CAPITOLO II:
PROCESSO DI CONTAMINAZIONE

Kay aveva accolto la proposta con entusiasmo. Non aveva la presunzione di non aver bisogno di aiuto, era cosciente del fatto che per andare avanti in quel settore serviva tutto l'appoggio ed i consigli possibili.
Il suo discografico gli aveva proposto l'affiancamento di un produttore molto in gamba, nel settore musicale.
Un eccellente scopritore di talenti.
Kay aveva già fatto due album di successo, ma era il terzo che doveva confermare e lanciarlo ulteriormente nel panorama musicale.
Stava riflettendo molto sul nuovo album che stava cercando di fare e non era stato il solo. Il suo agente ed il suo discografico gli avevano proposto di ascoltare qualche consiglio esterno, così eccolo.
- Sapevo che avresti accettato. Lui accoglie i collaboratori a casa sua, mi ha detto di farti andare là. È particolare, però se trova degli stimoli in chi ha davanti si trasforma completamente. Ti devi fidare, ti aiuterà moltissimo. - Kay non aveva problemi a fidarsi, quello gli veniva facilmente. Ne aveva, eventualmente, a non fidarsi.
Non era proprio uno sprovveduto però prima di voltare le spalle o togliere la propria fiducia a qualcuno, ce ne passava. Il punto era che aveva un'alta resistenza.
Kay arrivò a casa di questo produttore, si erano offerti di accompagnarlo, ma aveva detto che poteva andarci da solo.
Lui aveva le idee chiare sulla propria musica, ma cercava la crescita artistica, era una cosa importante e attingeva da ogni aspetto della sua vita, non escludeva nulla. Voleva parlare con questa persona, confrontarsi e vedere cosa gli consigliava, che idee aveva e, nel caso in cui gli fossero piaciute, collaborare.
Altrimenti se si trattava di sconvolgersi troppo, avrebbe gentilmente declinato l'invito.
La casa era grande ma trascurata esternamente, probabilmente lo era anche al suo interno. Il giardino incolto e spoglio ricordava quello della famiglia Adams.
Arrivato alla porta, la trovò aperta. Entrato arricciò il naso per il pessimo odore che lo investì, un miscuglio fra fumo, chiuso, polvere, sporco e alcool.
Ciò che per lui era peggio di tutto il resto, era il buio.
Faticò a giostrarsi in un posto sconosciuto privo di luce.
- Vieni avanti! - La voce rauca che aveva sentito al citofono, lo invitò ad entrare.
Kay seguì la voce fino a raggiungere il pianoforte, una sigaretta accesa ed un'ombra seduta al pianoforte.
Capelli incolti. Non vedeva niente altro.
- Io sono... - Cominciò mite.
- So chi sei. Forse sei tu che non sai chi sono, magari pensi che siano sciroccati a dirti di seguire i miei consigli... vuoi ascoltare qualcosa di mio? - Kay trovò questa proposta tanto strana quanto sensata, così non sapendo dove appoggiare il proprio sedere, mise le mani sul pianoforte a coda e si accomodò coi gomiti rimanendo in piedi.
- Certo, perchè no... - in realtà un produttore non doveva presentare pezzi propri al collaboratore, doveva presentare i cantanti o i gruppi con cui aveva collaborato. Forse preferiva cantare, ma perchè non lo faceva di professione? Perchè produceva altri cantanti e non faceva lui stesso il cantante se era quello che preferiva fare?
Eppure si stava esibendo.
Kay capì che era quello il motivo.
Pura esibizione.
“Forse è solo egocentrico, non c'entra il presentarsi.”
Senza saperlo ci aveva preso. Aveva semplicemente un ego troppo grande. Niente di più, niente di meno.
Cantare invece di far cantare gli altri per mostrare ciò di cui era capace, era solo un modo per mettersi meglio in mostra. Perchè si credeva meglio degli altri.
Kay lo trovò molto bravo, aveva un'eccellente capacità interpretativa ed una voce davvero particolare, diversa da quelle che abitualmente si sentivano in giro, penetrava a modo suo, ma più che altro per il modo in cui l'usava.
Disperatamente, graffiante, penetrante.
“Eccentrico, ma notevole!”
Riassunse fra sé e sé. Le parole e la musica di per sé erano molto strane, quasi incomprensibili. Il pianoforte non era lo strumento adatto per quel genere.
Fu così che Kay capì anche perchè non cantava.
Il genere che gli piaceva fare non avrebbe mai avuto presa su nessun tipo di pubblico.
“Ma come può sapere come rendere un cantante?”
Domanda legittima.
L'uomo ancora nell'ombra smise di suonare, non chiese un parere, come se non gli interessasse o lo desse per scontato.
- Non produco la mia musica perchè quella che mi piace fare non ha una locazione precisa e nemmeno imprecisa. Non si colloca da nessuna parte in alcun modo, è come se non esistesse. Al pianoforte sembra anche normale, ma fatta come va fatta è tutt'altra cosa. Sono consapevole del fatto che non venderei nemmeno ad una fetta ristretta ed anche se per me musica non è vendere, non avrebbe senso produrmi senza nessuno a ricevere quello che produco, mi segui? - Kay batté le palpebre un paio di volte spaesato dalla sua loquacità, la voce sempre bassa e roca, ma piacevole all'ascolto. Il vortice delle parole era stordente.
- Sì, penso di sì... - Disse incerto.
- Al contrario so cosa piace, come piace, quanto piace. So come far presa sul pubblico, so come portare al successo qualcosa. Naturalmente se il talento ed il personaggio c'è. Lavoro sullo stile, io. Modifico o sistemo lo stile, lo esalto e se non c'è lo creo estrapolandolo dall'interno di chi ho davanti. Se uno è apatico e non ha niente da mostrare, non mi ci metto nemmeno a lavorare. Serve un concorso di elementi per arrivare al successo, spesso gli artisti non sanno di avere qualcosa di speciale dentro, pensano di avere una bella voce, una buona intonazione e magari hanno anche la presunzione di avere una buona tecnica, ma non sono elementi sufficienti per sfondare. Uno fa musica pubblica per sfondare. Se non vuole sfondare, se non lo fa per quello, allora non cerca di proporsi ai discografici e all'esterno del mondo. Si canta e si tiene quello che si fa. Come faccio io. -
- Tu canti per il puro amore della musica? - Chiese colpito dal suo discorso che sperava d'aver colto. A Kay piaceva parlare di musica ed evidentemente anche a lui. Soprattutto, però, se ne intendeva.
- E' proprio così. - Disse dopo qualche istante di silenzio. Anche lui era rimasto chiaramente colpito.
Rimasero a guardarsi al buio senza vedersi, poi l'uomo al pianoforte buttò la sigaretta, si alzò ed andò ad accendere una luce. Questo permise loro di vedersi.
Lui era piuttosto basso e magro, era molto pallido, incavato e sciupato, l'età imprecisata, i capelli brizzolati tutti scompigliati e lunghi, abiti neri.
Un fascino accattivante.
“Anzi, da cattivo.”
Pensò Kay meravigliato per la bizzarria di quel tipo che sembrava un vampiro.
Questi rimase a fissarlo come colpito dalla luce del sole, quasi ferito e affascinato allo stesso tempo.
Che creatura aveva davanti?
Era chiaramente quello ciò che pensava.
- Mai visto tanti colori tutti insieme! - Esclamò avvicinandosi e scrutandolo con attenzione, come se cercasse di scomporlo e ricomporlo. - Mi sembri un quadro cubista! - Il paragone fece ridere molto Kay che si rallegrò e colpì anche per questo l'altro. Di solito non ridevano rilassati al primo incontro.
- Tu hai già un personaggio e mi hanno detto che hai già fatto due album, sei andato forte. Ti conosco, cioè ti ho ascoltato, ma non avevo mai visto che faccia avessi. Sai, io e la televisione siamo nemici. Ascolto dalla radio, per cui non ti avevo mai dato un viso. Ora che ti guardo in effetti il viso corrisponde alla voce, ma soprattutto il personaggio alle canzoni. - Per un istante l'uomo si fermò come se venisse colpito da una dolorosa verità sconcertante. - In effetti non so perchè sei qua. Se si tratta di lanciare talenti sconosciuti o rilanciare carriere in crisi è un conto, ma tu vai forte, hai già una tua identità, un personaggio, uno stile, hai le idee chiare... perchè ti hanno mandato da me? - Kay ci rimase di sasso da quell'ammissione, di solito i produttori non chiedevano perchè, aiutavano e basta.
- Beh, mi hanno detto che dovevamo incontrarci, tutto qua. Credo che potremmo tirare fuori qualche idea nuova per accrescere la mia musica.. sono sempre alla ricerca della crescita, dell'evoluzione, considero ogni idea che la vita mi propone, non mi chiudo, non mi fisso nelle mie uniche ispirazioni. Cerco ovunque. - L'uomo si perse in lui, nel suo viso e nella sua espressione illuminata e gioiosa mentre parlava. Lo vedeva entusiasta, preso, coinvolto.
C'era una grande luce in quel ragazzo eccentrico per lo stile completamente folle.
Anche la sua musica pop e leggera era molto allegra, si alternava a ballate e canzoni profonde di grande livello, ma tendeva a qualcosa di molto allegro e felice. Lo rispecchiava molto.
- Siamo uno l'opposto dell'altro, in realtà, però come ho detto riesco ad esaltare la predisposizione naturale dell'individuo, non mi fisso su quelli che sono i miei personali gusti. Se credono che possiamo fare insieme un buon album, penso che possa valerne la pena. Mi canteresti qualcosa? -
Kay era spaesato, lui andava di corsa, parlava tanto e decideva le cose da solo, tuttavia scelse di accontentarlo e cantargli qualcosa lo stesso. Aveva bisogno di riflettere. Non sapeva cosa aveva prodotto, gli avevano parlato bene di lui, avevano detto cose interessanti ma di fatto se lui lo doveva ispirare per la sua musica, in che modo poteva fare?
Era frastornato e con quello stato d'animo, si sedette al pianoforte e decise per qualcosa di allegro che lo identificava, naturalmente eseguirlo solamente al pianoforte non lo rendeva proprio movimentato come era il pezzo originale, ma dava parecchio l'idea di quel che era in realtà.
La sua voce era forte, corposa ma alta, molto alta, raggiungeva picchi altissimi pur rimanendo piena. Rasentava lo stridulo usata in certi modi, ma poi poteva scendere e riscaldare.
L'estensione vocale era eccezionale, il timbro spiccava, la tecnica invidiabile.
Quando si fermò, l'altro batté le mani e lo abbracciò da dietro con entusiasmo mettendo il buonumore a Kay, era bello entusiasmare un vampiro.
- Sei eccezionale, adesso sono io che spero di poterti essere d'aiuto! Sai, io ho sempre molte idee, sono un'artista che scava e spazia in ogni dove, non mi fermo, posso tirarti fuori qualunque cosa. Sono sicuro che faremo un ottimo lavoro insieme! -
Kay si mise a ridere, aveva già deciso tutto, ma la sua gioia ed il suo entusiasmo che non si addicevano alla sua singolare presentazione, lo coinvolse e lo prese immediatamente. Fu quello a conquistarlo. Quella capacità di essere chi serviva al momento, quel saper coinvolgere, colpire, farsi notare, piacere.
Sapeva come piacere. Era chiaro. Chiarissimo.
Capiva chi aveva davanti e faceva in modo di catturarlo a seconda della sua predisposizione, di quello che poteva catturare.
- Ne sono sicuro... per scrupolo mi dici chi hai prodotto? Pura curiosità... - Non voleva apparire scortese o diffidente e l'uomo lo capì, infatti si mise a ridere per il suo sistema così goffo, ma tenero a modo suo. Era un ragazzo gentile e a modo ed uno così famoso era strano lo fosse. Una perla rara di sicuro.
- Mi pare giusto... - Con questo andò alle finestre e le aprì, sicuramente la prima volta da mesi.
Piacevole entusiasmante sensazione sentire l'aria e vedere il sole entrare. Kay si rilassò e nell'ascoltare alcuni nomi, cominciò a sorprendersi, erano tutti noti, alcuni avevano avuto un gran successo.
- Specifico che io per lo più li ho lanciati o rilanciati nel caso fossero in crisi, però poi una volta che sono andati bene li ho lasciati camminare da soli, a me piacciono le sfide che hanno un senso. -
Kay annuì guardando il macello che aveva in casa e cercò di non dimostrarsi impressionato. Cosa difficile perchè era estremamente spontaneo.
- E poi ho lanciato Marcel Fontal. - Kay stava carezzando i tasti mentre ascoltava i nomi che diceva, ma sentendolo pigiò una delle note gravi dimostrando tutto il suo stupore.
Capì subito che lo conosceva. Era normale, era piuttosto popolare, ora. Aveva avuto un gran successo da subito. Grazie a lui, si disse.
- Ti piace? - Chiese senza immaginare cosa si celasse dietro quella nota scappata.
Kay lo guardò e con la sua spontaneità sconcertante, disse stupito:
- Sì, lo conosco bene. È un mio amico. - Non voleva certo spifferare che stavano insieme, non era il caso. L'altro si stupì della strana coincidenza che la vita gli aveva appena portato.
- Ma dai, che caso! Comunque chiamami pure Ramon. E al di là dell'amicizia, ti piace Marcel come cantante? - Naturalmente domanda strategica. Era per capire se avesse fatto un buon lavoro dal punto di vista di qualcun altro. Non si era mai sprecato a chiederlo a nessuno, era molto sicuro del proprio lavoro, ma soprattutto lo era grazie al successo che stava avendo.
- Certo, mi piace molto, lui mette un pizzico di rock nelle sue canzoni anche se non è proprio di quel genere. È inquietante e si nota moltissimo. Io lo trovo un talento unico, ha una capacità interpretativa che ho sentito in pochi, per non dire della sua voce. - Kay si dovette frenare. A lui piaceva tantissimo Marcel, ma ci stava insieme e pensava di non essere molto imparziale.
- Aveva una gran base... - Questo termine fu strano, ma ancor più strano il luccichio nei suoi occhi da lupo. Kay non fece una piega, riuscì a non mostrare nulla di particolare sebbene trovò quel termine strano.
Ramon naturalmente pensava a quello che era per lui una base, nel caso di Marcel era stata una gran bella base, decisamente una delle migliori.
“E al tempo stesso delle peggiori, ma solo per come è finita...”
Anche se non era obiettivo perchè alla fine Marcel il successo l'aveva avuto comunque e se l'obiettivo della sua collaborazione era portarlo al successo, non c'era ragione per pensare che ci fosse stato un peggio ed un male.
Eppure anche se Ramon non si legava a nessuno e considerava le persone delle basi su cui lavorare per portarle al successo, con Marcel c'era stato qualcosa di diverso.
- Lo considero uno dei miei migliori capolavori. - Disse poi con un sorriso inquietante come il resto del suo personaggio.
A Kay non piacque, percepì molto dietro quegli sguardi e quelle frasi, ma decise che si sarebbe limitato a chiedere a Marcel quella sera.
- Il nostro incontro ha qualcosa di simile a quello con lui... - Ramon parlò molto per poi spostarsi su sé stesso, sulla musica ed in generale di mille altre cose. Era anche molto spiritoso oltre che eccentrico e loquace.
Kay si trovò bene, non lo poteva negare. Conquistava.
Però quel piccolo neo su Marcel non gli era piaciuto, c'era stato qualcosa fra le righe.
“Non mi ha detto di salutarglielo, di organizzare qualcosa insieme, come sta... non mi ha detto se lo vede ancora, non mi ha detto niente di lui davvero...”
Fu così che si rese conto che nemmeno Marcel aveva mai nominato Ramon, certo non stavano insieme poi da così tanto tempo, però se era davvero arrivato al successo grazie a quella persona, perchè non parlarne mai?
“Che sia successo qualcosa fra loro? Io adoro il mio mentore e spesso lo incontro ancora... ne parlo con molti amici, quando parlo di musica o di come ho iniziato. Marcel in effetti non lo fa mai.”
Sicuramente era qualcosa da sondare con discrezione, visto il tipo particolare che era il suo ragazzo.
Così lunatico, così facilmente irritabile.

Ramon, rimasto solo, si accese un'altra sigaretta prendendosi da bere.
L'espressione pensierosa, impenetrabile, non particolarmente serena e felice.
- Marcel... quel piccolo stronzo... -


//Non avevano minimamente lavorato sulla musica. Ramon aveva per prima cosa pensato nel dettaglio al suo look e a partire dai capelli per passare dal viso e finire coi vestiti, l'aveva completamente reinventato.
La base di Marcel era davvero buona, una delle migliori su cui aveva lavorato.
Però era completamente grezzo, non aveva la minima consapevolezza di sé e delle sue doti.
Dal primo momento in cui aveva visto i suoi occhi aveva capito che tipo era, completamente diviso in sé, solo talmente acerbo da non averne idea. Non aveva ancora vissuto abbastanza.
Quando ebbe concluso con la questione aspetto, lo pose davanti allo specchio e lo fece vedere. Era molto entusiasta mentre Marcel spaesato.
Gli aveva dato un look piuttosto gotico, gli occhi truccati di nero per evidenziare quelle iridi color petrolio, i capelli in un bel taglio asimmetrico e moderno.
Era già tutta un'altra cosa. Però Marcel non sembrava convinto, cosa che invece Ramon lo era di gran lunga.
- Sì ma è così... così... -
- Splendido? - Completò convinto ed entusiasta Ramon. Marcel non si fece influenzare. Sapeva bene cosa sembrava e non era splendido.
- Ambiguo! - Ramon batté le mani mettendosi a saltare sul letto, sorprendendo non poco Marcel che rimase a fissarlo come se fosse pazzo.
- E' esattamente questo che devi essere! Ambiguo! - Marcel però non era per niente d'accordo e polemico com'era, replicò con fermezza.
- Ma perchè? Io non sono ambiguo! Così non si capisce se sono gay o etero ed in generale se io sia buono o cattivo, se sia psicopatico o sano! - Ramon si fermò alzando le braccia in alto coi pugni in segno di vittoria e godimento, non era mai stato più soddisfatto di sé.
Poi, sospirando, scese e decise di portarlo bruscamente alla realtà.
- Marcel, tu sei ambiguo solo che non te ne rendi conto! Uno quando ti guarda non capisce che tipo sei. Se sei sano o schizzato, se sei gay o no, se sei affidabile o se sia meglio scappare da te a gambe levate. Solo che non hai consapevolezza di te! - Marcel ci rimase a dir poco di sasso, ma continuava a non essere d'accordo, infatti si guardava allo specchio contrariato e perplesso.
- Ma cosa dici... e poi non mi sta davvero bene... - Non era abituato a vedersi, era arrivato con uno stile molto semplice, questo era qualcosa di molto forte, un grande cambiamento.
Ramon decise che era ora di svegliarlo sul serio o non sarebbe mai andato avanti con convinzione, ma soprattutto con consapevolezza.
Gli andò dietro e lo guardò attraverso lo specchio fissandolo comunque negli occhi.
- Guarda che stai benissimo. -
- Non prendermi in giro... - non era aggressivo però rimaneva per niente convinto.
- Sei uno dei più bei ragazzi che io abbia mai visto e questo ti risalta ancora di più, devi fidarti che su queste cose non sbaglio. -
Marcel fece il broncio.
- Non mi sono mai visto bello, tu lo dici per convincermi a tenere questa roba... - Ramon lo prese per le braccia, lo girò e lo spinse a sedersi sul letto, una volta davanti a lui si fece guardare in modo che si concentrasse su di lui e su quel che diceva.
- Marcel, come diavolo fai a non vederti bello? Sei splendido! Hai due occhi che bucano chiunque... ed hai un viso che è... quello di un demone... - Per lui erano complimenti, per Marcel no. Infatti lo fissò stralunato cercando di capire se stesse cercando di convincerlo o cosa.
- E così sto meglio? - Ramon sbuffò e si chinò su di lui appoggiandosi sulle sue ginocchia con le mani, vicino a lui col viso tornò a ripetere serio e sicuro di sé.
- Così stai da Dio. Ho voglia di stuprarti! - Marcel finalmente sorrise e si rilassò considerando le sue parole solo delle battute.
- Ma come, i vampiri non seducono? Non pensavo perdessero tempo a stuprare! - Voleva solo alleggerire la cosa e buttarla sullo scherzo, forse non aveva torto nel dire che se non altro quello gli dava un personaggio che si sarebbe notato una volta fuori.
- Su questo hai ragione... - Marcel rimase stupito perchè non replicava con qualche altra battuta per avere l'ultima parola, per cui disse sorpreso.
- Solo così? Pensavo cominciassi un sermone sui vampiri! - Con Ramon si poteva scherzare sempre su tutto, quando era di buon umore. Per il momento l'aveva visto solo di buon umore.
Ramon, comunque, quella volta rispose in un altro modo, lasciando perdere le parole.
Ebbe l'ultima parola in un altro modo, infatti si allungò appena fino a raggiungere la sua bocca e prendersela. Rimase appoggiato con le mani alle cosce mentre Marcel dimenticava la bocca aperta per lo stupire dandogli un perfetto accesso come niente.
Marcel non aveva mai pensato a Ramon in quel senso, ma si era sentito accaldato diverse volte in sua presenza, davanti a certi atteggiamenti o gesti. Quel bacio fu la somma di tutte quelle volte. Mentre prima si era sentito stordito e strano, lì vide tutto chiaro.
Allora era quello... era attratto da lui...
Realizzarlo a caldo nel pieno dell'eccitazione fu un conto, il resto fu ben diverso.
Il resto arrivò con la mano di Ramon che dalla coscia si spostava nel mezzo, sul suo inguine. Appena lo toccò, Marcel lo spinse e con occhi sgranati e grande shock, esclamò.
- Cosa fai? - Ramon fece un sorriso a dir poco malefico, in quel momento non c'era altro che una luce inquietante nel suo sguardo. Calda ma inquietante.
- Ti dimostro quanto piaci con questo look... - Marcel aprì la bocca prendendo fiato per rispondergli e metterlo a posto, ma si ritrovò di nuovo la sua premuta sopra e di nuovo la mano fra le gambe. Così Marcel dovette prendergli i polsi e fermarlo tirando indietro la testa. Ramon si eccitò in quel gioco di respinta ed insistenza, così non si arrese ponendo a proprio vantaggio quella posizione.
Infatti gli bastò spingere per farlo cadere steso con la schiena, in due secondi gli era seduto sopra, a cavalcioni, ed era chino su di lui a baciargli il collo premendo i propri stessi polsi che lui gli teneva per bloccarlo.
Era come se lo imprigionasse lui.
Raggiunse il suo collo ed iniziò a baciarlo, sapeva come fare le cose affinchè piacessero e convincessero.
Fu così anche quella volta.
Infatti Marcel smise di spingerlo e rimase semplicemente fermo con Ramon addosso che lo ricopriva di brividi sul collo. Soddisfatto di quello, tornò a baciarlo mentre poteva tornare sul viso e prenderlo, carezzarglielo con una dolcezza sorprendente sfociata in sensualità. Prima l'aveva preso contropiede, era stato respinto per quello.
Se voleva evitare che scappasse doveva essere meno drastico.
Decisamente Ramon sapeva come trattare gli altri per ottenere quello che voleva, dipendeva sempre da quello che voleva.
Si limitò a carezzarlo e baciarlo, non tornò a toccargli l'inguine e non andò oltre.
Marcel così accettò quei baci e capì che oltre a non essere male erano anche piacevoli.
Una volta che Ramon si alzò deciso a lasciarlo andare per completare l'attacco un'altra volta e cuocerlo a fuoco lento, Marcel si tirò su sui gomiti e lo guardò stralunato e sconvolto.
Quell'innocenza con cui era entrato in casa, quell'ingenuità stava lentamente scemando dietro a quel turbamento sempre più vivo.
Eccola lì la sua inquietudine, quella su cui avrebbe costruito il suo personaggio.
- Io non sono gay... - Fu la prima cosa che disse. Ramon rise guardandosi allo specchio per scompigliarsi meglio i capelli.
- Lo dicono tutti. - Non aggiunse altro prima di uscire dalla camera.
Quando Marcel lo raggiunse in soggiorno, si era cambiato come prima e si era tolto il nero dagli occhi, i capelli naturalmente rimanevano come glieli aveva fatti.
Arricciò il naso quando lo vide stravaccato sul divano a fumarsi una canna.
- Che fai, ora? -
L'altro con aria beata e svanita, la testa all'indietro e gli occhi semi chiusi, rispose soave:
- Secondo te? - Marcel decise che per quel giorno ne aveva abbastanza. Era il secondo incontro e già era riuscito a rivoluzionarlo e sconvolgerlo per bene. Decisamente troppo.
- Me ne vado... - Disse teso e turbato raccogliendo la sua roba.
- A domani... parleremo della musica... - Disse per invogliarlo a tornare.
Marcel non rispose, ma prima di uscire gli lanciò un'occhiata storta e se ne pentì subito.
Ramon si stava masturbando e lo stava facendo senza il minimo problema di essere visto da lui.
Scappare di corsa da quel posto maledetto non servì, comunque il giorno dopo, seppur si fosse detto che non sarebbe più tornato, Marcel era da Ramon.
Ormai il processo di contaminazione era iniziato, non c'era più modo di fermarlo.

**
Il buio è la sola cosa che gli dà sollievo. Perchè a volte nemmeno stordirsi fino a non avere percezione fisica di sé, è abbastanza.
Il buio rispecchia il suo io interiore, quindi si fa inglobare per essere un tutt'uno con qualcos'altro che esula da lui stesso.
Ne ha bisogno, solo che non sa come fare. Non è col buio che vuole fondersi, è ben altro. Ma non lo ammetterà mai.
Così si circonda di buio, di fumo e di alcool e si stordisce fino a dormire e non capire più se è sveglio, vivo o morto.
Poi torna ad aprire gli occhi dopo un tempo indefinito e a rendersi conto che è ancora lì.
- Che palle. - Dice fra i denti rendendosi conto d'aver avuto di nuovo la visione di Marcel. Perchè lui? Perchè continua a sognarlo e ricordarlo? Forse perchè è stato il periodo più lungo che ha passato con qualcuno. O forse perchè, in qualche modo, ci ha sperato.
In qualche modo.
Così Ramon si alza dal letto, barcolla, sta per cadere ed investe il comodino con una bottiglia di gin sopra, va a terra ma fortunatamente è vuota, così si rompe.
Impreca pesantemente, sa che ci sono dei vetri a terra, ma non sta fermo, non accende la luce. Cammina lo stesso come se non gliene importasse. O come se invece cercasse i vetri di proposito, li trova e i brividi di dolore sono sempre più lontani, ogni volta. Distacco con la realtà.
Però è ancora vivo. Ancora troppo vivo. \\