CAPITOLO XI:
LA PROVENIENZA DEL SOLE
Ramon era al settimo cielo, era da
molto che non si sentiva così ed ora lo era sempre di più, giorno
dopo giorno sentiva la gioia nell'aprire gli occhi, non era più
stanco.
Era contento, si prendeva cura di sé,
si sistemava un po', teneva pulita la casa e addirittura mangiava.
Non aveva voglia di stordirsi con droghe o alcool, voleva rimanere
presente per capire bene tutto quello che provava.
Quando Kay suonò, lui arrivò saltando
alla porta ad aprirgli, quindi spalancò le braccia e gli lanciò un
bastone di quelli da lord inglesi di una volta, Kay, colto alla
sprovvista, lo prese al volo guardandolo con occhi spalancati ed un
sorriso già pronto per partito preso.
- Oggi, mio caro collega... - Disse
Ramon mettendosi un soprabito da Dracula ed un cilindro da mago di
una volta. - andremo a fare un giro al parco. Ne conosco uno molto
tranquillo e bello dove potrai trovare ispirazione per scrivere! -
Kay in effetti la canzone l'aveva quasi già completata ieri sera,
dopo aver fatto l'amore con Marcel, ma siccome la doveva perfezionare
e che comunque Ramon era la prima volta che voleva uscire, accettò
la proposta facendo girare il bastone con una mano con gran maestria,
per poi darglielo.
Ramon lo rifiutò.
- E' un regalo per te! Hai uno stile da
lord inglese! - Kay rise di gusto.
- Ho uno stile da svitato! - In effetti
quell'oggi si era superato. I colori dominanti erano giallo come al
solito e verde fosforescente. Le maniche ed il colletto della camicia
avevano i riccioli e i bottoni erano dei grossi glitter luminescenti.
Gli stessi che c'erano nelle scarpe.
Insomma, al sole brillava!
Ramon rise e se lo trascinò a
braccetto fuori di casa, era davvero contento.
- Andiamo a conquistare il mondo! - Kay
rise a sua volta, sembrava che insieme non fossero capaci di far
altro che quello. Ridere.
Però era bello, specie per Ramon il
quale non era per niente abituato.
- Saremmo pericolosi! - Commentò Kay
rendendosene conto.
- Il mondo si dividerebbe in due.
Quello tutto colorato e quello vampiresco! -
- Come va la pelle? Comincia a
bruciare? -
- Eh, a momenti mi dissolvo, ma spero
di lasciare una traccia indimenticabile nel mondo! - Le battute si
riferivano al fatto che lui sembrava un vampiro in quanto non usciva
mai di casa.
- Faremo del nostro meglio! - Concluse
Kay tutto allegro camminando con lui e giocando col bastone proprio
come un Lord inglese.
Scherzarono sul suo essere vampiro per
tutta la strada, poi una volta arrivati si fermarono in un angolo che
a loro detta era perfetto. Erano un gruppo di alberi che isolavano
dal resto del parco, che si affacciavano sul lago.
Su di esso delle anatre nuotavano
pacifiche, il sole rifletteva sulla superficie liscia e Kay respirò
a pieni polmoni l'aria pulita, riempiendosi gli occhi di quel
bellissimo spettacolo.
- E' proprio splendido! Non conoscevo
questo posto! - Ramon sorrise soddisfatto.
- E' da una vita che non esco. Da mesi.
Però speravo fosse ancora così bello! - Kay voleva chiedergli
perchè non usciva mai, però aveva paura di essere indiscreto.
Si sedette con lui sull'erba e tirò
fuori dalla sua grande borsa gialla il quaderno su cui aveva scritto
quasi tutta la canzone, ieri sera.
- Perchè non ti piace uscire? - Chiese
alla fine. Non ci trovava niente di male nel saperlo, era una domanda
che gli era venuta da fare.
Kay non aveva paura fondamentalmente di
nulla, solo che a volte faceva o non faceva le cose secondo una
specie di buon senso. Tendeva comunque ad essere incosciente.
Ramon non aveva voglia di rispondere,
però era un parlare di sé e lui era egocentrico, gli piaceva
parlare di sé anche se non per mostrare delle debolezze. Con Kay
sembrava capace di fare solo quello.
Si stese appoggiandosi sui gomiti,
guardando un po' il cielo dove le nuvole si rincorrevano, ma senza
mai coprire il sole.
- Non lo so. Non mi piace il mondo qua
fuori, lo trovo falso, ipocrita, stancante... tutti fanno a gara a
ferire. Non trovo niente di interessante in questo mondo. - Disse con
sufficienza.
- Io lo trovo estremamente
interessante... e lo trovo bizzarro e divertente... quando sono giù
mi basta fare una passeggiata! Io... io amo il mondo qua fuori!
Nessuno è uguale all'altro! Ti può capitare di tutto! È una
splendida avventura, questo mondo! - Kay aveva risposto col suo
tipico entusiasmo gesticolando e giocando col bastone. Ramon lo
guardava, lui, il suo profilo regolare, gli occhi da gatto e l'aria
da un qualche altro animaletto dolce. Chissà se era facile come
sembrava assoggettarlo e farlo suo. Non sembrava avere molto polso.
Sì, l'aveva respinto, ma lui non era stato veramente insistente.
Ramon decise di metterlo alla prova e
lo tirò giù con sé, stendendosi completamente. Kay sorpreso si
lasciò fare e guardò in alto mentre Ramon guardava ancora il suo
profilo sorridente e sereno.
Sembrava tanto ingenuo.
- Per me è solo fonte di dolore, in
qualche modo fa soffrire sempre. - Ramon e la sua negatività
continuavano a battere senza dargli effettive prove di quel che
diceva. Kay non si sarebbe mai convinto di quel che diceva.
- Per me è l'opposto. Immagino dipenda
dalle esperienze singolari che abbiamo avuto. Io ho incontrato sempre
molte persone fantastiche, grandi amici che mi hanno aiutato per
raggiungere il mio sogno. Per me uscire è sempre stato vitale. Ho
cantato all'aperto, mi sono emozionato fra la gente, adoro perfino
ballare sotto la pioggia! - Ramon sorrideva divertito, si immaginava
un pazzo Kay che ballava sotto la pioggia.
- Ti ci vedo... - Kay si girò a
guardarlo tutto entusiasta.
- Non è difficile immaginarlo! - Ramon
scosse il capo.
- Per niente! -
- E tu? - Si girò un po' sul fianco
per guardarlo negli occhi e capire quando doveva fermarsi. Voleva
capire un po' meglio quell'uomo tanto intrigante quanto negativo. -
Perchè odi tanto il mondo? -
Ramon rise amaro.
- Ho una vita per raccontartelo? - Kay
alzò le spalle.
- La versione breve? -
Ramon sospirò e si fece serio, perchè
insisteva per sapere certe cose di lui? Di solito nessuno le voleva
sapere. Non gli piaceva aprirsi così, però c'era qualcosa nel suo
modo di fare che lo spingeva a seguirlo e a rispondergli con onestà.
- Beh... non ho mai avuto esperienze
positive... né dentro né fuori casa, però per lo meno se mi creo
il mio mondo dove mi sento a mio agio, sono più al sicuro... -
- Ho capito questo lato filosofico, ma
di fatto... cioè a me piace uscire perchè mi piace la natura ed
incontrare persone. Ma tu? - Ramon si trovò seriamente in
difficoltà, si sentiva messo alle strette e voleva gestire lui la
conversazione, come sempre. Ma adesso era Kay ed era altamente
risoluto.
- Non piaccio alla gente, mi giudica
senza conoscermi. Perchè dovrebbe piacermi? - Chiese provocatorio.
- Se vuoi puoi piacere, sai bene come
piacere... - Si ricordò quello che gli aveva detto Marcel.
- A te piaccio? - Chiese abile
rigirandosi il tutto a suo favore.
- Sì certo, sei una persona
piacevole... - Kay rispose pulito e semplice senza l'ombra di un
dubbio. Ramon ne rimase stordito da tutta quella sua purezza. Perchè
lo era? Perchè?
- Non hai mai avuto una sola esperienza
brutta nella tua vita che ti ha fatto odiare qualcosa? Ami sempre
tutto? Lo ami da sempre? - Era quasi più vitale capire Kay che
catturare la sua attenzione. Il ragazzo non si mosse da quella
posizione sul fianco e continuò a guardarlo disorientato. Con
altrettanta sorpresa rispose in tutta onestà.
- Sì, ne ho avute come tutti, però
non mi sono fatto abbattere. Quando ho capito di essere gay è stata
dura. Io ho sempre avuto questi gusti bizzarri, si capiva sin da
adolescente che ero fortemente gay e per questo ero isolato dagli
altri, mi prendevano di mira ferocemente. Mi picchiavano, anche. Gli
scherzi, le umiliazioni... non è stato facile accettarlo e tanto
meno superarlo. Non sapevo come prenderla. - Ramon non pensava
potesse aver mai passato questa fase, in qualche modo se lo
immaginava felice come ora da sempre.
- E come hai fatto? -
- La musica ha avuto un ruolo
importantissimo. Mi ha salvato. Mi rifugiavo nella musica e facevo
riferimento a tutte le mie icone dichiaratamente gay, mi davano forza
loro che vivevano la loro omosessualità senza problemi ed erano
addirittura felici ed apprezzati da tutti per quel che facevano. Così
mi dicevo che se ce la facevano loro, anche io dovevo. Cioè non
doveva essere così impossibile. Mi sono basato sempre più su di
loro, ho preso esempio da loro ed alla fine in qualche modo ne sono
uscito. Ho incontrato persone come me ed altre che comunque non
discriminavano. L'amicizia prima e l'amore poi, il tutto unito alla
musica. Mi ha salvato conoscere gente. Non mi sono fermato a quelli
che mi ferivano. Ho cercato perchè sapevo che dovevano esserci
quelli come me, gli artisti che mi piacevano erano gay ed erano
acclamati, doveva esserci da qualche parte gente con cui potevo stare
bene. Quando li ho trovati la mia vita si è rivoluzionata. Grazie
anche al canto, ma soprattutto alle amicizie. -
Ramon, totalmente preso da quello che
gli stava dicendo, alzò la testa e senza dargli tempo di capire cosa
stava facendo, decise di essere più deciso e risoluto.
Lo baciò con una velocità da
togliergli il fiato.
Infatti Kay aveva ancora la bocca
aperta per parlare, Ramon gli prese il viso fra le dita, lo spinse
stendendolo per bene e intrecciò le labbra alle sue. Cercò di
violarlo con la lingua, ma non ci riuscì, Kay tornò a respingerlo e
si alzò di scatto stringendo i pugni sull'erba.
- Se lo rifai non mi vedrai più. -
Disse a denti stretti.
Ramon non intendeva cedere così
presto. Si sedette anche lui e mise la mano sulla sua, Kay la tolse.
- Ramon, davvero. Avevi detto che non
l'avresti fatto più. -
- Però non posso fermarmi! Kay, tu mi
stai salvando dalle mie tenebre! Io non ho mai visto tutta questa
positività. Nessuno mi ha mai aiutato, mi ha mai parlato di come si
può vivere felici, di cosa c'è di bello là fuori! Tu dai una
visione diversa della vita e da quando ci conosciamo sto bene, sono
contento, mi curo... sono addirittura uscito! Tu mi stai facendo un
gran bene... non posso semplicemente fermare quello che ormai provo!
Non è possibile, non funziona così. Una volta che provi qualcosa,
la provi! - Ramon lo stava riempiendo di parole sensate da un certo
punto di vista, ma Kay non voleva saperne.
Alzò il dito fra loro e fissandolo
serio, risoluto e battagliero, pronto ad infuriarsi se necessario,
mostrò quel lato che tanto tenero non era. Quello che sapeva
difendersi e che non aveva paura di dire ciò che pensava.
- Io credo che tu voglia solo farmi
pietà, per questo mi racconti tante cose toccanti di te. Perchè non
vuoi di nuovo stare solo. E fai così con tutti quelli che varcano la
soglia di casa tua! Fai in modo di piacere e quando te ne stufi li
scarichi! Per questo non capisci cosa c'è di bello nella gente!
Perchè non li vivi a fondo, tu li trovi e li prosciughi, non vivi
con loro, li consumi, li usi, li fai tuoi, non vedrai mai il bello
della vita così. Il mondo non esiste per renderti felice, il mondo
esiste perchè tu sia felice con lui! È diverso! -
Con questo Kay si alzò deciso ad
andarsene e a chiudere, lo scatto che ebbe Ramon ebbe
dell'incredibile. Gli corse dietro, gli prese le braccia e strinse
appoggiando la testa sulla sua schiena.
- Ti prego perdonami. È come dici. Non
so come si vive con gli altri, cerco di prendere i loro positivo
perchè io sono negativo. E tu sei tanto positivo ed io... per me sei
come il sole che non ho. Ho paura a farti andare via, ho paura che
quando il tempo scadrà tu sparirai ed io tornerò in quel mio nero
insopportabile e vorrei, lo vorrei davvero... vivere bene da solo...
apprezzare il mondo e la vita... ma ogni volta che guardo è pieno di
falsi che criticano e feriscono, nessuno vive per qualcun altro. Tu
sei così diverso che io... mi stai rendendo felice e non lo sono mai
stato... - Kay rabbrividì vedendo in lui Marcel più che mai, solo
che era stato diverso quella volta.
Quanto aveva penato Kay per convincere
Marcel? Ora era il contrario.
Kay sospirò, non era cattivo e non
sapeva troncare di netto con le persone, però l'aveva messo in una
posizione davvero difficile.
Gli prese le mani da quella posizione
per scioglierselo di dosso e si girò, dopo di che lo lasciò e si
guardarono, Kay manteneva le distanze ma non scappava. Aveva una luce
di pietà negli occhi perchè capiva che gli serviva il suo Kay,
qualcuno che gli mostrasse il sole.
- Ramon, tu hai il sole dentro di te,
non serve che qualcuno te lo porti. Ti serve solo uno che te lo
mostri. Ma ce l'hai. Però non posso essere io. Io amo già qualcun
altro. E a parte tutto con te sto bene, ma... ma non è niente di
più. Non ho quella spinta a stare con te sempre, ad aiutarti, a fare
tutto. Mi piaci, ma come mi piacciono tutti gli altri. Lo capisci?
Non sono io la tua persona. - Per Ramon era bruciante ed
inaccettabile perchè aveva seriamente deciso che invece doveva
essere lui. Non sapeva arrendersi e non lo fece, finse di capire per
poter attaccare un'altra volta.
Alzò le mani cercando un sorriso
tirato abbastanza convincente. Kay capì che non stava bene, ma che
pur di passare ancora del tempo con lui, poteva accettare qualunque
cosa.
Gli dispiaceva.
Dopotutto aveva solo bisogno di aiuto,
ma sapeva che non poteva essere lui.
Non provava la stessa cosa che aveva
provato da subito per Marcel. Era fortemente convinto che ci fosse
una persona speciale per ognuno, gli altri erano solo rimpiazzi con
cui si poteva stare bene. Però quello che aveva provato per Marcel
dal primo istante, non lo poteva spiegare e nemmeno provare per
qualcun altro.
- Io non voglio troncare, ma se tu fai
così non mi lasci scelta. - Concluse cercando di addolcire una
pillola che sapeva gli aveva reso amara. Quando doveva dire una cosa
la diceva e basta, era precipitoso e non molto diplomatico,
nonostante l'apparenza di ragazzo dolce.
Ramon annuì e tenne le mani alte.
- Lo capisco. Davvero. Non posso
piacerti. Però almeno finiamo la nostra canzone e poi se proprio
vorrai te ne andrai... - Sperava di riuscire a piacergli abbastanza,
ma era strano. Perchè quando voleva piacere, riusciva benissimo.
Sapeva conquistare, sapeva prendersi il cuore di chiunque
desiderasse. Kay davvero era fisso su qualcun altro in un modo
incredibile. Sembrava buono e facilmente impressionabile, ma non era
per niente così.
Non era per niente plagiabile, tutta
un'altra cosa rispetto Marcel.
Marcel... ogni volta che ci pensava si
incupiva inevitabilmente.
- Andiamo a casa... - Disse quindi non
sopportando più il sole sulla pelle e sul viso.
Con questo andò via lasciando cappello
e soprabito che recuperò Kay. Pensava fosse così per il suo
rifiuto, non poteva immaginare che gli fosse venuto in mente Marcel.
Ramon non odiava Marcel, però il
sentimento che provava per lui era la cosa più forte che avesse mai
sentito ed era come un cancro.
“La verità è che cerco un rimpiazzo
per lui, ma non credo che lo troverò. Uno che mi dà esattamente ciò
che voglio e mi serve, sempre, fino all'estremo. Non c'è mai stato
uno capace di darmi tutto quello che volevo, qualunque cosa fosse, a
qualunque costo. Però Kay è l'opposto e mi... mi dà
quell'autentico ed onesto entusiasmo, quella voglia di apprezzare la
vita. Mi fa bene, mi fa bene anche se non mi dà quello che voglio.
Forse perchè mi dà quello di cui ho bisogno.”
Per lui, però, sembrava non esserci un
futuro roseo.
Quando a casa Kay gli fece leggere il
testo della canzone quasi completamente finito, capì che di fatto
non c'era molto da modificare e che era semplicemente perfetto
com'era. Capì anche che ci avrebbe messo molto poco a completarlo e
che il tempo stava finendo.
Da un lato voleva disperatamente
provarci con lui in tutti i modi, dall'altro sapeva che se lo sarebbe
giocato. Doveva sperare che limitandosi solo al lavoro si convincesse
che era innocuo e che quindi valesse la pena continuare a lavorare
con lui, doveva solo poterlo vedere ancora.
Doveva dimostrargli quanto bene
lavorassero insieme.
Doveva puntare su questo.
Per la fine del pomeriggio, Kay aveva
finito il testo anche grazie a delle ottime dritte di Ramon. Lavorare
con lui, se si limitava a quello, era molto bello. Ramon sapeva fare
il suo lavoro, migliorare un brano, un testo, tirare fuori il
potenziale inespresso e massimizzarlo. Di meglio non si poteva fare,
dopo che lui lo prendeva in mano.
A fine giornata, prima di andare a
casa, dopo aver riletto e promosse il testo, Kay volle dirglielo con
una dolcezza e gentilezza tipica sua.
- Voglio dirti una cosa, Ramon. - Fece
quindi. Ramon lo guardò mentre si stiracchiava nel divano
guardandolo raccogliere le sue cose per andare via. Aveva
un'espressione implorante. - Tu hai un grande dono. Devi puntare su
quello. Non sulle persone. Non tutti sono in grado di stare bene con
le persone. Va bene. Però in ognuno c'è una scintilla, un dono,
qualcosa di speciale. È quello il sole di cui parlo. Tu hai un dono
ed è nella musica, la vivisezioni e la rendi speciale. E rendi
speciali le persone con cui lavori. Le migliori e non te ne rendi
nemmeno conto di quanto tu lo faccia. - Ramon sorrise amaro.
- Se sapessi come ho ridotto alcune di
queste persone non lo diresti... sì, avranno avuto successo... ma
non sono felici. - Kay sospirò scontento di non potergli dire che
sapeva di Marcel.
- Non sei perfetto, non fai solo del
bene, fai anche del male. Va bene. Però non fai nemmeno solo del
male, fai anche del bene. Se tu ti concentrassi solo sul tirare fuori
da quello che tocchi il meglio, senza dare in cambio il peggio...
uscirebbe il tuo sole... e non avresti bisogno di quello degli altri.
Quello degli altri prima o poi finisce. È come togliere il nucleo al
sole. Dopo un po' si spegne. Se tu togli il sole agli altri per farlo
tuo, dopo un po' questo si spegne comunque. Si spegne in te e si
spengono gli altri. Tu devi solo far risplendere il sole degli altri
perchè hai questo dono, quello di vederlo e illuminarlo. Ma poi non
prenderglielo. Lasciaglielo. Vedrai che così il tuo uscirà. -
Parlava con metafore perchè lui parlava sempre in metafore, era
molto filosofico e capiva meglio quel tipo di linguaggio che piaceva
anche a lui.
Kay si sentiva di avere un deja-vu,
perchè aveva detto cose simili anche a Marcel a suo tempo. Ramon non
disse nulla, così lo vide andarsene. Una volta solo corrugò la
fronte.
C'era qualcosa in quello che aveva
detto Kay che gli faceva accendere delle lampadine d'allarme. Come
faceva ad averlo capito così bene in così poco tempo? Non avevano
condiviso così tanto da poter dire cose del genere, con tanta
precisione. Alcune si, poteva averle capite, ma altre... per sapere
che lui prendeva il sole degli altri dopo averlo fatto splendere...
come faceva a saperlo?
Come faceva a sapere che tirava fuori
il loro meglio e poi se lo prendeva dandogli solo il suo peggio?
Con Marcel era stato l'esempio più
eclatante.
Aveva visto come poteva avere successo,
l'aveva trasformato in modo che l'avesse e nel mentre si era preso
tutta la sua sanità mentale rendendolo uguale a lui, distruttivo,
negativo, un perdente.
In cambio Marcel gli aveva dato tutto
quello di cui lui aveva avuto bisogno.
L'aveva fatto sentire ancora vivo, gli
aveva dato la consistenza del suo corpo e l'aveva avvicinato al suo
desiderio massimo finale.
Uno stato che da solo non era capace di
raggiungere perchè aveva ragione.
Era un vigliacco.
Ramon, pensando a tutto quello, si
distrasse dalla sensazione che Kay sapesse molto più di quanto
teoricamente doveva sapere. Guardò la cucina coi coltelli sul
mobile, vicino ai fornelli.
Sospirò.
Se solo avesse il coraggio di farla
finita.
Kay era molto turbato da quello che era
successo, sperava di spingere Ramon a prendersi cura di sé anche da
solo, ma non era facile. E non sapeva fondamentalmente come aiutarlo
senza stargli vicino ogni secondo.
L'aveva fatto con Marcel, ma con Marcel
era stato diverso.
Di Marcel si era innamorato dal primo
momento. Non era stato capace di lasciarlo a sé stesso come gli
aveva chiesto.
//Non sta certo bene, non riesce
proprio a stare bene e non sa in che altro modo fare. Quando pensa di
fare a meno della droga gli viene da morire, ci prova a non farsi
subito ma quei maledetti attacchi sono la fine, sono un cancro. Non
ce la può fare senza.
Si è imposto di non bucarsi le vene
perchè da lì non ne esci, si è illuso che limitandosi al resto non
si sarebbe reso dipendente, di poterla controllare. Ma anche il resto
crea dipendenza. Quello stato di beatitudine che gli trasmette ogni
cosa che prende.
Persino una canna è preziosa!
Ma quanto si odia per questo, quanto
vorrebbe solo smetterla. Quanto.
Non ha più il controllo di sé, per
cantare ha bisogno di farsi altrimenti stona. È nel fondo più nero.
Kay gli ha fatto capire che può avere
quello che hanno tutti, quello che forse ha sempre desiderato. Una
storia normale, un amore, qualcosa di assolutamente positivo. Ma come
può col mostro che si porta dentro?
E se alla prima litigata gli fa del
male?
Stare con una persona negativa ti porta
ad esserlo, a lungo andare, anche se sei positivo.
Ramon è così. Lui rischia di esserlo,
ma deve controllare il mostro e l'unico modo è stordirsi di merda e
tenere lontano quelli puliti come Kay.
Però non sa non pensarci. Non riesce a
non ricordare quanto morbide e dolci siano le sue labbra, quanto quei
suoi occhi cercassero tutte le sue verità.
Non sa smettere di essere vivo nel
riavere le sue mani che l'accarezzano. Kay non è timido, lo sembra
ad un primo impatto ma in realtà ha le idee molto chiare, sa cosa
vuole e fa di tutto per ottenerlo, non ha paura di affrontare le
prove.
Si alza e si prepara una striscia,
quando pensa a lui la voglia di vederlo è tale che lo spinge a
chiamarlo, ma non può, quindi se tira un po' poi riesce a
controllarsi meglio.
Quando sta male non ce la fa.
La droga lo fa stare bene anche da
solo, non gli fa sentire il bisogno di qualcuno accanto. Se si droga
può anche stare solo, sopporta quel vuoto, quel nero, quella
solitudine.
La porta suona proprio in quel momento.
Seccato va ad aprire. In casa gira nudo. Ha ancora pochi giorni di
pausa prima di cominciare col tour del secondo album, non ha messo il
naso fuori casa. Kay lo ha richiamato e lui non ha risposto, gli ha
scritto degli sms, ma lui gli ha solo detto di non venire.
Di solito guarda se è lui, ma se Kay
viene, e l'ha fatto, non è in procinto di farsi di una striscia,
quindi sa cosa fa. Riesce a capire che prima di aprire deve guardare.
Ora ha solo fretta.
È nervoso e nudo e apre così com'è
senza riflettere.
Kay rimane sconvolto e Marcel allarga
le braccia, alza la testa verso l'alto e impreca.
- Cazzo Kay, che ci fai qua?! - Dice
seccato sperando che se ne vada. Kay rimane impalato a fissarlo,
vorrebbe dirgli che è lì perchè anche gli altri giorni ha provato
a farsi aprire senza successo, ma deve parlargli, deve capire che
possono affrontare tutto. Non sopporta l'idea di non viverla, di
troncare prima di provarci.
Marcel però non ce la fa.
- Non ho tempo, qualunque cosa tu
voglia, non ho tempo! - Così cerca di chiudergli la porta in faccia,
è una cosa che non vuole perchè si è sentito caldo appena l'ha
rivisto. Così caldo che forse a momenti gli viene l'erezione e visto
che è bella esposta, Kay la vedrà. Non gli importa, ma se vuole
mandarlo via non può fargli vedere quanto lo eccita.
Kay non gli fa chiudere niente ed
entra, solo allora si chiude la porta. Marcel scuote la testa.
- Non hai capito che io non posso?!
Perchè diavolo vuoi per forza stare con me? Devi accettare i no!
Cazzo! - Si mette quasi a gridare, come può mandarlo via?
Ma Dio, lo fa stare così bene. È
felice di vederlo, il cuore gli batte forte, si sente vivo e
l'adrenalina non gli fa avere ancora tutta quella voglia di prima.
Perchè non ha tirato? Perchè non ha
tirato prima di aprire? Perchè non capiva un cazzo, ecco perchè!
- Marcel... ti prego, ascoltami ancora
una volta... - Finalmente riesce a parlargli, ma Marcel non vuole
perchè sa che lo convincerebbe e non deve.
Kay cerca di prendergli le mani e lui
gliele tira via fino a che non arriva al soggiorno, sul tavolino le
strisce che si è preparato, Kay finalmente si blocca. Si ferma. Non
respira. Forse muore un istante. Ma fissa quella roba bianca
raggelato ed improvviso i suoi occhi gentili ed imploranti diventano
duri e spietati. Poi, con uno scatto imprevedibile, va là e fa una
cosa che non ha mai osato fare le altre volte.
Gli butta via la roba e prende una
posizione netta e precisa.
Marcel sembra impazzire.
- CHE CAZZO FAI, KAY! DANNAZIONE! - Non
è una questione di quanto è costata, ne ha ancora. Però è il
principio. In quei casi è sempre il principio.
Il nervoso sale ed anche quel mostro,
quella voglia di violenza, quel desiderio di fare del male a
qualcuno.
Ramon nella sua testa, Ramon e la sua
risata sadica. Quanto ha lavorato per ridurlo così.
- Se non tiro... - Sta per dire 'esce
il mostro' ma non vuole essere deriso più di così.
Ma perchè gli sta ancora dietro?
Ne è felice, ma sa che è sbagliato.
- Smettila, Marcel! Devi smetterla di
farti! Devi pulirti! Dopo starai meglio! È quello che ti fa
respingere tutte le belle cose che ti capitano! Non godi nemmeno
nella musica! Puoi avere l'amore, ce l'hai a portata di mano! Perchè
non l'accetti? - Kay tende le mani verso di lui, gliele apre, vuole
che le prenda, tremano da tanta enfasi che mette in quello che dice.
- NO NON E' COSI'! LA DROGA MI AIUTA A
SOFFOCARE IL MOSTRO! - Kay pensa che stia solo vaneggiando, che tiri
su una scusa per poter continuare, lo vede cercare altra roba e
quando tira fuori il cofanetto con tutte le sue scorte, Kay è più
veloce, le prende e corre in bagno, lì si chiude dentro e le butta
nel water. Spera vivamente che non ci siano altre e spera che Marcel
capisca che è così che va fatto. Da fuori lui batte la porta, è
una scenata che si è visto solo nei film e non sa cosa fare. Ne ha
paura, ma sa che quello è l'unico modo.
A parole non si arriva da nessuna
parte, non si può ragionare con lui.
Marcel batte e lo chiama dicendogli di
uscire e di non fare lo stronzo, lui scuote la testa e rimane lì.
Quando smette di battere aspetta un po' e siccome ha paura che cerchi
altra roba, esce e lo trova infatti nell'ultima scorta in camera.
I riflessi di Marcel fanno pietà.
Queste sono pasticche.
Le prende di mano e le butta dalla
finestra, fuori piove, finiscono nel fango e si rovinano.
Marcel si affaccia e lui lo prende per
le spalle spaventato all'idea che si butti giù. Non è molto alto,
ma non è nemmeno uno scherzo.
Quando sente le sue mani addosso Marcel
si gira di scatto e lo spinge staccandosi da lui.
- LASCIAMI! CHE CAZZO VUOI DA ME? COSA
TE NE FOTTE? COSA? NON MI CONOSCI! NON SAI NIENTE DI ME! NON PUOI
AMARMI! NON SIAMO NIENTE! CI SIAMO VISTI TRE CAZZO DI VOLTE! COSA
VUOI, SI PUO' SAPERE? - Ora urla isterico, c'ha un'oscurità negli
occhi che lo spaventa, era un po' pronto a quello ma non fino a quel
punto, nonostante questo non cambierà posizione, non si muoverà di
qua. Sa cosa va fatto, lo aiuterà e basta.
- TU DA SOLO NON CE LA PUOI FARE! IO
VOGLIO AIUTARTI! - La mette semplice e grida a sua volta per fargli
capire quanto è risoluto, quanto è deciso, quanto lo vuole, ma
Marcel non se ne capacita del perchè e lo spinge facendolo finire
sul letto dietro di lui. Kay rimbalza sopra e non si fa niente,
Marcel gli sale sopra a cavalcioni e lo punta col dito, non lo tocca
però lo sta spaventando con quegli occhi da pazzo e l'aria di uno
che non ha la minima capacità di controllarsi.
È ancora nudo e sarebbe una situazione
eccitante se non fosse terrorizzato.
- TU NON PUOI VOLERMI AIUTARE! NON SAI
NIENTE DI ME! NON PUOI PROVARE NULLA! NON STIAMO INSIEME! NON CI
AMIAMO! NON HA SENSO CHE VUOI AIUTARMI! - E' così furioso perchè è
spaventato da quello che può fare se non assopisce la bestia.
Ed ora ulula e ringhia, quella bestia.
Gli prudono le mani, gli tremano i muscoli. Vuole fare una strage.
Vuole farla. Deve rompere qualcosa.
Kay gli prende la mano e gli ferma quel
dito che gli punta contro, lo fa con fermezza e coraggio.
- Non ti amo e non sono innamorato ma
mi piaci, sento che non posso lasciarti perdere, non riesco a
lasciarti perdere. Non posso smettere di pensarti, di vederti. Voglio
stare con te. Voglio sapere tutto di te. Voglio starti vicino. Non
riesco... Marcel... non riesco a toglierti da me... non so cosa mi
hai fatto ma non riesco... mi sei entrato e non ne sei più uscito.
Tre volte, dici? Sono poche? C'è un numero standard per perdere la
testa per qualcuno? Io non riesco... non riesco ad andarmene da te...
devo fare qualcosa per te... devo... permettimi di aiutarti. Ce la
possiamo fare... -
Kay parla con risolutezza e Marcel,
colpito e affondato, si toglie da sopra di lui e si rannicchia
prendendosi la testa, rivolto verso il muro. Kay rimane senza parole
a fissarlo ancora steso. Cosa gli succede, ora?
Si alza a sedere e si avvicina piano,
cerca di non fare movimenti bruschi per non spaventarlo. Forse è
l'effetto dell'astinenza. Non capisce bene di cosa possa trattarsi,
va ad istinto, ha un gran bisogno di una mano e lui gliela vuole
dare.
Ci deve provare a tutti i costi. Non
riesce a non pensare a lui e non c'è mai stato in vita sua qualcosa
che ha voluto fare più di questa. Marcel in qualche modo fa parte
della sua vita e lotterà per lui. O per lo meno ci proverà.
- Mar? - Chiama piano. Marcel non si
muove, si tiene le mani sulle orecchie.
Gli tocca la fronte sudata come il
resto del suo corpo, è freddo e trema, così prende il lenzuolo e la
trapunta tutta raggomitolata ai piedi del letto, la tira su e lo
avvolge accucciandosi davanti a lui. Quella dolcezza gli viene
spontanea, è come se sapesse dentro cosa fare. Quando si sente
avvolgere da qualcosa di caldo e morbido, sembra stare meglio.
Strofina le mani sulle braccia da sopra il piumino e lo guarda
paziente. Quando i suoi occhi neri sembrano tornare presenti e lo
guarda, allora e solo allora gli parla.
- Tutti abbiamo qualcosa di brutto
dentro, ma non c'è solo questo. C'è anche il bello, ricordi? - Era
uno dei discorsi che avevano fatto. Marcel scuote la testa e chiude
gli occhi perchè guardare i suoi tanto puliti gli fa male, non sarà
mai come lui.
- Io ormai non ho più niente di bello,
mi è stato portato via. Ho solo una bestia che ogni tanto esce. Sono
una brutta persona, Kay. Non voglio farti male. - Kay non sa cosa
dire, non sa cosa pensare, sa solo che non lo lascerà lo stesso,
forse bisogna scontrarsi duramente con la realtà prima di capire, o
forse c'è una chiave giusta per tutto.
Perchè lui pensa e crede fermamente ad
una cosa.
“Se io sono davvero la sua persona,
troverò il modo giusto di arrivare a lui ed aiutarlo.”
E si affida al destino in cui crede,
perchè guardarlo tirare di coca come prima volta, odiare la droga,
ma perdersi per lui lo stesso, può avere un solo significato. È
lui.
Appoggia la fronte e gli carezza il
viso, è magro e sudato. La barba trascurata sul viso. Su quel viso
tanto bello.
- Io ho un mostro. Ho un mostro dentro.
Mi hanno trasformato in un mostro, mi hanno tolto la luce, non so più
splendere, sono finito, finito. Non riesco a fare a meno. Non... non
so controllarmi... quel mostro... - Ripensa a quando stava ammazzando
Ramon e al profondo desiderio di farlo davvero, ne ha il terrore
anche solo di parlarne perchè sarebbe ancora più reale.
Però non si è accorto che gli sta
tenendo il polso della mano che gli carezza il viso. Glielo tiene per
impedirgli di toglierglielo e Kay non la leva.
Rimane ad accarezzarlo e poi finisce
anche per baciargli la fronte sudata, non gli importa. Lo tiene con
sé fino a che non riesce ad abbracciarlo con quella stessa calma.
- Permettimi di aiutarti. Permettimelo.
Chi ha i mostri non può stare solo. È questo il solo modo per non
farli uscire più. Non è isolarsi e stordirsi con la droga. Di
qualunque cosa si tratti, Mar... non puoi stare solo. La sola cura è
stare con qualcuno e fidarti. Non permetterò mai al tuo mostro di
uscire e se verrà non ne avrò paura. - dirlo ora è facile, Marcel
vuole dire che deve guardarlo in faccia quando diventa così fuori di
sé, prima di dire che non ne ha paura. Però non sa più mandarlo
via, pensa una cosa ed il suo corpo ne fa un'altra.
Si lascia cadere di lato fino a
stendersi con lui, se lo porta con sé e si tuffa fra le sue braccia,
sotto le coperte che li ricopre entrambi.
Ed il mondo diventa di nuovo
sopportabile.
Perchè lui sa tenere tutto il male
fuori e lo abbraccia col suo bene ed è tutto ciò che al momento può
salvarlo.
Sa che non va bene, però non riesce a
staccarsi. Anche se lo vuole, non può.
- Il peggio deve ancora venire, lo sai?
Questa non è una di quelle crisi d'astinenza insopportabili. Ma
arriveranno anche quelle... tu non sai cosa stai facendo... - Mormora
contro il suo collo mentre si stringe di più a lui.
- Imparerò con te, di volta in volta.
- Forse è troppo ottimista, è la sua caratteristica, lo è sempre
stato.
Ma non ha altro che quello. Lui ce la
vuole fare, deve, non può lasciar perdere. Non può assolutamente.
Lo sente dentro come non ha mai sentito niente altro.\\