QUESTA è LA MIA VITA

alegian

CAPITOLO 8:

MI PIACE COME TI MUOVI

'Una novità. Giocheranno assieme e non contro. Ci saranno delle belle!’

/ I like the way you move – Bodyrockers /
- Marek, è arrivato il momento! -
L'allenatore, quell'essere strano ed eccentrico che faceva più ridere che altro, sentenziò così al suo secondo che cominciò a preoccuparsi per qualunque significato potesse avere quella frase detta da lui.
Elaborò alla velocità della luce una reazione saggia e decise di assecondarlo facendo finta di sapere esattamente cosa intendesse.
- Bene, non vedo l'ora. -
Seriamente convinto.
Jack, il coach, con un sorriso preoccupante disse:
- Sta a guardare, ne vedremo delle belle! -
"Uno spasso! Sapessi almeno di cosa parla!"
Pensò allora il moro.
- Vuoi dare tu l'ordine? -
Se fosse stato uno che si impanicava gli sarebbe preso un colpo, ma Marek era sempre tutto d'un pezzo, composto e tranquillo e da grande attore, pacato come al solito, rispose con un piccolo sorriso enigmatico:
- A lei l'onore, coach! -
Se l'era cavata bene.
Assistette anche lui incuriosito alla scena.
Cosa aveva in mente quel pazzo che sembrava geniale in certi momenti, mentre in altri solo assurdo?
Si avvicinò ai ragazzi radunandoli al centro:
- Ragazzi, è ora di fare la partita di allenamento. Dividetevi come al solito tranne un eccezione. Ci sarà un cambiamento! Gianluca e Alessandro insieme! -
Seguì un lungo attimo di silenzio nel quale tutti erano convinti che scherzasse. Nessuno ci credeva, Marek per primo.
Si udì una risata poco femminile dal lato della palestra, nelle sedie destinate agli spettatori.
Senza bisogno di specificarlo era Samantah che ci credeva eccome alla notizia e la trovava divertentissima!
A parte questo nessun altro azzardò parole o reazioni.
- Dai su, datevi da fare! -
Era vero.
Alessandro e Gianluca ebbero la stessa reazione.
- Ma lei è impazzito! Noi non possiamo stare insieme! -
Era contro la loro natura. Impossibile e nemmeno da dire per scherzo!
Sudarono freddo nella speranza che si mettesse a ridere come suo solito dicendo che ci erano cascati.
Loro due insieme? Ma quando mai?
Perché?
Sorrise, in realtà. L'uomo eccentrico dai capelli per aria.
Ma non per dire che scherzava, solo per dar loro una pacca sulla schiena ciascuno e spingerli poco amichevolmente in campo.
- Quindi vediamo: Gianluca e Alessandro le due ali, playmaker Manuel, seconda guardia Giovanni, centro Gabriele. Nell'altra invece schiero la coppia d'oro Francesco e Jude come play e seconda guardia. Il centro sarà Luca mentre le ali... -
Si fermò visionando tutte le possibili ali fra le riserve... non ce ne erano all'altezza di Gianluca e Alessandro, per quello li aveva sempre divisi, ma in partita regolare li avrebbe schierati insieme in campo per cui era ora di iniziare ad adattarsi l'un all'altro.
Sperava nella divina provvidenza affinché gli mandasse altre due buone ali!
- Andate voi due e fate del vostro meglio! -
Disse rivolto a due riserve non molto in grado di competere coi due mostri sacri.
Detto ciò consegnò il fischietto d'arbitraggio a Marek che avrebbe voluto dire due parole di conforto ai due poveri guerrieri prima di scendere in battaglia, fianco a fianco.
Gli occhi azzurro cielo tempestoso di Alessandro si puntarono disperati e per nulla convinti in quelli verde bosco di Gianluca contrario con tutto sé stesso a quella combinazione di gioco.
"Porca vacca! Io non voglio stare con quello!"
Entrambe le espressioni dei ragazzi sembravano dire proprio quello.
Non è che avevano motivazioni fondate per non voler giocare assieme, semplicemente i pregiudizi sull'altro impedivano di aprire gli occhi.
Non volevano vedere la loro uguaglianza, tanto meno provare sulla pelle il piacere di far coppia con un giocatore valido.
Si consideravano l'un l'altro la peggiore merda del mondo e finché ne sarebbero stati convinti, sarebbe stata dura trovare un punto d'incontro ma uno c'era. Un punto esisteva. Ed era il basket.
Sbuffarono visibilmente seccati con smorfie diverse ma derivate da motivazioni uguali.
Gianluca si preparò in cerchio al centro del campo intorno a Gabriele e Luca divisi dalla linea di mezzo pronti per saltare davanti a Marek, l'arbitro.
Con aria scura, la sua solita apparentemente, fissava male prima l'allenatore, poi la palla stessa ed infine Alessandro intento a marcare uno degli avversari e non più lui come accadeva sempre in quelle partitelle.
Samantah capì subito che era più irritato del solito e che per questo avrebbe giocato molto bene.
Lo si vedeva dal sopracciglio destro inarcato in maniera esagerata e dalla ruga sulla fronte, segno di profonda contrarietà, tuttavia non si sarebbe lamentato con il coach, non era tipo. Era certa di sapere cosa pensasse il fratello: sicuramente ce l'aveva più che altro perché così non si sarebbe divertito molto. Nessuno degli altri, fra i suoi marcatori, era in grado di tenergli testa, solo Alessandro, e il fatto che giocasse con lui non gli avrebbe permesso di muoversi in sfida con sé stesso per superarsi. Era come avere la strada spianata e lo detestava.
- Imparerà a divertirsi anche a giocare di fianco a lui... avrà una bella sorpresa! Porco cane, ne sono convinta! -
Mormorò fra sé e sé in maniera poco sana di mente.
Per Alessandro era diverso.
Sam non lo conosceva ma ipotizzò che dovesse essere la stessa cosa. Dal punto di vista della mora concentrata sui due ragazzi per evitare coloriti evidenti dovuti allo sguardo verso ‘certa’ gente, Ale e Gian avevano la medesima ottusità. Si trattava solo di quello. Si erano fatti idee affrettate e sbagliate a vicenda e ora per sradicarle ci sarebbe voluto non poco tempo.
Tuttavia un po' di fatica per comprendere il biondo ribelle la faceva anche lei, nonostante le piacesse come persona.
Alzò le spalle e i suoi occhioni neri furono tutti per il bel Marek dall'aria misteriosa e affascinante.
Cosa avrebbe dato per essere meno timida con lui... era da anni che gli andava dietro e da anni non era riuscita a spiccicare parola con lui. O comunque poche volte.
Sospirò sconfitta. Sarebbero passati altri decenni prima che il coraggio verso di lui sarebbe tornato.
Lo vide alzare la palla di cuoio in alto e fare dei passi indietro per permettere il salto ai due ragazzi. Gabriele, il biondo quasi albino, fece un salto da capogiro, come suo solito, facendosi notare non poco; con aria di vittoria mista ad un sorriso di superiorità perennemente sporco di qualche veleno, buttò la palla nelle mani del playmaker della sua squadra, Manuel, che impostò la prima azione.
La due ali scattarono seguite dalle altre che però si sapeva non erano alla loro altezza. In attesa della palla, fecero attenzione a non essere in una posizione inferiore all'altro.
Un attenzione maniacale.
Manuel fu marcato dall'altro playmaker, Francesco, che seppur piccoletto di statura aveva una velocità d'azione non indifferente.
La spalla di Manuel non era nulla di speciale e fu annullata facilmente da Jude, il mago delle finte.
Per cui il moro occhialuto si trovò ad agire da solo in svantaggio. I due centri furono presto anche loro in posizione ma prima di penetrare nella piccola area avversaria, dovettero aspettare che l'attacco vero e proprio iniziasse per non sforare con i secondi regolamentari.
Manuel era certamente abile, ma c'era da dire che Alessandro e Gianluca non lo aiutavano molto, troppo presi da essi stessi e dal non rimanere indietro.
Fu così che gli altri presero la palla grazie a Francesco e terminarono con due punti a loro vantaggio.
La cosa rimase sullo stomaco specialmente a Gabriele che odiava vedere i primi punti agli avversari.
Fu così che l'ira di Gianluca cominciò a formarsi concretamente.
Ogni azione che il loro playmaker riusciva a formare veniva annullata dalla coppia d'oro ed essendo che nessun altro nella loro squadra giocava a dovere poiché troppo individualista, furono veramente pochi i punti del primo quarto di tempo.
Uno sbuffo.
Uno solo.
Poi Gianluca si sedette nell'angolo della panca bevendo un po' d'acqua.
Avesse combinato qualcosa di buono. Non solo Alessandro ma anche gli altri.
Lui stesso aveva segnato pochissimo perché nessuno era in grado di consegnargli delle buone palle-gioco.
Due lame verdi squadrarono malamente fredde i 'compagni'.
Quello non era il suo gioco.
Lui in campo era istinto. Con quella sfera di cuoio fra le mani scattava e guizzando come un agile lupo selvatico sgusciava da tutti arrivando all'obiettivo in maniera maestosa e letale.
Ora gli sembrava di avere i piedi in una trappola che gli impediva la corsa e la vittoria.
Le zanne però erano pronte, sempre più pronte, ad ottenere ciò per cui viveva. In un modo o nell'altro il lupo avrebbe avuto la sua preda.
Che in quel momento era la vittoria.
Al contrario suo, Alessandro non sapeva cosa voleva dire stare fermo senza far nulla a riposare o magari a riflettere sui suoi errori. Saltava e faceva capriole al volo, verticali con una mano e acrobazie degne da scimmia di circo. Eppure la sua agilità comunque non passava inosservata, gli dava certo fastidio non aver ancora segnato, ma lo rincuorava il fatto che nemmeno il suo nemico aveva fatto tanti punti. Erano in svantaggio, certo, però era convinto che ora avrebbe fatto sul serio e avrebbe preso in mano la situazione lasciando tutti di stucco. Era semplice e lineare. Chiaro come il sole.
Se paragonato ad un animale non ce n'era uno per lui che riassumesse le sue caratteristiche. Tuttavia spiccava ugualmente.
Indossava la maglia dei Lakers e non quella della squadra per puro spirito di contraddizione. Sempre ed unicamente quella di Kobe. Non perché possedeva lo stesso modo di giocare o lo stesso ruolo, ma solo perché piaceva a lui.
Così per gioco molti lo chiamavano Kobe, in campo. In realtà lo si poteva soprannominare uragano, tifone, tornado... era così. Devastante e non perdonava chiunque si trovasse sulla sua strada.
Come un Dissennatore di Harry Potter, solo più allegro!
- Io direi che potete iniziare a giocare come si deve. In partita giocherete insieme, tu e Gianluca. Evita quindi quelle tue azioni d'egocentrismo che non ti portano a nulla di utile e fa sul serio sfruttando le doti del compagno con cui farai coppia fissa d'ora in poi. Che ti piaccia o no! -
Marek parlava tanto solo per dire cose riguardanti il basket. Aveva parlato in modo tagliente e adulto, composto. Tipicamente suo.
Si era beccato un occhiataccia di Alessandro che comunque aveva ignorato ed aveva fischiato l'inizio del secondo quarto di tempo.
L'umore di Gianluca era nero fondente, più di sempre.
Non gli andava più giù nulla. Per lui era inammissibile perdere, segnare poco, fare quelle magre figure. Gli bruciava. Gli bruciava dannatamente.
Le labbra strette, i capelli lisci ricadevano sugli occhi ricoprendo la fronte, con le goccioline di sudore che tentavano di colargli lungo la pelle chiara lucida.
Era intrigante. Più si indiavolava e più lo era.
Ripresero da dove avevano interrotto ma i fatti sembravano non essere cambiati molto. Alessandro era stufo di aspettare che Manuel gli passasse la palla e cercava di prevalere da solo, era ormai come una massa di gente che non aveva né capo né coda. Persone senza cervello, in quel momento, che si muovevano attendendo di ottenere la palla.
Fu lì.
"Basta!"
Quel pensiero e poi un salto notevole nonostante non ne facesse mai di evidenti, la palla stretta fra le mani sopra la sua testa e infine la corsa lampo che terminò con una schiacciata solitaria da capogiro. Il tutto con un espressione lugubre da brivido.
Mai far arrabbiare il lupo.
Freddamente ignorò la palla che cadeva a terra dopo i punti maestosi segnati, guardò gli altri che stupiti cercavano ancora di capire che diavolo fosse successo.
- Ma che... -
Mormorò uno ancora stordito dalla botta del canestro.
- Non è successo nulla... -
Disse sorridendo amichevolmente Francesco ricambiando lo sguardo glaciale dell'ala.
Terminò per lui il suo amico Jude.
- Già... Gianluca si è solo arrabbiato ed ha deciso di fare sul serio. -
Come fosse normale amministrazione. Come se chi lo conosceva se lo aspettasse da un momento all'altro. Jude distolse lo sguardo dopo aver detto quelle parole e sornione tornò a camminare come un gatto prendendo la palla che dietro il protagonista della scena ancora rimbalzava nel silenzio generale.
Un applauso seguito da urla di incitamento arrivò a svegliare tutti:
- TESORO SEI PROPRIO GRNDE! ERA ORA CHE TI SVEGLIASSI! GRANDE! -
Samantah sarebbe andata in campo ad abbracciare il fratello ma decise di starsene buona ad assistere al resto della partita.
- Interessante... era ora... -
Mormorò a bassa voce Marek mentre faceva un mezzo sorriso in direzione della scatenata ragazza a bordo campo.
- Puoi dirlo forte! Penso che a breve assisteremo anche al risveglio dell'uragano e le danze saranno definitivamente aperte. -
Soddisfatto con una gioia quasi perfida tanto che era profonda, l'allenatore Jack diede una pacca sulla spalla del suo aiutante e concluse continuando ad osservare i suoi gioielli.
- Ascolta... non senti una musica provenire da quel campo? Dettata dalla palla sul parquet, le grida di quei ragazzi, le gomme delle scarpe contro il suolo che stridono... e le azioni di gioco potenti di quei due? Ascolta... questo è rock...! -
Sembrava suonato... ad ascoltarlo in quel modo poteva sembrarlo, ma non lo era del tutto.
Il moro diede attenzione ai particolari citati e i suoi sottili occhi blu si ampliarono nel rendersi conto che quel pazzo aveva ragione.
Era musica rock, la più bella ascoltata fin ora...
Bellezza allo stato puro.
Iniziò come un applauso che va a tempo di una batteria alla quale poi si aggiunge il basso, la chitarra elettrica ed infine la voce.
Un ritmo incessante ed incitamenti.
Si scambiarono uno sguardo letale i due suonatori principali del concerto consapevoli che i giochi erano finiti.
Alessandro impressionato dall'azione di Gianluca si era scosso e gli si era accesa dentro la voglia. Una voglia sviscerale di agire subito e far vedere che non era da meno. Voleva far vedere la sua grandezza... voleva dettare il tempo, far danzare tutti.
E con o senza l'aiuto di qualcuno l'avrebbe fatto.
Per non rimanere indietro rispetto lui.
Voleva travolgere tutti.
Al primo passaggio intercettò la palla con uno slaloon impressionante che non bastò, lo conoscevano alla perfezione.
Non contemplò minimamente l'idea di passare al playmaker.
Nemmeno per sogno.
La sua azione fu dettata da questo pensiero fugace.
"Vediamo tu, che mi guardi con tanta superiorità. Vediamo tu, re del campo da basket, se sei veramente superiore a me... vediamo cosa fai a questo punto. Vediamo... la nostra sfida continua!"
E l'impulso (fino ad un certo punto tale) fece il resto.
Un passaggio sopra la testa, con un scambio di sguardi pieno di fuoco e sfida.
Gianluca si trovò stupito la sfera in mano e capì le sue intenzioni, chiare come se gliele avesse dette a voce. Che c'era di strano e incomprensibile?
Tutto un tratto quel ragazzo gli sembrava il sole.
"Ti faccio vedere io cosa si fa a questo punto!"
E sconnettendo il cervello fece l'unica cosa per cui era nato.
Non aveva bisogno di nulla, non gli serviva affetto, amore, attenzione, riconoscimenti, schemi, idee. Lui quando aveva la palla da basket in mano diventava un tutt'uno con essa e come se sentisse il suo spirito vivo, la trattava nel miglior modo che un amante potesse desiderare.
E dava spettacolo, senza rendersene conto.
Lui in un campo non avrebbe mai dato il peggio di sé, non avrebbe mai sbagliato. Sarebbe stato contro la sua natura.
Scattò e si smarcò come se nulla fosse, poi con un giro su sé stesso ad occhi chiusi, freddamente, mantenne le spalle al canestro e incurvò la schiena accompagnando il braccio in un disegno lineare degno di un danzatore di classica. La mano esercitò il limite dell'arco e come un assolo di chitarra spettacolare la palla volò sopra le teste di tutti. Gli occhi verdi dello sguardo perennemente freddo e serio si staccarono dalla palla che sembrava completare il suo braccio fino al ferro circolare del canestro. Quel verde boscoso andò a puntarsi sul ragazzo che fino ad un momento prima avrebbe sbranato. Il suo sfidante.
Fu l'apice di una ipotetica canzone trionfale. Come se si fossero letti nel pensiero, ingannarono tutti che pensavano la palla entrasse. Alessandro saltò di sorpresa disturbando il difensore avversario e prese la palla con le sue mani le cui nocche erano arrossate da qualche pugno dato prima dell'allenamento.
Spezzò la linea dettata da Gianluca e con un altro cerchio ampio velocissimo terminò con il canestro che vibrò.
La prima di una lunga serie di azioni giocate assieme. Finalmente.
Avevano capito una cosa.
Erano rivali ma la combinazione l'uno con l'altro li rendeva invincibili e inarrestabili. Esaltante come pensiero. La potenza, il potere nelle loro mani. Chi si importava poi se l'altro era odioso? A livello di basket era magnifico.
Poter fare qualunque cosa possibile e immaginabile e oltre con successo perché poi nessuno sarebbe stato alla loro altezza.
Fantastico.
Si fissarono ad un certo punto mentre il casino di Samantah e di Jack regnava entusiasta e i Marek soddisfatto li seguiva coi compagni sbalorditi e scoraggiati.
Era spettacolo puro. Un concerto strabiliante.
Si fissarono, quindi, i due artefici del potere e della musica. Non si toccarono, non si dissero altro se non un chiaro:
- Niente male, dopotutto! -
E un pensiero che finiva così:
"Mi piace come ti muovi..."
Il vero inizio di qualcosa.