CAPITOLO
XIII:
LOTTARE
PER IL SOLE
Quando
Ramon si metteva a fare sul serio, era molto bravo. Era un vulcano di
idee e quando si trovarono ad incidere la base lavorarono interamente
in studio di registrazione.
Ci
misero come previsto un giorno.
Sia
Kay che Ramon erano due artisti eccellenti e Ramon sembrava voler sul
serio tirare fuori il meglio del meglio, il giovane non l'aveva mai
visto lavorare come in quei giorni.
Era
contento che si fosse messo sotto, già senza sforzarsi tirava fuori
delle ottime inventive, ma volendolo fare sul serio era davvero
incredibile.
Kay
suonava solo il pianoforte, ma Ramon tutti gli strumenti, era il
cosiddetto orecchio assoluto. Anche in un'orchestra dove ognuno
suonava una cosa diversa, lui sapeva identificare chi stonava, chi
sbagliava, chi non andava bene e correggerlo.
Così
alla fine incisero la base loro due, non si servirono di altri
musicisti.
Lavorarono
da soli per tutto il giorno, per sbrigarsi e concludere entro sera,
Kay non tornò a pranzo a casa e disse che sicuramente avrebbero
cenato insieme per festeggiare la conclusione.
A
Marcel non era andato bene, ma aveva approfittato per darci dentro
con le sue canzoni.
Avevano
deciso per pochi strumenti, di solito non erano fan del minimale ma
dipendeva dalla canzone e quella era decisamente una di quelle.
Cominciarono
col pianoforte per poi inserire solo il basso e la batteria, ma
questi senza un'esagerazione, niente pesantezza o elettronica, doveva
essere il più acustico e delicato possibile.
Il
tema della canzone era molto bello. Parlava della vita che aveva i
suoi riscatti positivi, che bisognava cercarli, che il mondo era un
bel posto dove vivere e che valeva la pena fidarsi delle persone.
Parlava anche dell'amore, di come, quando arrivava, potesse salvare.
Erano
dei messaggi classici, ma considerando che al giorno d'oggi c'erano
sempre più ballate struggenti dove le storie andavano male o
qualcuno soffriva, scrivere qualcosa di semplicemente positivo non
era poi così male.
Ramon
aveva detto che voleva far di quella canzone un inno alla vita, più
che all'amore stesso o ad una persona che rendeva felice un'altra.
Non
doveva essere la solita canzone romantica dove uno ringraziava
l'altro per le cose belle che gli aveva dato, o dove ci si dichiarava
innamorati.
Era
un amore per la vita e doveva risultare tale inizialmente dagli
strumenti e dalla melodia. Il culmine sarebbe stata una combinazione
di suoni quasi solenne dove perdersi e rilassarsi, ma il vero
capolavoro sarebbe stato raggiunto con la voce di Kay.
Ramon
aveva un'idea precisa.
Kay
doveva essere lo strumento principale di quella composizione, doveva
riuscire a trasmettere col suo timbro e con la sua interpretazione
tutto quell'amore per la vita che lui aveva, la purezza, la gioia
incontaminata.
Kay
aveva capito subito cosa lui voleva e dopo aver inciso tutti gli
strumenti e aver perfezionato in ogni sua forma la base, si
concentrarono sul canto.
Avendo
capito cosa Ramon voleva ed essendo d'accordo con lui, non ci mise
molto a farlo, però riascoltandolo Ramon fece un'espressione
incompleta.
I
due si guardarono seduti uno vicino all'altro dopo averla
riascoltata.
-
Manca qualcosa. - Dissero insieme. Si sorrisero e annuirono.
Ramon
era irriconoscibile rispetto a tutte le altre volte, in tutta la sua
vita non era stato così preso da qualcosa. Era molto bravo nel suo
lavoro, ma si faceva coinvolgere fino ad un certo punto. Era raro che
non facesse qualcosa senza un ritorno. In quel caso pareva che il
ritorno fosse la canzone.
-
Però non aggiungerei niente nella base... - Disse Kay senza capire
bene cosa mancasse.
-
No, non è nella base... è nel canto. Ci manca un tocco di
unicità... - Ramon era molto pensieroso, lo guardava andandogli
attraverso, con il dito sul tasto replay che rimandava la canzone, la
fermava e la rimandava.
Sospirava,
storceva la bocca e poi riascoltava.
Kay
cantava con molta dolcezza, ma forse era quello il punto, gli aveva
detto di pensare alla sua visione unica della vita, però Ramon capì
che per dare alla canzone il tocco che aveva nella sua testa, doveva
dirgli un'altra cosa.
-
Parlami di lui. - Disse improvviso come se c'entrasse con il lavoro
che stavano facendo. Kay lo guardò di soprassalto battendo le
palpebre spaventato. - Il tuo ragazzo. Parlamene. - ora il suo cuore
andava a mille e lo fissava con molta espressività, Ramon capì che
l'aveva preso molto male e si protese verso di lui gesticolando.
-
Non spaventarti. Non voglio i dettagli scabrosi. Cioè se vuoi anche
quelli mi stanno bene. Io voglio riprodurre una cosa precisa e
specifica che ti è uscita quando abbiamo avuto un dialogo in questi
giorni, ricordo precisamente la sensazione che mi hai lasciato dentro
ed è quella che voglio incidere in questa canzone. Chi l'ascolta
deve avere la stessa emozione che ho avuto io mentre mi dicevi quelle
cose. - Kay un po' si era perso ed un po' gli stava perfettamente
dietro.
-
E di cosa parlavamo? - Avevano parlato davvero molto.
-
Lui. - Kay si morse la bocca, si era scavato la fossa da solo. Come
faceva adesso? Non poteva dirgli chi era, era fuori discussione. -
Tu parlavi del modo in cui lo amavi ed eri luce, eri il sole e me
l'hai trasmesso. Tu l'adori, lo veneri, per te lui è tutto, hai
detto che potresti vivere sott'acqua per lui. Ma l'hai detto in un
modo che ero estasiato ad ascoltarti. Non sono mai stato così
estasiato. Credo di essermi innamorato di te in quel momento. - Lo
disse semplice e scorrevole come stava dicendo tutto il resto, come
fosse normale. Kay boccheggiò e cercò di far finta di nulla, ma la
sua faccia era un libro aperto e Ramon rise battendogli la spalla e
spettinandogli i capelli.
-
Dai, non ci riprovo, ti ho detto che non lo facevo. Però mi hai
catturato, sei speciale ed hai trasmesso quella cosa... quella cosa
speciale che tu hai e che altri non hanno. L'hai trasmessa quando
parlavi di lui. Devi trasmetterla in questa canzone. Voglio quella
sensazione. - Kay lo fissava comprendendo ciò che voleva, ma non
intendeva parlargli di Marcel, se gli avesse detto qualunque cosa,
avrebbe capito e Marcel era stato categorico. Non gli doveva dire
assolutamente che era lui il suo ragazzo.
Così
strinse le labbra, si fece serio e risoluto, sospirò ed annuì.
-
Ho capito cosa vuoi. Ora ci provo a rifarla come la vuoi. - Ramon
annuì e predispose il tutto per registrare di nuovo mentre Kay
andava al di là del vetro e si sistemava davanti al microfono con le
grandi cuffie alle orecchie.
Kay
chiuse gli occhi e si concentrò, rimase così per un po' e ripensò
a Marcel e a quello che significava per lui, ripensò ai momenti
insieme, a quando si accoccolava contro di lui e a quando poi
rinasceva nel fare l'amore insieme. Ripensò a quando si erano messi
insieme sul serio, quando si erano detti che si amavano, quando
avevano vinto i fantasmi.
Il
suo Marcel. Il suo Marcel ora era tutto, gli aveva chiesto mille
volte perchè avesse fatto tutto quello senza amarlo. Alla fine si
erano trovati innamorati, ma era normale dopo aver condiviso una tale
esperienza. Però Kay aveva cominciato senza amarlo, per Marcel era
stato un mistero.
Kay
ora poteva dargli quella risposta ed una volta a casa gliel'avrebbe
data.
Così
aprì gli occhi, diede l'ok a Ramon che fece partire la base e
cominciò a cantare.
La
melodia nella sua infinita dolcezza, un suono puro, semplice e
positivo.
E
poi lui, lui che pensava a Marcel e cantava l'amore per la vita allo
stesso modo.
Mentre
cantava, a Ramon si illuminarono gli occhi e si rilassò. Era proprio
quello che voleva.
Si
appoggiò col mento al palmo della mano e si perse a fissarlo
attraverso il vetro, senza bisogno di stare attento a possibili
correzioni. Sapeva che sarebbe stato perfetto.
Aveva
quella stessa luce dell'altra volta, mentre cantava.
La
sua voce, il modo in cui la stava facendo era proprio quello che
voleva.
Un
inno a tutto ciò che lui amava più di ogni altra cosa. E c'era la
vita, in quell'elenco di cose. Ma c'era anche quel ragazzo
misterioso.
Ramon
comprese duramente che non sarebbe mai stato lui e comprese anche
un'altra cosa, una volta che finì.
Come
poteva vivere senza di lui, adesso che aveva trovato ciò che da una
vita aveva cercato?
Non
sapeva cos'era stato quello che aveva sperato di trovare negli altri.
Ora che l'aveva davanti e che l'ascoltava, capiva che cos'era.
Non
lo potevi capire e nemmeno descrivere, solo provare.
Era
una sensazione, un'emozione particolare.
Quel
ragazzo ti faceva sentire bene e per uno che era stato male sin dalla
nascita, desiderare vivere e non morire come sempre, era una cosa
sensazionale.
Kay,
concluso, lo guardò e si rese conto d'avercela fatta. Aveva quello
stesso sguardo sognante dell'altro giorno.
Era
catturato da lui, spinto in un'altra dimensione.
Ci
misero un po' entrambi a riprendersi, perchè uno era scosso dal
proprio stesso sentimento espresso nel canto, l'altro da quello che
aveva sentito.
Quando
uscì dalla saletta, Ramon lo abbracciò di slancio incapace di
trattenersi. Faticò a non baciarlo, il modo in cui si sentiva poteva
essere espresso solo con un bacio, ma non poteva, si disse. L'avrebbe
perso del tutto.
Poteva
solo sperare che ora Kay volesse fare altre 13 tracce così e che
quindi chiedesse di lavorare ancora con lui.
Puntava
tutto su questo. La sua vita, la sua esistenza mirata per quello,
solo per quello.
La
speranza di poter vivere finalmente bene, di poter essere felice.
Lui, la sua nuova forza. Perchè non credeva nel bene e nel bello,
però lui sì e gli dava tutti quei riflessi così belli che sentiva
un giorno ci avrebbe creduto anche lui, standogli accanto.
Per
cui, quando dopo la cena insieme, Kay lo salutò dicendogli che era
stato bellissimo lavorare insieme e che era un artista splendido, di
continuare a lavorare così e di tirare fuori quei capolavori dagli
altri, il loro sole, Ramon non ci volle credere.
-
E così alla fine non ti ho convinto... - Kay immaginava che glielo
chiedesse. Un ultimo tentativo se l'era aspettato.
-
Sì, mi dispiace. È bello però avevamo deciso per una canzone. È
bellissima e sono molto orgoglioso e soddisfatto, però sai...
dopotutto ho la mia visione della musica. Io faccio musica perchè
esprimo me stesso al cento percento, mi salvo tramite la musica,
capisci? È un discorso personale fra me e lei, non c'è spazio per
nessun altro. Mi piace lavorare ogni tanto con altri, però non posso
farlo sempre perchè mi sentirei costretto per metà. Non so se è
chiaro quello che sto dicendo... non è una cosa contro di te od
altri, ma per me la musica è... - Ramon aveva dolorosamente capito e
concluse per lui demoralizzato.
-
Tua. - Kay annuì con quella sua aria da scuse che non ti permetteva
poi d'avercela con lui.
-
Mi dispiace. Io mi rigenero facendo musica. - Ramon annuì, lo poteva
capire da artista, ma ovviamente c'era un discorso personale che non
poteva mollare.
Si
chiese se potesse insistere, comunque poteva essere ugualmente
l'ultima volta che lo vedeva.
Poteva
farlo, non si faceva mai problemi ad insistere, dire quello che
pensava e calpestare. Ma lui non voleva calpestarlo.
Ramon
era a quel livello, un livello che in vita sua non aveva mai avuto
per nessuno.
Ramon
fermo a quel bivio, decise che si sarebbe giocato una seconda carta.
Ci
sarebbe tornato il giorno dopo. L'avrebbe ricontattato e glielo
avrebbe chiesto. Se potevano rivedersi o fare ancora qualcos'altro
insieme, qualche canzone...
Doveva
provare un altro sistema, una specie di tutto per tutto, prima di
bruciarselo.
L'aveva
appena sentito cantare l'amore per il suo ragazzo, Ramon sapeva che
non aveva speranza, ma l'egoismo di chi si sentiva felice per la
prima volta, spingeva ad una lotta serrata e disperata.
Così
annuì e stordì Kay perchè non insistette. Era convinto avrebbe
sferrato attacchi perchè era nel suo stile, ma quando non lo fece lo
fissò sorpreso.
-
Lo capisco, va bene. - Ramon era logorroico, narcisista ed
egocentrico, oltre che negativo, pessimista e lunatico. Però ora era
silenzioso, accondiscendente e molto semplice. Non insisteva, non
attaccava, non parlava.
Kay
lo trovò molto strano, ma decise di non sfidare la sua buona stella.
-
Devi puntare molto di più su questo tuo dono, tira fuori il meglio
dagli altri sotto forma di musica, dagli una forma, un senso. Vedrai
che lentamente comincerai ad amare anche tu la vita. -
Ramon
era convinto che da solo fosse impossibile. Lo sapeva. Gli era
piaciuto perchè l'aveva fatto con lui. Stop.
Era
Kay che era speciale, ne era sicuro, ne era certo.
Però
ingoiò e pensò ad un nuovo piano per arrivare a lui. In un modo o
nell'altro doveva, non poteva rendersi dipendente da lui e dalla sua
positività e poi privargliene.
Non
poteva proprio.
Kay,
nell'andare via, lo pensò.
Stare
con lui era bello se era sempre così semplice. Solo musica e
conversazioni normali che spaziavano su tutto, ma comunque
fondamentalmente normali. Ovvero, senza che Ramon ci provasse.
Però
aveva la sensazione che fosse una cosa impossibile. Vederlo da amico
e basta.
Comunque
era vero che preferiva lavorare da solo con le sue canzoni, ogni
tanto fare collaborazioni era bello, ma non sempre. Non un intero
brano.
Guidando
verso casa pensò anche che era stato troppo facile chiudere con lui,
non aveva insistito come aveva pensato, niente vittimismo com'era un
po' nel suo stile.
Forse
aveva capito che era inutile o forse doveva aspettarsi un secondo
round il giorno dopo.
“Sarà
contento Marcel!” Pensò poi con un gran sorriso radioso, felice
all'idea di tornare a casa con la bellissima, per lui, notizia che
finalmente non l'avrebbe più rivisto.
“Quello
sicuramente non ha mangiato per tutto il giorno, avrà fatto venti
canzoni e non si sarà alzato dal pianoforte. Avrà il culo attaccato
allo sgabello! Passo a prendere una mega vasca di gelato così ci
strafoghiamo e festeggiamo!”
Ovviamente
c'era la loro gelateria preferita che gli valse un gran bel giro.
Un
giro che forse col senno di poi avrebbe evitato. Ma, col senno di
poi, molte cose si potevano fare diversamente.
Fu
così che Kay non andò dritto a casa.
//A
Kay non sembra vero, quando glielo chiede gli tocca la fronte per
sapere se sta bene. Non ha la febbre così si chiude la bocca con gli
occhi lucidi e l'emozione alle stelle, cerca di contenersi, ma Marcel
si è accorto subito che è luminescente e ridendo, il secondo
miracolo della giornata, lo abbraccia e lo bacia.
-
Sapevo che saresti stato contento... -
Kay
non riesce a parlare, ma riesce a balbettare un 'come mai' a cui
Marcel continua a ridere.
-
So che non esci da settimane, non so nemmeno più quanto. Sei un
recluso per colpa mia e visto che da solo non vuoi uscire, che mi hai
detto che uscirai solo con me, allora mi sa che non ho scelta... non
posso permettere che ti ammali per colpa mia, no? - Kay non sa cosa
dire, trattiene il fiato e ancora non ci crede.
Marcel
gli ha chiesto di uscire ed ora sta guardando fuori dalla finestra.
-
Mi sa che mi tocca vestirmi, fa un po' freddo per uscire così... -
Fuori
ha nevicato fino al giorno prima, ma oggi c'è un sorprendente sole.
-
Non possiamo nemmeno aspettare che arrivi la primavera, altrimenti
non usciamo più. Ti piace la neve? Dopotutto il sole è un po'
uscito... - Marcel continua a parlare a macchinetta un po' teso
all'idea di uscire, ma sentirlo così contento è una spinta più che
sufficiente e finalmente Kay gli getta le braccia al collo e lo
stritola togliendogli il fiato e facendogli male. Poi con la sua voce
acuta e potente grida che è felicissimo e che gli piace tantissimo
la neve!
Così
ora eccoli bardati da testa a piedi, irriconoscibili a chiunque.
Marcel
ha un piumino nero, una cuffia di quelle grandi e morbide che stanno
a sbuffo, la sciarpa tutta intorno al viso e solo gli occhi piccoli
sono visibili, le sue iridi scure guardano tutt'intorno il bianco
candido che risplende sotto i raggi di quel sole mattutino
sorprendente.
Kay
ovviamente è colorato, ha un giaccone tutto pieno di peli lunghi,
sintetici, che spuntano dal collo, dalle maniche e dal sotto. Il
giaccone è lungo e pieno di fantasie psichedeliche che feriscono gli
occhi dopo un po' che li guardi.
In
testa ha uno di quei cappelli da eschimesi col pelo sulla visiera e
sulle orecchie che scendono, la sua sciarpa è colorata e molto
lunga, anche se si è fatto tre giri intorno al collo, trascina quasi
terra. Ovviamente è fatta a mano da sua madre.
I
guanti sono in tinta con tutto il resto, hanno le punte tagliate, ma
ci sono i copri dita uniti.
Kay
esce correndo ma il vialetto di casa di Marcel lo fa cadere con la
faccia sulla neve. Non esce nemmeno dal giardino, si gira subito
sulla schiena a ridendo si mette a fare l'angelo ridendo come un
pazzo.
-
Non vedevo l'ora di farlo! Vedevo nevicare e mi chiedevo se ci sarei
riuscito! Dai Mar vieni anche tu! - Marcel lo fissa ridendo, ma non
ci pensa minimamente ad imitarlo, scuote la testa e rimane incantato
da quella figura colorata che agita braccia e gambe come un bambino.
Spicca molto sul bianco della neve.
-
Pensi che potremo avventurarci anche fuori dal mio giardino o vuoi
che il nostro giretto finisca qua? - Chiede ironico. Kay, spaventato
all'idea che ci ripensi sul serio, si rialza in fretta e furia, lo
prende per mano e lo tira mettendosi a correre fino a fuori dal
cancello. Stanno per cadere in due appena mettono piede nel
marciapiede spalato solo in parte, ma Marcel si aggrappa in tempo
alle sbarre e riesce a tenersi in piedi e a tenere su anche quello
scapestrato accanto a lui che continua a ridere.
-
Vorrei rimanere vivo... - Dice fintamente severo. In realtà si sta
divertendo ed è pazzesco. Da quanto non gli succedeva?
-
Ok, cammino. - Si decide Kay. Marcel si separa dalla ringhiera, ma
non dalla sua mano, decide di tenerlo perchè potrebbe cadere di
nuovo, deve assicurarsi che il suo delizioso sedere sia intatto per
quando deciderà di passare alla quarta base.
C'è
poca gente per strada, il sole non è caldo, ma almeno i raggi
rispecchiano sulla neve ed illuminano più di quanto fanno in realtà.
L'effetto piace a Kay che ride indicando qualunque cosa trova, alberi
cristallizzati, case, giardinetti, statue, fontane. Ci sono molte
cose da guardare, tutte bellissime perchè la neve le ha ricoperte e
sono proprio belle. Così alla fine non resiste, tira fuori il
telefono e si mette a fare foto a tutto andare. A qualunque cosa.
Anche a Marcel ed alla sua faccia tragicomica, non sa se ridere o
disperarsi. Non voleva essere fotografato, ma riconosce che non può
fermarlo.
Kay
continua a saltellare avanti e fermarsi improvviso e ad un certo
punto sta per perderlo di vista perhè decide di infilarsi in qualche
proprietà privata perchè le impronte sulla neve sono davvero
bellissime... per evitare di non trovarlo, gli afferra l'estremità
della sua lunghissima sciarpa e la tiene come un guinzaglio.
Così
sa sempre dove va e se si allontana troppo lo tira e torna indietro.
Che
idea.
Kay
si accorge che lo tiene in quel modo dopo mezz'ora e quando lo fissa
chiedendogli se lo crede un cane, Marcel scoppia a ridere.
-
Oddio te ne sei accorto solo ora? È da mezz'ora che ti tengo così
per non perderti e non farti cadere! - Kay lo vede ridere ed anche se
aveva una mezza idea di fare l'offeso, per farlo ridere ancora si
mette ad abbaiare e gli lecca quel piccolo tratto di pelle scoperto
in mezzo agli occhi.
Marcel
si abbassa la sciarpa dalla bocca e Kay continua a leccarlo anche
sulla guancia, sta per arrivare sulla bocca, ma si rende conto che
forse non è il caso e per qualche miracolo si ferma e si guarda
intorno.
-
Grazie a Dio, temevo lo facessi sul serio! - Commenta divertito
Marcel. Non è per niente seccato, così Kay ha la tentazione di
farlo sul serio, ma lo ferma mettendogli la mano sulla faccia e
allontanandolo poco gentilmente.
Kay
fa il broncio ma si vede che si sta divertendo e per vendicarsi
scappa a raccogliere della neve e gliela tira. Marcel rimane senza
fiato per un secondo, ma coperto com'è non sente niente. Così Kay
prende bene la mira sulla faccia. Questo lo sente.
Kay
si sente al sicuro, è uno zombie addormentato, è certo che non
reagirà, così gliene tira un'altra. Ma questa volta Marcel gli
arriva addosso, gli fa lo sgambetto, lo atterra a faccia in giù e
gliela schiaccia per bene sulla neve bella candida e morbida.
A
questo se ne va soddisfatto.
-
Ora possiamo continuare il nostro giro! - Però Kay si alza e gli
tira ancora neve per vendicarsi e va che fanno la lotta con le palle
come due bambini.
Si
sente strano, euforico, sente il sangue che corre veloce nelle vene e
si sente indolenzito, come che non avesse mai camminato in vita sua.
Era da molto che non usciva ma anche che non si divertiva.
È
così bello che si sente ubriaco, ride senza motivo, gli basta vedere
Kay ed anche se fa una faccia mediamente buffa, ride piegato in due.
Non si riconosce da solo, si sente schizofrenico.
Ad
un certo punto pensa che forse oltre al mostro in lui c'è anche il
bambino. Quello che si diverte con le cavolate.
Quello
che è venuto fuori grazie a Kay.
Kay
che ne ha abbastanza di neve.
-
Oh mio Dio penso di avere neve anche nelle mutande, in qualche
modo... - Commenta divertito alzando le mani e sventolando la cuffia
tutta bianca. I capelli ricci stanno per aria, sembra abbia messo il
dito nella presa elettrica e Marcel si inginocchia a terra davanti a
lui accettando la tregua per ridere.
Ridono
molto.
-
Sei uno spettacolo! - Fa senza riuscire più a respirare, gli sembra
di avere le convulsioni e finisce che singhiozza.
-
Anche tu lo sei... - Dice Kay sorridendo catturato dalla luminosità
del suo viso gioioso. Gli era mancata questa parte di Marcel. La
parte che sa ridere e divertirsi. Ma lui sapeva che l'aveva.
Così
Marcel si rende conto che non parla della sua buffezza, perchè non è
poi così buffo come Kay.
Lo
vede che sorride ma che non ride più, lo vede brillare nel guardarlo
e capisce cosa intende con quella frase.
-
Hai una risata stupenda! - Dice estasiato, lo pensa sul serio e
Marcel smette di ridere, rimane come lui col sorriso che lentamente
diventa qualcosa di positivo e sereno ma al tempo stesso assorto in
lui. Sono inginocchiati sulla neve, a terra, tutti imbiancati e
bagnati, le guance rosse come da tempo non lo erano più, gli occhi
vivi e quella felicità che finalmente si affaccia. Quanto batte
forte il cuore a Marcel? Se lo sente e non ci crede lui stesso.
Allora
si poteva essere davvero così felici.
Era
possibile.
Marcel
gli srotola la sciarpa dal collo e lo tira a sé avvolgendosela
attorno alla propria testa, gli rimette la cuffia e con quest'aria
pensierosa e catturata, scende con le mani carezzandogli le guance
fresche. La sciarpa li tiene insieme, come se fossero gemelli
siamesi.
Si
guardano vicinissimi consapevoli che quel silenzio intorno è un
regalo prezioso. Da lontano sembrano un ragazzo ed una ragazza che si
divertono e fanno gli innamorati, è impossibile riconoscerli.
-
Sei speciale. Ti devo la mia vita. Ti devo tutto. - Dice piano Marcel
preso da quello che prova, che lo sta investendo come un treno merci
in corsa.
Kay
si bea delle sue parole, della sua dolcezza, non ci crede, è solo
felice e spera duri tutto in eterno. Pensa solo che ha fatto bene a
farlo, a non arrendersi, a seguire quell'istinto inspiegabile che
l'ha spinto a fare tutto quello per lui.
Sapeva
dentro di sé che ne sarebbe valsa la pena. Che era la sua persona.
-
Non ho fatto niente di speciale... - Marcel annuisce ammaliandolo col
suo sguardo penetrante e pieno di una luce speciale.
-
Invece sì, mi hai amato dal primo istante. Non so come sia possibile
amare al primo sguardo, ma tu l'hai fatto. Non mi spiegherò mai
perchè tu abbia fatto tutto questo per me, però mi hai amato ed è
la cosa più speciale di tutti. - Kay non intende chiudere gli occhi,
vuole perdersi in quei cieli notturni e farli suoi, gli prende il
colletto della giacca e lo tira a sé.
-
Togli il passato... - Marcel capisce cosa sta dicendo, trattiene il
fiato e teme di non poter reggere. Ne ha una gran paura.
Però
Kay, anche se capisce quanto Marcel sia emozionato, non si ferma
perchè per lui è ora e gli viene naturale. - Ti amo, Marcel, e se
c'è qualcosa di speciale in questo... beh, sei tu! - Marcel non
ribatte, non dice che è lui quello speciale e che lo ama allo stesso
modo e che non può più vivere senza di lui. Lascia che siano le
lacrime a dirglielo, piccole scie silenziose e trasparenti che si
perdono sul mento che trema.
Kay
sorride con dolcezza ed altrettanta dolcezza raccoglie il suo ti amo.
Le
labbra si trovano ed è un sigillo perchè sanno che non si
separeranno più, non sul serio.
Possono
credere al destino, a Dio o a niente, però trovarsi, riconoscersi,
lottare e poi abbandonarsi. Queste sensazioni non avranno mai nome.
Però resteranno sempre in loro rendendoli uomini giorno dopo giorno,
sempre di più. \\
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E'
vero che bisogna avere la fortuna di avere qualcuno accanto che ci
aiuta, ma bisogna anche accettare il suo aiuto e la sua presenza e
questo non tutti sono in grado di farlo. Questa capacità, questa voglia
di accettare l'aiuto di qualcuno per risalire, è la differenza fra la
vita e la morte. RIP Mr. Hoffman.