CAPITOLO
XVI:
SEGRETI
CHE VENGONO FUORI
Kay
pensò che non avrebbe mai dimenticato quel silenzio improvviso
dettato principalmente da sé stesso e dalla propria bocca che
improvvisamente non parlava più. Non gridava. Non spingeva ancora
Ramon per mandarlo via.
Era
sicuro di non aver mai provato una rabbia più grande di quella, ma
ora era diverso.
Si
sentiva come sospeso in un nulla che poteva diventare un'eterna fine.
Kay,
occhi spalancati, cuore sospeso, fiato tagliato, guardò Ramon e
disse la prima cosa logica che gli venne.
-
Non dire palle! -
Ramon
rise ancora in quel suo modo amaro.
-
Oh, lo sai che ho ragione! Te lo senti dentro che tutto torna! -
-
Non ha mai alzato un dito! - Disse subito riaccendendosi, ma non
riusciva più a gridare, parlava solo in modo molto secco e Marcel
sentiva quel brusco cambio di tono. Stava per cedere anche Kay.
-
No? Allora dimmi una cosa. Non avete mai litigato, non è vero? - Kay
pensò velocemente alle loro litigate. A parte quando l'aveva
convinto a disintossicarsi, non erano mai andati oltre. Marcel
mollava sempre. Kay alzò le spalle confuso.
-
No, niente di serio... - Ramon continuava con quel suo sorrisino
ironico da schiaffi.
-
Ed è lui che molla per primo, no? Che mette subito tutto a pace! -
Ora Kay cominciava a provare qualcosa di simile alla paura e si stava
odiando.
-
Sì... - Mormorò... - Ma non significa niente! - Un piccolo sussurro
che fece tenerezza ad entrambi, come voleva cancellare tutto per lui
e ridargli il suo splendido sorriso pulito.
-
Significa che ha paura di perdere il controllo perchè sa che se si
arrabbia troppo, poi può uscire quel mostro! Ogni cosa lo può far
scattare, per questo molla subito, non litiga mai, cerca sempre di
stare calmo! Ma arriverà un momento in cui non saprà più
sopportare, esploderà e sarà la fine per te! Questo lo devi sapere,
Kay. Non è quello che pensi! È violento! Ha dei raptus! - Ma Ramon
si guardava bene dal dire che tutte le volte che li aveva avuti, lui
glieli aveva provocati per bene. Però era anche vero che provocati o
no, li aveva avuti. Ed era vero poi che ogni altra cosa, un giorno,
avrebbe potuto provocarglieli.
C'era
quel rischio ed era reale.
Kay
stava per difenderlo ancora, ma si rendeva conto che aveva bisogno di
pensare, non sapeva cosa fare di preciso, era tutto troppo improvviso
e sconvolgente.
Fu
allora, mente Marcel era convinto fosse finita, mentre capiva che in
ogni caso Ramon aveva ragione a dire che era rischioso, che questi si
alzò, si mise davanti a loro e con la mano aperta pronta a spingerlo
via sul serio, disse con uno sguardo mortalmente serio e da brivido.
Ramon
fece fatica a non guardare il suo corpo ancora maledettamente nudo.
-
Vattene, Ramon. Vattene sul serio. Da adesso non sono più cazzi
tuoi. Hai detto quello che dovevi, lui sa tutto. Saprò controllarmi
per i prossimi minuti, non permetterò che gli succeda nulla. Vattene
a fanculo dalla mia vita che, per inciso, sei riuscito a rovinare per
la seconda volta. Spero che avrai l'orgasmo più bello della tua
vita, stanotte, dopo tanto tempo. Di nuovo grazie a me. Poi non dire
che sono uno stronzo! - Con questa freddezza incredibile ed
inspiegabile, visto lo stato in cui era rimasto fino ad ora, si voltò
dandogli le spalle in attesa che Ramon se ne andasse.
Sperava
solo di non rivederlo mai più sul serio.
Mai,
mai più.
Come
sapeva distruggerlo lui, nessuno sapeva. Nessuno poteva.
Solo
lui.
Fu
così che Ramon capì che era ora di andarsene e anche se non era
certo tipo da mollare, si girò e se ne andò.
Un
ultimo sguardo a Marcel ed il buio che tornava ad inghiottirlo di
nuovo, dopo tanta fatica per tentare di uscirne.
Il
silenzio era di nuovo pressante, forse li stava inghiottendo.
Kay
era la prima volta che non sapeva cosa dire e cosa fare, era rimasto
completamente spiazzato, preso in contropiede. Si chiedeva cosa fosse
il caso di dire. Non ci voleva credere, però qualcosa gli diceva che
Ramon aveva ragione. Era vero che lo picchiava?
Non
aveva la minima idea di come dovesse reagire e nemmeno di cosa
provasse.
Marcel
sospirò, chiuse gli occhi, si strofinò il viso, richiamò a sé
tutta la calma del mondo e dopo di che si girò piano.
Kay
non poteva credere che potesse avere dei raptus, era così
controllato, tranquillo, pacato. A volte stanco ancora prima di
cominciare la giornata. Era un po' il suo modo di essere. Era
flemmatico. Ma forse aveva sempre frainteso. Non era un modo di
essere, era uno sforzarsi.
Marcel
prese in mano la situazione con sicurezza, come avrebbe dovuto fare
dall'inizio, e dopo il tremendo scossone ricevuto nel rivedere Ramon
e nell'essere toccato ancora una volta da lui, si dimostrò
all'altezza.
-
Mi dispiace che tu l'abbia saputo così. Non ho mai capito cosa fosse
giusto fare. All'inizio non volevo avvicinarti per questo, per
impedire di avere quei raptus con te. Ma poi tu hai insistito e non
ho saputo più rifiutarti. Mi sei entrato sempre più dentro, sei
diventato indispensabile e mi sono innamorato. Ma ho sempre avuto la
paura di non sapermi più gestire, che il mostro uscisse ancora. Mi
vedevi tormentato e pensavi fosse per la storia con Ramon o per la
droga ma... la verità è che sotto tutto quanto c'è questo. Sono...
sono un mostro e non posso stare con nessuno, perchè potrei finire
per farti male un giorno. Ti amo troppo per permettermelo. Forse ci
voleva Ramon per capirlo, per farmi aprire gli occhi su cosa fosse
giusto. Perchè è vero. Io ho questo dentro di me, ho fatto quello
che ha detto. Lo stavo per uccidere. Quando ho smesso di vederlo è
perchè l'ho ridotto in fin di vita ed in quei momenti io... pensavo
solo che volevo che smettesse di vivere! Ero fuori, completamente
fuori di me! Ho passato tutto questo tempo chiedendomi cosa fare con
te. Ti amo, ma appunto per questo ora sai perchè non posso rischiare
così la tua vita. Se non ti amassi rimarrei con te, direi che ha
inventato un sacco di palle e ti terrei con me. Ma... non posso...
conti troppo per me. - Marcel non aveva fatto altro che pensare a
questo, in tutto quel tempo, da quando si era ripreso.
Però
si alternava ad altri pensieri del tipo 'come farei senza di lui? Non
ce la farei mai a lasciarlo. Per me è impossibile vivere senza Kay!'
Adesso
però, possibile o no, Marcel era lucido e doveva affrontare la
realtà. Se l'amava, doveva proteggerlo e c'era solo un modo efficace
e sicuro.
Ramon
l'aveva rovinato in tutti i modi e forse non si usciva dalla rovina,
una volta che ci cadevi.
Marcel
a quel punto lo pensò.
-
Però fammi solo un favore... ti prego... - Disse poi prima che Kay
realizzasse il significato di tutto quel discorso. Si avvicinò, gli
mise una mano sulla guancia, l'accarezzò con delicatezza e con uno
sguardo infinitamente triste, disse:
-
Ti prego... non tornare da Ramon. Stagli lontano. -
Non
aspettò una risposta che sapeva non sarebbe venuta. Era consapevole
d'averlo ucciso in quel modo, ma un domani sarebbe tornato alla vita.
Molto presto, perchè lui era il sole ed il sole non poteva spegnersi
a lungo.
Kay
avrebbe riacceso i suoi raggi e nessuno gli avrebbe fatto del male.
Così
impedendosi di baciarlo, se ne andò verso la camera per vestirsi e
prendere le proprie cose.
Kay
rimase fermo in salotto a fissare sconvolto il posto in cui prima
c'era Marcel.
La
guancia dove l'aveva toccato era calda, il resto gelido. Non aveva la
sensibilità del proprio corpo, le mani non avrebbero potuto
afferrare nulla di solido.
Le
alzò e le vide shockato che tremavano. Gli occhi sbarrati, il
respiro piano, molto piano, per evitare di finire in apnea.
Erano
successe troppe cose insieme, cose importantissime e lui doveva
pensare, capirle, ponderarle. Non sapeva assimilare in fretta e
furia, era impulsivo, reagiva sempre troppo in fretta e
precipitosamente. Ma ora che tempo aveva?
Marcel
se ne stava andando.
Quando
lo capì mandò al diavolo la propria mente bloccata e si decise a
reagire troppo in fretta, come suo solito.
Kay
raggiunse Marcel in camera, si era appena vestito. Provò a parlare,
ma non riuscì a dire nulla. Lo stava lasciando. Lo stava lasciando
sul serio.
Non
poteva andarsene dopo tutto quello che avevano passato insieme, dopo
la fatica per arrivare a quel punto.
Dopo
quanto si era fatto amare.
Non
poteva.
Kay
era in grado di pensare solo a quello.
Marcel
lo sentiva, ma si obbligava a non guardarlo, non gli era mai battuto
il cuore come in quel modo, forte, potente. La voglia di gridare e
lasciarsi andare. Piangere e dire che voleva solo stare lì. Faceva
violenza su sé stesso ma se l'avesse guardato... oh, se solo
l'avesse guardato, sarebbe stata la fine.
Teneva
gli occhi fissi in basso e tirava fuori i vestiti dall'armadio di Kay
per metterli in un borsone.
Dal
momento che non riusciva a tirare fuori mezza parola, gli andò
dietro e gli prese le braccia fermandolo. Marcel non avrebbe mai
usato alcun tipo di forza con lui, nemmeno per liberarsi. Così
aspettò raddrizzandosi. Kay appoggiò la testa sulla sua schiena,
come non avesse forze.
Doveva
trovare la capacità di parlare e implorarlo di restare.
-
Kay, sai che è la cosa giusta. Hai capito cosa ti ho detto. Sono una
persona violenta, ho dei raptus, ho picchiato Ramon, l'ho quasi
ammazzato. Non riuscivo a controllarmi. Non esiste che rimango con
te. Ho sbagliato a lasciarmi andare, stavo male, stavo troppo male
per fare la cosa giusta, ma adesso non ho scuse. Adesso devo. Devo
farlo. Lasciami andare... lo sai che è la sola cosa. - Kay scosse il
capo, gli occhi aperti, ancora sbarrati. Non piangeva, ma provava un
tale sentimento disperato che si sentiva in equilibrio su un filo
sospeso nel vuoto. Sulle spalle reggeva un enorme masso pesantissimo.
Poteva
cadere da un momento all'altro. Per questo non riusciva a parlare, a
piangere, a fare piazzato. Non ce la faceva.
Quel
che provava era così grande che non ne era in grado.
Lo
girò e Marcel, sempre perchè non poteva mettere un briciolo di
forza contro di lui, si lasciò fare.
Però
teneva gli occhi chiusi, Marcel si morse convulsamente le labbra e
gli mise le mani sul viso sperando che lo guardasse.
Marcel
non intendeva aprirli, sapeva che sarebbe stata la fine, così Kay
appoggiò la fronte alla sua e prendendo respiro riuscì a dire piano
in un tono quasi inudibile, flebile e spezzato.
-
Non andartene... ti prego... - E allo stesso modo, Marcel rispose.
-
Permettimi di proteggerti... -
-
Ma voglio proteggerti io... - Mormorò ancora facendosi sempre più
forza. Mano a mano che parlava tornava sempre più in sé. Non capiva
ancora cosa fosse davvero giusto fare, però si stava scuotendo piano
piano.
Marcel
scosse il capo.
-
No... non puoi proteggermi da me stesso. Nessuno può. È questo che
sono. Devo accettarlo ed evitare la catastrofe. - Kay pensava che
forse aveva ragione, nessuno poteva proteggerlo da sé stesso, ma era
convinto che ci doveva essere un'altra soluzione.
Strinse
la presa intorno al suo viso.
-
Ci deve essere un altro sistema... - Ancora un piccolo flebile
mormorio.
Marcel
scosse di nuovo il capo.
-
E quale? - Kay non lo sapeva, non gli aveva dato tempo per
riflettere. Stava succedendo tutto in fretta.
Le
mani di Marcel lungo i fianchi si ostinavano a non toccarlo, guai se
succedeva.
-
Non lo so, mi devi dare tempo per rifletterci, ma nel frattempo non
puoi andartene, non puoi lasciarmi così... la soluzione non è
isolarti, ne sono sicuro. E poi ci amiamo. Un sistema per stare
insieme c'è! Non è mai successo niente, con me! Magari era lui che
ti faceva impazzire! Non è detto che tu sia proprio così! Non sai
di cosa si tratta, non sai niente... non l'hai mai affrontato sul
serio. Devi studiarti meglio! Permettimi di trovare una soluzione
diversa da questa... ti prego... Mar... - A quello come poteva
resistere?
Marcel
non aveva mai voluto tanto qualcosa come cedere a lui, abbracciarlo,
baciarlo e perdersi in lui. Ma la verità era che sapeva che era
sbagliato, non poteva.
Non
poteva proprio.
Era
impensabile.
Così
prese un altro respiro, il più difficile della sua vita, mise le
mani sulle sue braccia e lo respinse con fermezza, ma al tempo stesso
delicatezza.
Kay
sgranò ancora gli occhi e fu solo a quel punto che le lacrime
uscirono rigandogli il viso.
Eccolo
lì a piangere, alla fine. Kay stava forse cedendo le armi?
L'ultima
cosa da fare, l'unica che non poteva aiutarlo. O forse sì.
Marcel
teneva ancora gli occhi chiusi e Kay capì che forse era quella
l'ultima speranza.
Rimise
le mani sul suo viso dopo che gliele aveva tolte, così Marcel gliele
levò ancora, ma visto che non voleva saperne di non toccarlo,
dovette tenerle fra le sue, era così dolce, quel gesto. Così bello.
Non voleva lasciargli le mani.
-
Marcel, guardami... - Marcel non poteva, ma Kay si riavvicinò e
Marcel indietreggiò per impedirgli di essergli troppo vicino.
Continuarono
così a rincorrersi e scappare fino a che dietro si presentò il
letto e vi finì sopra. Kay gli salì a cavalcioni usando a suo
favore il fatto che gli teneva le mani per respingerlo. Spinse con
esse come per bloccarlo e riuscì ad arrivare davanti al suo viso,
così vicino fino a sfiorarlo.
-
Guardami Mar... apri gli occhi e guardami... -
Marcel
scosse il capo.
-
Non posso... - Disse con difficoltà.
-
Sì che puoi. Mi stai lasciando. Puoi anche guardarmi. - Ma Marcel
non ne era in grado.
-
Se ti guardo sono finito. Non riuscirò più a lasciarti ed io
devo... perchè è giusto e lo sai... -
Kay
non voleva sentire ragioni, piangeva e le sue lacrime gocciolavano
sul suo viso, non poteva mollare. Sapeva che sarebbe morto, se
l'avesse fatto. Si sentiva schiacciare nel petto con una tale forza
spaventosa da sapere di non poterla vincere, ma ce la stava mettendo
tutta. Doveva resistere. Doveva tenere duro.
Si
schiacciava su di lui e lo fissava con bisogno ed ostinazione.
-
Se non mi guardi non me ne andrò. - Continuò.
Marcel
capì che davvero non si sarebbe alzato e si chiese cosa potesse
fare.
Prese
un altro respiro, come una pugnalata nei polmoni, ed aprì gli occhi.
Quando vide i suoi così bagnati di lacrime, non resistette. Si morse
le labbra e liberò le proprie.
Ed
ora come parlava? Come lo spingeva via?
-
Io resterò qui fermo finchè tu non vorrai restare con me. - Disse
con sicurezza seppure piangesse. Marcel voleva arrendersi, quanto lo
voleva... lo sentiva anche lui, per questo non mollava.
C'era
una via d'uscita?
C'era?
Marcel
scosse la testa senza riuscire a parlare e Kay avvicinò il viso
posando le labbra agli angoli degli occhi da cui sgorgavano le sue
lacrime.
Le
carezzò, le bevve e le fece sue.
L'aveva
già fatto quando era stato tanto male e poi vinto la sua lotta, no?
Perchè
ora non potevano farlo ancora?
Quel
gesto era una tortura sempre maggiore che si aggiungeva a quello che
già per lui era una prova insormontabile, ma mentre lui cercava la
forza di mandarlo via, Kay scese sulla guancia con le labbra ed
usando la punta della lingua, lo carezzò ancora fino ad arrivare
alla sua bocca chiusa.
Marcel
non poteva aprirla, la lasciò serrata e tornò a chiudere gli occhi,
anche Kay ora li aveva chiusi ed era totalmente immerso in quel che
faceva.
Con
insistenza continuò a leccargli le labbra ed era la cosa più dolce
e balla che gli avesse mai fatto.
“Se
solo sentisse la canzone che ho scritto... se solo sapesse che la
cantavo pensando a lui...” Marcel aveva paura che tutto quello non
fosse abbastanza per convincerlo.
Non
riusciva a pensare a quello che aveva saputo, riusciva solo a pensare
che la sua priorità era tenerlo con sé. Quello che provava era
troppo grande per essere spazzato via facilmente.
-
Ti prego... devi fidarti di me... hai visto che sono riuscito ad
aiutarti fino a qua... come puoi pensare che non ce la farò ancora?
- Disse allora visto che Marcel non si apriva. A quella domanda,
l'impulso di rispondergli fu troppo grande.
-
Perchè era diverso... questa cosa è molto più grande di noi... -
Kay gli prese il labbro inferiore fra le sue e lo succhiò senza la
minima intenzione di ridarglielo. Marcel naturalmente non potendo
chiuderlo, lo tenne aperto e lo lasciò fare.
Via
via c'era sempre più abbandono, via via le mani di Kay lasciarono
quelle di Marcel per appoggiarsi sul materasso ai lati del suo viso e
via via quelle di Marcel salirono su Kay, sulla sua testa, fra i suoi
ricci morbidi e poi giù sul suo collo.
Non
doveva, non poteva, era sbagliato.
Però
lo stesso gli aprì i bottoni della camicia e con essi schiuse le
labbra andandogli incontro con la lingua.
Aderirono
con le bocche fino a fondersi e pensando che fosse sbagliato e non
andasse bene, Marcel si arrese a lui pregando Dio di essere ancora in
grado di gestirlo.
Che
quel mostro fosse un'esclusiva di Ramon. Che a Kay non avrebbe mai e
poi mai fatto male.
Il
terrore che provava all'idea di fargli del male lo schiacciava, ma la
bocca di Kay era così dolce, mentre lo baciava. Il suo corpo era
caldo, mentre si infilava sotto la camicia aperta.
Non
si sarebbero più separati, le loro bocche sigillate per sempre,
spaventati all'idea di spezzare quella delicata posizione raggiunta.
Nemmeno
respirare.
La
paura di fare anche quello, perchè si poteva rovinare tutto.
Ma
alla fine Kay scese sul suo collo baciandolo lì, dopo essersi
sfilato da solo la camicia di dosso e aver alzato la maglia di
Marcel.
Che
strano che era spogliarlo. Come la prima volta che l'avevano fatto.
Il
flash raggiunse entrambi ed ebbe la potenza di un treno in corsa.
-
Come fai a non avere paura di me? - Disse Marcel fra un ansimo e
l'altro per ciò che la sua bocca, ora sul petto, gli stava facendo
provare. - Hai capito che mostro che ho dentro? Come fai a non avere
ribrezzo? - Kay non riusciva proprio a vederlo, quel mostro. Aver
saputo cosa aveva fatto forse non era la stessa cosa che vederlo o
forse davvero quello che provava per ora gli dava la priorità di
aiutarlo e non di abbandonarlo.
-
Perchè ti amo troppo per avere paura... - Marcel strinse forte gli
occhi alzando il bacino mentre gli apriva i pantaloni e glieli tirava
giù liberandogli l'inguine.
-
Ora non ne hai perchè non hai visto... ma non sai cosa stai
facendo... - Con la lingua leccò tutt'intorno alla sua erezione, la
pelle sensibile lo fece rabbrividire immediatamente e si tese
completamente sotto di lui, alzando le braccia sopra la testa per
afferrare il lenzuolo.
-
Forse invece lo so più di te... - Kay non sapeva cosa stava dicendo,
voleva solo che si fidasse di lui. Aveva bisogno che si fidasse.
Riconoscere
che aveva un lato oscuro e lasciarlo solo a sé stesso non era una
soluzione, era una scappatoia comoda. Ci doveva essere un modo per
aiutarlo. Si doveva poter aiutare chi ne aveva davvero bisogno e non
erano le vittime, erano i predatori quelli veramente bisognosi. Senza
predatori non esistevano vittime.
Mano
a mano che Kay si occupava di Marcel e del suo caldo corpo che
reagiva immediatamente a lui, riusciva a vedere tutto con maggior
chiarezza e facilità.
-
Se c'è un problema lo si risolve, non si scappa. Stare soli non è
una soluzione. Magari io non rischierò, però lo farà qualcun altro
al mio posto... ed allora così sarebbe più giusto? - Dopo di questo
si dedicò seriamente alla sua erezione, la lingua lo fece sussultare
fino a che la bocca avvolgendolo gli tirò fuori i primi gemiti.
Marcel spingeva ripetutamente verso di lui chiedendone di più e Kay
aumentava l'intensità con cui si prendeva il suo piacere.
Marcel
non sapeva più cosa ribattere e cosa dire. Lontanamente pensava
avesse ragione, ma adesso gli aveva appannato completamente la mente.
“Non
è uno che si fa gestire. Se vuole qualcosa lotta per ottenerla con
tutte le sue forze. È la persona più forte che abbia mai
incontrato. Non ha mai ceduto su niente da quando l'ho conosciuto. È
tenace. Ed è la mia vita. Se lo lasciassi, andrei a buttarmi sotto
un treno. Non posso fare a meno di lui, non posso. Dobbiamo tornare
alla vita insieme.”
Questi
i pensieri furiosi che turbinavano nel rosso del piacere di Marcel,
pensieri sempre più chiari ed insistenti che forse avrebbero avuto
maggior senso dopo, quando avrebbe raggiunto il suo orgasmo.
Kay
continuò ad assaggiare il suo corpo anche in altri posti, a farlo
suo con la lingua e a possederlo con le mani fino a che,
adagiandoglisi addosso, succhiandogli la bocca una seconda volta, non
entrò in lui per la prima volta mormorandoglielo.
-
Io ti amo, ti amerò sempre ad ogni costo. E non ti permetterò mai
di lasciarmi. Ti voglio troppo. È la mia vita quella con cui giochi
e decido io come viverla. Sceglierò sempre te. Ad ogni costo. Ad
ogni costo. - Continuò a ripeterglielo ad ogni spinta che andava
sempre più in profondità, fino a lacerarlo, fino a toccargli ogni
punto vitale, fino a scollegarlo col mondo per farlo solo suo, suo in
ogni parte, in ogni forma. Suo per sempre e basta. Voleva marchiarlo
e trasmettergli tutto il suo amore, tutto il suo bisogno di vivere
con lui.
Non
gli importava di tutti i problemi ed i rischi, sapeva solo che non
poteva mollare. Lo sentiva.
Poteva
esserci il pericolo più nero di quel mondo, ma per lui poteva ancora
andare sott'acqua e vivere in apnea senza respirare. Per lui poteva
ancora fare qualunque cosa, non erano solo parole prive di valore,
quelle che aveva detto pensando a lui in quei giorni.
Erano
vere ed era il momento di dimostrargliele. Poteva fallire, poteva
essere una catastrofe, ma per lui contava solo provarci, lottare e
non mollare.
Contava
solo Marcel.
Cercò
le sue labbra nel culmine del piacere e delle spinte, quando si
ritrovarono fuse insieme come già lo erano i loro corpi, si
toccarono dentro e fuori e tutto divenne un unico sentimento esploso
in un cielo pieno di stelle.
Dietro
agli occhi chiusi tante piccole luci calde mentre tutto quello che
provavano si concretizzava in quell'orgasmo.
Fu
così che Marcel capì una cosa che evidentemente gli era sfuggita
fino a quel momento.
Kay
non avrebbe mai mollato in ogni caso, qualunque cosa lui avesse
fatto. Quindi a quel punto l'unica scelta, l'unica possibilità era
fidarsi di nuovo di lui, abbandonarsi a lui come aveva già fatto in
passato.
Ansimanti
tornarono in loro mentre i corpi palpitavano impazziti, le labbra ed
ancora le mani, il tatto, i respiri, l'eccitazione, la serenità, una
gioia incontaminata. Di nuovo loro. Di nuovo pace. Quella pace che
solo uno nell'altro potevano provare, solo così era veramente
perfetta. Solo così.
-
Ti amo e qualunque cosa tu sei e farai, ti amerò lo stesso. È
quando stai male, quando va male, quando è difficile ed impossibile
che bisogna tenere duro e amare sul serio. Altrimenti non era amore
nemmeno prima. È qua che mostreremo il nostro amore. -
Marcel
tornò ai suoi occhi lucidi, di nuovo il tremore.
-
Ma potrei farti del male, potrebbe uscire quel lato... -
Kay
scosse la testa e con una sicurezza granitica nel viso sereno, con un
sorriso rilassato e pieno d'amore, lo baciò sulla fronte.
-
No, perchè so quanto mi ami, io l'ho sentito, capisci? E lo sento
ogni giorno, ogni ora, ogni istante. Per questo non succederà. Tu mi
ami ed io ti amo allo stesso modo. Non permetterò mai di spingerci
fino al punto da odiarci ed impazzire. Mai. -
Marcel
prese un gran respiro profondo, come se avesse ossigeno puro per la
prima volta. Come se la mente si rischiarasse e le nuvole
cominciassero ad andare via. Di nuovo... di nuovo ci vedeva. Ed era
stato tutto lì a portata di mano.
-
Promettimi che se ti spaventerò... che se ci sarà una minima volta
che ti farò paura... tu te ne andrai e non resisterai. Promettimi
che andrai via appena arriverà. - Solo quando Kay annuì, Marcel
trovò la pace ed accettò Kay nella sua vita.
Ancora.