
a Francesco e Jude il primo punto se l'assegnarono la squadra di
Gianluca il bisbetico.
Con un
occhiolino i due amici si scambiarono un cinque al volo facendo
notare quanto diversi fossero come coppia. Jude era il tipico ragazzo
donnaiolo dalla bellezza diversa da quella classica di Francesco,
semplice di Gianluca o aggressiva di Alessandro. Era un misto.
Notevole come un gatto sornione e pigro, altrettanto furbo e
dongiovanni.
Capelli
strategicamente mossi e spettinati, gli donavano e lui sapeva di
essere bello, ne approfittava.
Tuttavia
ora Alessandro non sarebbe rimasto a guardare.
Il
contrattacco fu praticamente fulmineo.
Nella
squadra erano tutti in gamba, degni del posto che si erano
guadagnati, ma se c'erano due che spiccavano erano i conosciuti geni.
Intraprese,
tanto per cambiare, un azione individualista facendo dribbling fra
tutti, avversari e compagni.
Il
biondo ribelle non vedeva nessuno quando giocava, non effettuava
passaggi, sembrava non esserne capace e con quello sguardo risoluto
si trasformava in una scheggia. Era vento.
Al suo
passaggio tutti lo potevano sentire indistintamente. Odore di vento.
Selvaggio e fresco.
Con uno
scatto si avvitò su sé stesso effettuando un
canestro
che a guardarlo pareva semplicissimo. In un solo secondo si trovarono
nuovamente pari.
Alessandro
era così. Aveva l'istinto del canestro, poteva giocare una
partita intera da solo contro 5 avversari e non si stancava comunque.
Aveva
dell'incredibile ma non da meno era Gianluca.
L'altro
biondo distolse subito lo sguardo boscoso facendosi scivolare tutto
addosso come acqua. Doveva pensare a fare altri punti e nient'altro.
In un
baleno fu già posizionato all'estremità del
campo,
fiancheggiava il canestro pronto ad entrare in area appena la palla
gli sarebbe toccata, tuttavia la sua espressione non prometteva nulla
di buono.
Alessandro
si divertiva e lo dimostrava, quando segnava faceva un sacco di arie
da spacca mondo, lui invece manteneva un aria cupa e decisamente poco
contenta pur facendo azioni splendide.
Sam,
ripresasi a fatica, assisteva dalla panchina, accanto all'allenatore
strano che le parlava in continuazione dei giocatori e di mille altre
cose.
In
realtà non l'ascoltava, la sua attenzione era attirata da
ben
altro. Per quanto amasse in modo sviscerale il basket, dopo aver
passato quello che aveva passato, dal suo punto di vista era
terribilmente presa da Marek, il suo principe azzurro.
Notò
poco, quindi, l'azione vincente del fratello.
I
soliti megalomani egocentrici si alternavano facendo poco gioco di
squadra, negli allenamenti potevano permetterselo ma nelle partite
ufficiali dovevano mettersi in testa di saper giocare anche con gli
altri, anche se non guardava, erano pensieri automatici.
I suoi
occhi scuri e grandi erano concentrati su un solo personaggio.
Capelli
neri corti, occhi blu penetranti, lineamenti misteriosi, espressione
magnetica, fondoschiena divino.
Il
fulcro della sua divinazione fu presa di mira da Alessandro, l'unico
che si azzardava a discutere animatamente le decisioni degli
allenatori: presuntuoso e sfacciato. Al momento il giovane si stava
lamentando del fallo fischiato contro di lui.
Il
biondo di natura aveva un gioco aggressivo e falloso anche se
comunque impeccabile e spettacolare, così l'unico a non aver
paura a fargli abbassare le ali erano Gianluca e gli allenatori.
- Ma
non era fallo, era al limite... avanti, non dire stupidaggini! -
il
ragazzo adulto l'avrebbe messo a posto tranquillamente ma
preferì
semplicemente ignorarlo, era un po' il suo modo di fare. Quando
però
vide che non mollava la presa allora disse con uno strano guizzo
divertito negli occhi:
-
Invece di lamentarti potresti farmi vedere un gioco più
convincente e corretto, non pensavo avessi limiti... -
“
Furbo
il tipo... ” Pensarono
tutti ascoltandolo. Bastava saper come prendere uno ribelle e
scavezzacollo come Alessandro ed il gioco era fatto. Dopo questa
provocazione volontaria tutti videro il
‘sempliciotto’ sorridere
di sfida divertito e con una pacca sulla spalla dell’altro,
da
grande amicone quale non era, aveva detto ghignando:
- Ok,
ora ti faccio vedere che non li ho i limiti! -
-
BRUTTO IDIOTA, I LIMITI LI HAI ECCOME! NEL CERVELLO! NON PRENDERTI
CERTE CONFIDENZE! -
La
sboccata era arrivata dalla ragazza a bordo campo ora in piedi che
ficcava una mano in faccia all'uomo che fino ad un secondo prima
aveva tentato di parlarle di chissà cosa.
Troppo
infastidita dalla scena non era riuscita a trattenersi e dopo essersi
resa conto della figura pessima, l'ennesima della giornata,
riuscì
anche a diventare di mille colori per poi trovarsi davanti uno
splendido volto dalla bellezza prettamente maschile corrispondente a
Jude. Costui le avvolse le spalle con un braccio e seriamente
convinto disse:
-
Tesoro, siamo commossi di vedere che stai bene... che ne dici, con
tutte queste energie, poi di uscire con me? -
La mora
si bloccò fissando le proprie onici nere nelle iridi azzurro
argento dell'altro, diventando di pietra.
Lo
subiva eccome il fascino di uno come lui... pur essendo persa per
Marek non disdegnava la bellezza pura!
Si
lasciò confondere facilmente sentendo i muscoli notevoli del
braccio sulla sua pelle attraverso i vestiti, proprio un piacevole
attimo destinato a terminare quando Francesco, il compagno di squadra
nonché di schemi, arrivò a riprenderselo e
trascinarlo
per la maglia.
-
Smettila di corteggiare... stai giocando una partita, lo sai? -
Ma non
era un rimprovero, si limitava a ridere di gusto troppo divertito
dall'amico che ormai conosceva bene.
Alessandro,
dal canto suo, si lasciò prendere dalla specie di
provocazione
dell'aiuto allenatore. Limiti... lui non li aveva, lui era come il
vento libero e veloce che sconfinava come e quando voleva... l'acqua
si poteva arginare, ma non il vento e l'avrebbe dimostrato che il
vento vinceva l'acqua.
Così
come il giorno vinceva sempre sulle tenebrose notti nere.
Con un
sorriso sbieco poco raccomandabile cercò di proposito
Gianluca, la notte, l'acqua... il mare quasi immenso e spettacolare.
Soffiando
su di esso provocò come al solito cavalloni sempre
più
alti, indomabili quasi.
Era
l'unico a riuscire a trasformare in tempesta un oceano apparentemente
placido e distante da tutto e da tutti.
-
Avanti, Gian, fammi vedere che sai fare oggi! -
Non
puntò gli occhi di diamante sulla palla nella mano del
rivale,
bensì nello sguardo diretto e fine.
La
sfera di cuoio risultava un prolungamento del suo braccio, come se
madre natura l'avesse dotato di una parte in più e solo a
lui
potesse starci bene.
Adottando
la posa corretta, con una grazia propria di un principe, si
preparò
ad una sfida, una delle tante eterne che non si sarebbe conclusa con
un vincitore o con un vinto.
Lui era
convinto di possedere qual qualcosa in più rispetto al
bisbetico, ma ancora non riusciva a prevalere, a venire fuori.
Cercava con insistenza da molto quel lato in più o in meno,
la
differenza. Non era possibile che fossero così uguali nel
gioco.
Gianluca
era inattaccabile, non presentava pecche e quella palla era veramente
parte di lui. Guardò il suo corpo abbassato dal baricentro
centrale e le gambe notevolmente piegate coi muscoli che si tendevano
per lo sforzo. I capelli sudati gli ricadevano sul volto regolare.
Perché
non dava segni di vita? Aveva quella perenne aria imbronciata e non
dava soddisfazioni, gli veniva voglia di scuoterlo e prenderlo a
pugni ma sapeva come poi sarebbe finita ed al momento la sua
priorità
era un altro, per cui si limitò ancora una volta a tentare
di
superarlo. Sicuramente uno dei due prima o poi avrebbe prevalso!
Prima o
poi ma non ora evidentemente.
A
sbloccare la situazione piatta che andava avanti da un paio di minuti
arrivò la voce poco maschile dell'allenatore:
- Ale,
Gian... che ne dite di far giocare anche gli altri? Su, animo... gioco
gioco gioco! -
Fu così
che si distrassero e seppur totalmente contrariato il possessore di
palla con uno scatto d'ira pericoloso buttò la palla in aria
dietro di sé. Sembrò una palla buttata via,
invece finì
magistralmente e magicamente nelle mani del playmaker Francesco che
la guardò lui stesso stranito.
Quella
si che era bella... alla faccia del passaggio!
Doveva
irritarsi più volte, se i risultati erano quelli!
Fu
quindi un altro motivo di rabbia per Alessandro... se voleva,
quell'idiota, poteva dare ancora di più di quanto dava
contro
di lui e questo non lo sopportava.