CAPITOLO III:
FAME DI VITA

Kay era rimasto turbato, non lo poteva nascondere, ma non per Ramon.
Ramon era solo l'ennesimo artista eccentrico emotivo auto distruttivo, niente di nuovo che non avesse già visto.
Viveva per impressionare il prossimo, per farsi notare e nutrire il proprio ego troppo smisurato. Quando non riusciva più a nutrirlo adeguatamente si chiudeva in sé stesso allontanando tutto e tutti e, nel sentirsi ignorato dal mondo, si distruggeva per sentirsi vivo.
“Probabilmente ha una grande dose d'odio verso sé stesso... come ogni artista estremo che si rispetti!”
Pensò raggiungendo casa propria.
Non si faceva problemi nell'incontrare quel genere di persone, sapeva che quando erano di buona luna erano artisti incredibili e molto utili da un punto di vista musicale, per cui non era turbato da lui e nemmeno dal lavorarci insieme. Riteneva tutti interessanti per un motivo o per l'altro, da ognuno poteva tirare fuori qualcosa di bello per arricchire il proprio stesso bagaglio. Comunque Ramon era effettivamente un ottimo produttore discografico, aveva portato alla ribalta numerosi artisti e se si pensava a Marcel e al successo che aveva, era naturale accettare di fare un album insieme.
Kay era turbato per il fatto che Ramon non gli avesse detto di salutargli Marcel. Né Marcel gli aveva mai parlato del suo mentore.
Perchè non parlargli di lui se l'aveva aiutato tanto a sfondare?
Sapeva quanto difficile era avere successo nel panorama musicale, loro due l'avevano ma non ai livelli di certi mostri sacri. Poteva dire che erano sulla buona strada, avevano venduto molto, vinto dischi di platino e altri premi, avuto nomination ed erano molto popolari, però se considerava i suoi idoli, Freddy Mercury, George Michael e Prince, di strada ne aveva da fare.
Loro avevano avuto un gran successo nei loro anni. Si erano distinti con qualcosa di diverso, eccentrico ed originale sempre considerando i loro tempi e ciò che girava.
Erano gay dichiarati con gusti particolari che facevano a loro volta musica particolare rispetto alla massa, ma si erano più che affermati.
Era quel genere di successo a cui ambiva, non un successo per fare soldi, ma per fare musica, la sua musica, quella che piaceva a lui, quella che era la sua personale visione di musica.
La sensazione che cercava di dare era di allegria, di forza, di vitalità. Voleva trasmettere il suo amore per la musica e per la vita, tramite le sue canzoni.
Poteva senz'altro definirsi pop, però era un buon pop perchè in ogni caso la sua qualità non era spazzatura.
Ripensò al genere di Ramon.
“A lui non interessa farsi sentire dal mondo e avere riconoscenza, però è un controsenso perchè in realtà è narcisista per cui è quello che dovrebbe volere di più. Farsi amare tramite la sua musica.”
Non riusciva a venire a capo del mistero contraddittorio che era Ramon.
Giunto a casa aveva in mente ancora Ramon, la sua musica e la sua contraddizione.
Non gli ci era voluto molto per capirlo, però certe cose non erano comunque chiare.
Cancellò Ramon appena messo piede in casa, era uno come tanti, nel loro settore. Di artisti matti ce n'erano molti.
Kay e Marcel non abitavano insieme, ma di fatto era come se fosse così.
La macchina di Marcel era ancora nel suo garage, per cui sapeva che era lì.
Si guardò intorno per vedere dove fosse e gonfiato il petto per gridare a pieni polmoni, si fermò in tempo e per poco si soffocò.
Era seduto al pianoforte, gli dava le spalle, stava suonando, cosa sorprendente visto che si aspettava di ritrovarlo nel letto nudo a dormire.
Però in effetti una cosa era così.
Marcel era ancora nudo.
Aveva quella mania di girare così per casa anche tutto il giorno, a Kay piaceva anche se non era abituato. Aveva avuto altri compagni più o meno seri, ma nessuno aveva quella fissa. Una volta era rientrato con degli amici e si erano ritrovati Marcel a bere il caffè in cucina, coperto solo dal tavolo che stava fra lui e loro. Fortunatamente all'altezza giusta.
I suoi amici comunque si erano abbassati per vedere meglio e Kay li aveva spinti via con foga tirando a Marcel la prima cosa che gli era capitata sotto mano, il suo grembiule da cucina di Hello Kitty.
Marcel se l'era messo coprendo il necessario ed era rimasto sfacciatamente seduto con loro a bere il caffè e a conoscerli. Come se fosse vestito seriamente.
Kay fece un sorriso radioso e furbo al tempo stesso, poi sforzandosi di non fare il solito caos, si avvicinò a lui da dietro e si fermò presto sentendo le note del piano così stranamente malinconiche e nostalgiche.
Note che parlavano di rimpianti.
Marcel era un eccellente musicista oltre che cantante, si esprimeva quasi completamente tramite la musica. Se suonava qualcosa di particolare, al novanta percento derivava da un suo stato d'animo.
Così si fermò a distanza trattenendo il fiato.
C'era tormento in quelle note che suonava al pianoforte e si turbò preoccupandosi. Cosa gli era capitato?
Voleva chiederglielo, ma non poteva, quando ci provava si chiudeva in sé stesso, doveva aspettare che si aprisse lui per primo. Era la parte più difficile della loro relazione... si poteva pensare che fosse Marcel stesso il difficile ed in effetti era anche vero, ma per prima cosa era questo suo lato che era complicato da affrontare per uno estroverso come Kay. Marcel era tanto chiuso e se lo forzava obbligandolo ad aprirsi, era finita.
Al culmine di quella melodia che si faceva via via sempre più grave, Kay non resistette e gli andò dietro abbracciandolo. Lo cinse dolcemente con le braccia aderendo alla sua schiena, appoggiò la testa contro la sua e gli baciò la guancia rimanendo chino su di lui.
Marcel smise di suonare e si rilassò immediatamente, ma Kay gli sussurrò all'orecchio dopo un altro bacio.
- Continua... - Marcel decise di farlo e quando riprese, la melodia cambiò radicalmente. Da cupa e tesa con un tocco di nostalgico, a rilassata e serena. La musica si aprì così come le note che divennero più dolci e Kay sospirò interiormente.
Per comunicare con lui doveva solo ascoltare le sue melodie. Per qualche motivo prima non stava bene, ora fra le sue braccia era tornato sereno. Era questo che contava. Se lo poteva far bastare.
Quando finì, Marcel appoggiò le mani sulle sue braccia intrecciate sul petto e piegò la testa contro la sua.
- Grazie... - Mormorò piano con un sorrisino imbarazzato.
- Non ho fatto niente... - Disse infatti.
- Appunto. - Marcel così si girò fra le sue braccia, si mise di fronte a Kay e se lo sedette sulle gambe, la schiena al pianoforte appena suonato. Lo cinse e lo rimirò, lui e la sua tenerezza. - Grazie per non aver fatto niente... so quanto ti è costato evitare di gracchiare come tuo solito e riempirmi di domande so cosa ho! - Kay sorrise colto in fallo e Marcel si illuminò divertito dalle sue reazioni spontanee.
Lo baciò leggero sulle labbra per poi carezzargli il viso liscio.
- Ora sto bene. - Disse solo. Kay non avrebbe chiesto, ma glielo leggeva negli occhi la preoccupazione ed il bisogno di sapere. Si sforzava tantissimo di non riempirlo di domande, non era facile resistere, così Marcel decise di sforzarsi lui, quella volta. - Avevo fatto un sogno che mi ha ricordato cose poco piacevoli. Sai che se mi sveglio solo ho la luna storta. Così mi sono sfogato suonando. - Kay annuì. Era vero. Se si svegliava con lui era di buon umore, ma se si svegliava da solo era estremamente storto.
Si fece bastare quella spiegazione seppure morisse dalla voglia di sapere che sogno fosse.
Kay non sapeva niente di lui di prima che lo incontrasse. Doveva essere di dominio pubblico, magari, perchè era famoso, ma in realtà i suoi agenti, addetti stampa e quant'altro, erano riusciti a mantenere tutto nel mistero le cose che lo riguardavano.
Non avevano mai fatto uscire scandali, notizie notevoli o quant'altro.
Se aveva un passato dissoluto non era noto.
Così come nessuno, là fuori, sapeva se fosse gay o etero. Nelle interviste glielo chiedevano, ma lui non rispondeva di proposito perchè diceva espressamente che non era importante la sessualità di qualcuno, per cui non ne avrebbe mai parlato. Se uno era chiaramente etero non gli chiedevano chi gli piaceva, si vedeva. Marcel odiava il bisogno morboso di sapere con chi andava a letto, perchè non doveva influire sull'apprezzamento di qualcuno, specie se artista.
Rispondeva solo che erano affari suoi e che di lui doveva piacere la musica, non la sua vita privata.
A Kay questo piaceva moltissimo.
Lui non era proprio gay dichiarato, però poco ci mancava. Un giorno voleva fare coming out.
Si era mostrato spesso con compagnie maschili, non si era mai comportato in modo equivoco, ma era quasi un dichiararsi, a detta di tutti.
Non gli avevano mai chiesto se era gay perchè un po' era chiaro, un po' ai giornalisti dispiaceva metterlo in imbarazzo. Era una persona dolce, solare e aperta. Non veniva proprio voglia di metterlo in difficoltà.
Se glielo avessero chiesto avrebbe risposto che lo era, ma Marcel aveva ragione. Perchè dovevano importare le sue preferenze sessuali?
- Com'è andato il tuo appuntamento di lavoro? Chi ti hanno presentato? - Chiese Marcel che preferiva concentrarsi su Kay. Lui invece sapeva tutto del suo compagno, anche troppo. Ma preferiva così.
- Ho una sorpresa per te... - Disse il compagno accendendosi. In realtà non era sicuro che potesse porla come una cosa positiva, ma per lui era difficile considerare qualcosa come negativo.
- Davvero? - La mani di Marcel erano scese sui suoi fianchi e si erano infilate sotto la sua camicia stretta che evidenziava la sua magrezza, gliel'aveva tirata su per carezzargli la pelle calda e sensibile. Kay strofinò le labbra cercando di concentrarsi.
- Sì... lo conosci... - Marcel si illuminò di curiosità, cercò fra le proprie svariate conoscenze qualcuno che potesse lavorare con Kay e che la casa discografica poteva avergli presentato. Naturalmente non gli venne di certo in mente Ramon.
- Chi è? -
- Ramon Wilson. Mi ha detto che ti ha lanciato lui... - Marcel sgranò gli occhi, impallidì e per un momento si sentì morire. Kay lo vide. Vide che stava morendo a quella notizia e si preoccupò sul serio. - Mar? -
Marcel scosse il capo, lo spinse leggermente per farlo alzare e borbottando un roco: - Vado a vestirmi. - del tutto anomalo visto che era anche capace di stare nudo tutto il giorno senza un problema, filò veloce in camera.
Kay ci rimase di sasso, fermo in piedi a fissarlo mentre letteralmente batteva in ritirata.
Eccolo che tornava a chiudersi. C'era chiaramente qualcosa con Ramon, qualcosa che riguardava il suo passato e che l'aveva segnato al punto da fargli avere quella reazione. Marcel era a dir poco sconvolto nel sentire il nome di Ramon e Kay, conoscendolo, sapeva che non poteva forzarlo a parlarne. Ma non poteva nemmeno lasciare perdere la cosa. Sospirò e lo seguì pregando di non peggiorare la situazione e di insistere nel modo giusto.
Quando lo raggiunse si era messo tutta la parte inferiore, era una tuta comoda da casa. Non intendeva uscire.
- Mar? - Lo chiamò con la sua vocina preoccupata che inteneriva sempre Marcel. Questa volta tese le spalle ancora di più dandogli la schiena. Kay lo raggirò per farsi guardare. - Marcel mi stai preoccupando, ti prego parlami... avete litigato? So che ci sono cose di cui non parli, ma lavorerò con lui quindi se c'è qualcosa che devo sapere... - Sentendo quella frase, Marcel scattò come un gatto in pericolo e alzando la mano lo puntò con il dito.
- Tu non ci lavorerai insieme! - Kay si irrigidì. Era un ordine, non un consiglio, un parere o una richiesta. Non gli aveva mai parlato con quel tono perentorio e secco.
- Ma ormai ci siamo messi d'accordo... - Disse insicuro.
- No, non me ne frega, non ci lavori con lui! - Con questo si girò, infilò la felpa ed uscì per evitare il suo sguardo così fastidiosamente shockato dalla sua reazione. Odiava essere guardato così. Con la faccia di chi chiaramente pensava che avesse un problema.
Non aveva un problema, gli altri avevano problemi, tanti, e glieli vomitavano addosso.
Kay però lo seguì, questa volta non poteva mollare, ma non voleva litigare con lui od esagerare, voleva solo capire. Lo stava spaventando, doveva essere una cosa grave.
- Marcel, ti prego, parlamene... mi devi dare una ragione per rifiutare... collaboreremo insieme per il mio album, è un bravo artista, ha lanciato elementi pazzeschi, tu fra questi... obiettivamente non ho motivo per rifiutarlo! - Marcel scrollò le spalle, alzò gli occhi al cielo e con l'ennesimo scatto nervoso sbracciò verso di lui per chiudere il discorso con lo stesso marcamento netto.
- Non c'è niente da dire, non lavorerai con lui! È categorico! Basta! -
Kay a quel punto poteva andare solo per intuizione, non aveva tempo per riflettere. Lo stava spaventando e si teneva a debita distanza, ma non poteva mollare. C'erano cose più importanti della propria incolumità e poi per quanto spaventoso fosse Marcel in certi momenti, sapeva non gli avrebbe mai fatto del male.
- Cosa ti ha fatto? -
Marcel si sentiva una tigre selvaggia in gabbia, una tigre ferita. Non ne voleva parlare, era troppo parlarne, però non voleva nemmeno lasciare Kay nelle mani di Ramon, doveva ascoltarlo.
- Niente! -
- Marcel, non esiste! Me lo devi dire! Eri un ragazzino quando l'hai incontrato, so che hai esordito intorno ai venti anni... cosa ti ha fatto? È ambiguo ed inquietante! Ha approfittato di te? - Kay parlava senza riflettere e non aveva idea di quanto ci avesse preso. Però non era solo quello, in realtà.
Marcel scoppiò nel sentire la verità uscire dalla sua bocca ed incapace più di trattenere oltre, esplose gesticolando e gridandogli contro:
- Non ha solo approfittato di me! Mi ha rovinato! Ricordi com'ero quando mi hai conosciuto? È stato merito suo! È pericoloso! È un bastardo figlio di puttana! Non gli importa un cazzo di niente e nessuno, tanto meno della musica o dello far sfondare gli altri. È il suo lavoro, ma lo fa solo se trova qualcuno stimolante e lui trova stimolanti quelli che può scoparsi! Succhia la vita da chi ne ha in abbondanza perchè è un parassita. Lui è morto dentro e si attacca ai vivi! È come uno zombie! È incapace di vivere bene e si distrugge e cerca il benessere da chi sta bene e poi lo trasforma in un altro morto che cammina! Gli devi stare lontano! Gli piacerai, si farà piacere da te, ti sedurrà, ti farà di tutto e poi ti consumerà, ti succhierà via tutto, ti rovinerà e ti mollerà! Non lavorare con lui! Non farlo! - Non era stato specifico, ma almeno era stato più chiaro.
Kay, colpito e spaventato, ripensò a com'era quando l'aveva incontrato e rabbrividì.
Marcel era morto, quando l'aveva conosciuto.
Se era colpa di una relazione distruttiva con Ramon, c'era da chiedersi se non fosse il caso di evitarlo.
Kay, confuso, decise di mettere da parte Ramon per un momento e concentrarsi sul suo ragazzo. Non aveva mai insistito in nessun modo, gli aveva detto che quando avrebbe voluto gliene avrebbe parlato, ma lo vedeva terrorizzato, spaventato e demolito.
Senza sapere cosa dire, lo abbracciò e come prima Marcel si calmò perdendo forza e rabbia.
I muscoli persero di tensione e Kay lo sentì letteralmente sciogliersi. Gli mise una mano fra i capelli corti e l'altra sulla schiena e lo tenne contro di sé, gli nascose il viso nel collo e cominciò con un cullante 'ssss' che lo calmò ancora di più.
Solo quando lo sentì arrendevole contro di sé, come una statua di cristallo pronta a rompersi in mille pezzi, gli parlò piano e con la sua dolcezza non invadente.
- Va bene... va bene... parlerò col mio agente e gli dirò che non voglio lavorare con lui, non lo rivedrò più... - Marcel cercava di ragionare, di capire cosa stava facendo, ma non riusciva a farlo molto bene. Capiva solo che lo stava accontentando senza sapere bene i retroscena, non glieli aveva nemmeno chiesti, non nel dettaglio. Gli stava andando bene così.
Sapeva che a nessuno sarebbe bastato, ma a Kay sì.
- Lui... lui è bravissimo! È uno dei migliori esperti di musica, ti lancerebbe di sicuro, fareste grandi cose insieme musicalmente ma... ma ti rovinerebbe, anche... ti prego... ti prego stagli lontano... tu sei l'incarnazione di quello che lui cerca negli altri. In te ritrova quella vita... quella vita che a lui manca... e farà di tutto per prendertela. Quando non ne avrai più ti lascerà, ti scaricherà e tu sarai finito, sarai morto... io non posso permettere che ti rovini, non posso. -
Non gli stava spiegando come, non gli stava dicendo cosa era successo, non gli stava dicendo di preciso niente. Lo stava solo spaventando, niente di più.
Però non poteva rifiutarglielo. Si vedeva che ci teneva troppo.
- Non lo rivedrò... stai tranquillo... - Kay continuò ad abbracciarlo con dolcezza e lentamente Marcel si calmò pur rimanendo turbato e sconvolto.


//Trascinarsi verso il prossimo palco, prendersi qualcosa per riuscire a stare in piedi, cantare bene perchè è parte di te e poi crollare appena fuori.
È questa ora la vita di Marcel.
Non riesce nemmeno a godersi gli applausi del pubblico in delirio per lui. Una volta gli piacevano.
Una volta... eppure si parla di poco tempo fa. Non ha iniziato da molto a cantare. I primi concerti sono stati incredibili, di successo. È andato alla ribalta quasi subito, è stato come un incantesimo. Da che non aveva i soldi per delle scarpe a che ha avuto tutto nel giro di un istante.
Dal girare in bici al girare con una macchina sportiva ultimo modello a rotta di collo per le vie.
Jet privato, volare da una città all'altra, il bus del tour, conoscere gente importante, firmare autografi, fare servizi, rispondere a domande, essere qualcuno, farsi acclamare.
Nel giro di poco tutto questo.
Quand'è che l'euforia è andata via?
Quando ha cominciato ad essere indifferente a tutto e a cercare solo un sistema per andare avanti?
Non ricorda nemmeno perchè ha cominciato.
Qualcuno lo veste, qualcuno lo trucca, qualcuno lo sistema, qualcuno prova il pianoforte che suonerà lui in scena per le ballate, qualcuno prova il microfono per lui, qualcuno gli dà da mangiare, qualcuno lo pulisce.
Qualcuno gli passa la roba per stare in piedi.
E quando deve scrivere? Oh, è lì che Marcel si vuole... per scrivere e comporre nuove canzoni come fa?
A volte non ne ha idea nemmeno lui, è troppo poco sobrio.
Forse si sforza di tornare alla propria origine, a quando fare canzoni era una vocazione... allora ci riesce ancora a creare dei capolavori. O magari la voce di Ramon mentre gli parlava di quella che sarebbe stata la sua musica ed il suo personaggio, ormai è così insita in lui che nemmeno volendo riesce a scrollarselo di dosso.
Forse è la sua maledizione. Anche se non lo vede più, non se lo toglierà mai da dentro.
Del resto se si guarda non vede più niente ed il niente è la perfetta associazione a Ramon.

**
Non voleva tornare il giorno dopo, ma poi la consapevolezza che era il colpo più importante della sua vita, l'aveva spinto a farlo.
Qualcuno nelle sue canzoni cantava che c'era un colpo, nella vita. Lo dovevi cogliere o te ne pentivi.
Così Marcel decise di coglierlo e provarci. Gettare la spugna sarebbe stato da sciocchi. Di sicuro il mondo della musica non era quell'ideale da lui sognato, però poteva farsi andare bene quello che c'era.
Doveva provarci, ci teneva troppo.
Il bacio con Ramon era stato sconvolgente, ma era stato peggio essere toccato da lui.
Perchè gli era piaciuto.
Magari era stato solo colto di sorpresa, era un ragazzo dagli ormoni in subbuglio. Aveva fatto sesso con qualche ragazza, non si era mai fidanzato, ma non gli era piaciuto tanto come quello che gli aveva fatto Ramon, anche se non era stato niente di speciale.
L'aveva colto impreparato, tutto lì.
Comunque non sapeva cosa pensare, anche se gli era piaciuto cosa significava? Era un fattore fisiologico, se stimolato reagiva al piacere, così come reagiva al dolore.
Si diede quelle risposte, nel tornare da Ramon.
Quando tornò casa sua era ancora illuminata. Sapeva che sarebbe tornato.
Come sempre sporca, come sempre puzzolente.
Ramon lo accolse mettendogli in mano un bicchiere di gin, Marcel l'aveva salutato titubante e l'aveva messo giù per niente intenzionato a bere.
Ramon aveva fatto finta di niente, però aveva ripreso il bicchiere e glielo aveva messo sul pianoforte.
Marcel decise di ignorare il gesto, magari era stato un colpo di testa del momento. Gli pareva di buon umore, non voleva guastare niente.
- Musica! - Esclamò euforico come avesse una visione. - Parlami dei tuoi gusti musicali... - Disse sedendosi sul divano. Marcel spaesato stava per fare altrettanto contento che si parlasse di cose utili, poi però lo fermò cambiando drasticamente idea.
- Anzi no aspetta, fammeli indovinare! - Marcel l'aveva guardato incerto. - Suona! Canta! Fammi sentire i tuoi pezzi ed io indovinerò i tuoi gusti! - Evidentemente era davvero di buon umore. Marcel decise di approfittarne e con un sorriso si sedette al pianoforte davanti al bicchiere puzzolente d'alcolico.
- Quello bevilo quando ti va. - Disse Ramon rimanendo in piedi nei paraggi. Marcel non lo vedeva, però al suo incitamento di cominciare si concentrò e iniziò a suonare e cantare uno dei suoi pezzi.
I suoi gusti musicali erano molto ampi, ma andavano in generale sulla buona musica, il che non comprendeva quella pop. Tendeva al rock però non un rock duro. La sua voce gli permetteva di estendersi e di spaziare su ogni genere, poteva cantare tutto quello che gli andava. Il punto era la credibilità.
I suoi testi erano in stile rock, per cui parlavano di tormenti e cose forti, il fatto era che di certo non aveva mai sperimentato niente di quel che cantava. Si percepiva ascoltandolo.
Ramon decise di dargli una lezione per cominciare a demolirlo e ricostruirlo.
Così mentre lui cantava il suo pezzo, gli andò dietro e silenzioso appoggiò le mani sulle sue spalle. Marcel sussultò ma continuò. Ramon strisciò le mani scivolando in avanti, sul suo petto.
Il ragazzo fece per fermarsi ma l'altro, all'orecchio, mormorò basso e sensuale:
- Non fermarti qualunque cosa ti faccio... - Marcel non capiva e perse il verso, per cui riprese e poco dopo le mani tornarono a muoversi, scesero lentamente mentre lui si appoggiava addosso. Sentiva il suo petto contro la schiena, il mento appoggiato nell'incavo del suo collo e le mani sempre più giù. Lo cinse dalla vita. I palmi strisciavano sul suo torace senza staccarsi di un millimetro, la stoffa della maglietta a separarli.
Raggiunta la cintola dei jeans, proseguì sull'inguine, non glieli aprì ma fece quello che aveva fatto il giorno prima, lo toccò e premette con convinzione sulla sua erezione delineandogliela con cura fino a sentirla indurirsi.
Sapeva che voleva gli aprisse i pantaloni e lo toccasse sul serio, ora lo percepiva da come cantava.
Stava per smettere e Ramon lo intimò di continuare, parlò sul suo collo e dopo le parole, la lingua sulla pelle. Proprio lì, così sensibile.
Marcel chiuse gli occhi, voleva scappare, ma era confuso dall'estremo piacere che gli faceva provare. Non poteva negare che fosse bello.
Azione e reazione. Era stimolato e reagiva in maniera appropriata. Non lo stava picchiando, era normale provare piacere. Non era una macchina.
La voce divenne un sussurro teso e perso nel piacere che stava provando, fino a che si mise ad ansimare e le dita non riuscirono più a proseguire sui tasti. La voce si perse e Ramon smise di toccarlo. Si alzò e rimase dietro di lui, ma senza toccarlo più. Marcel si sentì perso e stordito, boccheggiando aprì gli occhi per capire cosa era successo, era sudato, ansimante ed eccitato. Davvero tanto.
Si guardò fra le gambe, ormai era bello gonfio anche là sotto.
L'imbarazzo lo investì.
La voglia di scappare, la voglia di andarsene a gambe levate. Eppure anche quella di restare e vedere cosa avrebbe fatto ancora.
Non erano cose brutte quelle che gli faceva, no?
Gli piacevano dopotutto.
- Così andava meglio! - Esclamò da dietro. Marcel, ancora in catalessi, si girò per guardarlo e capire a cosa si riferisse e Ramon prese il bicchiere di gin e glielo tornò a mettere in mano, il ragazzo lo prese, ma non lo considerò.
- Cosa intendi? - Chiese spaventato e accaldato.
- Da come avevi iniziato a come hai finito non ci sono paragoni! Tu canti di esperienze di vita forti, vuoi colpire con le tue canzoni, ma la verità è che non le hai mai fatte. Non hai mai provato niente di forte! Hai una bellissima sensibilità e non discuterò sui tuoi testi perchè mi sembrano piuttosto buoni, così come il genere che vuoi intraprendere, un pop rock si può dire. Ci sta benissimo. E con la voce che ti ritrovi puoi cantare qualunque cosa perchè ci arrivi benissimo, hai un dono incredibile. Ma non hai fatto esperienze. Ti manca l'interpretazione. Ti manca quello che ti fa entrare davvero nel pezzo, non dico che tu devi cantare solo quello che provi, però devi cominciare a fare esperienze forti, esperienze di vita, devi vivere alla grande o non capirai mai davvero quello che canti e se non lo capisci questo esce nei pezzi che canti. Non arrivi, dopo. Anche se non sei mai stato innamorato, devi provare qualcosa di simile per poterlo cantare come si deve. Passione, c'è molta passione nella tua canzone, ma non l'hai mai provata davvero e non dico che devi provare la passione di cui parli, può essere una passione per un'altra cosa, una passione analoga, ma devi averla provata. Tu non hai mai provato la passione! Devi fare esperienze, ragazzo! Devi buttarti, non averne paura! - Marcel era preso e catturato dal suo discorso che aveva senso, sapeva cosa diceva, erano cose vere. La sua vita era stata piuttosto semplice, non aveva subito dispiaceri, non si era mai innamorato, anche il sesso non era stata la cosa più piacevole della sua vita. Pensava ad una situazione e tirava fuori dei testi buoni, però nel cantarle, anche se l'eseguiva in maniera perfetta, non li sentiva.
Per cui Ramon aveva ragione. Era completamente preso da quello che gli stava dicendo, l'ascoltava come dicesse vangelo. Aveva trovato una vera guida, finalmente.
- E... e come posso fare? Non è che io ora decido di fare esperienze e matematicamente le faccio... - Ramon sorrise in modo strano, come il diavolo che ottiene quello che vuole dopo un lungo e duro lavoro di furbizia.
- Ti sei mai ubriacato? - Marcel non capiva cosa c'entrava.
- Non mi piace molto bere quindi no! - Ramon gli alzò il bicchiere che aveva ancora in mano e disse deciso:
- Ubriacati! Comincia! Non puoi vivere senza esserti mai ubriacato! È un'esperienza che tutti devono fare, ti fa vedere e provare cose diverse che mai avresti potuto fare altrimenti. - Marcel era stordito dalle sue molte parole ma soprattutto dalla convinzione con cui le diceva, dal suo entusiasmo. - Bevi! - Indicò ancora con insistenza.
Marcel preso alla sprovvista e volendo comunque accontentarlo perchè capiva che poteva dargli quello di cui aveva bisogno, bevve. Pensò che fosse un consiglio stupido, ma immediatamente il gin gli bruciò la gola e l'esofago ed andò a fuoco in una sola vampata, rimase senza fiato e per un istante pensò di essersi giocato il cervello. Ramon sogghignava soddisfatto.
- Hai mai scopato? - Disse. Le esperienze di base. Marcel ora era più confuso di prima e per un momento non si ricordò se l'aveva già fatto...
- Io... sì... credo d'averlo fatto... - Si sentiva stupido e più stordito di prima, Ramon rise forte.
- Se non ne sei sicuro deve essere stato un disastro! -
Marcel rise per qualche strana ragione. Quello che diceva non faceva ridere, ma a lui veniva da ridere, gli veniva da dentro. Era divertente anche se non lo era davvero.
- Immagino di sì... -
- Solo con ragazze? - Marcel annuì e a quel proposito alzò il dito cercando di chiarire quel fatto. Normalmente non l'avrebbe fatto però in effetti perchè no? Ne stavano parlando, tanto valeva.
- Sì certo e con chi altri? Senti, tu pensi che io sia gay e continui a toccarmi, ma davvero... non lo sono! - Però parlava con un'acutezza poco sua. Non era proprio ubriaco, ma cominciava ad essere brillo ed eccessivamente allegro, scarseggiava a controllarsi e Ramon lo trovava divertentissimo, infatti se lo girò meglio verso di sé e si fece guardare mentre si infilava le mani dentro i propri pantaloni slacciati. Marcel lo vide toccarsi l'inguine e si zittì dimenticandosi quello che doveva dire.
- Se non hai mai provato come diavolo fai a dirlo? Ti è piaciuto quando ti ho toccato... - Marcel cercò di rispondere.
- Sì ok però è una reazione normale a qualcosa di piacevole... non significa che io sia gay, sono solo un uomo! - Ramon sorrise malefico e si tirò fuori l'erezione del tutto mentre si masturbava.
- Allora ti propongo un confronto... hai fatto sesso con le donne. Ora lo farai con me e vediamo se è la stessa cosa. Potrai dire quale preferisci e capire qualcosa in più su di te! Se non ti piace non fa niente, è solo un'esperienza! - Col discorso delle esperienze lo stava confondendo, lui ne voleva fare per poter cantare meglio, però non era certo di voler fare quello ora con lui.
Però come gestirsi?
Esitò fissando la sua erezione che si stava toccando da solo, rimase teso per qualche istante indeciso se andarsene o se farlo.
- Toccalo, non ti mangia! -
Marcel cercò di lamentarsi, ma Ramon gli prese deciso la mano e se la mise addosso.
Non voleva, ma ormai c'era... quando lo sentì sotto il tatto pensò solo che era come toccarsi il proprio, con la differenza che non provava nulla.
“E cosa dovrei sentire?”
Si chiese mentre la mano comunque si muoveva su e giù da sola sul membro di Ramon. Si faceva sempre più duro ed in qualche modo stava sopraggiungendo la curiosità. Se poteva fare quello, che altro poteva fare?
Dopotutto non gli faceva schifo ed aveva un suo perchè.
In qualche modo gli stava piacendo, ma era confuso e non capiva ancora bene.
- Succhialo. Mettilo in bocca e lecca... - Ordinò perentorio. Marcel era come ipnotizzato da lui e dalla sua voce bassa e calda, lo fece senza rifletterci e non se ne pentì.
La sensazione di averlo nella lingua, la sensazione di leccarlo era diversa dal masturbarsi e dal masturbarlo, due cose che potevano avere un qualcosa di simile.
Leccare le parti intime di una donna era decisamente un'altra cosa che leccare quelle di un uomo; nel leccare quelle di una donna non aveva provato nulla, non capiva perchè si dovesse fare, cosa ci fosse di bello, perchè piacesse. L'aveva fatto perchè si faceva.
Però ora era diverso leccare il sesso di un uomo.
Era esaltante sentirlo crescere nella bocca mentre lo stringeva fra le labbra e lo succhiava, era esaltante sentire come diventava grande e come l'altro gemeva spingendogli dentro.
Era eccitante avere le sue mani sulla nuca che se lo schiacciavano contro.
Non era bello, non era piacevole, ma eccitante e senza che Ramon gli dicesse nulla, andò a toccarsi da solo. Ma forse era l'idea di ciò che stavano facendo, così proibito. Si tirò fuori la propria stessa erezione e nel caos del gin che ormai si stava calmando, capì che mentre stava facendo del sesso orale con qualcuno, si stava masturbando.
Gli stava piacendo in una maniera incontrollata e sorprendente.
- Bravo... bravo, così... succhia e toccati... ti piace, eh? Sei bravo... sei fatto per questo... stringi più forte con la bocca, ingoia... ingoia... - Marcel capì che voleva venirgli dentro e tornò bruscamente in sé, infatti ritirò il viso e si fermò di colpo, però Ramon continuò da solo e sporcò per terra.
Marcel si fermò istantaneamente davanti alla scena, chiuse gli occhi e trattenne il fiato tornando bruscamente alla realtà, smise anche di toccarsi, ma non si rimise a posto. Si bloccò completamente e Ramon rise.
- Imparerà a piacerti anche questo... - Disse sbruffone.
- Ah sì? Non vedo come... - Fu come un invito a nozze, infatti Ramon gli carezzò il viso, Marcel voleva tirargli un pugno e andarsene, ma aveva un maledetto fascino animale quello che gli stava facendo. Gli dava alla testa perchè non riusciva a capire perchè fosse bello, perchè non riusciva mai a fermarlo.
Dopo di questo Ramon si inginocchiò davanti a lui, gli aprì le gambe e riprese con la bocca dove la sua mano si era interrotta.
Marcel rimase sorpreso, ma si rilassò immediatamente dimenticandosi ogni altra cosa, perchè quello non gliel'avevano mai fatto così bene. Forse non era una questione di bravura. Forse lo stava guardando e vedeva che era un uomo.
Forse gli piaceva che fosse un uomo. Forse era questo.
Forse aveva ragione a dire che era gay e che gli piacevano quelle cose.
Forse doveva lasciarsi andare, fare sesso del tutto, non poteva essere poi così grave.
Aprì la bocca e gemette lasciandosi andare al piacere che Ramon gli stava trasmettendo e fu così fino a che raggiunse l'orgasmo.
Nella sua bocca.
Ramon ingoiò e Marcel rimase a fissarlo ansimante con le labbra aperte, sconvolto ma eccitato.
Non c'era un motivo per cui piacessero quelle cose.
Piacevano e basta.
“Sono perverse...”
Pensò chinandosi su Ramon e baciandolo giocando con le lingue in modo erotico.
Si sentì come di non aver mai baciato in vita sua, così come di non aver mai fatto davvero sesso o avuto un serio orgasmo.
Fu così che capì le parole di Ramon. Non aveva ancora vissuto, ma ora che aveva cominciato non intendeva fermarsi.\\