CAPITOLO XVI:
SEGRETI CHE VENGONO FUORI

Kay pensò che non avrebbe mai dimenticato quel silenzio improvviso dettato principalmente da sé stesso e dalla propria bocca che improvvisamente non parlava più. Non gridava. Non spingeva ancora Ramon per mandarlo via.
Era sicuro di non aver mai provato una rabbia più grande di quella, ma ora era diverso.
Si sentiva come sospeso in un nulla che poteva diventare un'eterna fine.
Kay, occhi spalancati, cuore sospeso, fiato tagliato, guardò Ramon e disse la prima cosa logica che gli venne.
- Non dire palle! -
Ramon rise ancora in quel suo modo amaro.
- Oh, lo sai che ho ragione! Te lo senti dentro che tutto torna! -
- Non ha mai alzato un dito! - Disse subito riaccendendosi, ma non riusciva più a gridare, parlava solo in modo molto secco e Marcel sentiva quel brusco cambio di tono. Stava per cedere anche Kay.
- No? Allora dimmi una cosa. Non avete mai litigato, non è vero? - Kay pensò velocemente alle loro litigate. A parte quando l'aveva convinto a disintossicarsi, non erano mai andati oltre. Marcel mollava sempre. Kay alzò le spalle confuso.
- No, niente di serio... - Ramon continuava con quel suo sorrisino ironico da schiaffi.
- Ed è lui che molla per primo, no? Che mette subito tutto a pace! - Ora Kay cominciava a provare qualcosa di simile alla paura e si stava odiando.
- Sì... - Mormorò... - Ma non significa niente! - Un piccolo sussurro che fece tenerezza ad entrambi, come voleva cancellare tutto per lui e ridargli il suo splendido sorriso pulito.
- Significa che ha paura di perdere il controllo perchè sa che se si arrabbia troppo, poi può uscire quel mostro! Ogni cosa lo può far scattare, per questo molla subito, non litiga mai, cerca sempre di stare calmo! Ma arriverà un momento in cui non saprà più sopportare, esploderà e sarà la fine per te! Questo lo devi sapere, Kay. Non è quello che pensi! È violento! Ha dei raptus! - Ma Ramon si guardava bene dal dire che tutte le volte che li aveva avuti, lui glieli aveva provocati per bene. Però era anche vero che provocati o no, li aveva avuti. Ed era vero poi che ogni altra cosa, un giorno, avrebbe potuto provocarglieli.
C'era quel rischio ed era reale.
Kay stava per difenderlo ancora, ma si rendeva conto che aveva bisogno di pensare, non sapeva cosa fare di preciso, era tutto troppo improvviso e sconvolgente.
Fu allora, mente Marcel era convinto fosse finita, mentre capiva che in ogni caso Ramon aveva ragione a dire che era rischioso, che questi si alzò, si mise davanti a loro e con la mano aperta pronta a spingerlo via sul serio, disse con uno sguardo mortalmente serio e da brivido.
Ramon fece fatica a non guardare il suo corpo ancora maledettamente nudo.
- Vattene, Ramon. Vattene sul serio. Da adesso non sono più cazzi tuoi. Hai detto quello che dovevi, lui sa tutto. Saprò controllarmi per i prossimi minuti, non permetterò che gli succeda nulla. Vattene a fanculo dalla mia vita che, per inciso, sei riuscito a rovinare per la seconda volta. Spero che avrai l'orgasmo più bello della tua vita, stanotte, dopo tanto tempo. Di nuovo grazie a me. Poi non dire che sono uno stronzo! - Con questa freddezza incredibile ed inspiegabile, visto lo stato in cui era rimasto fino ad ora, si voltò dandogli le spalle in attesa che Ramon se ne andasse.
Sperava solo di non rivederlo mai più sul serio.
Mai, mai più.
Come sapeva distruggerlo lui, nessuno sapeva. Nessuno poteva.
Solo lui.
Fu così che Ramon capì che era ora di andarsene e anche se non era certo tipo da mollare, si girò e se ne andò.
Un ultimo sguardo a Marcel ed il buio che tornava ad inghiottirlo di nuovo, dopo tanta fatica per tentare di uscirne.

Il silenzio era di nuovo pressante, forse li stava inghiottendo.
Kay era la prima volta che non sapeva cosa dire e cosa fare, era rimasto completamente spiazzato, preso in contropiede. Si chiedeva cosa fosse il caso di dire. Non ci voleva credere, però qualcosa gli diceva che Ramon aveva ragione. Era vero che lo picchiava?
Non aveva la minima idea di come dovesse reagire e nemmeno di cosa provasse.
Marcel sospirò, chiuse gli occhi, si strofinò il viso, richiamò a sé tutta la calma del mondo e dopo di che si girò piano.
Kay non poteva credere che potesse avere dei raptus, era così controllato, tranquillo, pacato. A volte stanco ancora prima di cominciare la giornata. Era un po' il suo modo di essere. Era flemmatico. Ma forse aveva sempre frainteso. Non era un modo di essere, era uno sforzarsi.
Marcel prese in mano la situazione con sicurezza, come avrebbe dovuto fare dall'inizio, e dopo il tremendo scossone ricevuto nel rivedere Ramon e nell'essere toccato ancora una volta da lui, si dimostrò all'altezza.
- Mi dispiace che tu l'abbia saputo così. Non ho mai capito cosa fosse giusto fare. All'inizio non volevo avvicinarti per questo, per impedire di avere quei raptus con te. Ma poi tu hai insistito e non ho saputo più rifiutarti. Mi sei entrato sempre più dentro, sei diventato indispensabile e mi sono innamorato. Ma ho sempre avuto la paura di non sapermi più gestire, che il mostro uscisse ancora. Mi vedevi tormentato e pensavi fosse per la storia con Ramon o per la droga ma... la verità è che sotto tutto quanto c'è questo. Sono... sono un mostro e non posso stare con nessuno, perchè potrei finire per farti male un giorno. Ti amo troppo per permettermelo. Forse ci voleva Ramon per capirlo, per farmi aprire gli occhi su cosa fosse giusto. Perchè è vero. Io ho questo dentro di me, ho fatto quello che ha detto. Lo stavo per uccidere. Quando ho smesso di vederlo è perchè l'ho ridotto in fin di vita ed in quei momenti io... pensavo solo che volevo che smettesse di vivere! Ero fuori, completamente fuori di me! Ho passato tutto questo tempo chiedendomi cosa fare con te. Ti amo, ma appunto per questo ora sai perchè non posso rischiare così la tua vita. Se non ti amassi rimarrei con te, direi che ha inventato un sacco di palle e ti terrei con me. Ma... non posso... conti troppo per me. - Marcel non aveva fatto altro che pensare a questo, in tutto quel tempo, da quando si era ripreso.
Però si alternava ad altri pensieri del tipo 'come farei senza di lui? Non ce la farei mai a lasciarlo. Per me è impossibile vivere senza Kay!'
Adesso però, possibile o no, Marcel era lucido e doveva affrontare la realtà. Se l'amava, doveva proteggerlo e c'era solo un modo efficace e sicuro.
Ramon l'aveva rovinato in tutti i modi e forse non si usciva dalla rovina, una volta che ci cadevi.
Marcel a quel punto lo pensò.
- Però fammi solo un favore... ti prego... - Disse poi prima che Kay realizzasse il significato di tutto quel discorso. Si avvicinò, gli mise una mano sulla guancia, l'accarezzò con delicatezza e con uno sguardo infinitamente triste, disse:
- Ti prego... non tornare da Ramon. Stagli lontano. -
Non aspettò una risposta che sapeva non sarebbe venuta. Era consapevole d'averlo ucciso in quel modo, ma un domani sarebbe tornato alla vita. Molto presto, perchè lui era il sole ed il sole non poteva spegnersi a lungo.
Kay avrebbe riacceso i suoi raggi e nessuno gli avrebbe fatto del male.
Così impedendosi di baciarlo, se ne andò verso la camera per vestirsi e prendere le proprie cose.
Kay rimase fermo in salotto a fissare sconvolto il posto in cui prima c'era Marcel.
La guancia dove l'aveva toccato era calda, il resto gelido. Non aveva la sensibilità del proprio corpo, le mani non avrebbero potuto afferrare nulla di solido.
Le alzò e le vide shockato che tremavano. Gli occhi sbarrati, il respiro piano, molto piano, per evitare di finire in apnea.
Erano successe troppe cose insieme, cose importantissime e lui doveva pensare, capirle, ponderarle. Non sapeva assimilare in fretta e furia, era impulsivo, reagiva sempre troppo in fretta e precipitosamente. Ma ora che tempo aveva?
Marcel se ne stava andando.
Quando lo capì mandò al diavolo la propria mente bloccata e si decise a reagire troppo in fretta, come suo solito.
Kay raggiunse Marcel in camera, si era appena vestito. Provò a parlare, ma non riuscì a dire nulla. Lo stava lasciando. Lo stava lasciando sul serio.
Non poteva andarsene dopo tutto quello che avevano passato insieme, dopo la fatica per arrivare a quel punto.
Dopo quanto si era fatto amare.
Non poteva.
Kay era in grado di pensare solo a quello.
Marcel lo sentiva, ma si obbligava a non guardarlo, non gli era mai battuto il cuore come in quel modo, forte, potente. La voglia di gridare e lasciarsi andare. Piangere e dire che voleva solo stare lì. Faceva violenza su sé stesso ma se l'avesse guardato... oh, se solo l'avesse guardato, sarebbe stata la fine.
Teneva gli occhi fissi in basso e tirava fuori i vestiti dall'armadio di Kay per metterli in un borsone.
Dal momento che non riusciva a tirare fuori mezza parola, gli andò dietro e gli prese le braccia fermandolo. Marcel non avrebbe mai usato alcun tipo di forza con lui, nemmeno per liberarsi. Così aspettò raddrizzandosi. Kay appoggiò la testa sulla sua schiena, come non avesse forze.
Doveva trovare la capacità di parlare e implorarlo di restare.
- Kay, sai che è la cosa giusta. Hai capito cosa ti ho detto. Sono una persona violenta, ho dei raptus, ho picchiato Ramon, l'ho quasi ammazzato. Non riuscivo a controllarmi. Non esiste che rimango con te. Ho sbagliato a lasciarmi andare, stavo male, stavo troppo male per fare la cosa giusta, ma adesso non ho scuse. Adesso devo. Devo farlo. Lasciami andare... lo sai che è la sola cosa. - Kay scosse il capo, gli occhi aperti, ancora sbarrati. Non piangeva, ma provava un tale sentimento disperato che si sentiva in equilibrio su un filo sospeso nel vuoto. Sulle spalle reggeva un enorme masso pesantissimo.
Poteva cadere da un momento all'altro. Per questo non riusciva a parlare, a piangere, a fare piazzato. Non ce la faceva.
Quel che provava era così grande che non ne era in grado.
Lo girò e Marcel, sempre perchè non poteva mettere un briciolo di forza contro di lui, si lasciò fare.
Però teneva gli occhi chiusi, Marcel si morse convulsamente le labbra e gli mise le mani sul viso sperando che lo guardasse.
Marcel non intendeva aprirli, sapeva che sarebbe stata la fine, così Kay appoggiò la fronte alla sua e prendendo respiro riuscì a dire piano in un tono quasi inudibile, flebile e spezzato.
- Non andartene... ti prego... - E allo stesso modo, Marcel rispose.
- Permettimi di proteggerti... -
- Ma voglio proteggerti io... - Mormorò ancora facendosi sempre più forza. Mano a mano che parlava tornava sempre più in sé. Non capiva ancora cosa fosse davvero giusto fare, però si stava scuotendo piano piano.
Marcel scosse il capo.
- No... non puoi proteggermi da me stesso. Nessuno può. È questo che sono. Devo accettarlo ed evitare la catastrofe. - Kay pensava che forse aveva ragione, nessuno poteva proteggerlo da sé stesso, ma era convinto che ci doveva essere un'altra soluzione.
Strinse la presa intorno al suo viso.
- Ci deve essere un altro sistema... - Ancora un piccolo flebile mormorio.
Marcel scosse di nuovo il capo.
- E quale? - Kay non lo sapeva, non gli aveva dato tempo per riflettere. Stava succedendo tutto in fretta.
Le mani di Marcel lungo i fianchi si ostinavano a non toccarlo, guai se succedeva.
- Non lo so, mi devi dare tempo per rifletterci, ma nel frattempo non puoi andartene, non puoi lasciarmi così... la soluzione non è isolarti, ne sono sicuro. E poi ci amiamo. Un sistema per stare insieme c'è! Non è mai successo niente, con me! Magari era lui che ti faceva impazzire! Non è detto che tu sia proprio così! Non sai di cosa si tratta, non sai niente... non l'hai mai affrontato sul serio. Devi studiarti meglio! Permettimi di trovare una soluzione diversa da questa... ti prego... Mar... - A quello come poteva resistere?
Marcel non aveva mai voluto tanto qualcosa come cedere a lui, abbracciarlo, baciarlo e perdersi in lui. Ma la verità era che sapeva che era sbagliato, non poteva.
Non poteva proprio.
Era impensabile.
Così prese un altro respiro, il più difficile della sua vita, mise le mani sulle sue braccia e lo respinse con fermezza, ma al tempo stesso delicatezza.
Kay sgranò ancora gli occhi e fu solo a quel punto che le lacrime uscirono rigandogli il viso.
Eccolo lì a piangere, alla fine. Kay stava forse cedendo le armi?
L'ultima cosa da fare, l'unica che non poteva aiutarlo. O forse sì.
Marcel teneva ancora gli occhi chiusi e Kay capì che forse era quella l'ultima speranza.
Rimise le mani sul suo viso dopo che gliele aveva tolte, così Marcel gliele levò ancora, ma visto che non voleva saperne di non toccarlo, dovette tenerle fra le sue, era così dolce, quel gesto. Così bello. Non voleva lasciargli le mani.
- Marcel, guardami... - Marcel non poteva, ma Kay si riavvicinò e Marcel indietreggiò per impedirgli di essergli troppo vicino.
Continuarono così a rincorrersi e scappare fino a che dietro si presentò il letto e vi finì sopra. Kay gli salì a cavalcioni usando a suo favore il fatto che gli teneva le mani per respingerlo. Spinse con esse come per bloccarlo e riuscì ad arrivare davanti al suo viso, così vicino fino a sfiorarlo.
- Guardami Mar... apri gli occhi e guardami... -
Marcel scosse il capo.
- Non posso... - Disse con difficoltà.
- Sì che puoi. Mi stai lasciando. Puoi anche guardarmi. - Ma Marcel non ne era in grado.
- Se ti guardo sono finito. Non riuscirò più a lasciarti ed io devo... perchè è giusto e lo sai... -
Kay non voleva sentire ragioni, piangeva e le sue lacrime gocciolavano sul suo viso, non poteva mollare. Sapeva che sarebbe morto, se l'avesse fatto. Si sentiva schiacciare nel petto con una tale forza spaventosa da sapere di non poterla vincere, ma ce la stava mettendo tutta. Doveva resistere. Doveva tenere duro.
Si schiacciava su di lui e lo fissava con bisogno ed ostinazione.
- Se non mi guardi non me ne andrò. - Continuò.
Marcel capì che davvero non si sarebbe alzato e si chiese cosa potesse fare.
Prese un altro respiro, come una pugnalata nei polmoni, ed aprì gli occhi. Quando vide i suoi così bagnati di lacrime, non resistette. Si morse le labbra e liberò le proprie.
Ed ora come parlava? Come lo spingeva via?
- Io resterò qui fermo finchè tu non vorrai restare con me. - Disse con sicurezza seppure piangesse. Marcel voleva arrendersi, quanto lo voleva... lo sentiva anche lui, per questo non mollava.
C'era una via d'uscita?
C'era?
Marcel scosse la testa senza riuscire a parlare e Kay avvicinò il viso posando le labbra agli angoli degli occhi da cui sgorgavano le sue lacrime.
Le carezzò, le bevve e le fece sue.
L'aveva già fatto quando era stato tanto male e poi vinto la sua lotta, no?
Perchè ora non potevano farlo ancora?
Quel gesto era una tortura sempre maggiore che si aggiungeva a quello che già per lui era una prova insormontabile, ma mentre lui cercava la forza di mandarlo via, Kay scese sulla guancia con le labbra ed usando la punta della lingua, lo carezzò ancora fino ad arrivare alla sua bocca chiusa.
Marcel non poteva aprirla, la lasciò serrata e tornò a chiudere gli occhi, anche Kay ora li aveva chiusi ed era totalmente immerso in quel che faceva.
Con insistenza continuò a leccargli le labbra ed era la cosa più dolce e balla che gli avesse mai fatto.
Se solo sentisse la canzone che ho scritto... se solo sapesse che la cantavo pensando a lui...” Marcel aveva paura che tutto quello non fosse abbastanza per convincerlo.
Non riusciva a pensare a quello che aveva saputo, riusciva solo a pensare che la sua priorità era tenerlo con sé. Quello che provava era troppo grande per essere spazzato via facilmente.
- Ti prego... devi fidarti di me... hai visto che sono riuscito ad aiutarti fino a qua... come puoi pensare che non ce la farò ancora? - Disse allora visto che Marcel non si apriva. A quella domanda, l'impulso di rispondergli fu troppo grande.
- Perchè era diverso... questa cosa è molto più grande di noi... - Kay gli prese il labbro inferiore fra le sue e lo succhiò senza la minima intenzione di ridarglielo. Marcel naturalmente non potendo chiuderlo, lo tenne aperto e lo lasciò fare.
Via via c'era sempre più abbandono, via via le mani di Kay lasciarono quelle di Marcel per appoggiarsi sul materasso ai lati del suo viso e via via quelle di Marcel salirono su Kay, sulla sua testa, fra i suoi ricci morbidi e poi giù sul suo collo.
Non doveva, non poteva, era sbagliato.
Però lo stesso gli aprì i bottoni della camicia e con essi schiuse le labbra andandogli incontro con la lingua.
Aderirono con le bocche fino a fondersi e pensando che fosse sbagliato e non andasse bene, Marcel si arrese a lui pregando Dio di essere ancora in grado di gestirlo.
Che quel mostro fosse un'esclusiva di Ramon. Che a Kay non avrebbe mai e poi mai fatto male.
Il terrore che provava all'idea di fargli del male lo schiacciava, ma la bocca di Kay era così dolce, mentre lo baciava. Il suo corpo era caldo, mentre si infilava sotto la camicia aperta.
Non si sarebbero più separati, le loro bocche sigillate per sempre, spaventati all'idea di spezzare quella delicata posizione raggiunta.
Nemmeno respirare.
La paura di fare anche quello, perchè si poteva rovinare tutto.
Ma alla fine Kay scese sul suo collo baciandolo lì, dopo essersi sfilato da solo la camicia di dosso e aver alzato la maglia di Marcel.
Che strano che era spogliarlo. Come la prima volta che l'avevano fatto.
Il flash raggiunse entrambi ed ebbe la potenza di un treno in corsa.
- Come fai a non avere paura di me? - Disse Marcel fra un ansimo e l'altro per ciò che la sua bocca, ora sul petto, gli stava facendo provare. - Hai capito che mostro che ho dentro? Come fai a non avere ribrezzo? - Kay non riusciva proprio a vederlo, quel mostro. Aver saputo cosa aveva fatto forse non era la stessa cosa che vederlo o forse davvero quello che provava per ora gli dava la priorità di aiutarlo e non di abbandonarlo.
- Perchè ti amo troppo per avere paura... - Marcel strinse forte gli occhi alzando il bacino mentre gli apriva i pantaloni e glieli tirava giù liberandogli l'inguine.
- Ora non ne hai perchè non hai visto... ma non sai cosa stai facendo... - Con la lingua leccò tutt'intorno alla sua erezione, la pelle sensibile lo fece rabbrividire immediatamente e si tese completamente sotto di lui, alzando le braccia sopra la testa per afferrare il lenzuolo.
- Forse invece lo so più di te... - Kay non sapeva cosa stava dicendo, voleva solo che si fidasse di lui. Aveva bisogno che si fidasse.
Riconoscere che aveva un lato oscuro e lasciarlo solo a sé stesso non era una soluzione, era una scappatoia comoda. Ci doveva essere un modo per aiutarlo. Si doveva poter aiutare chi ne aveva davvero bisogno e non erano le vittime, erano i predatori quelli veramente bisognosi. Senza predatori non esistevano vittime.
Mano a mano che Kay si occupava di Marcel e del suo caldo corpo che reagiva immediatamente a lui, riusciva a vedere tutto con maggior chiarezza e facilità.
- Se c'è un problema lo si risolve, non si scappa. Stare soli non è una soluzione. Magari io non rischierò, però lo farà qualcun altro al mio posto... ed allora così sarebbe più giusto? - Dopo di questo si dedicò seriamente alla sua erezione, la lingua lo fece sussultare fino a che la bocca avvolgendolo gli tirò fuori i primi gemiti. Marcel spingeva ripetutamente verso di lui chiedendone di più e Kay aumentava l'intensità con cui si prendeva il suo piacere.
Marcel non sapeva più cosa ribattere e cosa dire. Lontanamente pensava avesse ragione, ma adesso gli aveva appannato completamente la mente.
Non è uno che si fa gestire. Se vuole qualcosa lotta per ottenerla con tutte le sue forze. È la persona più forte che abbia mai incontrato. Non ha mai ceduto su niente da quando l'ho conosciuto. È tenace. Ed è la mia vita. Se lo lasciassi, andrei a buttarmi sotto un treno. Non posso fare a meno di lui, non posso. Dobbiamo tornare alla vita insieme.”
Questi i pensieri furiosi che turbinavano nel rosso del piacere di Marcel, pensieri sempre più chiari ed insistenti che forse avrebbero avuto maggior senso dopo, quando avrebbe raggiunto il suo orgasmo.
Kay continuò ad assaggiare il suo corpo anche in altri posti, a farlo suo con la lingua e a possederlo con le mani fino a che, adagiandoglisi addosso, succhiandogli la bocca una seconda volta, non entrò in lui per la prima volta mormorandoglielo.
- Io ti amo, ti amerò sempre ad ogni costo. E non ti permetterò mai di lasciarmi. Ti voglio troppo. È la mia vita quella con cui giochi e decido io come viverla. Sceglierò sempre te. Ad ogni costo. Ad ogni costo. - Continuò a ripeterglielo ad ogni spinta che andava sempre più in profondità, fino a lacerarlo, fino a toccargli ogni punto vitale, fino a scollegarlo col mondo per farlo solo suo, suo in ogni parte, in ogni forma. Suo per sempre e basta. Voleva marchiarlo e trasmettergli tutto il suo amore, tutto il suo bisogno di vivere con lui.
Non gli importava di tutti i problemi ed i rischi, sapeva solo che non poteva mollare. Lo sentiva.
Poteva esserci il pericolo più nero di quel mondo, ma per lui poteva ancora andare sott'acqua e vivere in apnea senza respirare. Per lui poteva ancora fare qualunque cosa, non erano solo parole prive di valore, quelle che aveva detto pensando a lui in quei giorni.
Erano vere ed era il momento di dimostrargliele. Poteva fallire, poteva essere una catastrofe, ma per lui contava solo provarci, lottare e non mollare.
Contava solo Marcel.
Cercò le sue labbra nel culmine del piacere e delle spinte, quando si ritrovarono fuse insieme come già lo erano i loro corpi, si toccarono dentro e fuori e tutto divenne un unico sentimento esploso in un cielo pieno di stelle.
Dietro agli occhi chiusi tante piccole luci calde mentre tutto quello che provavano si concretizzava in quell'orgasmo.
Fu così che Marcel capì una cosa che evidentemente gli era sfuggita fino a quel momento.
Kay non avrebbe mai mollato in ogni caso, qualunque cosa lui avesse fatto. Quindi a quel punto l'unica scelta, l'unica possibilità era fidarsi di nuovo di lui, abbandonarsi a lui come aveva già fatto in passato.
Ansimanti tornarono in loro mentre i corpi palpitavano impazziti, le labbra ed ancora le mani, il tatto, i respiri, l'eccitazione, la serenità, una gioia incontaminata. Di nuovo loro. Di nuovo pace. Quella pace che solo uno nell'altro potevano provare, solo così era veramente perfetta. Solo così.
- Ti amo e qualunque cosa tu sei e farai, ti amerò lo stesso. È quando stai male, quando va male, quando è difficile ed impossibile che bisogna tenere duro e amare sul serio. Altrimenti non era amore nemmeno prima. È qua che mostreremo il nostro amore. -
Marcel tornò ai suoi occhi lucidi, di nuovo il tremore.
- Ma potrei farti del male, potrebbe uscire quel lato... -
Kay scosse la testa e con una sicurezza granitica nel viso sereno, con un sorriso rilassato e pieno d'amore, lo baciò sulla fronte.
- No, perchè so quanto mi ami, io l'ho sentito, capisci? E lo sento ogni giorno, ogni ora, ogni istante. Per questo non succederà. Tu mi ami ed io ti amo allo stesso modo. Non permetterò mai di spingerci fino al punto da odiarci ed impazzire. Mai. -
Marcel prese un gran respiro profondo, come se avesse ossigeno puro per la prima volta. Come se la mente si rischiarasse e le nuvole cominciassero ad andare via. Di nuovo... di nuovo ci vedeva. Ed era stato tutto lì a portata di mano.
- Promettimi che se ti spaventerò... che se ci sarà una minima volta che ti farò paura... tu te ne andrai e non resisterai. Promettimi che andrai via appena arriverà. - Solo quando Kay annuì, Marcel trovò la pace ed accettò Kay nella sua vita.
Ancora.