CAPITOLO IV:
SUCCHIAVITA
Non era facile come pensava Marcel. Kay
aveva detto che non avrebbe fatto nulla, però se prima diceva di sì
e poi di no, doveva giustificare quel cambiamento drastico di idee.
Così quando ne parlò al telefono con
il suo agente, questi si indispettì e gli disse che come minimo
sarebbe andato lui a dirlo e a spiegarlo a Ramon.
Ramon non era famoso per essere una
persona comprensiva, per cui meno gli altri ci avevano a che fare e
meglio era.
Così Kay silenziosamente uscì di casa
senza svegliare Marcel che finalmente dormiva.
Aveva faticato a prendere sonno,
avevano fatto l'amore in modo molto sofferto, quasi tormentato, come
che con loro ci fossero dei fantasmi che Marcel cercava di scacciare.
Non sapeva bene come fare con lui, era
spaventato che potesse regredire e tornare come era quando l'aveva
incontrato, gli bruciava non sapere niente di lui, ma rispettava la
sua scelta. Si stava un poco aprendo, ma ci sarebbe voluto molto.
In qualche modo c'entrava Ramon e forse
era lui ad averlo ridotto in quel modo.
Cioè l'aveva spinto a drogarsi, perchè
del resto non sapeva cosa potesse intendere.
Con coraggio andò da lui sempre con le
mani avanti, ma intenzionato a non sparare giudizi che non sarebbero
mai stati da lui.
Casa di Ramon era ancora aperta ed
illuminata, significava che era ancora di buon umore.
L'accolse con un abbraccio entusiasta
che lo fece sorridere. Gli piaceva tanta solarità.
Vedeva che si era ripreso da quando
avevano deciso di fare un album insieme, temeva che potesse buttarsi
giù di nuovo. Quando era entrato il giorno prima, era tutto buio e
desolato.
Si chiese cosa fare e decise che
comunque non sarebbe andato contro Marcel. Non l'avrebbe mai fatto.
Lo conosceva da quasi un anno, lo amava e non intendeva ferirlo. Era
già stato abbondantemente ferito in vita sua, si vedeva che era
così.
- Sono contento che sei tornato, ho
ascoltato molto attentamente tutti i tuoi cd e mi piacciono davvero,
hai una voce molto particolare, è estremamente melodiosa, piena di
armonie, arriva immediatamente, per non parlare dell'estensione. Ma
quello che mi piace di più è la tua estrosità, sei così allegro
che contagi solo ascoltandoti. Ad averti davanti poi è anche meglio!
-
Ramon lo riempì di parole entusiaste
fino a togliergli il fiato e a farlo ritrovare seduto con qualcosa da
bere in mano. Kay rifiutò con gentilezza e prese un respiro.
Detestava deludere le persone, potendo le avrebbe fatte sempre
contente.
La consapevolezza che fosse bravo nel
suo lavoro gli rendeva il compito ancora più difficile. Di fatto
l'aveva cercato lui, non era stato Ramon a contattarlo.
- Ascolta, devo parlarti. - Ramon ebbe
un brusco blocco e fece una smorfia sdrammatizzante per alleggerire
il momento chiaramente pesante.
- Ahia... chi ti ha parlato male di me?
- Scherzava sapendo perfettamente cosa diceva. Kay si chiese se fosse
il caso di dirglielo e per un momento gli venne la curiosità di
vedere la sua reazione.
- Nessuno, ma è stato tutto
precipitoso. Il mio discografico mi aveva detto che dovevo conoscere
questa persona assolutamente, non mi aveva spiegato niente altro.
Quando sono venuto qua non avevo idea di cosa aspettarmi, non pensavo
che si trattasse di collaborare con qualcuno per un album e cose
così... sul momento dell'entusiasmo ho pensato che si potesse fare,
ma poi ci ho pensato ed ho capito che vorrei continuare da solo, non
vorrei scostarmi troppo dalla mia impronta. Devo essere sempre io. Ho
una visione precisa della mia musica, temo che collaborare con
qualcun altro mi porterebbe inevitabilmente a cambiare troppo... -
Ramon lo fermò alzando le mani, aveva un'espressione indecifrabile,
non sembrava arrabbiato.
- Sei come l'acqua, Kay. Trasparente.
Questa è la scusa. Qual è la vera motivazione? Giuro che non mi
arrabbio... - Kay si morse il labbro in un gesto molto tenero e
colpevole che piegò Ramon in un istante. Così di certo non si
sarebbe potuto arrabbiare.
- Nessuno... - Cercò ancora di
difendere Marcel. Non poteva darglielo in pasto. Non lo vedeva come
uno squalo, ma era il suo ex ed avevano avuto una storia decisamente
tormentata. Non l'avrebbe mai messo in mezzo, l'avrebbe protetto a
tutti i costi.
- Dai Kay... so che hai sentito
qualcosa... che cosa? -
Kay era in seria difficoltà, era in
imbarazzo e mortificato, non osava guardarlo e si tormentava le mani.
Ramon gliele prese per attirare la sua attenzione e Kay sussultò. Se
le ritirava era peggio, un segno di maleducazione.
Rimase fermo a guardarlo sempre con la
chiara difficoltà nel volto pulito.
- Non sono uno che parla di queste
cose... -
- Che parli male degli altri con loro
davanti? Non sei tu che parli male di me, sono gli altri che ti hanno
parlato male di me, tu mi riferisci. Non credi che dovrei difendermi?
- Ramon era più grande di lui, ma non si capiva di quanti anni. Era
molto pallido e non erano molte le rughe sul viso. Dall'esperienza
musicale che aveva non poteva essere molto giovane.
Kay si perse nel suo sguardo da lupo e
quasi ammaliato sentì la propria voce rispondere.
- Sei incostante, hai uno stile di vita
distruttivo e dopo un po' non fai più bene alle persone con cui
collabori... - Cercava di essere generico anche perchè Marcel non
era stato molto specifico.
- Cioè? - Kay distolse lo sguardo
ancora, ma Ramon gli alzò il mento per farsi guardare, ora era
seriamente a disagio, voleva andarsene però sapeva che non poteva,
sarebbe stato da sciocchi.
- Niente di specifico. Questo. Che dopo
che aiuti, demolisci. Tutto qua. Non so cosa intendessero però... -
- E a te basta? Non ti hanno spiegato
niente di specifico e fra l'altro vorrei sapere chi è lo stronzo
visto che magari nemmeno mi conosce... insomma, non ti dicono niente
di preciso e a te basta? Hai visto gli artisti con cui ho
collaborato? - Kay sospirò in colpa e annuì, non si stava piacendo
nemmeno un po', non era tipo da comportarsi così specie dopo aver
detto di sì.
Però cosa poteva fare?
Marcel era quasi terrorizzato da lui.
- Erano molto convincenti... hanno
ragione? È come dicono? -
- Chi è stato? - Disse insistendo
Ramon. Kay scosse il capo e si alzò, ma Ramon lo tirò giù, alzò
le mani in segno di resa e disse: - Ok, non insisto. Però permettimi
di difendermi. È vero che non ho uno stile di vita sano, mi drogo e
passo momenti di forte depressione, se lo vuoi sapere. Non mi amo per
niente. Anzi. Mi odio. Però vivo per tirare fuori il meglio
nell'arte degli altri. La loro arte. Non impongo i miei gusti agli
altri, te l'avevo detto, no? - Kay annuì sempre vergognandosi di
quello che stava facendo. Non aveva motivo per avercela con lui, non
sentiva rabbia o risentimento per quello che aveva fatto a Marcel
perchè non gli aveva spiegato nulla, non sapeva per cosa dovesse
davvero avercela. Non riusciva a risentirsi verso qualcuno tanto
facilmente. Non aveva mai odiato nessuno.
- Senti, non è niente di personale,
però... - Non sapeva dire di no, non sapeva rifiutare, era anche
molto incuriosito dalla collaborazione che poteva uscire, da quello
che poteva proporgli.
- Ti hanno detto che sono gay? È
questo che ti turba? Pensavo lo fossi anche tu, si vede che lo sei...
hai uno stile unico e comunque un carattere molto dolce e mite, per
non dire allegro e sensibile. Non sei gay? - Kay inghiottì. Ci
teneva molto a lavorare con lui, non capiva perchè.
- No, non c'entra questo. Cioè sì lo
sono e sono impegnato, ma non c'entra quello... -
- Perchè io sono convinto che la
sessualità di una persona sia un affare personale, non deve
importare un cazzo agli altri con chi scopo. Se non piaccio è perchè
sono uno stronzo, non perchè scopo con gli uomini! Non andrò mai a
dichiarare pubblicamente se sono gay, etero o bisex, anche se me lo
chiedessero. E me l'hanno chiesto. Ma ho sempre detto che sono
proprio cazzi miei! - Kay rimase senza fiato, erano le cose che
diceva Marcel. Era stato lui ad influenzarlo tanto? Gli aveva
trasmesso lui le sue idee?
Su cos'altro l'aveva influenzato?
Quanto aveva forgiato Marcel?
Per un momento quella curiosità parve
vincere su tutto e Ramon lo notò, infatti continuò a parlare.
- E se pensi che la droga influisca
negativamente sul mio lavoro ti sbagli, non è mai successo. Lo
faccio quando sto male, non quando lavoro. Per me trovare stimoli che
mi spingono a lavorare è positivo e ne trovo di rado, quando li
trovo non me li faccio scappare perchè sono le uniche volte in cui
vivo. Io vivo per la musica, ma siccome la mia musica è troppo
personale e non sento la necessità di condividerla perchè è uno
sfogo solo mio, vivo per la musica degli altri. Mi piace esaltare le
doti altrui, io vedo ciò che si cela negli altri e lo ingigantisco,
lo risalto. Mi drogo quando non ho stimoli e comunque sono ancora
vivo, non mi faccio di cose pesanti, è tutto sotto controllo. In
ogni caso agli altri non deve importare, perchè sono cazzi miei. Nel
momento in cui io il mio lavoro lo faccio bene, ed è così, il resto
non conta, cazzo! - Kay sospirò, aveva ragione, non sapeva cosa
ribattere, non sapeva cosa dire senza mettere in mezzo Marcel.
Si strofinò le labbra e sospirò un
paio di volte in difficoltà alzandosi insicuro.
- Ho bisogno di rifletterci. Scusami.
Davvero. Io non sono tipo da avere pregiudizi ma... -
- Ma ora ne hai! -
- Non sono miei! -
- Come fai a fidarti? -
- Mi fido ciecamente di questa persona.
Se mi dicesse di buttarmi, lo farei ad occhi chiusi. - Disse con
fermezza. Ramon si fermò colpito e carico di invidia per chiunque
fosse. Sicuramente uno con cui aveva avuto a che fare in passato, di
gente con cui aveva rotto ce n'era molta.
- Devi darmi una possibilità, è
giusto e lo sai. È un'esperienza tragica di qualcun altro, non tua!
Io il mio lavoro lo faccio bene, è questa l'unica certezza! -
Kay era esasperato e davvero non sapeva
come fare.
- Perchè ci tieni tanto a lavorare con
me? -
Ramon si alzò a sua volta e lo prese
per le braccia stringendo in modo significativo.
- Perchè tu sei una fonte di vita, sei
uno stimolo ed io vivo per gli stimoli! Non ho altro, ho solo questo.
Riesco a vedere quello che riusciremo a fare e mi esalta come non mi
capitava da molto... tu... tu devi darmi fiducia! Non ti contaminerò
col mio marcio! Vorrei avere davanti chi ti ha detto queste cose! -
Kay però notava che non smentiva di esserlo, aveva elencato tutti i
suoi problemi e cominciava ad avere un'idea più precisa di quello
che era successo fra lui e Marcel.
Come poteva negarsi? Era solo arte, era
solo musica. Poteva uscire qualcosa di bello e lui ci teneva così
tanto. Gli dispiaceva deludere gli altri.
Non ne era proprio capace.
- Fammi pensare. Ok? Fammi solo
pensare... mi... mi rifaccio vivo io appena posso... -
Con questo praticamente scappò via.
Kay era profondamente turbato. Sentiva
il bisogno interiore di Ramon di fare questa collaborazione, ma non
sapeva come gestirlo. Sapeva anche che Marcel non voleva e non sapeva
come fare senza metterlo in mezzo, non voleva, ma se non gli diceva
il suo nome, probabilmente non avrebbe mai mollato.
Decisamente un problema.
Giunto a casa, Marcel dormiva ancora.
Kay sospirò dispiaciuto, si prospettava un litigio che non voleva
fare.
Si stese nel letto con lui e rimanendo
vestito, si limitò a guardarlo con maggior attenzione.
Nel sonno era tormentato come quando
era solo.
Marcel aveva toccato il fondo come
molti artisti, dopotutto, però ne era uscito. Solo che era ancora
così fragile, così tanto fragile che aveva paura potesse tornare a
spezzarsi. Il ricordo di com'era quando l'aveva incontrato lo
sconvolgeva ancora molto, era una delle cose che l'avevano turbato
maggiormente di tutta la sua vita.
Marcel era un bellissimo ragazzo e gli
piaceva quando si evidenziava gli occhi neri con la matita ed il
mascara, però lo rendevano più inquietante di quanto lo fosse.
“E' stato lui a forgiarlo. In quanti
modi l'ha influenzato?”
Mentre se lo chiedeva, Marcel aprì gli
occhi e nel vederlo lì davanti a lui, sorrise rasserenandosi
all'istante. Aveva appena fatto un incubo, ma vederlo lì l'aveva
schiarito immediatamente.
- Hai sistemato tutto? - Chiese
volendosene accertare. Kay sospirò e questo gesto era molto chiaro
in lui, era sempre un libro aperto, acqua.
- Sì, ma mi hanno mandato da lui a
dirglielo di persona... - Non gli avrebbe mai mentito. Marcel si tirò
su a sedere di scatto con l'umore di nuovo a pezzi, si strofinò il
viso cercando di svegliarsi per capire cosa stava dicendo, poi
rispose:
- Ti ha fatto un sermone sulle
apparenze, sul fatto che lui è bravo col suo lavoro, che anche se è
un pessimo elemento è bravo in quello che fa e che è questo che ti
deve importare, giusto? - Kay lo fissò a bocca aperta interdetto.
Come sapeva? Lo conosceva fino a quel punto? - E poi ti ha fatto
strappare per sfinimento mentale e pietà, la promessa di pensarci! -
Kay aveva ancora la bocca aperta in un'espressione tenera di suo,
tutta da mangiare.
Marcel fece un sorrisino domando la
voglia di strizzargli le guance.
- Poi ha detto che vuole sapere chi è
stato a parlarti male di lui! - Kay annuì.
- Non gli ho detto nulla... - Marcel lo
fissò sottile e assonnato.
- Sì però non ti ha mollato. Non ti
avrebbe mollato fino a che non dicevi che ci pensavi, no? Quindi
sostanzialmente non te lo sei tolto dalle palle! - Kay tirò fuori il
labbro inferiore in un piccolo broncio infantile di dispiacere e
Marcel si ammorbidì perchè non era un gesto falso, era del tutto
onesto. Lo mandava fuori di testa, infatti gli si buttò addosso, lo
ribaltò fino a stenderglisi sopra e gli tirò le guance. Non
resisteva alla tentazione quando faceva certe facce. Kay si mise a
ridere rilassato e fu come tornare a vedere il paradiso. Marcel tornò
a stare meglio con le sue risate e le sue braccia che lo stringevano.
- Tu sei troppo buono, ma so come fa,
quindi non prendertela! Ha fatto leva sulla tua pietà dicendoti che
ha bisogno di stimoli nella musica per sentirsi vivo e che tu lo
stimoli molto... - Kay annuì mentre Marcel smetteva di pizzicarlo e
gli si accoccolava sopra appoggiando la testa sul suo petto.
- Ha detto così... mi dispiace
togliergli qualcosa che per lui sembra tanto importante. Ha detto che
ha una visione di quello che potrebbe essere l'album, che è
entusiasta ed ha molte idee che però non sconvolgeranno il mio
stile, lo esalteranno... - Marcel divenne amaro e duro.
- E' quello che dice sempre ed è vero,
è la sua specialità. Ha ragione. Ha un dono fantastico, ma è una
maledizione per chi incontra. - Kay era più confuso che mai, se lo
voleva togliere di dosso e guardarlo bene in faccia.
- Ma cos'è di fatto? Non può essere
una cosa e l'altra. È bravo nel suo lavoro o no? Fa bene o fa male a
chi lavora? -
- E' bravo, ma distrugge una volta che
finisce. -
- Non riesco a capire, Mar... - Disse
con voce piagnucolosa di proposito.
- E' bravo nel suo lavoro e da un lato,
musicalmente parlando, aiuta chiunque lavora con lui. Però al tempo
stesso prosciuga la persona, la rovina, la demolisce, succhia via
tutto, capisci? - Kay non capiva bene però era sempre meglio di
prima.
Ramon però era come una creatura
divisa in due, il narcisista e l'artista. Erano personalità
estremamente forti e quando prevaleva l'artista, viveva per la musica
e tirava fuori delle idee stravaganti, valide, splendide e di
successo. Era una persona coinvolgente, aperta, estrosa. Se prevaleva
il narcisista, in lui non c'era più il fattore musica. Tutto quello
che faceva non aveva niente a che fare con la musica, ma solo col
farsi apprezzare, notare, guardare, ammirare. Lui voleva colpire ed
era capace di usare qualunque mezzo, spesso i più shockanti.
Per questo Kay non capiva come potesse
uno che non faceva album perchè la sua musica era troppo strana e
non sarebbe mai piaciuta, essere tanto egocentrico e narcisista e
vivere per shockare il mondo.
Ma non c'era solo quello,.
Ramon voleva anche piacere, ma per
quello che era.
Ma era davvero quello che mostrava o
erano solo pose per sconvolgere e non passare inosservato?
- Se lui fosse sé stesso nessuno se lo
cagherebbe perchè è estremamente comune, in realtà. Per cui fa in
modo di essere diverso per colpire gli altri. Per lui è peggio
passare inosservato davanti a chi incontra, che piacere sul serio. Ha
scelto la prima invece che la seconda, per questo non si
commercializzerà mai. Meglio colpire che piacere. Però vorrebbe
piacere. Lo vorrebbe con tutto sé stesso. È stufo di non piacere.
Si odia. Vuole qualcuno a cui piaccia. Perchè è la natura umana.
Tutti abbiamo bisogno di piacere. - Disse Marcel dando un'ulteriore
visione di Ramon che Kay comprese meglio.
- Non è mai stato amato... - Una
sentenza definitiva, realista e precisa.
- Mi stupisce che sia ancora vivo. -
Kay voleva avere il coraggio di chiedergli cosa gli aveva fatto di
preciso, ma non voleva vederlo chiudersi in sé stesso.
- Marcel, se non gli faccio il tuo nome
non si darà mai per vinto, se non gli dico che tu sei il mio
compagno. Solo così mi lascerà in pace. - Marcel a quel punto rise
amaramente.
- Oh, fidati che in quel caso ti
tormenterebbe ancora di più. A quel punto non sarebbe solo una
questione di musica e di succhiarti via la tua vitalità. Vorrebbe
rovinarti di proposito per farmi male. - Kay si incupì e rabbrividì
spaventato all'idea che ci potesse essere una persona simile.
- Ma cosa gli è successo per essere
così? - Chiese spontaneo e triste per lui. Marcel alzò la testa e
lo guardò stupito della sua domanda. Non si era mai fermato a
chiederselo, non se ne era nemmeno mai interessato.
Kay era sinceramente dispiaciuto per
lui ed era la sua bellezza.
Lui aveva il sole dentro di sé, per
questo abbagliava chiunque incontrava. Non era la Luna come lo era
Ramon che per splendere prendeva la luce del Sole. Kay ERA il Sole.
- Non ne ho idea... - Disse baciandolo
per chiudere l'argomento. Dopo di questo tornò a stendersi.
- Come lo convinco a lasciar perdere
senza parlargli di te? Dici che non molla mai... - Marcel concordò
che quello, in effetti, era un problema.
- In effetti non ne ho idea... - Kay
voleva ribaltarlo e gridargli come pensava che potesse fare, però
solo per quella volta non si mosse e non fece nulla.
- Marcel... credi che potrei alzarmi
per andare in bagno? - Chiese cambiando discorso.
Marcel naturalmente si accomodò meglio
sopra di lui.
- No, per niente! - Kay tornò a ridere
e Marcel a sentirsi di nuovo bene.
- Ma dai, te la faccio addosso! -
- Ne ho fatte di peggio! -
L'urlo che ne conseguì fu prevedibile
ma bellissimo.
- Staremo così per sempre, basta, ho
deciso! -
- Guarda che se cominciamo a mangiarci
perchè abbiamo fame, a me fa un po' senso... - Andarono avanti con
questi discorsi illogici, ma divertenti ancora per un po'. Poi Marcel
fece andare in bagno Kay risolvendo la questione cibo con un altro
tipo di soddisfazione.
Quella sessuale.
//Non aveva quella sensazione da molto.
Aveva fatto sesso molto spesso, però
con Marcel era diverso.
Marcel era particolarmente pulito e al
tempo stesso aveva un fortissimo ed incredibile richiamo dentro di
sé, un richiamo mai visto in nessuno.
Il richiamo dell'oscuro.
Tanta luce quante tenebre.
Da subito aveva visto quel contrasto,
come che non vedesse l'ora di sporcarsi, che qualcuno lo
contaminasse. Forse non si piaceva, non era soddisfatto di sé
stesso.
Era una collaborazione fantastica.
Ramon gli dava il suo buio e Marcel gli
dava la sua luce. Si compensavano.
Ad ogni entrata e ad ogni uscita la
trasformazione era sempre più completa.
Giorno dopo giorno per Marcel era
sempre più impossibile stargli lontano, lo facevano anche più di
una volta al giorno, stava diventando una vera malattia.
Dal provare qualche esperienza, al
venirne inghiottito del tutto, al non poterne proprio più fare a
meno.
Forse Ramon lo sapeva fare molto bene o
forse era lui fatto così e basta, ma dopo che il sesso cominciò a
non bastare, arrivò il fumo accompagnato dall'alcool.
Marcel svaniva giorno dopo giorno.
Nudi sul letto o seduti al pianoforte a
fumare e sorseggiare qualche alcolico insieme, sempre comunque senza
vestiti. Uno a suonare e l'altro a cantare. Oppure uno a parlare e
l'altro ad ascoltare perso nel vortice di parole.
Incantava, Ramon.
Ramon incantava come un cobra.
Incantava chiunque in qualunque modo.
Passava ore a parlargli dell'immagine
che avrebbe dato, sul personaggio che sarebbe stato. Perchè non
bastava parlargli e spiegargli, lo doveva rendere davvero così.
- Non esiste solo il bene o solo il
male. Le persone nascono con entrambe le due nature, solo che in
qualcuno prevale più una dell'altra. I cosiddetti psicopatici da
cosa pensi che derivino? Non sono cattivi e basta. Hanno la luce,
solo che hanno sviluppato più le tenebre. Però la verità è che si
dovrebbe vivere con entrambe le parti. Questo sarebbe l'equilibrio
utopistico. Solo che le persone sono spaventate dal loro lato cattivo
ed evidenziano quello buono, quando in realtà andiamo... nessuno può
essere davvero solo buono. Capisci? O solo cattivo! Tutti sono
entrambi. Non esiste la perfezione. Quindi si tratta di essere
consapevoli di noi stessi, essere onesti senza cercare di nascondere
qualcosa di noi. -
Marcel assorbiva quel pensiero e lo
faceva suo fino a viverlo e a radicarlo. Fino a voler essere così
per farlo contento in qualche modo, per avere la sua approvazione.
Come nel cantare qualcosa che suonava
lui e sentirlo soddisfatto e preso tanto, poi, da girarsi e baciarlo
di slancio.
Facevano dei duetti fantastici e spesso
in effetti passavano la giornata senza lavorare, senza fare nulla.
Fumare, bere, fare sesso, cantare e suonare.
Quando completarono l'album era da mesi
che facevano quella vita, Ramon contemplò il suo capolavoro
ascoltandolo mentre registrava l'album con il look che gli aveva
insegnato ad adottare.
Adesso Marcel si vestiva sempre così,
si metteva sempre il trucco nero ed i capelli erano in qualche taglio
stravagante e asimmetrico.
Ambiguità. Traboccava d'ambiguità.
Aveva faticato con certi aspetti, ma
ora gli veniva tutto naturale, ogni atteggiamento che aveva voluto
insinuargli.
L'aria inquietante e svanita, di chi
era perso e viveva su un altro pianeta e poi la capacità di essere
angelo e diavolo allo stesso tempo mentre cantava.
Penetrava l'anima, demoliva chiunque.
La voce era di un angelo ma la capacità interpretativa era quella di
un demonio.
Il suo capolavoro. Il suo autentico
capolavoro.
Ramon non si era mai sentito più
orgoglioso di un lavoro come di Marcel, sapeva che avrebbe avuto
successo. Era bello ed il personaggio ormai era perfetto,
interessava, attirava. E poi era bravo. Anche la sua musica sarebbe
piaciuta.
Si sentiva più vivo che mai. Così
vivo come non lo era mai stato. Gli piaceva uscire di casa, vivere,
mangiare, vedere gente. Gli piaceva ancora. Non odiava tutto e tutti.
Quando Marcel spiccò davvero il volo
col primo album ed i primi concerti, non faceva che coinvolgere Ramon
per tutto, gli chiedeva mille pareri, stava ore con lui al telefono
ad ascoltare i suoi scleri e lo invitava ai suoi concerti, dietro le
quinte stavano insieme, Ramon lo preparava e lo truccava e gli dava
la carica.
Un giorno quella carica a parole
cominciò a non bastargli, così come non fu più sufficiente il
sesso. Quando cominciò a subire la frenesia di quella vita così
diversa dalla tranquilla fatta prima, per avere le energie per fare
tutto, Ramon gli mise in mano la prima pastiglia spiegandogli che col
successo sarebbe diminuita la sua forza e che era l'unico sistema,
che il trucco era quello.
Marcel rimase titubante a fissare la
pastiglia, solo quando lo vide prenderla a sua volta si decise. Se la
prendeva lui e lui aveva avuto ragione su tutto, allora andava bene.
Del resto non si potevano inventare le
energie che non c'erano.
Non arrivava a fare tutto, gli impegni
erano troppi e tutti esigevano il massimo. Passava settimane senza
toccare il letto e la casa. Come si faceva a vivere così?
Per non parlare dell'ordine di fare
subito un altro album perchè era sull'onda del successo e dovevano
sfruttarlo. Quando aveva chiesto quando avrebbe dovuto trovare le
forze di farlo, gli avevano messo in mano altre sostanze in grado di
rispondergli.
- Lo vuoi il successo? O lo fai ora, o
non lo fai più! - Ramon aveva rincarato la dose dicendogli che
doveva darci dentro e non poteva mollare, che doveva sbrigarsi.
Quando gli aveva chiesto delle idee,
una mano, che non credeva di farcela da solo, si sentiva sbriciolare
giorno dopo giorno, Ramon aveva fatto come marcia indietro dicendogli
di usare la droga e non lui.
Ed ecco lì la rottura.
Cosa era successo?
Marcel l'avrebbe capito solo molto
tempo dopo. Non aveva più la vita da succhiargli via. Era successo
questo. Si era prosciugato e a Ramon non interessava più.
**
Ramon rompe il telefono, l'ennesimo
telefono. Rompe anche l'ennesima cosa di casa che ormai è un
tugurio.
Da quanto tempo non fa un po' di buon
sesso?
Nella sua rubrica non c'è più nessuno
di buono, nessuno di valido. Li ha già avuti tutti e sono tutti
finiti, non lo stimolano. Nessuno lo stimola.
Ha provato anche con gli incontro
online, ma spesso quella gente mette foto false. Ha chiesto a
qualcuno del settore di passargli gente buona per delle sane scopate,
ma nessuno è capace di dargli cose soddisfacenti.
Ci ha provato, disperato, ma non è
stato come con Marcel. L'ultimo è stato lui.
Maledizione, ci deve essere qualcuno
come lui.
È che quelli che vengono sono già
morti dentro, sono già diavoli. Non ci sono angeli da sporcare da
cui prendere la vita.
Marcel era perfetto, però poi si è
sporcato anche lui e non ha più avuto niente da dargli, non era più
una sfida interessante, non era più niente sotto il piano della
musica.
Tanto meno sotto quello personale.
Troppo compromesso, troppo buio, troppo sporco.
Che senso aveva? Non c'era un senso.
Non c'era più. Però lo rivuole. Rivuole la sua luce, quella luce
così pura. Vuole lui.
Perchè comunque non è forse vero che
quando pensava di avergli preso tutto, Marcel ha saputo tirare fuori
esattamente ciò che cercava? L'ha stupito, l'ha incantato quando
credeva di poterlo solo buttare via... e poi è sparito!
Ne ha avuti altri di puliti, però lui
è un angelo-demone. Quell'inquietudine, quell'attrazione per il
grottesco. Ramon è il grottesco.
Non lo riavrà più, ma tanto Marcel è
finito, ormai è un demone, non c'è più niente di angelo.
- Senza quello stronzo non riesco a
scopare! - Ed ormai sono mesi. Mesi che ci prova senza riuscirci.
Mesi che non ha risultati perchè ripensa a lui. Lui e la sua luce.
Lui e quella fragilità così spiccata. - Non ha niente di diverso
dagli altri, cazzo! - Eppure non si capacita del motivo per cui
nessuno regge il confronto. \\