CAPITOLO V:
RETROMARCIA
Kay sperava di poter far scivolare il
tutto nel dimenticatoio: nel non farsi rivedere, teoricamente sarebbe
finita e basta.
Non voleva rivedere Ramon per deluderlo
e dirgli che non voleva più lavorare con lui, anche perchè da un
punto di vista artistico era era incuriosito ed entusiasta dall'idea
di lavorare con lui e creare qualcosa insieme. Si era informato su
tutto quello che aveva fatto ed aveva constatato che nelle
collaborazioni era stato davvero determinante.
Kay era un'artista e lo era anche
Ramon, che fossero diversi non aveva importanza, per loro era
stimolante l'idea di lavorare insieme. Per cui rivederlo per
mentirgli dicendogli che non voleva lavorare con lui lo faceva stare
male.
Kay in realtà ci voleva lavorare
insieme, ma solo quello.
D'altro canto era terrorizzato dalla
premessa di Marcel: sembrava un demonio!
Però naturalmente Ramon non gli
permise di non rispondergli e di far scivolare tutto nel
dimenticatoio.
Dopo due giorni lo chiamò. Addirittura
si scomodò per telefonare a qualcuno, di solito erano gli altri a
chiamarlo.
- Ascolta, ho una proposta! - Cominciò
subito a spada tratta, nemmeno un saluto, una premessa, una frase di
circostanza. Kay, preso alla sprovvista, si agitò immediatamente e
fissò Marcel che capì al primo sguardo che era Ramon, infatti gli
mimò di non dirgli di lui per nessuna ragione al mondo.
Kay era diviso in due, voleva morire
prima ancora di ascoltarlo.
- Dimmi... - Disse indugiando.
- Una canzone. - Kay inarcò un
sopracciglio senza capire.
- Una canzone? - Marcel capì per lui e
alzò gli occhi al cielo esasperato e teatrale mentre gli metteva una
fetta di pane e Nutella nella boccuccia spalancata.
- Sì, una canzone... ne facciamo solo
una insieme, non tutto l'album. Poi se non ti piacerà lavorare con
me sarai libero di scaricarmi e giuro che non insisterò più! - Kay
era preso completamente alla sprovvista e lui naturalmente puntava su
quello, si tolse il pane di bocca e boccheggiando nel tentativo di
non morire, cercò velocemente di pensare.
- Ma così su due piedi mi prendi alla
sprovvista! - Disse infatti incerto, si capiva che non voleva farlo
rimanere male, ma che aveva una specie di obbligo verso qualcuno.
Ramon non aveva la minima idea di chi fosse, altrimenti l'avrebbe
affrontato direttamente. Se sapeva che era Marcel in effetti sarebbe
caduto il mondo.
- Lo so ma è solo una canzone, quanto
vuoi che stiamo? Non è una scelta impegnativa. Mi devi dare questa
occasione! - Kay pensava che dopotutto avesse davvero ragione, così
si decise ad accettare, seppure fissando il viso di Marcel diventare
teatralmente contrario. Beh, dopotutto la stava prendendo piuttosto
bene...
- Ok, una canzone. - Ramon fece
un'esclamazione di gioia che stupì Kay e lo fece sorridere, poi
notando l'aria arrabbiata di Marcel capì che l'idea che l'avesse
presa bene non era poi veritiera. Infatti gli si spense il sorriso.
- Ti aspetto da me... oggi o domani,
quando hai tempo! - Kay pensò che prima sarebbe successo e meglio
sarebbe stato, così gli diede appuntamento per il pomeriggio,
ovviamente sarebbe rigorosamente andato lui da Ramon. Ramon non
doveva mettere piede da Kay altrimenti sarebbe stata la fine. Marcel
teoricamente non abitava lì, ma era come se fosse casa sua.
Quando mise giù, Marcel era andato via
dalla cucina dove stavano facendo colazione alla veneranda ora delle
12.
- Mar... Marcel... ehi... - Kay si
trovò a corrergli dietro fino alla camera, naturalmente Marcel era
ancora nudo e si stava per infilare nella doccia per evitarlo, servì
a poco perchè Kay gli si piazzò davanti alla porta del bagno per
impedirglielo. Lui invece aveva i boxer, del tipo shorts larghi con
dei buffi orsacchiotti.
- Dai, ho dovuto... è stato insistente
ed almeno dopo non insisterà... - Marcel aveva le braccia conserte e
batteva il piede per terra in attesa che lo facesse passare, le
labbra strette ed il viso con un chiaro senso contrariato.
- Lo so che è insistente, ma è anche
furbo! Ti fa credere che è solo una canzone, che poi non insisterà,
ma non ti lascerà andare, non ti lascerà mai! Non te lo leverai di
torno finchè non ti avrà rovinato! - Key era estremamente convinto
che esagerasse, ma del resto non gli aveva ancora spiegato di preciso
la storia. Fremeva per saperla, ma non lo voleva forzare. Marcel era
sulla via della chiusura totale, se lo faceva entrare in bagno non ne
avrebbero più parlato.
- Marcel, lo posso gestire, è una
canzone, sono adulto! Non sono un ragazzino alle prime armi che si
butta improvvisamente in un mondo diverso dal suo, che non conosce e
non sa come va. Tu poi mi hai avvertito, so che devo stare attento e
tenere le distanze... se artisticamente può uscire una buona
collaborazione... - Kay usava sempre un tono molto dolce, invogliava
a mettere tutto da parte e chiudere l'argomento. Marcel aveva un modo
preciso per definirlo. La faccia da criceto!
- Nessuno può gestirlo. Nessuno!
Finirà che non sarà solo una canzone e poi addio! -
Kay lo prese istintivamente per le
braccia per fargli capire quanto sbagliasse.
- Marcel, non ti lascerò mai per lui,
toglitelo dalla testa! - Disse con decisione ed uno scatto
sorprendente. Ci teneva davvero che lo capisse e si calmasse. Marcel
voleva tranquillizzarlo, ma non riusciva a far pace con quella parte
di sé perchè sapeva come sarebbe andata, conosceva troppo bene
Ramon.
Tirò infuori il labbro inferiore, non
voleva fargli una piazzata e respingerlo, ma non riusciva nemmeno ad
ammorbidirsi.
- Lo so però lui è uno stronzo,
incanta tutti... e poi li rovina... rovina tutto... rovina sempre
tutto... - Si mise a ripeterlo come una litania per poi spegnersi e
lasciare che le dolci braccia di Kay gli si stringessero intorno. La
pelle calda e liscia scivolò sulla propria e gli restituì la
capacità di respirare con più leggerezza, gli tolse un po' il
grande peso interiore.
Kay capiva bene che era stato scottato
da lui e impazziva all'idea di vederlo così e non sapere cosa gli
aveva fatto Ramon.
- Non succederà niente... non mi farà
niente... non lo permetterò mai e non lo permetteresti nemmeno tu...
vedrai... - Kay sentiva sotto le dita lo spavento di Marcel, così
fragile ed emotivo in quel momento.
Aveva istanti in cui sembrava quello
forte e sicuro, dalle idee chiare che non aveva bisogno di niente e
nessuno e poi crollava in un istante rimpicciolendosi davanti ai suoi
occhi.
Marcel aveva visto molti di questi suoi
momenti, sentiva attraverso i polpastrelli sul collo il suo cuore
battere impazzito, la sua paura, il suo tremore leggero del corpo
abbandonato contro il suo.
- Andrà bene... - Voleva potergli dire
che non l'avrebbe fatta, la canzone, ma ormai non si sarebbe
rimangiato la parola di nuovo, l'aveva fatto una volta ed ora doveva
farla e basta.
Marcel era però chiuso in sé stesso,
aggrappato a Kay come fosse la sua ancora di salvezza. La testa di
nuovo a quel tempo non molto lontano, un tempo dove aveva toccato il
fondo.
Gliene doveva parlare per fargli capire
quanto pericoloso fosse Ramon, ma non poteva, non poteva farcela. Non
ci sarebbe mai riuscito. Non ora.
Così lo abbracciò e nascose il viso
contro il suo collo.
- Scusami se non riesco ancora a
parlartene... lui è il mio mentore ed il mio ex e per me è troppo
traumatico per ora... perdonami... - Kay annuì, gli baciò la testa
e continuò a cullarlo fra le sue braccia senza separarsene.
- Va bene. Quando vorrai me ne
parlerai. Non mi farà del male. Andrà tutto bene. -
Alla fine lo convinse a fare un bagno
insieme e solo immersi nella vasca piena di schiuma profumata,
l'ombra oscura di Ramon parve sbiadirsi un po'.
- Sei arrabbiato con me perchè ho
accettato? - Chiese preoccupato Kay, Marcel era fra le sue braccia,
davanti a lui, le mani gli carezzavano i capezzoli perchè era un
punto sensibile e lo rilassavano sempre molto.
- Kay, non sarò mai arrabbiato con
te... non sono capace di arrabbiarmi con te sul serio! - Il sorriso
che fece, Marcel non lo poteva vedere ma lo percepì lo stesso e si
sentì meno buio, meno pesante. Meno di prima, ancora un po'. Finchè
aveva il suo sole, ce la poteva fare.
- Mi prepari qualcosa di speciale per
cena? - Chiese distraendolo. Marcel riuscì a sorridere un po', non
era niente di che però il tentativo era lodevole, considerando che
era lui. A Kay andò più che bene.
- Il dolce lo vuoi? - Kay lo strinse di
più e Marcel accentuò il suo sorriso, di minuto in minuto andava
sempre meglio.
Il dono di Kay, Marcel ne era
consapevole. Senza il suo sole non ne sarebbe uscito.
La sua dolcezza, la sua pazienza, la
sua perseveranza erano preziose ed incredibili.
Marcel sapeva che nessuno in una
situazione simile si sarebbe comportato come lui, l'avrebbero tutti
mandati a quel paese ed obbligato a parlargli della sua storia con
Ramon. Nessuno si sarebbe limitato a tranquillizzarlo e rassicurarlo
senza fare domande.
Quando se ne fu andato, Marcel tornò
sul letto, sempre nudo e umido.
La voglia di un bicchiere, di una
sigaretta, di qualcosa di forte che lo stordisse tornò per un
istante, il solito Ramon.
Si inchiodò al letto, si girò in
posizione fetale e si impose di addormentarsi.
Il mondo poteva crollare che in quel
momento si sarebbe solo assicurato la salvezza di Kay e niente altro.
Nemmeno la propria.
//Marcel apre le braccia e si fa
togliere il vestito di scena, qualcosa di stretto e nero con dei
tagli strani che attirano molto l'attenzione, viene considerato dark
il suo look. Si apre i pantaloni stretti in pelle pieni di fibbie,
stesso stile, ma non riesce ad abbassarseli da solo, infatti qualcuno
lo fa per lui. Qualcun altro lo asciuga dal sudore che imperla il suo
viso, si siede in boxer aderenti e lo struccano, gli danno qualcosa
da mangiare, ma spinge via tutto con una smorfia. Sta esaurendo le
scorte che si è preso prima del concerto.
Dopo che l'hanno trovato in uno stato
pietoso ed hanno rischiato di mandare in giro la sua immagine
devastata, appena il concerto finisce se ne prendono cura. Lo
svestono, lo puliscono, lo rinfrescano, lo rendono presentabile e lo
rivestono per poi infilarlo su un aereo e volare alla prossima tappa
senza un solo minuto di effettivo respiro.
Respira in aereo.
Mentre tira una striscia per non
morire. Perchè è proprio così che si sente se non tira ancora.
Morto.
Non potrebbe mai farcela se non usasse
quel sistema.
Prima di salire gli chiedono se vuole
compagnia, una compagnia speciale. A volte le vuole, per cui è
necessario saperlo prima di decollare.
Quel giorno ne vuole e accetta, gli
chiedono se vuole un ragazzo od una ragazza e lui alza le spalle. Non
ha ancora capito chi diavolo gli piace. Ramon gli ha imposto la
bisessualità inculcandogli nella testa che gli piace fare sesso coi
ragazzi quanto con le ragazze, ma non è sicuro che sia così. Quando
lo fa con le ragazze è tutto così privo di senso. Dopotutto
potrebbe dirsi gay, alla fine, ma il suo personaggio è bisessuale. È
bi in tutto. E lui ormai è così. Non serve a niente chiedersi cos'è
in realtà.
Così per quel viaggio ha la compagnia
di una bella donna che gli fa davvero di tutto. Marcel è convinto di
godere solo perchè ha tirato prima di spegnersi.
E poi perchè mentre cercava di
concludere, ha pensato a quel maledetto figlio di puttana.
Alla fine lui in qualche modo torna
sempre.
**
Il suo rifiuto l'aveva sconvolto al
punto da buttare tutto all'aria e rompere ogni cosa, persino il
telefono, gli occhiali scuri, oggetti di scena, qualunque cosa.
Dopo aver buttato tutto a soqquadro,
aveva preso la macchina e si era fiondato da lui.
Ovviamente Ramon era a casa sua,
ovviamente al buio, ovviamente immerso nella sua solita puzza oscena
di fumo e alcool.
Gli aveva dato le chiavi di casa per
entrare a piacimento.
Quell'idiota gli aveva dato le chiavi e
l'aveva scaricato per telefono.
Sbatté la porta d'ingresso e seguì la
puzza di fumo che proveniva dal soggiorno. Aprì la luce e lo trovò
lì steso con la testa che pendeva verso terra e le gambe sullo
schienale in una posizione del tutto scomposta.
La sigaretta appena accesa nelle dita,
le braccia larghe abbandonate sul pavimento. Quando lo vide capì che
era infuriato come non l'aveva ancora visto, il suo sorriso fu di
puro compiacimento.
Marcel era così fuori di sé per lui.
Non poteva stare meglio di così.
Si raddrizzò mentre lo vide dare un
calcio ad una sedia in mezzo e ribaltarla.
Ramon si mise a sedere, ma non si alzò,
rimase placido sul divano a fumarsi la sua sigaretta, lo sguardo
attento ed incuriosito, deliziato dalla scenata che Marcel non gli
risparmiava.
- TU NON MI PUOI VENIRE A DIRE COSI'
PER TELEFONO! NON MI PUOI PIANTARE COSI'! COSA SIGNIFICA ARRANGIATI
ED USA LA DROGA E NON ME? E TUTTO IL RESTO? IO ORA HO BISOGNO DI TE E
TU NON VUOI? COSA DIAVOLO SIAMO? - Ramon tirò dalla sigaretta,
soffiò il fumo completamente a suo agio e mentre l'altro si agitava
gridando come un ossesso, alzò le spalle menefreghista come se
scacciasse una mosca. Gli sembrava qualcosa totalmente priva di
interesse, ormai. Lo guardava e non lo trovava niente di speciale.
- Avevamo un rapporto di lavoro, io
dovevo lanciarti e darti una formazione adeguata per sfondare. Ora
sei pronto, sei perfetto, hai sfondato, sei famoso già dopo un solo
album. Non ti servo più, te la puoi cavare da solo! - Rispose
semplicemente. Marcel non poteva credere che gli stesse dicendo
seriamente una cosa simile.
Prese la bottiglia di gin vuota e la
buttò per terra, si ruppe ed una scheggia di vetro gli finì sul
viso graffiandolo. Il sangue si vide poco dopo, Marcel non se ne era
accorto, Ramon sì e parve attratto più dalla scia rossa che dalle
sue risposte urlate con furia, come un pazzo, come uno che era da
rinchiudere in clinica e buttare la chiave.
Non aveva mai perso la testa così in
vita sua, era stato una persona tranquilla, a modo, umile e timida.
Da quando urlava così? Da quando era
così irascibile?
Marcel stesso non si riconosceva più,
ma forse quell'inquietudine di cui parlava Ramon dal primo giorno era
quella. Quella capacità di scoppiare ed impazzire.
- RAMON, IO HO BISOGNO DI TE! NON
ERAVAMO SOLO DUE CHE LAVORAVANO INSIEME! NON MI HAI SOLO LANCIATO
SULLA SCENA... MI HAI DATO MOLTO DI PIU'! IO DIPENDO DA TE, COME
POSSO STARE SENZA DI TE? TU MI HAI CAMBIATO, MI HAI RESO CIO' CHE
SONO! CHE DIAVOLO DOVREI FARE, ORA? - A Ramon piaceva molto quello
che sentiva, ma non era ancora proprio quello che voleva.
Infatti continuò a fumare e a non
muoversi, provocatorio, divertito, a suo agio davanti a tanta follia
per lui.
- Marcel, il mio lavoro è concluso.
Ora puoi continuare da solo. Devi! È così che lavoro. Lancio
l'artista e poi mi dileguo! Altrimenti sei tu che hai successo al mio
posto, ma sui miei sforzi! Non ha senso e non è nemmeno
soddisfacente. Ti ho indicato la strada, ora sai qual è! Percorrila
da solo con le tue forze! - Ma non era un tono incoraggiante e dolce,
quello che stava usando. Era duro e senza pietà, come uno che non
intendeva ripeterlo una volta di più, lo voleva scaricare,
toglierselo di torno.
Per Marcel era inconcepibile, non si
sarebbe mai mosso da lì!
- IO HO FATTO TUTTO QUELLO CHE MI HAI
DETTO, TUTTO! QUALUNQUE COSA! MI SONO DROGATO PERCHE' ME L'HAI DETTO
TU! ED ORA TU MI SCARICHI E BASTA?! NON POSSO ANDARE AVANTI DA SOLO!
HO BISOGNO DI TE! - Vedendo che scuoteva solo la testa sempre con
quel divertimento per il suo ego nutrito, Marcel andò davanti a lui,
lo prese per le braccia e l'alzò dal divano, pestò dei vetri a
terra con le scarpe. Ramon venne scosso da lui e a due centimetri il
suo viso col sangue sulla guancia, un viso deformato dalla furia.
- IO TI AMO ORMAI! TU TI SEI RESO LA
MIA VERA DROGA E L'HAI FATTO APPOSTA. COME VIVO SENZA DI TE? HO FATTO
TUTTO PER RENDERTI FIERO DI ME, PERCHE' COSI' TI PIACEVO DI PIU'... -
Ramon non ebbe pietà nel rispondergli con amarezza.
- Mi piacevi com'eri quando sei
arrivato, ora che sei così non mi interessi più. - Non provava
nulla, mentre lo diceva. O per lo meno era proprio l'idea che dava,
ma Marcel si rifiutava di crederci. Era troppo arrabbiato per
ascoltare una ragione che non poteva essere sufficiente.
- SEI TU CHE MI HAI RESO CIO' CHE SONO!
PERCHE' MI VOLEVI COSI'! TI PIACEVO DI PIU' COSI'! - Ramon scosse la
testa, non aveva paura. Marcel lo stava scuotendo con follia, ma non
aveva il minimo timore.
- Ho fatto quello che andava fatto per
farti sfondare, ora nessuno ti dimenticherà! Ma se parliamo di gusti
personali, beh... non mi piacciono se sono uguali a me... - Così
capì che ormai era diventato come lui e per questo non gli andava
più bene.
Il cuore si stava spezzando e faceva un
rumore così forte da assordarlo, si sentiva in pezzi, si sentiva
così male da capire che non si sarebbe mai arreso, mai.
- Ma io ora ti amo... ora io... ti
amo... e tu? Tu non provi niente? Non hai mai provato niente? - Ramon
fece un sorriso velenoso che gli donò un'aria paradossalmente
erotica. Era come un serpente, incantava, seduceva, aveva sempre un
tocco di languore però non provava niente, in realtà non provava
mai niente. Non poteva, ne era totalmente incapace.
Ma Marcel non lo poteva accettare, non
poteva semplicemente accettarlo.
- Non ti amo e non ti ho mai amato, non
provo niente per te. Sei stato delle scopate eccezionali, mi hai dato
quello che mi mancava, la tua luce. Ma ora che sei pieno di tenebre
non me ne faccio più niente di te. Ci siamo presi quello che ci
serviva, adesso continueremo da soli! - Per lui era la pura verità
ed era semplice, per Marcel era inaccettabile e con uno scatto di
follia inconcepibile lo lasciò, indietreggiò per poi seguire il
proprio raptus picchiandolo con un pugno. Ramon cadde sorpreso sul
divano, ma non si tenne il labbro che cominciò a sanguinare. Se lo
succhiò, pulsava e gli faceva male, ma si sentiva vivo,
l'eccitazione, il sangue, il cuore che pompava e l'adrenalina. Tutto
oltre le sue aspettative.
Marcel era sempre capace di
sorprenderlo. Sin dal primo giorno ci era riuscito. Lui e la sua
piccola follia dal potenziale enorme. Non sapeva di essere pazzo, lui
però l'aveva visto perchè era uguale. Pazzo allo stesso modo.
Marcel si accorse d'aver esagerato e si
fermò guardando il suo labbro rosso e gonfio, ansimò in piedi
davanti a lui fissandolo ad occhi sgranati, terrorizzato da quello
che aveva fatto e come si era sentito.
Per un momento aveva pensato di poterlo
uccidere davvero.
Era al punto che lo voleva così tanto.
Senza ragionare di nuovo, si chinò su
di lui, lo spinse per le spalle e fece per baciarlo.
Ramon girò la testa di lato, Marcel
cercò di rimettersi davanti, lottarono così per un po', per cui
Marcel gli prese i capelli come sempre scomposti oltre ogni limite
decente, tirò e lo fermò con violenza. A quel punto gli leccò il
labbro ed il sangue.
Ramon chiuse gli occhi godendosi quel
momento, sentendo un sorprendente calore da dentro.
Da quanto si sentiva freddo? Marcel gli
aveva riportato quel calore perso.
La sua lingua sul labbro dolorante era
la cosa più piacevole mai provata da un po'. Infatti lo accontentò
ed aprì la bocca per tirare fuori la lingua. Non lo stava bloccando
nelle mani, per cui le alzò e gli girò il viso per guardare la sua
piccola ferita.
Il graffio aveva quasi smesso di
sanguinare, ma era tutto sporco dallo zigomo in giù.
Ramon lo leccò allo stesso modo
ricambiando il favore. Marcel si rese conto di essersi tagliato solo
in quel momento, gli lasciò i capelli ed infilò la mano sotto i
pantaloni che si apprestò ad aprirgli.
La sua erezione era già dura e Marcel
sorrise sornione.
- Mi pare che lo vuoi eccome... - Ramon
ridacchiò senza smentirsi mordendolo all'altezza del graffio per
rimproverarlo dell'insolenza, Marcel gemette ma finì per fare
qualcosa di erotico e sensuale lo stesso. Per Ramon tutto quello che
faceva, ormai era erotico e sensuale. Persino picchiarlo.
Con lo sguardo di un diavolo aprì
meglio le gambe e gli alzò le maglietta sfilandogliela.
- Pensi anche di succhiarlo o parli e
basta? - Ramon non faceva sesso da un po' e riaverlo addosso, la sua
bocca che lo divorava, la lingua che leccava tutti i suoi punti
erogeni per torturarlo sull'inguine, fu deleterio.
Morì e fu piacevole, fu maledettamente
piacevole.
Però voleva morire insieme a lui.
Provò quest'egoistico desiderio di
morire con lui, così si tolse i pantaloni ed i boxer scivolando poi
di lato e stendendosi sulla schiena alzando le gambe. Marcel capì
cosa voleva e si tolse quel che gli rimaneva addosso per salirgli
sopra e sparire col viso fra le sue natiche, prima con la lingua e
poi con le dita, cominciò a prepararlo fino a sentirlo gemere.
- Adesso ti insegno un'altra cosa,
ragazzino... - Forse l'avrebbe chiamato così per sempre, anche a
trent'anni! Marcel si alzò e lo guardò carico di desiderio.
Ramon si alzò un po' per prendersi le
sue labbra e mordergliele, poi gliele succhiò e gli leccò il mento
scendendo sul collo.
- Ti insegno a scoparmi! - Così tornò
a mettersi giù, si alzò le gambe e se le tenne contro il petto, poi
lo prese dietro il collo e se l'adagiò sopra, gli appoggiò i
polpacci sulle spalle e se lo indirizzò contro.
- Adesso entra deciso senza fermarti e
vai fino in fondo... - Marcel ebbe l'impressione che volesse provare
dolore di proposito. Sapeva come si faceva e sapeva che faceva male
senza essere un po' delicati. Ramon voleva che lo facesse con forza.
Però non fu capace di contraddirlo,
per cui entrò come voleva. Forte e deciso ed andò subito fino in
fondo.
Lo sentì stretto e lo sentì tendersi.
Aprì la bocca, ma abbandonò la testa all'indietro e lasciò che gli
occhi ruotassero all'indietro.
Il piacere puro nel suo viso
affascinante e letale.
Gli stava facendo male e lo sapeva, ma
gli stava piacendo, era quello che voleva.
“E' anche masochista...”
Del resto dal suo stile di vita era
difficile non capirlo.
Il fatto che gli piacesse gli diede
alla testa e gli bastò un 'muoviti' per riaccenderlo, Marcel così
continuò ad entrare ed uscire e ad ogni spinta l'eccitazione
cresceva fino a togliergli ogni minimo controllo.
Era la prima volta che entrava ed era
così sconvolgente, non si sarebbe mai fermato, non voleva uscire,
non voleva smettere. Voleva stargli dentro per sempre, farlo suo,
possederlo. Fargli male. Vedere che gli piaceva sempre più, sentire
le sue unghie addosso, come lo chiamava e ne voleva ancora.
Ogni cosa si riunì dandogli alla testa
meglio di una dose di un qualche veleno.
I due vennero a poca distanza uno
dell'altro. Sicuramente una delle volte che non avrebbero mai
dimenticato. \\